Giavazzi su Alitalia, Malpensa e il protezionismo


Boeing747

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5 Novembre 2005
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Varese
Il fondo del Corriere di oggi commenta in modo sintetico ma efficace la questione centrale dell'aviazione italiana. Per completezza lo riporto intero, ma per la parte di aviazione è sufficiente leggere il sottolineato.

Due raccomandazioni per evitare la solita incomunicabilità tra chi sostiene la purezza adamantina di AP+Formigoni ovvero quella di AF+le lobby romane. Argomentazoni tipo "Giavazzi è venduto agli interessi Romani e Francesi" squalificherebbero in partenza chi le facesse: diversi forumisti sostengono posizioni analoghe, e significherebbe accusare anche loro. Esprimere critiche ragionate verso una parte non significa non nutrirne altrettante verso l'altra, ma in un thread circostanziato come questo c'entrerebbero come cavoli a merenda.


La tentazione protezionista
di Francesco Giavazzi

E’cominciata male la campagna elettorale del Popolo della libertà (Pdl): «Dazi e quote per difendere le nostre produzioni dalla concorrenza asiatica», «protezione delle nostre industrie e dei nostri capannoni », «riduzione della regolamentazione comunitaria », «affidare al governo il compito di comprare i beni di prima necessità e distribuirli ai Comuni per aiutare chi non arriva a fine mese». I ricercatori della Banca d’Italia hanno studiato un campione di 4.200 piccole e medie imprese per capire come sono cambiate negli ultimi 5 anni.

Quella che ne emerge è un’Italia molto diversa dai capannoni che il Pdl, e l’estensore del suo programma economico Giulio Tremonti, vorrebbero proteggere con i dazi. E’ il ritratto di un mondo pieno di vita: alcune aziende marginali sono uscite dal mercato ma quelle che sono rimaste hanno investito, soprattutto a monte (in ricerca e sviluppo) e a valle (marchi e distribuzione). Ad esempio l’Eurotech, che da Udine ha conquistato una nicchia mondiale nei nanocomputer, un settore che sembrava precluso a chi non risiedesse in California. Un anno fa Eurotech ha comprato un’azienda in Cina, la Chengdu Vantron Technology, un acquisto che le autorità di Pechino probabilmente non avrebbero gradito se l’Italia avesse imposto dazi sulle loro esportazioni. «Di fronte alla globalizzazione abbiamo bisogno di uno Stato più forte» scrive Tremonti.

Sì, ma per abbattere le rendite e creare più concorrenza, non per sostituirsi al mercato. I prezzi scendono con la concorrenza, non con i supermercati di Stato (a meno che Tremonti non pensi ai magazzini Gum della Mosca sovietica, dove i prezzi erano bassissimi, ma gli scaffali vuoti). E quel poco di concorrenza che c’è in Europa la dobbiamo tutta a Bruxelles (altro che ridurre «la regolamentazione comunitaria»!): chi ha eliminato la tassa di roaming sulle telefonate cellulari internazionali? Chi ha obbligato Microsoft a sbloccare i suoi codici consentendoci di ascoltare musica con programmi diversi da Windows Media Player? Per il Mezzogiorno il Pdl propone una Banca del Sud, immagino pubblica. Ne abbiamo già sperimentate due, il Banco di Sicilia e quello di Napoli.

Prima di ripercorrere quella strada occorre almeno chiedersi che vantaggi ne siano venuti per i cittadini del Mezzogiorno (non per i politici che le controllavano) e quanto siano costati ai contribuenti i fallimenti delle due banche (solo nel caso di Napoli quasi un punto di Pil). Il programma del Pdl proietta l’immagine di un Paese impaurito che si difende alzando barriere e rifugiandosi nello Stato. È proprio quello che desidera chi ha una rendita da proteggere e teme che il mercato gliela sottragga. Il governatore della Lombardia, esponente importante del Pdl, si batte perché lo Stato venda Alitalia ad AirOne. Non lo preoccupa il fatto che la nuova linea aerea godrebbe di un monopolio su molte tratte nazionali e che ciò consentirebbe ai dipendenti di Sea e Alitalia di continuare a godere dei loro molti privilegi, sulle spalle dei cittadini. E allora sorge naturale una domanda: ma il Pdl crede davvero in queste proposte, oppure sono solo uno schermo per ottenere protezione e garanzie per alcuni suoi probabili elettori?</u>
 
Citazione: ciò consentirebbe ai dipendenti di Sea e Alitalia di continuare a godere dei loro molti privilegi

Ancora con 'ste cazzate dei privilegi ai dipendenti??? Ma quali sono questi privilegi??? Gli ID90 che hanno comunque tutti i dipendenti di tutte le compagnie aeree del mondo???

