direi che con questa battiamo tutto!
la vicenda:
Bloccati a Volos,
Odissea per 150 persone
prima di tornare a Orio
Prolungare le vacanze di un paio di giorni. Un sogno che si può trasformare in un incubo se si è bloccati in aeroporto a causa di un guasto al radar. E' l'Odissea che stanno vivendo 150 persone ferme a Volos, sulla costa della Tessaglia, in attesa di ripartire per Bergamo. Il ritorno in Italia era previsto per mercoledì 30 alle 13, ma a causa di un guasto all'impianto radar Ryanair si è rifiutata di far atterrare l'aereo che avrebbe dovuto riportare tutti a casa.
Dopo sette ore di attesa è stato comunicato ai 150 passeggeri che le alternative erano solo due: aspettare il primo volo (venerdì 1 agosto), oppure prendere un pullman diretto ad Atene e da lì, dopo quattro ore di viaggio, salire sul primo aereo. Trenta persone hanno deciso la seconda opzione. Agli altri “sventurati” invece è stata concessa una camera d'albergo a Volos e un biglietto per Orio al Serio con un volo in partenza venerdì.
la vicenda raccontata da un viaggiatore:
Trenta Luglio 2014, ore 12. Ho passato il controllo del gate ed attendo di imbarcarmi sul volo Ryanair FR4518 che da Volos, in Grecia, mi riporterà a Bergamo. Come me, altre 180 persone almeno: tutti turisti al rientro. Mia figlia Agata gioca con gli altri bambini - scalzi e seduti a terra. Una bimba svizzera viene richiamata dalla sdegnata mamma, rimessa a sedere sulle poltroncine, e le viene infilato un iPad sotto gli occhi. Nella sala dei check-in una coppia di vecchini, visibilmente affaticati, pesa con grande scrupolo il bagaglio a mano: 10 kili e sette. Lascia qui le salviette, dice lui con malcelata indifferenza. Con malcelata indifferenza lei le toglie e le ripiega, prima di infilarle in un cestino.
L'aereo viene dapprima annunciato in ritardo, poi cancellato. Guasti al sistema radar dell'aeroporto viene detto. Circola voce di un bus che ci porterebbe ad Atene a prendere il primo volo disponibile. Ma la voce dell'altoparlante, confermata poi da un sms che tutti riceviamo da Ryanair stessa, gelano le attese: volo cancellato, clicca sul link per avere il rimborso, grazie ed arrivederci. Il messaggio ce ci sembra di percepire è: arrangiatevi. A raggiungere Atene o Salonicco o Patrasso, a trovare posto negli aerei già affollati da turisti al rientro, a pagare tutte le spese. Abbandonati a noi stessi, compresi i 20 bambini e qualche anziano che appariva già affaticato ben prima di questo inconveniente. Andiamo a chiedere delucidazioni alla ragazza del gate. Avrà vent'anni, ripete cortesemente e sempre più imbarazzata le stesse parole che lei stesso ha appreso dalla voce dell'altoparlante. I toni si scaldano, spesso supportati da un inglese improbabile, alcuni passeggeri protestano. Ma almeno il volo sostituivo è gratis o a pagamento? Il wifi non c'è, non si riesce ad avere maggiori informazioni. Non si sa. Non lo sa. La ragazza si dilegua intimorita.
Si cerca un qualche responsabile con cui parlare, ma il desk Ryanair appare desolatamente deserto. Al desk "skyservice" - che scopriremo in seguito essere in sostanza della società che gestisce l'areoporto - ritrovavamo la ragazzina del gate, asserragliata lì assieme ad un altro inserviente di pochi anni più vecchio. Ci viene detto di lasciare l'aeroporto. La voce dell'altoparlante annuncia che i bagagli imbarcati sono pronti per il ritiro. Nessuno si muova, urla qualcuno. Restiamo uniti, proclama un po' enfaticamente un altro. E cosi senza sapere esattamente perché, nessuno esce dal gate. "Qui vige la legislazione internazionale" spiega un altro. Annuiamo, senza indagare meglio perché ci dovremmo preoccupare di ciò.
Iniziano ad illuminarsi i display dei telefoni. Decine di minuti All Inclusive in roaming vengono spesi per spiegare ai parenti a casa che "sapevo io che non mi dovevo fidare del prezzo così basso", "c'è solo un bar e sono rimasti due panini in tutto", "di a Luigi che tornerò; non so come, ma giuro che ce la farò". La famiglia di svizzeri intanto non c'è più: il biondo capofamiglia ha subito noleggiato un'auto e sono partiti, probabilmente alla volta di Salonicco, da cui, si dice, sul volo di domani restano ancora pochi - e poco economici - posti. Pochi altri seguono il loro esempio.
