Grave bird strike multiplo Ryanair a Trapani


A Bari come stiamo messi a bird strike?

Qualche mese fa (aprile mi sa) tornavo da Pisa e il pilota annunciò che c'erano uccelli in pista...quindi siamo stati una decina di minuti a fare il girotondo sull'aeroporto!
 
Trovato in rete:

sconcertante

FACING BIRD ATTRACTING FACTORS OUTSIDE AIRPORTS:
THE ITALIAN APPROACH

Valter BATTISTONI
B.C. & T. Birdstrike Consulting & Training (www.birdstrike.it)
Former Chairperson of BIRD STRIKE COMMITTEE ITALY
ENAC Airport Director (Ret.)
(e-mail: battvtr@tiscali.it)



Quando nel 1994 un mio autorevole collega e superiore, da poco nominato Presidente del Bird Strike Committee Italy, mi telefonò e mi “ordinò” amichevolmente di preparare un intervento ad un meeting sui bird strike, che si sarebbe tenuto di lì a poco a Palermo, mi furono subito chiare tre cose: 1) che Palermo era una bellissima città che non vedevo da anni, e che un week-end a spese del Governo non mi dispiaceva affatto, 2) che non avevo la più pallida idea di cosa raccontare al meeting, essendo la mia ignoranza sul fenomeno birdstrike pressoché totale, 3) che la mia ignoranza in materia non doveva essere un fenomeno isolato, visto che il Presidente andava cercando relatori per riempire l’agenda, e che sarebbe dovuto piuttosto accadere il contrario.

All’epoca dirigevo l’aeroporto di Alghero, un piccolo scalo nella Sardegna nord occidentale che movimentava 400.000 passeggeri l’anno, ed i miei rapporti con la fauna selvatica, e con gli uccelli in particolare, erano ottimi, nel senso che non avevo alcuna idea neppure del numero degli impatti annui riportati sul mio aeroporto, per la semplice ragione che nessuno li contava e non vi era alcuna direttiva in tal senso.
Per inciso, sette anni dopo toccò a me l’onore e l’onere di diventare Presidente del BSCI, ed ancora ringrazio il collega di allora per quella sua inaspettata richiesta.

Fortunatamente ero tra i primi a possedere in casa un collegamento internet, che allora era agli albori. Passai così diverse serate navigando fra i siti specializzati, utilizzando i motori di ricerca, e scoprendo un mondo per me totalmente nuovo, affascinante quanto inquietante, soprattutto per le responsabilità di direttore di aeroporto, che ignoravo totalmente di avere. Entrai in contatto per e-mail con numerosi esperti, specie americani, che mi accolsero subito e favorevolmente nella “bird community”, come veniva da loro chiamato il gruppo di persone che in tutto il mondo si occupava del problema. Mi sorprese, ma non troppo, il fatto che fossero tutti o quasi ornitologi o biologi, il che era naturale dato l’argomento, ma mi stupì l’assenza di esperti in normative.
Andavo infatti rimuginando l’idea di affrontare nel meeting il problema dei birdstrike dal punto di vista giuridico, ed in particolare delle regole, tecniche e di comportamento, da porre agli operatori aeroportuali ai fini della prevenzione.
Scoprii così la regolamentazione americana e britannica, già disponibile su internet, mentre noi italiani avevamo solo i pochi paragrafi del Cap. 9 dell’Annesso 14 ICAO, che peraltro conteneva solo raccomandazioni. Scoprii anche le statistiche europee di J. Thorpe, dalle quali appresi che il 60% circa degli impatti con volatili avveniva all’interno degli aeroporti o nelle immediate vicinanze; che ne era però del restante 40%?
Le norme americane e britanniche erano molto precise per gli aeroporti, ma assai vaghe per l’esterno; inviai così decine di fax ed e-mail a tutti gli esperti che riuscivo ad identificare ed a tutti posi la stessa domanda: che succede nel tuo Paese se un contadino ara il suo campo, confinante con un aeroporto, magari sul prolungamento della pista di volo, con migliaia di gabbiani che volano dietro il suo trattore, mentre è in corso attività aerea?
Fu una rivelazione: le risposte che ebbi erano univoche. Nulla, non succedeva nulla, nel senso che nessuno poteva farci niente se non pregare il contadino di smettere, o convincerlo a lavorare magari di notte.
Avevo trovato la mia presentazione per Palermo!

