O’Leary: Alitalia e le altre, presto fuori dal corto raggio


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20 Giugno 2008
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O’Leary: Alitalia e le altre, presto fuori dal corto raggio


Alitalia, rifinanziata poco fa con 95 milioni dai suoi azionisti, ha in cassa di che volare solo sino a fine anno: lo ha detto pochi giorni fa il francese Philippe Calavia, chief financial officer di Air France KLM – maggior azionista di AZ con il 25% del capitale – suscitando a quanto sembra una reazione stizzita del presidente Roberto Colaninno. Certo Alitalia condivide il proprio affanno – fatte le dovute proporzioni – con Lufthansa, con i vettori di IAG – Iberia e British – con lo stesso gruppo AF KLM, con la scandinava SAS, insomma con quasi tutti i vettori storici europei. Tutti in corso di faticosa e dolorosa riorganizzazione strutturale.

E tutti sotto la pressione competitiva massiccia di Ryanair: Michael O’Leary, che ha fatto del suo vettore il numero uno assoluto sul corto e medio raggio europeo, si è di nuovo detto deciso ad approfittare del declino dei suoi competitor tradizionali, che sul suo campo non potranno mai batterlo. E che in parte bilanciano con il lungo raggio le perdite patite sul breve e medio, dotandosi di vettori low cost più attrezzati per competere sul campo con Ryanair. Ma secondo O'Leary non ce la faranno, «condannati a fallire perché non sono impegnati sulle tariffe basse».

Un processo in accelerazione
«Dovranno uscire dal corto raggio, dove perdono soldi – ha detto anche – cedendo sempre più quote di mercato. E il processo sta accelerando, manterranno solo poche rotte per alimentare il lungo raggio. I prossimi cinque anni si annunciano molto interessanti, non c’è motivo che io me ne vada»: così O’Leary, tra l’altro, ha di nuovo rinviato le proprie più volte annunciate dimissioni dal vertice del suo vettore. Ma ormai molti analisti sottoscrivono le sue previsioni su corto raggio, neppure molto timidamente: il titolo Ryanair è quasi raddoppiato negli ultimi cinque anni – constatano da Bloomberg – mentre quello di AF KLM ha perso il 55%, Deutsche Lufthansa ha perso l’8.9% e IAG, nata nel 2011, ha guadagnato solo il 17%.

«Ancora più rivoluzionari», ma meno spigolosi
O’Leary ha promesso scelte anche più “rivoluzionarie” nei prossimi cinque anni, dopo i primi 20 in cui la sua formula ha cancellato il modello per il quale, dagli anni ’50 in poi, “potevano volare solo i ricchi”. Funzionare ha funzionato: da 1,7 milioni di passeggeri nel 1994 a 79 milioni l’anno scorso, con una prospettiva di 100 milioni nel 2019.

Ryanair ha ordinato 100 aeromobili a Boeing a marzo scorso, e si parla di altri 100, forse il nuovo B737 Max e altri B737-800, con un investimento di 20 miliardi di dollari che però farà anche risparmiare (in efficienza) il 13% circa del carburante. O’Leary preme su Boeing perché gli dia un modello del B737 con almeno una dozzina di posti in più, magari togliendo qualche toilette. Spinge anche per la privatizzazione degli aeroporti, per metterli in competizione e abbassarsi i costi operativi. E forse – ha promesso ultimamente – potrebbe perfino cambiare lo stile di comunicazione giocato volutamente tra buona e cattiva pubblicità, per affiancare un budget pubblicitario che non supera mai i quattro milioni di sterline l’anno. «Forse – ha detto – bisognerà ammorbidire certi lati spigolosi della mia personalità».

Anche perché nel 2018 la flotta dovrebbe superare i 400 aeromobili, e il valore di mercato del vettore dovrebbe raddoppiare rispetto agli attuali 8.65 miliardi di euro. E anche perché il prossimo obiettivo, dichiaratemente, è il lungo raggio transatlantico, naturalmente sempre low cost – anche per una classe Business – sempre che si trovino aeromobili abbastanza economici ed efficienti. Lo start up costerebbe circa 50 milioni di sterline, per collegare cinque o sei città europee con una decina negli Usa, su entrambe le coste.

Del Torchio cerca «una nuova prospettiva»
Intanto da Alitalia il nuovo ad Gabriele Del Torchio ha detto pochi giorni fa ai media che ora per la compagnia bisognerà trovare «una nuova prospettiva industriale», e con il mercato così indebolito alla fine pare inevitabile un nuovo intervento sui costi, c’è solo da sperare non si tocchi di nuovo il personale, che nell’emergenza rinnovata ha rinunciato all’ultimo sciopero degli assistenti di volo.

Da un’indiscrezione all’altra – che riportano anche con frequenza soprattutto delle tensioni tra i soci coinvolti nel 2008 da Silvio Berlusconi – si parla di cedere il controllo totale ad Air France, che peraltro forse faticherebbe a trovare i capitali necessari; oppure di cercare un nuovo partner sul mercato, e qui si parla ancor più di svendere, mentre molti dei soci sembra non vedano l’ora di andarsene, a cominciare da Benetton e Atlantia, che l’hanno dichiarato apertamente.

Nelle scorse settimane si era parlato di Etihad, il vettore di Abu Dhabi che già ha comprato il 29% di airberlin, oltre che quote in altri vettori dall’Australia all’India, dall’Irlanda all’Oceano Indiano. Ma per ora non se ne sa altro, e neppure di altre opzioni.