Nei volti si legge parecchia rabbia. Una ragazza piange. Vedo un capannello da cui giungono delle grida, mi avvicino, un grasso uomo sudato che non avevo mai visto finora ordina in malo modo ai miei compagni di uscire dal gate. Qualcuno gli urla in inglese una frase che stento a capire, ma il tono è sufficiente per farsi intendere. Aggiungo urlando che noi non usciamo, se lo scordino. Il ciccione mi risponde "I am the police", e solo perché non ci credo gli urlo qualcosa d'altro che non ricordo ma sicuramente non amichevole e probabilmente non opportuno da dire ad un poliziotto greco. Si scoprirà poi che il tizio è davvero uno della sicurezza aeroportuale, che inizia a sorvegliarci sempre più numerosa.
Qualcuno si occupa di avanzare richieste al desk di SkyService. Non ce ne andiamo se Ryanair o l'aeroporto non ci organizzano un volo alternativo, non ci procurano i bus, gli hotel e i pasti. Ai due ragazzini vengono presto affiancati altri due funzionari evidentemente più preparati, richiamati in servizio con urgenza. Prime concessioni, vi rimborseremo le spese. Fischi sdegnati, noi non anticipiamo nulla. Solo i due vecchini stanno seduti in disparte, visibilmente affaticati.
Spunta un elenco di numeri telefonici di ambasciate e consolati Italiani in Grecia: il solito turista previdente che pensa a tutto prima di partire. I telefonini ora digitano numeri con prefissi greci. In consolato risponde la segreteria telefonica. L'ambasciatore è irraggiungibile, il centralinista dispensa altri numeri a cui fare riferimento. Pare esista a Volos stessa una "vice console onoraria". Ci si mette sulle sue tracce.
Intanto l'unico barista dei due bar presenti nell'aeroporto fa la spola nervoso tra il primo e il secondo. Pare che qualcuno inizi ad espropriare i generi di conforto che solitamente vengono distribuiti in questi casi - alcuni attendono qui ormai da sei ore. Alla fine mancheranno all'appello alcune scatole di biscotti e due bottigliette di ouzo.
Bene così. Lo sguardo dei poliziotti parla da se: ci prendono per sfinimento, pensando che tra poche ore sgombreremo autonomamente con le pive nel sacco, per rifugiarci in qualche hotel di bassa categoria. Dobbiamo divenire un problema per l'aeroporto, per Ryanair, per la torre di controllo, per l'universo intero. Suggerisco ad una anziana signora di rovesciare un tavolino del bar spargendo così lo zucchero sul pavimento. A lei non possono fare nulla signora, io mi troverei subito rinchiuso nel locale di polizia. Ho la faccia così pacifica? risponde lei. Si ride. L'obiettivo politico intanto si è delineato: di qui non ci muoviamo finché Ryanair non manda un aereo a prenderci.
Intanto ha risposto al telefono nientemeno che l'unità di crisi della Farnesina. Filosofeggiano sulla scarsa affidabilità delle compagnie lowcost. Gli si ricorda che sono pagati per tutelare i cittadini europei vittime dei soprusi delle multinazionali, che se ne infischiano dei diritti aquisiti e ratificati in decine di codici e leggi. E che non pagano le tasse in Italia. Incassano, si prodigheranno, o perlomeno capiscono che non è aria.
Recupero un foglio e una penna. Raccolta email personali. Dobbiamo restare uniti anche quando saremo a casa, per richiedere i rimborsi spese, per rivolgerci ad altroconsumo, chissà, per una class action.
Intanto si registrano i primi segnali di crisi del sistema. Il nostro portavoce - una turista sudamericana che parla correntemente inglese e greco, oltre ad altre quattro lingue - comunica che l'aeroporto sta cercando di organizzare un volo per domani, che ci porterà tutti a casa. Devono ottenere i permessi, le autorizzazioni, i nulla osta…. però ci rinfranca. Ci chiama anche l'ambasciata. Si informa. Ci rassicura che. Farà il possibile per. Altre invettive. Altre promesse. Avanti così.
I bambini hanno organizzato una partita di calcio nella sala dei checkin: Italia-Grecia. Il pallone finisce spesso contro le vetrate, facendole vibrare visibilmente. I funzionari non osano obiettare anche se il loro sguardo parla da se. Turisti divertiti filmano con i telefonini, interrompendo per un po' le affannose e bollenti comunicazioni con l'intero arco istituzionale italico di stanza in Grecia.
Arriva la notizia che Ryanair, in diretta telefonica dall'Irlanda, comunica alla ormai stremata funzionaria di scendere a patti. Priorità alle famiglie con bambini: saranno trasportati ad Atene per prendere il volo delle 6,15. Sospiri di sollievo dei genitori. Delusione dei bambini che ancora non hanno terminato il match. Ma ancora non è chiaro se il bus sarà gratis, se è previsto l'hotel della notte. La nostra portavoce avanza le richieste, inflessibile, enunciandole correttamente nella lingua più consona al funzionario di turno. La ragazza di prima scoppia nuovamente in lacrime; non può vantare prole, ma non ne può evidentemente più di vita da ombrellone. Implora di poter essere imbarcata con le famiglie. Non paiono esserci problemi di sorta, tranne che per il giovane fidanzato che la colpevolizza pubblicamente di usurpare il posto a qualche bambino. Plateale crisi di coppia ricomposta da un poliziotto greco dal cuore tenero e dall'inglese improbabile. Abbracci e lacrime dei due fidanzatini. Sul bus ci saranno anche loro. I due vecchini affaticati in disparte osservano e attendono.