Io altri benefit non ne ho... e nel 2008 non voglio certo considerare il portatile ed il PDA un benefit...
 
Percepire lo stipendio da un'azienda tecnicamente fallita si configura obiettivamente come un privilegio, nei confronti dei dipendenti di aziende nelle stesse condizioni che restano invece senza paga.
 
.......forse si fa riferimento a una situazione di monopolio che creerebbe i soliti scompensi visti in Italia per 50 anni. Lasciare Alitalia ad Air France, significa mantenere inalterata una struttura come AirOne e dare vita a una concorrenza più vera......io interpreto cosi.............
 
Citazione:Messaggio inserito da Boeing747
Non lo preoccupa il fatto che la nuova linea aerea godrebbe di un monopolio su molte tratte nazionali

E allora? Capirai che differenza!

Già adesso la concorrenza sulle tratte nazionali tra AZ e AP non esiste. E' un pò come la concorrenza che c'è dai benzinai, uno vende a 1,410. L'altro a 1,409. Il terzo a 1,411. Solo per poter dire che non c'è un monopolio...

Giavazzi ha preso una botta di vecchio ultimamente che metà ne basta. Peccato perché quando aveva tutte le facoltà mentali non era malvagio.
 
Citazione:Messaggio inserito da Boeing747

Percepire lo stipendio da un'azienda tecnicamente fallita si configura obiettivamente come un privilegio, nei confronti dei dipendenti di aziende nelle stesse condizioni che restano invece senza paga.

Questo è un aspetto comune a tutto ciò che è amministrazione pubblica o azienda partecipata dallo stato.

E comuqnue l'articolo faceva riferimento ai "loro molti privilegi"... quali? ....pura demagogia.
 
Citazione:Messaggio inserito da seaking


Citazione:Messaggio inserito da Boeing747

Percepire lo stipendio da un'azienda tecnicamente fallita si configura obiettivamente come un privilegio, nei confronti dei dipendenti di aziende nelle stesse condizioni che restano invece senza paga.

Questo è un aspetto comune a tutto ciò che è amministrazione pubblica o azienda partecipata dallo stato.


alla fin fine, al netto di tutte le altre giustificazioni che si mettono in piedi, è quello che ho evidenziato in rosso quello che tiene tutti attaccati ad alitalia. sono convinto che andando ad indagare le vere motivazioni, quelle profonde, le motivazioni psicologiche inconsce, quelle che risiedono nell'ano del cervello (intesa come zona poco esplorata perchè fa paura a tutti) e che quindi non si ammetteranno mai, è proprio il considerarsi protetti (si badi non privilegiati ma protetti) dalle braccia di un'azienda pubblica che spinge la gente a restar lì e a non esplorare il mondo del privato o a temerlo come la peste.

il pubblico da l'illusione di alcune certezze:

a) sul futuro. succeda quel che succeda, crisi o non crisi, comunque, essendo un'azienda pubblica, è un problema della collettività quindi ad una soluzione non traumatica si deve arrivare. il problema è di altri (dello stato) e non mio.
b) se non si hanno già certezze oggi, vedi la montagna di contratti a termine che az utilizza, comunque sia si appartiene, anche se si è in questa disgraziata situazione precaria, ad un calderone che ha a che fare con lo stato e che quindi ad una soluzione generalizzata deve pervenire. anche qui il problema è di altri (dello stato) e non mio
c) la certezza della protezione da soprusi carrieristici o dal mobbing. da una parte ci si lamenta delle eccessive raccomandazioni (l'azienda è piena di segnalati dalla politici) dall'altra però ci si sente sicuri che grandi vessazioni personali non se ne potranno mai subire perchè si ha comunque una evidente protezione sindacale. tutti, considerano, di avere possibilità di carriera perchè protetti da accordi generalizzati che tendono al livellamento verso il basso.
d) si ha la certezza che nulla alla fin fine potrà mai mancare perchè essendo l'azienda dello stato, il soggetto che rappresenta, qualcuno crede, il Trasporto Aereo Italiano (l'ho scritto volutamente maiuscolo), il verbo per eccellenza, i soldi non mancheranno mai e le richieste veranno tutte bene o male esaudite
e) si ha la certezza che non essendoci un padrone ben identificato, un soggetto chiaro che ci mette soldi dal proprio portadenari, le possibilità di co-gestione aziendale senza responsabilità siano nettamente maggiori. si può fare i manager o gl'imprenditori coi soldi del tesoro della repubblica italiana e non coi propri!

