In prima pagina sul Corriere della Sera torna l' idea balzana della moratoria a Malpensa. A mio parere un sacco di sciocchezze, non c' è alcun modo di compensare le perdite che AF avrebbe a MXP senza violare le regole UE. Non c' è nemmeno l' accenno a un ridimensionamento di Linate, insomma la Regione Lombardia si abbandona a rivendicazioni massimaliste, fuori dalla realtà, contrarie alle norme, inutili, costose, evitando quello che è necessario e non costa nulla, tutto al fine di fare propaganda e mantenere la propria base elettorale a Malpensa e dintorni. Degno di Mastella (del resto sono tutti ex-democristiani).
Rassegniamoci, la tutela artificiale dei posti di lavoro è la preoccupazione dominante nei nostri politici, a Ceppaloni come alla Magliana come al Pirellone. Quanto all' articolo, il livello è penoso, senza uno straccio di ragionamento. L' incultura politica e mediatica è la causa di tutti i mali aeronautici milanesi.
Il ridimensionamento di Malpensa rischia di costare al fisco italiano quasi 600 milioni di euro all'anno tra mancati introiti, perdita di posti di lavoro e ammortizzatori sociali. Con il mantenimento degli attuali voli Alitalia, lo Stato ne risparmierebbe invece più della metà: la spesa per non cancellare dallo scalo lombardo 800 voli è stata calcolata in poco più di 200 milioni di euro all'anno. Affossare un aeroporto è dunque più oneroso che salvarlo.
Un paradosso, secondo i parametri economici che la Regione Lombardia mette sul tavolo della difficile trattativa legata all’acquisto di Alitalia da parte di Air France. Contro questo inutile spreco il fronte del Nord che riunisce istituzioni, politica e industria, chiede un sussulto a quel che resta del governo: separare il destino della compagnia di bandiera da quello di Malpensa garantendo per almeno due anni l'attuale status quo. Che poi sono i collegamenti internazionali con Shanghai, Nuova Delhi e Buenos Aires, le rotte business e i voli intermedi che portano passeggeri dagli altri scali nazionali. C’è già un precedente: nell’acquisizione di Klm, la compagnia aerea olandese, Air France accettò per lo scalo di Amsterdam una moratoria di cinque anni.
Alla questione lessicale che si può chiamare moratoria o sospensiva si sostituisce da oggi una considerazione pratica: quella dei conti. La ritirata di Alitalia da Malpensa può comportare la perdita di 7500 posti di lavoro, più le ricadute sull’indotto e la perdita secca di quasi 8 milioni di passeggeri sui 24 milioni che ogni anno transitano nello scalo. Un collasso e una perdita d’immagine per un’area considerata la più produttiva del Paese, proprio nel momento in cui decollano le tanto attese infrastrutture stradali e ferroviarie, Pedemontana, Brebemi e alta velocità.
Per tamponare l’emergenza il governo Prodi aveva previsto contributi per 145 milioni di euro all’anno, in attesa del riposizionamento di Malpensa nel mercato dei voli; con una cifra di poco superiore ai 200 milioni di euro, si legge nel rapporto che il presidente lombardo Formigoni ha affidato all’assessore ai Trasporti Raffaele Cattaneo, è possibile evitare sia il declassamento dello scalo sia la cassa integrazione. Una scommessa, e un atto di fiducia nelle capacità del Nord di uscire dall’impasse attraverso il mercato, senza il «prendere o lasciare» imposto da Alitalia, finanziata - si legge nel rapporto- con cinque miliardi di euro negli ultimi dieci anni per evitare quel fallimento che oggi incombe.
Al netto della battaglia politica che evoca l'eterna contrapposizione tra Milano e Roma, le cifre del caso Malpensa possono dissolvere alcune zone d'ombra nella trattativa tra Air France e Alitalia. Se la compagnia francese è davvero interessata a salvare Alitalia non dovrebbe ostacolare il progetto lombardo. Malpensa è una pietra al collo per la compagnia di bandiera? Tagliamo pure la corda che li lega, dice la Lombardia. Air France può chiudere la sua trattativa privata senza oneri aggiuntivi, Malpensa in due anni riuscirà a riorganizzarsi senza perdere una fetta consistente dei voli, evitando l’assalto disordinato delle altre compagnie straniere e offrendo ai gruppi interessati(che sono Ryan Air, AirOne e Lufthansa) il pacchetto consistente delle rotte lasciate libere da Alitalia. Ma forse Air France è più interessata al ricco mercato del Nord da trasferire nello scalo di Parigi, come sospetta qualcuno, e il sacrificio di Malpensa è il vero jolly della trattativa. L’alternativa, si è sempre detto, è il fallimento di Alitalia. Ma si può trattare per Alitalia con una pistola nascosta puntata su Malpensa?
