ALTAQUOTA
La patente dei piloti
di Pietro Pallini
Come si impara, e in quanto tempo, a pilotare un aereo di linea? Almeno due anni, duecento ore di prova e ogni volta che si cambia modello è come ricominciare.
Che pilotare un aereo di linea, sia cosa diversa dal guidare una macchina è cosa talmente evidente che non ci sarebbe neppure bisogno di dirlo. Tuttavia può essere interessante vedere quali sono alcune di queste differenze.
Tanto per cominciare, il conseguimento della “patente”. Se per un automobilista sono sufficienti un paio di mesi di studio e poche ore di pratica, a un pilota sono richiesti almeno due anni di corso, e le ore di “guida” necessarie salgono a duecento, e non è ancora finita. Infatti al neopatentato basta entrare in una concessionaria e comperare la macchina che più gli piace, o che le sue finanze gli permettono, magari usata, per cominciare a guidare davvero. Se poi vuole cambiarla, o provare quella di un amico, lo può fare senza nessuna limitazione.
A un pilota di linea, invece, non è permesso “guidare” un tipo di aereo senza sottoporsi ogni volta a un addestramento specifico. Sono corsi che durano circa un mese, dove si studiano nel dettaglio gli impianti del nuovo aereo e ci si allena a pilotarlo in tutte le condizioni con quaranta ore di simulatore. Fino a non molto tempo fa, era richiesta anche una prova finale in volo, sull'aereo vero: lo chiamavamo “giro campo”, perché consisteva in una serie di atterraggi e decolli della durata di circa un'ora, ma la verosimiglianza raggiunta dai simulatori più moderni lo hanno reso superfluo.
Alla fine del corso, si consegue l'abilitazione al nuovo aereo (“passaggio macchina”, lo chiamiamo noi) e a partire da quel momento... non si può più pilotare l'aereo che si pilotava prima, perché la complessità di un jet di linea e la necessità di essere sempre pronti a reagire in maniera quasi automatica ad ogni emergenza portano ad escludere l'uso simultaneo di più tipi d'aereo.
Esistono tuttavia delle eccezioni, perché certi modelli sono talmente simili tra di loro da poter essere usati contemporaneamente senza grossi problemi, e un pilota di Airbus 320, per esempio, può, con un breve addestramento supplementare, pilotare anche l'A319 e l'A321. Ma il principio di base rimane sempre quello: una cosa per volta, per essere sicuri di farla sempre bene.
* Pietro Pallini è pilota di voli intercontinentali (26 settembre 2008)
La patente dei piloti
di Pietro Pallini
Come si impara, e in quanto tempo, a pilotare un aereo di linea? Almeno due anni, duecento ore di prova e ogni volta che si cambia modello è come ricominciare.
Che pilotare un aereo di linea, sia cosa diversa dal guidare una macchina è cosa talmente evidente che non ci sarebbe neppure bisogno di dirlo. Tuttavia può essere interessante vedere quali sono alcune di queste differenze.
Tanto per cominciare, il conseguimento della “patente”. Se per un automobilista sono sufficienti un paio di mesi di studio e poche ore di pratica, a un pilota sono richiesti almeno due anni di corso, e le ore di “guida” necessarie salgono a duecento, e non è ancora finita. Infatti al neopatentato basta entrare in una concessionaria e comperare la macchina che più gli piace, o che le sue finanze gli permettono, magari usata, per cominciare a guidare davvero. Se poi vuole cambiarla, o provare quella di un amico, lo può fare senza nessuna limitazione.
A un pilota di linea, invece, non è permesso “guidare” un tipo di aereo senza sottoporsi ogni volta a un addestramento specifico. Sono corsi che durano circa un mese, dove si studiano nel dettaglio gli impianti del nuovo aereo e ci si allena a pilotarlo in tutte le condizioni con quaranta ore di simulatore. Fino a non molto tempo fa, era richiesta anche una prova finale in volo, sull'aereo vero: lo chiamavamo “giro campo”, perché consisteva in una serie di atterraggi e decolli della durata di circa un'ora, ma la verosimiglianza raggiunta dai simulatori più moderni lo hanno reso superfluo.
Alla fine del corso, si consegue l'abilitazione al nuovo aereo (“passaggio macchina”, lo chiamiamo noi) e a partire da quel momento... non si può più pilotare l'aereo che si pilotava prima, perché la complessità di un jet di linea e la necessità di essere sempre pronti a reagire in maniera quasi automatica ad ogni emergenza portano ad escludere l'uso simultaneo di più tipi d'aereo.
Esistono tuttavia delle eccezioni, perché certi modelli sono talmente simili tra di loro da poter essere usati contemporaneamente senza grossi problemi, e un pilota di Airbus 320, per esempio, può, con un breve addestramento supplementare, pilotare anche l'A319 e l'A321. Ma il principio di base rimane sempre quello: una cosa per volta, per essere sicuri di farla sempre bene.
* Pietro Pallini è pilota di voli intercontinentali (26 settembre 2008)