La compagnia italiana è la più colpita dal richiamo globale dei motori per ispezioni e interventi. Oggi ci sono 22 jet fermi, alcuni da inizio anno, e 150 milioni di euro di danni fino al 2030
La mattina del 20 gennaio 2025 l’Airbus A320neo immatricolato Ei-Hjd, che Ita Airways paga ogni mese circa 350 mila euro, ha volato senza passeggeri da Roma Fiumicino a Napoli. E lì, nell’aeroporto campano, si trova ancora oggi, 306 giorni dopo l’ultimo viaggio. Non per un pezzo di ricambio introvabile o una decisione strategica aziendale. Ma perché i suoi motori Pratt&Whitney PW1000G hanno bisogno di ispezioni aggiuntive, nell’ambito di quella che si sta rivelando
una delle più grandi crisi mondiali del trasporto aereo.
L’impatto economico
Con 22 aerei fermi per i problemi ai motori di ultima generazione, pari al 28% della flotta dei voli nazionali e internazionali, Ita Airways in questo momento vola «azzoppata». Talmente tanto che, ad oggi, risulta la compagnia di medie e grandi dimensioni più colpita al mondo. Una situazione destinata a durare ancora, per cui il vettore tricolore stima per i prossimi cinque anni danni per 150 milioni di euro, pari a 82 mila euro al giorno.
Le parole del ceo
È quanto emerge dall’analisi del Corriereincrociando i dati forniti da Cirium e ch-aviation, così come quelli aziendali. I vertici di Ita vogliono chiederne conto, anche economicamente, a Pratt&Whitney, il produttore dei motori «problematici». E del resto era stato il ceo Joerg Eberhart
ad anticipare a settembre a questo giornale la richiesta di un risarcimento, senza fornire cifre all’epoca. Meno aerei significa meno possibilità di ricavi ulteriori e anche opportunità di mercato che non si possono sfruttare.
L’origine del problema
Nel 2023 Pratt&Whitney ha rivelato che era stato individuato un difetto nella polvere metallica utilizzata nella produzione dei suoi PW1000G — propulsori ultramoderni che riducono i consumi di cherosene del 20% e quindi anche i costi gestionali delle aviolinee — e che questo nel lungo periodo avrebbe potuto causare crepe nei componenti.
Le ispezioni straordinarie
A quel punto è stato deciso di ispezionare 600-700 motori «entro il 2026», poi saliti a 3.000, montati sugli Airbus A220, A320neo/A321neo e sugli Embraer E2. Con tempi di lavorazione lunghissimi — e quindi di fermo operativo — che oggi toccano i 300 giorni. E in alcuni casi costringono a «cannibalizzare» altri jet, privandoli dei propulsori e installandoli sugli aeromobili fermi (
come ha fatto Wizz Air di recente).
Aerei parcheggiati
La compagnia italiana, su una flotta di 79 aerei a corridoio singolo, ne ha 52 motorizzati PW1000G: di questi, ci sono appunto 22 fermi proprio per il problema ai propulsori, cioè il 28% dei jet per i voli brevi e medi (altri 6 sono sottoposti a interventi di manutenzione non legati alle ispezioni). Un numero ben più alto delle settimane passate e di quanto preventivato. «Stimavamo 8 aerei fermi quest’anno e invece sono 15», ha detto a settembre Eberhart.
Le stime per i prossimi anni
Quel numero è salito a 18 durante l’estate e ora a 22. L’anno prossimo i velivoli fermi dovrebbero scendere a 20 per ridursi a una decina, con una media mensile di circa 15 a terra. Nel periodo 2026-2030 la stima di 150 milioni di euro di danni tiene conto delle spese di leasing degli aerei (a terra), della manutenzione straordinaria, dell’addestramento dei piloti sui jet poi fermati e dei mancati passeggeri imbarcati sui voli intercontinentali.
Il confronto
Per avere un’idea, sono meno colpite di Ita le low cost Wizz Air (14,6% della flotta) e IndiGo (12,7%), così come le «tradizionali» Swiss (16% sulla flotta di Airbus a corridoio singolo) e Turkish Airlines (13,5%). E questi dati non tengono conto dell’impatto della low cost americana Spirit, che ha decine di jet a terra, ma anche per effetto della sua ristrutturazione finanziaria. Quanto agli indennizzi, la canadese Air Transat ha ricevuto 25 milioni di dollari da Pratt & Whitney, Spirit tra 150 e 195 milioni, e almeno 150 milioni sono andati a Wizz Air.
La compagnia italiana è la più colpita dal richiamo globale dei motori per ispezioni e interventi. Oggi ci sono 22 jet fermi, alcuni da inizio anno, e 150 milioni di euro di danni fino al 2030
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