Giangiacomo Schiavi
Corriere della Sera
Rassegniamoci, la tutela artificiale dei posti di lavoro è la preoccupazione dominante nei nostri politici, a Ceppaloni come alla Magliana come al Pirellone. Quanto all' articolo, il livello è penoso, senza uno straccio di ragionamento. L' incultura politica e mediatica è la causa di tutti i mali aeronautici milanesi.
Il ridimensionamento di Malpensa rischia di costare al fisco italiano quasi 600 milioni di euro all'anno tra mancati introiti, perdita di posti di lavoro e ammortizzatori sociali. Con il mantenimento degli attuali voli Alitalia, lo Stato ne risparmierebbe invece più della metà: la spesa per non cancellare dallo scalo lombardo 800 voli è stata calcolata in poco più di 200 milioni di euro all'anno. Affossare un aeroporto è dunque più oneroso che salvarlo.
Un paradosso, secondo i parametri economici che la Regione Lombardia mette sul tavolo della difficile trattativa legata all’acquisto di Alitalia da parte di Air France. Contro questo inutile spreco il fronte del Nord che riunisce istituzioni, politica e industria, chiede un sussulto a quel che resta del governo: separare il destino della compagnia di bandiera da quello di Malpensa garantendo per almeno due anni l'attuale status quo. Che poi sono i collegamenti internazionali con Shanghai, Nuova Delhi e Buenos Aires, le rotte business e i voli intermedi che portano passeggeri dagli altri scali nazionali. C’è già un precedente: nell’acquisizione di Klm, la compagnia aerea olandese, Air France accettò per lo scalo di Amsterdam una moratoria di cinque anni.
Alla questione lessicale che si può chiamare moratoria o sospensiva si sostituisce da oggi una considerazione pratica: quella dei conti. La ritirata di Alitalia da Malpensa può comportare la perdita di 7500 posti di lavoro, più le ricadute sull’indotto e la perdita secca di quasi 8 milioni di passeggeri sui 24 milioni che ogni anno transitano nello scalo. Un collasso e una perdita d’immagine per un’area considerata la più produttiva del Paese, proprio nel momento in cui decollano le tanto attese infrastrutture stradali e ferroviarie, Pedemontana, Brebemi e alta velocità.
Per tamponare l’emergenza il governo Prodi aveva previsto contributi per 145 milioni di euro all’anno, in attesa del riposizionamento di Malpensa nel mercato dei voli; con una cifra di poco superiore ai 200 milioni di euro, si legge nel rapporto che il presidente lombardo Formigoni ha affidato all’assessore ai Trasporti Raffaele Cattaneo, è possibile evitare sia il declassamento dello scalo sia la cassa integrazione. Una scommessa, e un atto di fiducia nelle capacità del Nord di uscire dall’impasse attraverso il mercato, senza il «prendere o lasciare» imposto da Alitalia, finanziata - si legge nel rapporto- con cinque miliardi di euro negli ultimi dieci anni per evitare quel fallimento che oggi incombe.
Al netto della battaglia politica che evoca l'eterna contrapposizione tra Milano e Roma, le cifre del caso Malpensa possono dissolvere alcune zone d'ombra nella trattativa tra Air France e Alitalia. Se la compagnia francese è davvero interessata a salvare Alitalia non dovrebbe ostacolare il progetto lombardo. Malpensa è una pietra al collo per la compagnia di bandiera? Tagliamo pure la corda che li lega, dice la Lombardia. Air France può chiudere la sua trattativa privata senza oneri aggiuntivi, Malpensa in due anni riuscirà a riorganizzarsi senza perdere una fetta consistente dei voli, evitando l’assalto disordinato delle altre compagnie straniere e offrendo ai gruppi interessati(che sono Ryan Air, AirOne e Lufthansa) il pacchetto consistente delle rotte lasciate libere da Alitalia. Ma forse Air France è più interessata al ricco mercato del Nord da trasferire nello scalo di Parigi, come sospetta qualcuno, e il sacrificio di Malpensa è il vero jolly della trattativa. L’alternativa, si è sempre detto, è il fallimento di Alitalia. Ma si può trattare per Alitalia con una pistola nascosta puntata su Malpensa?
Giangiacomo Schiavi
Corriere della Sera