due note

la prima: tutto ciò è comprensibile
la seconda: quello che fa arrabbiare è che noi italiani non siamo capaci di sfruttare, al meglio, questa situazione. la maggior parte delle persone non ha rispetto di ciò che è pubblico, non sente di avere doveri più stringenti proprio perchè appartiene al pubblico (come succede per esempio in francia o in inghilterra). da noi si ha la mal sana concezione che il pubblico evita proprio alle persone di sentirsi vessati dal rispetto di regole più ferree, evita la sofferenza del rispetto puntiglioso delle regole.
 
Citazione:Messaggio inserito da seaking

Citazione: ciò consentirebbe ai dipendenti di Sea e Alitalia di continuare a godere dei loro molti privilegi

Ancora con 'ste cazzate dei privilegi ai dipendenti??? Ma quali sono questi privilegi??? Gli ID90 che hanno comunque tutti i dipendenti di tutte le compagnie aeree del mondo???

Io altri benefit non ne ho... e nel 2008 non voglio certo considerare il portatile ed il PDA un benefit...

Il privilegio dei dipendenti AZ è quello di avere ancora il lavoro nonostante l'azienda non produca utili da 15 anni. Sarebbe dovuta fallire diverse volte - l'ultima nel 2004 - e invece sta ancora lì. Questo è un privilegio enorme, perché la stragrande maggioranza dei lavoratori italiani (esclusi quelli del pubblico impiego) non è tutelata in caso di fallimento dell'azienda.
In Italia, ahimè, i dipendenti AZ sono visti come persone di serie A perché essi proprio non possono perdere il lavoro come è accaduto a centinaia di migliaia di persone in questi anni di crisi economica. Se non è un privilegio questo...
 
Citazione:è proprio il considerarsi protetti (si badi non privilegiati ma protetti) dalle braccia di un'azienda pubblica che spinge la gente a restar lì e a non esplorare il mondo del privato o a temerlo come la peste.

Ovviamente qui ci sono molte persone che la pensano così (er posto fisso), ma ce ne sono anche tante (tra cui il sottoscritto) che:

- provengono da esperienze maturate in aziende private
- hanno una cultura "anti posto fisso": vanno dove il mercato chiama e non sposano mai un'azienda

Per me (e sottolineo per me</u> perchè il discorso non può ovviamente essere generalizzato) il fatto di stare in un'azienda partecipata dallo Stato è un dettaglio, non certo la motivazione che mi ha spinto qui neanche 3 anni fa.

Alitalia non sarà certo il mio ultimo posto di lavoro...
 
EUROPE

Agony and the Ecstasy

Italy barely functions. Yet its people are happy. What explains this?

The hottest film in Italy right now, in just about every sense of the word "hot," is "Caos Calmo" or "Quiet Chaos." It is the story of a widower who cannot pull his life together and sits on a park bench, watching the world pass him by. Sure, one reason it's at the top of the box-office charts is controversy over a sex scene (about which more later). But the movie also touches deeper nerves. The truth is that, much like the widower, Italy is watching the world pass it by.

As recently as the early 1980s, the country's gross domestic product was on a par with Britain's, and Italy looked set to be a driving force, if not quite in the driver's seat, of a newly united Europe. But those days are long gone. Luca Cordero di Montezemolo, the chairman of Fiat and president of Ferrari, likens Italian government to "a car so heavy, so expensive, so difficult to steer, so old, that whoever the driver may be, you don't win." At this point, government is not just dysfunctional, but nonfunctioning. Since left-wing Prime Minister Romano Prodi fell to a no-confidence vote in January, there's a caretaker regime marking time until new elections in April. The latest polls suggest Italy will return right-wing tycoon-showman Silvio Berlusconi to power. But that is hardly cause for optimism. The same faces have been trading places in Rome for almost 15 years as the economy has stalled and the fractious political parties have stalemated. "In Italy we are at the end of a long run," one of Prodi's close advisers said privately last week as he sat in the now half-empty offices of the prime ministerial Palazzo Chigi, "and we are all very tired."

