Il legislatore dà per la prima volta la definizione di "base"


Qualche forumista Ryanair ci spiega come è stata regolamentata dalla Francia la 'non base' di Marsiglia dove 'pernottano' 4 B737 ma la stessa Ryanair non definisce base?
 
Intervento di pochi giorni fa sulla materia. Ci sono chiaramente alcune semplificazioni (e "licenze poetiche", come ad esempio la stilizzazione di un quadrimotore)

Attenzione: l'autore è un forumista:D

http://www.eutekne.info/Sezioni/Art_398510.aspx



Con la nuova definizione fiscale di base operativa, possibili «guai» per Ryanair

Gianluca ODETTO


L’art. 38, comma 1, del recente DL 179/2012 ha introdotto una disposizione che potrebbe risultare particolarmente insidiosa per le compagnie aeree che operano nel settore del traffico passeggeri e che utilizzano il sistema delle “basi operative” (o più semplicemente “basi”).
La norma fornisce, infatti, per la prima volta una definizione di “base”, intendendo per tale un insieme di locali e infrastrutture a partire dalle quali l’impresa esercita in modo stabile e continuativo l’attività di trasporto aereo, avvalendosi di lavoratori subordinati che hanno in tale base il loro centro di attività professionale, “nel senso che vi lavorano, vi prendono servizio e vi ritornano dopo lo svolgimento della propria attività”. Dopo di che, la norma prosegue prevedendo che qualsiasi vettore aereo titolare di una licenza di esercizio rilasciata da uno Stato comunitario si considera soggetto stabilito in Italia se esercita in modo stabile un’attività di trasporto aereo a partire da una base così come sopra definita.
Sono evidenti le implicazioni della nuova norma per i vettori (in genere “low cost”) che operano attraverso il sistema delle basi. A differenza dei vettori tradizionali, che fanno convergere il loro traffico su grandi hub continentali (es. Parigi per Air France, Amsterdam per KLM, Francoforte e Monaco per Lufthansa, Londra Heathrow per British Airways, e così via) e che fanno terminare gli ultimi voli della sera in una molteplicità di aeroporti dai quali essi ripartono la mattina seguente per alimentare i medesimi hub, le compagnie low cost organizzano il traffico a partire da più basi, dalle quali si originano e terminano tutti i voli della giornata: ciascuna base dispone di un determinato numero di aerei, dei servizi (in genere minimi) di terra e del personale (piloti e assistenti di volo) necessari per espletare il servizio, ma sia il personale che gli aerei ritornano a fine giornata alla base di partenza, eliminando in questo modo – solo per citare il risparmio di costi più evidente – costosi pernottamenti del personale stesso.
La compagnia irlandese Ryanair ha, ad esempio, un modello di business così strutturato, con una cinquantina di basi sparse sul territorio europeo, tra le quali quelle italiane maggiormente strutturate sono quelle di Bergamo Orio, Pisa e Roma Ciampino.

Per effetto dell’art. 38 del nuovo decreto legge, la presenza di una base (con, come detto, infrastrutture e lavoratori subordinati presenti in loco) farà acquisire alla compagnia lo status di “soggetto stabilito”. La norma sembra finalizzata ad eliminare alla radice il potenziale contenzioso con vettori aerei che utilizzano il sistema delle basi: più volte sono, infatti, sorte controversie (anche di natura previdenziale) derivanti dal fatto che le Amministrazioni italiane pretendono le imposte e i contributi in Italia facendo leva sul fatto che la “base” è assimilabile alla stabile organizzazione, e in questo senso la presenza di infrastrutture e del personale (di terra e navigante) costituirebbe una presunzione a favore delle Amministrazioni stesse.
Il fatto, però, che si parli di “soggetto stabilito” indurrebbe a ritenere che essa esplichi efficacia limitatamente all’IVA, obbligando pertanto le compagnie ad osservare tutte le regole nazionali, al pari di qualsiasi stabile organizzazione. Si tratterebbe, in questo senso, di una specificazione di quanto previsto nell’art. 11 del Regolamento CEE n. 282 del 15 marzo 2011, che qualifica ai fini IVA la stabile organizzazione quale organizzazione caratterizzata da un grado sufficiente di permanenza e da una struttura idonea in termini di mezzi umani (nel caso, il personale navigante) e tecnici (le infrastrutture) atti a consentirle di effettuare servizi e di riceverli.
È, però, da ritenere che la nuova norma non sarà esente da interpretazioni di carattere divergente: tanto per fare un semplice esempio, tra gli elementi qualificanti della base vi sono i “lavoratori subordinati”, quando è noto che per più compagnie low cost buona parte dei piloti e del personale navigante non è assunta con contratto di lavoro subordinato.
Desta, poi, perplessità la deroga allo Statuto dei diritti del contribuente per cui la nuova presunzione si applica dal 2012, circostanza che potrebbe costringere gli eventuali operatori che abbiano agito in modo difforme per dieci mesi su dodici dell’anno ad effettuare complesse regolarizzazioni.