L’idea era abbastanza semplice: avevamo in Italia una legge sugli ostacoli, diretta applicazione dell’Annesso 14 ICAO, che poneva vincoli e limiti alla proprietà privata nei terreni circostanti gli aeroporti, allo scopo di impedire l’edificazione di manufatti, le piantagioni di alberi troppo alti, linee elettriche e cavi, insomma tutto quanto poteva costituire un pericolo per la sicurezza della navigazione aerea. Sarebbe bastato estendere quella legge anche agli uccelli, ostacoli mobili in senso tecnico, per avere la possibilità di controllare i fattori attrattivi nelle aree intorno agli aeroporti, dove maggiore era il rischio.
Era infatti chiaro che per ciò che atteneva l’interno degli aeroporti, poco restava da inventare se non l’applicazione effettiva delle misure suggerite dalla scienza e dall’esperienza, e che non vi era bisogno di altro se non di sperimentazione e di ricerca per individuare nuove tecniche e procedure. Ma le regole erano già scritte.
Al di fuori dell’aeroporto invece non vi era alcuna regola se non quella della sovranità, del dominio (dominus = padrone, in latino) del privato sulla sua terra, ove poteva fare qualsiasi cosa che non fosse appunto vietata da una legge (legge in senso tecnico, per imporsi su un principio costituzionale quale il diritto di proprietà.
Stesi quindi nella mia presentazione la bozza di un testo di legge e con questo mi presentai a Palermo. Non nutrivo grandi speranze di cambiare il mondo e fui accolto da moderati consensi, più che altro di stima da parte dei colleghi ed amici, e da qualche critica.

Dimenticai presto i birdstrikes, la splendida Palermo e le relazioni ai convegni, finché nel 1996, immediatamente dopo le elezioni politiche per il rinnovo del Parlamento, si presentò nel mio ufficio un parlamentare neo-eletto il quale, per ingannare l’attesa del suo aereo per Roma, mi chiese se avessi qualche idea su quali nuove leggi si potessero fare in materia di sicurezza della navigazione e degli aeroporti. Tanto per accontentarlo, gli consegnai il testo della mia relazione al meeting di Palermo.
Grande fu la mia sorpresa nel vedere qualche settimana dopo quello stesso testo diventare formale proposta di legge presentata al Parlamento della Repubblica Italiana.
La proposta non passò, nel senso che non ci fu il tempo materiale di discuterla. Nel 2001 fu tuttavia ripresentata nello stesso testo al nuovo Parlamento eletto.

Nel frattempo in Italia si era aperto un dibattito sull’opportunità di modificare radicalmente il Codice della Navigazione Aerea, risalente al 1942, quando cioè gli aeroplani erano fatti di legno e tela, ed assolutamente inadeguato alle esigenze di una moderna aviazione civile.
Nel 1999 fu perciò nominata una commissione di esperti e di giuristi incaricati di redigere un testo. Il BSCI, del quale nel frattempo ero diventato membro, allora suggerì che la sostanza e lo spirito di quella prima proposta di legge del 1994 fossero trasferite nel nuovo testo. Tralasciando le varie vicissitudini della commissione e le diverse bozze del Codice, il risultato fu raggiunto, tanto che si giunse finalmente nel 2005 alla formale promulgazione del testo finale del quale si riportano di seguito le parti interessate.

“Al fine di garantire la sicurezza della navigazione aerea, l'ENAC individua le zone da sottoporre a vincolo nelle aree limitrofe agli aeroporti e stabilisce le limitazioni relative agli ostacoli per la navigazione aerea ed ai potenziali pericoli per la stessa, conformemente alla normativa tecnica internazionale”.