Wherever Italians look, it seems, there are signs of rot both figurative and literal. The streets of Naples have been subsumed beneath suppurating piles of garbage for months with no solution in sight. And while Naples is stinking, Venice is sinking. Grand plans have been proposed to save the city, which is flooded nine months a year. But the 10-year multibillion-euro project put forth by Berlusconi was shelved by Prodi. Tourists overwhelm Florence, but instead of improving infrastructure, the city council is thinking of moving Michelangelo's "David" out of town to lessen the congestion. Then there's Alitalia, a fleet of albatrosses laboring under enormous debts that are emblematic of Italy's can't-do economy.</u> In 2004 and 2005 the country's economy did not expand at all, and throughout the decade it has lagged at or near the very bottom of Europe's already torpid growth rates. Last year, Italy grew 1.8 percent, far slower than the rest of the euro zone.

Yet for all this, many Italians feel that the country still has the potential—the creativity amid the chaos—to make a magnificent comeback if only … what? "I believe a lot of people are asking themselves the same question I ask myself," says Pino Arlacchi, a former member of Parliament and senator, and a leader of the anti-mafia fight in the early 1990s: "Why have we not succeeded in turning the page in this country?"

Giulio Sapelli, one of Italy's most distinguished economic historians, cites a handful of key decisions. "The '80s were the years of great missed opportunities," he says. Unlike France—which saw the dangers of energy shortages and built a nuclear power grid that now provides 80 percent of its electricity—Italy held an emotional referendum in 1987 that completely shut down what had been a technologically advanced nuclear industry. Now it is utterly dependent on the world market for high-cost energy. Then, Italy's public debt soared as bills for the social programs it instituted in the 1970s started to come due and political parties padded out the bureaucracy with patronage jobs. "There's huge corruption," says Sapelli. Finally, in the 1980s there was the Italian lira. The government boosted the country's exports and mollified the private sector not by encouraging research, development and innovation, but by cheapening the currency.

In hindsight, says Sapelli, the dazzling GDP figures of 25 years ago were "just an illusion." Unlike Britain, which was well on its way to becoming a modern Western service economy, Italy was breathing "the last sigh of an industrial system" that was shored up "with enormous public expenditure." And by 1992, the illusion wasn't looking so grand. The revelations of the "Clean Hands" arrests and prosecutions exposed corruption in the old established Christian Democratic and Socialist parties that had traded governments back and forth for generations. They were swept out of power, their leaders prosecuted, even forced into exile—but narrow-minded venality and criminality stayed.

"I used to think corruption was all on the other side," says Arlacchi, whose political career has always been on the left. While Italy's communists and their political descendents were kept out of power during the cold war, they had high ethical standards and resisted corruption. "But in the last 20 years, it has cut across party lines," says Arlacchi over lunch in one of his favorite Rome restaurants. As if partly to console himself, he notes that Rome's left-wing Mayor Walter Veltroni, the main rival to Berlusconi in the upcoming elections, "says that he will not accept as candidates for Parliament [on his ticket] people who have a felony conviction." Arlacchi paused over the wild strawberries. "I see the expression on your face," he laughed. "But in this country, that's considered a courageous decision for a politician to make." Berlusconi, meanwhile, has been the object of numerous investigations, and only escaped convictions on some charges because the laws were changed when he was in power.

Perhaps it's to be expected that, as sociologist Ilvo Diamanti puts it, "a sterile anger" is the emotion now dominating public life in Italy, and outraged cynicism is the order of the day. With politicians talking mainly to themselves, only artists and entertainers seem to give voice to the mood on the street. The most popular political writer in the country, without question, is comedian Beppe Grillo. On his widely read blog and in public spectacles his diatribes echo the old cry from the American movie "Network": "I'm mad as hell and I'm not going to take it anymore"—and then some. Last September millions of people rallied around the country for Grillo's V-Day (that is, Vaff-Day, or "go f––– yourself," day). "We have nearly 80 crooks in Parliament," Grillo told NEWSWEEK over the phone from his home in Genoa. (Actually there may be more: 24 who have been convicted of various crimes, an additional 57 who have had public legal problems, plus those who've never been caught.) Grillo appeals to the outside world: "Please, invade us. Help us!"