Per quanto riguarda le imposte sui redditi, l’accertamento della natura di stabile organizzazione della base operativa dovrebbe essere subordinato agli ordinari criteri dell’art. 162 del TUIR; in mancanza di stabile organizzazione, nessuna imposta è dovuta in Italia in quanto, a norma delle Convenzioni internazionali – tra cui quella con l’Irlanda –, i proventi derivanti dal traffico internazionale di passeggeri sono imponibili unicamente nello Stato ove è situata la direzione effettiva della compagnia aerea.
 
Monti a Ryanair, imposte e contributi si pagano in Italia

Il governo Monti ci prova. Prova a far pagare le imposte e gli oneri contributivi alle compagnie aeree, con base operativa in Italia, in Italia. Confusi? Provo a dirla in un altro modo: le compagnie aeree, con base operativa in Italia, devono pagare all’erario Italiano le imposte ed i contributi previsti dalla leggi italiane. Non è ancora del tutto chiaro? Di cosa si sta parlando?

Il 19 ottobre è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, il decreto legge 179/2012, ribattezzato decreto Sviluppo bis, già entrato in vigore; insomma è già legge. Come al solito, si tratta di “robba” per i soliti esperti, per gli azzeccagarbugli insomma. Ma leggendo tra le righe, qualcuno si è accorto, che in mezzo a tutti gli articoli di legge, per lo sviluppo dell’Italia, c’è ne è uno, un po’ strano, che non tratta di sviluppo, ma di imposte.

Non solo è strano, ma è il penultimo (Art.37, comma 1 e 2), di fatto l’ultimo che innova l’ordinamento, in quanto l’ultimo (Art. 38), come al solito, stabilisce il periodo di entrata in vigore della legge. Come se fosse stato aggiunto all’ultimo secondo; un articolo last minute. Ma leggiamolo questo articolo di legge:

1. Ai fini del diritto aeronautico, l’espressione «base» identifica un insieme di locali ed infrastrutture a partire dalle quali un’impresa esercita in modo stabile, abituale e continuativo un’attività di trasporto aereo, avvalendosi di lavoratori subordinati che hanno in tale base il loro centro di attività professionale, nel senso che vi lavorano, vi prendono servizio e vi ritornano dopo lo svolgimento della propria attività. Un vettore aereo titolare di una licenza di esercizio rilasciata da uno Stato membro dell’Unione europea diverso dall’Italia e’ considerato stabilito sul territorio nazionale quando esercita in modo stabile o
continuativo o abituale un’attività di trasporto aereo a partire da una base quale definita al periodo precedente. In deroga all’articolo 3 della legge 27 luglio 2000, n. 212, il presente comma si applica a decorrere dal periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2012.

Quindi vediamo; l’art. si applica, ad una compagnia area, con licenza di volo rilasciata da un paese UE, che ha sedi operative in Italia, che si avvale della collaborazione di lavoratori italiani. Insomma, stiamo parlando di Ryanair!

In soldoni, con questi due commi, il governo Monti cerca di far pagare le imposte a i contributi a Ryanair; non solo vuole che Ryanair paghi, ma che inizi a farlo da subito, anche per l’anno in corso. Per una volta la retroattività si applica anche ai primi della classe.

Ma non si deve pensare che Ryanair sia un evasore fiscale. Ryanair, le imposte ed i contributi, li paga, ma li paga in Irlanda, anche per quanto riguarda i lavoratori che prestano servizio nelle basi operative italiane. Perché? Perché in Irlanda le imposte sono molto inferiori che in Italia (mediamente si parla del 12% contro 37%). Come? Facendo firmare contratti di lavoro ai lavoratori italiani, in Irlanda.

Un trucco, un espediente per pagare meno; il che è lecito, se non si violano le leggi. Solo che ora, il governo prova a mettere una toppa, introducendo una nuova definizione di base operativa per i vettori aerei, nella quale non si fa alcun riferimento ai contratti di lavoro subordinato, e stabilendo, a chiare lettere, che chi ha basi operative in Italia, le imposte e i contributi li paga in Italia.

La norma, già ribattezzata “Norma Ryanair”, è fresca, fresca, per cui è ancora da capire come andrà a finire; “robba” da azzeccagarbugli come dicevo. Prevedibili le rimostranze di Ryanair, che già in passato ha minacciato di uscire da un paese (l’ultima polemica riguardava la Spagna), a causa di norme, che di fatto impattavano la sua politica dei prezzi.

Personalmente mi aspetto che, dopo una serie di dichiarazioni e polemiche roventi, che metteranno ancora al centro dell’attenzione mediatica il vulcanico A.D. della compagnia, Mr O’Really (vedi anche l’ultima, sul cliente idiota), la novità avrà inevitabili ripercussioni sui viaggiatori, con un aumento del costo dei biglietti aerei, visto che mi sembra improbabile che Ryanair possa lasciare l’Italia, che ormai rappresenta il suo secondo mercato di riferimento, appena dopo la Gran Bretagna.

Dal canto suo il governo ha già fatto i propri conti, e da queste due commi, piccini, piccini, conta di ricavare 89,5 milioni di euro nel 2013 e 50,8 milioni di euro a partire dal 2014. Non proprio dei bruscolini, in un periodo difficile come questo.

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