“Nelle zone di cui sopra, sono soggette a limitazioni le opere, le piantagioni e le attività che costituiscono un potenziale richiamo per la fauna selvatica o comunque un pericolo per la navigazione aerea.
La realizzazione delle opere, le piantagioni e l'esercizio delle attività di cui al comma 1, fatte salve le competenze delle autorità preposte, sono subordinati all'autorizzazione dell'ENAC, che ne accerta il grado di pericolosità ai fini della sicurezza della navigazione aerea”.

Poche righe, ma rivoluzionarie ed innovative nel panorama legislativo non solo nazionale.

Esaminiamone i punti salienti.
Eviterò di proposito in questo caso di affrontare disquisizioni legali di difficile comprensione per uno straniero che ovviamente non conosce il nostro sistema giuridico e mi atterrò unicamente alla sostanza. Posso solo aggiungere che la difficoltà a regolamentare la materia dipendeva dal fatto che nella Costituzione della Repubblica Italiana (1948) il diritto di proprietà viene sancito formalmente come uno dei diritti fondamentali, del resto seguendo un’antica tradizione che risale al Diritto Romano. Tuttavia tale diritto è mitigato dalla “funzione sociale” che la proprietà deve assumere, e dal potere dello Stato di subordinarla agli interessi pubblici, fino all’esproprio, cioè alla perdita del bene da parte del privato ed all’acquisizione da parte dello Stato, dietro il pagamento di un indennizzo. Tale potere di disporre del bene privato deve perciò essere fondato su interessi pubblici (e superiori) da tutelare, e deve potersi esercitare solo nei casi previsti da una legge. Questa è la ragione per la quale, senza una legge formale ed esplicita, nemmeno la tutela della sicurezza della navigazione contro l’invadenza degli uccelli poteva essere garantita.

Anche negli altri paesi la situazione non si presentava molto diversa; pur esistendo svariate forme di regolamentazioni sulle attività private esterne agli aeroporti, esse si basavano per lo più sulla cooperazione e sul convincimento dei proprietari più che su un potere reale di intervento diretto dello Stato.

In primo luogo il soggetto che possiede il potere di identificare le aree e di vincolarle è solo l’ENAC (Ente Nazionale per l’Aviazione Civile), branca dell’amministrazione dello Stato, che in altri paesi viene genericamente chiamato C.A.A. (Civil Aviation Authority).
In secondo luogo, superando la vecchia normativa che parlava solo di “ostacoli”, viene affermata la possibilità di intervenire anche nei casi di generici “potenziali pericoli per la navigazione aerea”.
Tra i potenziali pericoli, perché non vi siano dubbi, il Codice menziona espressamente tutto ciò che costituisce un richiamo per la fauna selvatica, opere, piantagioni, attività.
In terzo luogo, per le situazioni pericolose già esistenti all’interno di queste aree “limitrofe” l’ENAC può ordinare la loro eliminazione o l’abbattimento, con la corresponsione di un indennizzo ai proprietari.
Per evitare invece nuovi fattori attrattivi nelle medesime zone, l’ENAC “autorizza” solo quelle che siano riconosciute compatibili con la sicurezza della navigazione aerea. Cioè tutte le opere, piantagioni ed attività non autorizzate dall’ENAC diventano automaticamente illegali, con tutte le conseguenze relative.

Come ciascuno può notare, manca una precisa delimitazione dell’estensione dell’area “limitrofa” all’aeroporto su cui si esercita il potere dell’ENAC: il legislatore italiano non ha tenuto conto del limite di 13 km. raccomandato dall’ICAO. Non vi è dubbio che presto inizieranno le controversie su cosa possa considerarsi limitrofo e cosa no. Personalmente suggerirei un’interpretazione basata non tanto sulla distanza metrica, quanto sulla capacità di un dato fattore di influenzare la concentrazione di volatili in un dato luogo. Ad esempio, una discarica di rifiuti urbani (landfill) può essere assai pericolosa in determinate circostanze anche se situata a 50 km. da un aeroporto, mentre una coltivazione agricola può non rivestire alcun pericolo anche se vicina, specie se le colture non sono attrattive per gli uccelli o esiste un piano di gestione della fauna.