Joking aside, a big part of Italy's problem is that it relied on outside forces too often in the past to save it from internal problems nobody dared address. It's a society so full of bureaucratic impediments and social fractures that "there is freedom only as long as you don't rock the boat," says Andrea Mandel-Mantello, chief executive of the boutique investment bank AdviCorp. Although Italians are famous as entrepreneurs, it's extremely difficult to start an enterprise, or to grow from a midsize business to a big one capable of competing globally. "There is just too much friction," says Mandel-Mantello. "It's like Rollerblading on cobblestones."

At the macroeconomic level, structural reforms are promised repeatedly, then forgotten in a system where opposition political parties, even if they are minuscule, can and do veto any major government initiative. Fiat's Montezemolo—who has headed Cofindustria, the powerful association of business leaders, for the last four years—recalls that Italy raced like crazy to meet the fiscal requirements imposed by the European Union so that it could join the euro zone in 1999. "As soon as we reached the end of the race—finally we are in the euro!—we collapsed," he says, dramatically leaning back on the sofa of his office and throwing his arms up in the air. "We did nothing. There were no fundamental and structural decisions for the future."

Italians have come to see themselves over the years as survivors. In the aftermath of World War II, says Arlacchi, "they had the mentality of people who'd been bombed." Nothing would be as bad as what went before, and it could get a whole lot better. Which it did. The 1950s and 1960s were phenomenally prosperous years of reconstruction. But then came the 1970s, which were years of terror for many Italians—especially for those who had money or were making it. The Red Brigades sowed fear everywhere, sometimes with the collusion of people in government, while gangsters as well as terrorists turned kidnapping into an industry.

The great spurt of Italian optimism in the 1980s coincided with the end of the terror, and the beginning of Italy's pre-eminence marketing world-class luxury brands including Armani and Zegna, Brioni and Valentino, Bulgari, Gucci, Prada and many more. But then, the bottom dropped out of the economy. The political scandals of the early 1990s coincided with financial stability worthy of Argentina. Only the intervention of international institutions staved off economic collapse. "They kept on buying Italian bonds," says Sapelli. "With our history of terrorism a default could have been stained with blood. They saved the country."

It's not surprising after such a history that many Italians seem to hunger for strong leadership and perhaps even a strongman. A poll last summer showed that Italians who said they'd vote for such a figure approached 90 percent. But when candidates present themselves as such, the echoes of Benito Mussolini's dictatorship are still too strong for them to find widespread acceptance. Yet with all the frustrations, there endures in Italy what might be called the dolce vita factor. People still think life is sweet. Most Italians (74 percent, according to a Eurobarometer poll last month) say they are worried about the economy. A majority (52 percent) say they think Italy is "moving in the wrong direction." But a full 71 percent of Italians say they are satisfied with their own lives when it comes to family, work and their personal future. "Italians are accustomed to a very rigid separation between their personal lives and what is going on in public," says Federigo Argentieri, professor of political science at John Cabot University in Rome. And while an utter lack of civic conscience makes the country extremely difficult to govern, Argentieri notes that the strength of the family is what allows the society to function when, as so often happens, government fails. "Everything is wrong with that," says Argentieri, "except it's what keeps Italy afloat."

"Family values" may be, in fact, one of the most complex and intractable problems for a country that Sapelli describes as "postmodern without ever having been modern." Although Italians are famously individualistic, their flamboyance is sometimes that of little boys who know they can hide behind their mothers' skirts. Stories are legion about the Italian trader in London whose mother flies there to wash his clothes each month. And it's not at all unusual for young Italians to continue living with their parents until they are in their 30s. "I believe I would kill Italian mothers," says Sapelli, joking, but with a point. "They are a formidable obstacle to economic growth." In a broader sense, the loyalty to family and the sense that protection, approval and respect exist mainly within it has helped to keep Italy a fractured nation with little sense of collective identity and little respect for the laws of the state. People see themselves as belonging to the towns or provinces where their families come from, and where their history may go back millennia, rather than as part of the nation-state that was declared to exist in the 1860s.