Si creano le prime crepe nel fronte interno. Bene i bambini, ma così ci dividono. Se ci dividono ci fregano. Non dovete accettare, decretano i più duri, finché non viene trovata la soluzione per tutti quanti. Mia figlia è sveglia da dodici ore, risponde con tono colpevole una mamma che ha appena ottenuto il nuovo volo. Tenetevi il vostro aereo, io resto qui finché non arriva il console, proclama un'altra mamma tra gli applausi.
Si sparge la notizia che il viceconsole onorario di Volos arriverà a brevissimo. E' pure avvocato, dicono i bene informati. In base a quale supposta "onorificenza" uno dovrebbe essere nominato vice console, chiedono i più diffidenti. E se c'è un vice, perché non c'è un console - spacca il capello in quattro un altro.
Passano le ore e nessun console o suo facente funzione si vede, e non si vede nemmeno il bus che dovrebbe portare le famiglie ad Atene. Si è concordato che nessuno partirà da qui senza che tutti abbiano un biglietto sostitutivo in mano. Sono le 19, ma la stanchezza è più dei funzionari dell'aeroporto che nostra, galvanizzati dalla battaglia. E dalla partita di pallone, che prosegue senza soste e senza, fortunatamente, vetri infranti. Sta vincendo l'Italia anche su questo campo.
Ryanair cede a tutte le richieste, per bocca di una funzionaria arrivata da pochi minuti. Entro venerdì sarete tutti riportati a casa, chi partendo da Atene, chi da Volos, chi da Salonicco. Ma ci pagate gli hotel, le urlano. E i bus, incalzano. E non anticipiamo le spese, drastici. Lei annuisce, assicura, garantisce. Qualcuno filma la scena con lo smartphone. Who guarantee us? Inferiamo. Come si chiama lei? I want the consolate. I want a timber on a sheet of paper. "Verba volant, scripta manent" - è la sentenza che suggella l'apice della diatriba. Non distinguo greco moderno e antico, ma mi piace pensare che le parole che la sconvolta funzionaria borbotta dietro di se andandosene siano massime di Aristarco di Samotracia.
Resta il fonte più intransigente: non cediamo, Ryanair deve mandare qui un aereo e portarci via tutti assieme. Ma si capisce che è impossibile, e quello ottenuto ci pare già segno di una grande vittoria. Chissà, anche se non lo ammettiamo, qualcuno forse è contento di farsi un giorno di vacanza aggiuntivo a spese degli irlandesi. Girano ancora voci incontrollate - attenti, ci han detto da dove partiamo ma non dove arriviamo, ho sentito che sbarcheremo a Ciampino, ma la colazione è pagata?
Arriva finalmente il viceconsole onorario di Volos. Fa capire i grandi meriti che la diplomazia italiana ha avuto nel piegare le tracotanze Irlandesi. Capiamo che i telefoni roventi dalle parte di qualche ambasciata devono aver colpito nel segno. Gli vengono chieste garanzie, assicurazioni. Ma vedete l'affidabilità delle compagnie lowcost, si giustifica. Le viene ricordato che lei rappresenta noi cittadini e non le multinazionali. Annuisce imbarazzata.
Arriva il bus. Ognuno di noi ha finalmente una soluzione, nel segno di uno scarabocchio a penna sulla carta d'imbarco ormai inutile. E il timbro? E se poi ad Atene ci chiedono soldi? E se venerdì l'aereo non c'è? Ma la sensazione è che più di così non ci sia modo di avere. Ma come, non ti fidi di Ryanair?, ironizza qualcuno. Cerco con lo sguardo i due vecchini affaticati, vorrei si imbarcassero sul bus; ma non li trovo, poi devo raccogliere i giochi di Agata sparsi sul pavimento.
Il bus parte. Sono le 21. Ci attendono quattro ore di strada, due di sonno nel megahotel in cui saccheggeremo il bancone della colazione, prima di prendere un nuovo bus per l'aeroporto, alle 4 e mezza di notte e non senza aver recuperato l'ultima famiglia che ancora dormiva della grossa. E' quella della signora sudamericana che fungeva da mediatrice e interprete; è visibilmente stremata dal lavoro svolto. Infine due ore di volo. Il gruppo famiglie è a casa; con sole 18 ore di ritardo sul previsto. Gli altri seguiranno. Solo dei due vecchini non si avranno più notizie. Il poliziotto ciccione, sbuffando, troverà due asciugamani ripiegati in un cestino e null'altro. Siamo a casa, le vacanze sono finite, si torna al lavoro. Stanchi come e più di quando eravamo partiti, e col pensiero a quel prepotente del capufficio. Chissà, forse se rimanessimo uniti....