Manca anche, e questa è una fortuna, qualunque indicazione sul tipo di attività che possa costituire un potenziale richiamo. Secondo il testo della legge potrebbe cioè essere qualunque cosa, e questo lascia una discrezionalità quasi assoluta all’ENAC nell’indicazione delle fonti di rischio, a tutto vantaggio della sicurezza, ma anche la sua dipendenza da oggettive valutazioni di carattere tecnico, naturalistico, zoologico ecc… da esaminare in contraddittorio con le controparti.

Questa presentazione non sarebbe onesta e completa se tralasciasse l’altra faccia della medaglia, ovvero l’applicazione pratica di questa pregevole ed innovativa legge. Troppo spesso infatti siamo abituati a leggi avanzate e moderne, ma la cui mancata applicazione per problemi di risorse ed organizzativi ci fa restare nel Medio evo.
E’ chiaro che il nuovo codice pone all’ENAC un grosso problema di organizzazione. A differenza di altre Autorità infatti l’ENAC non dispone di un proprio staff di ornitologi, biologi, tecnici dell’ambiente che possano immediatamente iniziare un’attività di monitoraggio di tutti i contesti ambientali dei 42 principali aeroporti italiani e studiare i loro fattori di rischio e le loro interrelazioni, né dare seguito alle richieste di autorizzazione di nuove opere o attività provenienti dal territorio.
Neppure si può pensare di trasferire tale compito sui privati operatori degli aeroporti, e ciò per due ragioni: sia perché di norma gli azionisti delle società aeroportuali sono gli stessi enti pubblici del territorio che avanzano le richieste di autorizzazione (si pensi ad una discarica comunale), con palese conflitto di interessi; sia perché l’attività di prevenzione contro il rischio di birdstrike è rivolta certo al pubblico interesse, ma anche a quello dei vettori aerei, che ottengono benefici economici in termini di minori danni, a spese di altri soggetti che sopportano i rilevanti costi con nulli o scarsi benefici.
Occorrerà dunque un notevole sforzo non solo economico, il reclutamento, e l’addestramento di nuove figure professionali, ma anche culturale, che superi l’antico stereotipo del birdstrike come fatto naturale ed inevitabile, ma anche raro e di poca rilevanza.

Infine è doveroso un cenno sul rischio che le probabili controversie legali sul rifiuto di autorizzazioni, pagamenti di indennità, ordini di sospensione di attività, che si trascineranno per anni nei tribunali, possano bloccare o rallentare il processo in corso di eliminazione o riduzione dei fattori attrattivi che conducono ai birdstrike dentro e fuori gli aeroporti.
Queste sono le sfide dei prossimi anni.
 
Quella relazione mi è ben nota, così come il sito dal quale è stata tratta.
Cosa c'è di sconcertante?
 
falchi

sapevo che in alcuni aeroporto anche internazionali, si addestrano i falchi proprio per scacciare altri tipi di volatili...
 
la richiesta di preparare la relazione a uno che non ne sapeva nulla

Ah, ma almeno lui lo mette per iscritto!! : E alla fine è diventata legge!
Comunque all'epoca in Italia non ne sapeva nulla quasi nessuno, ed anche adesso non è che gli esperti del ramo crescano sugli alberi....come gli uccelli (orrenda questa!):)
 
Va bene; prendiamo inoltre atto che a Ottobre 2009 ENAC non ha ancora diffuso i dati del 2008. Da mie notizie credo purtroppo che non si sia mosso quasi nulla. Ma aspettiamo.

Il rapporto 2008 indica per Trapani un rateo di 6,1 ogni 10mila movimenti, leggermente superiore alla soglia limite (5*10mila movimenti).

Prendiamo atto che la situazione sembra adesso sotto controllo.