Riporto l'articolo del gazzettino, anche se ormai gli allarmi bomba negli aeroporti sono pane quotidiano...
Una valigia di metallo abbandonata vicino a uno dei pilastri sulla rampa delle partenze, in corrispondenza dell’ingresso principale. Piove a dirotto e quel bagaglio gettato lì come se il proprietario se ne fosse voluto sbarazzare e al più presto, proprio in una zona dove l’occhio delle telecamere non arriva, è una presenza ingombrante e inquietante. A segnalarla alla polizia sono due artiglieri dell’Esercito in attesa dell’arrivo di alcuni commilitoni. L’allarme bomba ieri al Marco Polo scatta alle 8.50. Nel giro di pochissimi minuti vengono bloccati gli accessi viari, le porte, le scale, gli ascensori. Come previsto dal dispositivo di sicurezza, l’intera zona viene isolata: arrivano i vigili del fuoco e gli artificieri della questura di Venezia, mentre carabinieri, finanzieri, agenti con unità cinofile presidiano i varchi. Il tutto sotto la regia della sala operativa della Polaria, con il comandante Antonio Campanale e il vice Fabio Molena.
La tensione è alta. Sono gli esperti nel disinnesco di bombe e ordigni a decidere, valutato l’oggetto sospetto e la posizione, quale strategia adottare riducendo al minimo i rischi e degli operatori e delle persone. Alle dieci lo scoppio. Un rumore secco, sordo: è quello del cannone ad acqua, un getto ad altissima pressione che neutralizza il "nemico".
Volano vestiti, documenti, un cellulare, effetti personali, c’è persino un passaporto: è di un senegalese di 40 anni residente a Santa Giustina in Colle in provincia di Padova. Quando un militare delle Fiamme gialle vede la foto lo riconosce: si tratta di uno dei 17 passeggeri che non si sono potuti imbarcare sul volo delle 8.40 per Dakar, via Bruxelles. Troppo piccolo l’aeromobile messo in pista rispetto alla capienza necessaria per soddisfare i viaggiatori prenotati. Comprensibile la collera di chi è dovuto suo malgrado rimanere a terra rinviando il decollo a lunedì prossimo: fra i più stizziti proprio l’africano più volte invitato alla calma. È probabile quindi che il disappunto per il rientro in patria mancato gli abbia fatto dimenticare la valigia nella concitazione di carcere un mezzo per tornare a casa. Di conseguenza nessun dolo, semmai una banale negligenza che ha fatto stare col fiato sospeso addetti ai lavori e viaggiatori per almeno un’ora.
Il tutto mentre dagli altoparlanti dello scalo viene continuamente ripetuto il messaggio in cui si invita a non lasciare incustoditi borse, borsoni, trolley. La psicosi attentato ieri ha lambito anche la laguna senza tuttavia provocare alcun disagio all’attività aeronautica: tutti i voli hanno rispettato la regolare tabella di marcia.
Una valigia di metallo abbandonata vicino a uno dei pilastri sulla rampa delle partenze, in corrispondenza dell’ingresso principale. Piove a dirotto e quel bagaglio gettato lì come se il proprietario se ne fosse voluto sbarazzare e al più presto, proprio in una zona dove l’occhio delle telecamere non arriva, è una presenza ingombrante e inquietante. A segnalarla alla polizia sono due artiglieri dell’Esercito in attesa dell’arrivo di alcuni commilitoni. L’allarme bomba ieri al Marco Polo scatta alle 8.50. Nel giro di pochissimi minuti vengono bloccati gli accessi viari, le porte, le scale, gli ascensori. Come previsto dal dispositivo di sicurezza, l’intera zona viene isolata: arrivano i vigili del fuoco e gli artificieri della questura di Venezia, mentre carabinieri, finanzieri, agenti con unità cinofile presidiano i varchi. Il tutto sotto la regia della sala operativa della Polaria, con il comandante Antonio Campanale e il vice Fabio Molena.
La tensione è alta. Sono gli esperti nel disinnesco di bombe e ordigni a decidere, valutato l’oggetto sospetto e la posizione, quale strategia adottare riducendo al minimo i rischi e degli operatori e delle persone. Alle dieci lo scoppio. Un rumore secco, sordo: è quello del cannone ad acqua, un getto ad altissima pressione che neutralizza il "nemico".
Volano vestiti, documenti, un cellulare, effetti personali, c’è persino un passaporto: è di un senegalese di 40 anni residente a Santa Giustina in Colle in provincia di Padova. Quando un militare delle Fiamme gialle vede la foto lo riconosce: si tratta di uno dei 17 passeggeri che non si sono potuti imbarcare sul volo delle 8.40 per Dakar, via Bruxelles. Troppo piccolo l’aeromobile messo in pista rispetto alla capienza necessaria per soddisfare i viaggiatori prenotati. Comprensibile la collera di chi è dovuto suo malgrado rimanere a terra rinviando il decollo a lunedì prossimo: fra i più stizziti proprio l’africano più volte invitato alla calma. È probabile quindi che il disappunto per il rientro in patria mancato gli abbia fatto dimenticare la valigia nella concitazione di carcere un mezzo per tornare a casa. Di conseguenza nessun dolo, semmai una banale negligenza che ha fatto stare col fiato sospeso addetti ai lavori e viaggiatori per almeno un’ora.
Il tutto mentre dagli altoparlanti dello scalo viene continuamente ripetuto il messaggio in cui si invita a non lasciare incustoditi borse, borsoni, trolley. La psicosi attentato ieri ha lambito anche la laguna senza tuttavia provocare alcun disagio all’attività aeronautica: tutti i voli hanno rispettato la regolare tabella di marcia.