One of Pino Arlacchi's best-known books, "Why There's No Mafia in Sardinia," is about the ultimate expression of a family-centric society: the Sardinian culture of vendetta, in which clans mete out their own justice with no deference to any state or to any organization, including the Sicilian mafia. The mafia has tried and failed to "colonize" Sardinia, as Arlacchi notes, and has its own sense of family, of course. One of the most interesting trends in Italy over the last year, and one of the most hopeful, is the extent to which families and businesses in Sicily itself have been turning against the mafia and refusing to pay protection money. Whether the state will resist the gangsters' influence as well remains an open question. But the record is not a good one. Just last week the former regional minister of tourism in Calabria was arrested on corruption charges linked to organized crime. He denies the allegations.

Family issues are also a natural vehicle for the Roman Catholic Church, which is looking to reassert the influence it wielded in Italian politics before the humiliation of the Christian Democrats in the scandals of the early 1990s (many of which also were mafia-related). The question of abortion, which is legal for three months after conception, has become the first clear issue in the current election campaign. But the church also likes to preach to Italians about the details of their sex lives, a cause it might not have found worthwhile at times of stronger secular leadership. For instance, the Catholic Church has criticized the sex scene in "Caos Calmo" because it depicted adultery and showed sex as something other than an act of procreation.

Yet the larger controversy about the film is not so much about what is explicit as what is implicit. The star is Nanni Moretti, whose political satires and documentaries have long sought to prod the conscience of his countrymen. He plays the widower on the bench, who had saved a woman, a stranger, from drowning on the same day that, by coincidence, his wife died in an accident. He is there in the park because it is the only way he can imagine to impose order on life. He knows grief will come, but he is not sure exactly how or when, and he is frozen in place. Eventually, he meets the woman that he saved and has intercourse with her. The scene is played without music or romance. Both man and woman are almost fully clothed, and entirely focused on themselves. It is an unsettling depiction of alienation, anger, confusion and self-involvement, those very Italian emotions of the moment. And for this reason, it has resonated with the Italian people. Except for one thing: in the film, the character manages to move on. Italy has yet to find a way to do that.

© 2008 Newsweek, Inc.
 
Citazione:Messaggio inserito da seaking

Ovviamente qui ci sono molte persone che la pensano così (er posto fisso

non intendevo "er posto fisso". mi spiego meglio: intendevo allargare il concetto del posto fisso, l'appartenere ad una realtà grande, la più grande del settore in italia (quindi anche in grado di permetterti di sviluppare alcune professionalità che nelle piccole realtà del nostro paese non potresti avere), per di più pubblica e quindi in grado di suscitare nelle persone che ci lavorano alcune "sicurezze" che non si limitano al posto garantito e che non si identificano col privato.

resta valido quello che dici: se da una parte ci sono i lazzaroni che cercano solo "er posto fisso" dall'altra ci sono anche quelli che cercano quelle professionalità di settore presenti solo in alitalia (basta citare la visione internazionale di gruppo)... il male storico di alitalia è il non aver eliminato i primi ed esaltato i secondi.
 
Giavazzi è il tipico esempio di giornalista filo Padoa Schioppa e fan accanito di quell'ammasso di professoroni burocrati buoni solo a far prediche intrise di liberismo da strapazzo e ad aumentare le tasse e la burocrazia in Europa.
Prima di scrivere buffonate dovrebbero provare ad avere un impresa e a gestirla rischiando i loro soldi (non i nostri).
Come ci possiamo difendere dall'oriente, dove tutto è lecito, se non con alcune barriere a difesa delle nostre imprese?
Non mi vengano a dire con la ricerca e con la qualità perchè se io ho un costo orario di 50 Euro ed in Cina è di 10 la battaglia è finita prima di incominciare!!!!
Giavazzi vai a lavorare BUFFONE!!!

Ps Vi prego scusate lo sfogo ma non li sopporto più!!!
 
Citazione:)... il male storico di Alitalia è il non aver eliminato i primi ed esaltato i secondi.

Esatto, aggiungerei che oltre ad essere un male storico è anche uno dei prossimi "key success factors" nel processo (spero imminente) di privatizzazione (che è poi il secondo motivo che mi ha spinto ad entrare in AZ).
 
Citazione:Messaggio inserito da vipero

io lo trovo un bell'articolo invece. molto vero.

Anch'io lo trovo molto interessante, riporta morivazioni molto serie che non possono essere liquidate senza confutarne le serie motivazioni che le originano.
 
Citazione:Messaggio inserito da kenadams

Citazione:Messaggio inserito da seaking

Citazione: ciò consentirebbe ai dipendenti di Sea e Alitalia di continuare a godere dei loro molti privilegi

Ancora con 'ste cazzate dei privilegi ai dipendenti??? Ma quali sono questi privilegi??? Gli ID90 che hanno comunque tutti i dipendenti di tutte le compagnie aeree del mondo???

Io altri benefit non ne ho... e nel 2008 non voglio certo considerare il portatile ed il PDA un benefit...

Il privilegio dei dipendenti AZ è quello di avere ancora il lavoro nonostante l'azienda non produca utili da 15 anni. Sarebbe dovuta fallire diverse volte - l'ultima nel 2004 - e invece sta ancora lì. Questo è un privilegio enorme, perché la stragrande maggioranza dei lavoratori italiani (esclusi quelli del pubblico impiego) non è tutelata in caso di fallimento dell'azienda.
In Italia, ahimè, i dipendenti AZ sono visti come persone di serie A perché essi proprio non possono perdere il lavoro come è accaduto a centinaia di migliaia di persone in questi anni di crisi economica. Se non è un privilegio questo...

Finalmente uno che dice pane al pane. Grazie

[:304]
 
Citazione:Messaggio inserito da TW 843

Citazione:Messaggio inserito da Boeing747
Non lo preoccupa il fatto che la nuova linea aerea godrebbe di un monopolio su molte tratte nazionali

E allora? Capirai che differenza!

Già adesso la concorrenza sulle tratte nazionali tra AZ e AP non esiste. E' un pò come la concorrenza che c'è dai benzinai, uno vende a 1,410. L'altro a 1,409. Il terzo a 1,411. Solo per poter dire che non c'è un monopolio...

Giavazzi ha preso una botta di vecchio ultimamente che metà ne basta. Peccato perché quando aveva tutte le facoltà mentali non era malvagio.
Le ha mantenute, eccome, anche quando non dice quallo che tu vuoi sentirti dire
 
Citazione:Messaggio inserito da DL777

Giavazzi è il tipico esempio di giornalista filo Padoa Schioppa e fan accanito di quell'ammasso di professoroni burocrati buoni solo a far prediche intrise di liberismo da strapazzo e ad aumentare le tasse e la burocrazia in Europa.
Prima di scrivere buffonate dovrebbero provare ad avere un impresa e a gestirla rischiando i loro soldi (non i nostri).
Come ci possiamo difendere dall'oriente, dove tutto è lecito, se non con alcune barriere a difesa delle nostre imprese?
Non mi vengano a dire con la ricerca e con la qualità perchè se io ho un costo orario di 50 Euro ed in Cina è di 10 la battaglia è finita prima di incominciare!!!!
Giavazzi vai a lavorare BUFFONE!!!

Ps Vi prego scusate lo sfogo ma non li sopporto più!!!

Hai paura di dover ragionare anche con argomenti diversi dai tuoi. Ecco il problema.
 
Citazione:Messaggio inserito da kenadams

Il privilegio dei dipendenti AZ è quello di avere ancora il lavoro nonostante l'azienda non produca utili da 15 anni. Sarebbe dovuta fallire diverse volte - l'ultima nel 2004 - e invece sta ancora lì. Questo è un privilegio enorme, perché la stragrande maggioranza dei lavoratori italiani (esclusi quelli del pubblico impiego) non è tutelata in caso di fallimento dell'azienda.
In Italia, ahimè, i dipendenti AZ sono visti come persone di serie A perché essi proprio non possono perdere il lavoro come è accaduto a centinaia di migliaia di persone in questi anni di crisi economica. Se non è un privilegio questo...

ti sei dimenticato del privilegio di rischiare il grounding una volta ogni tre anni,cosa,ora quanto mai,possibilissima
in caso di grounding altro che lavoro garantito