Ethiopian Airlines fa decollare l’Africa
La compagnia dei record ora punta sulle tratte interne
Ha appena ricevuto il suo quinto Boeing 787 «Dreamliner», l’ennesimo premio di «compagnia dell’anno», sta per aprire il suo quarto hub continentale a Kinshasa e si prepara a far volare la nuova classe media africana in Sudamerica e Cina per mantenere lo strabiliante tasso di crescita del 7% annuo. Il ritratto è quello di una compagnia aerea dei ricchi emirati del Golfo ma l’Ethiopian Airlines è una scommessa tutta africana che per una volta è andata a buon fine, un modello delle potenzialità nascoste nel quasi miliardo di abitanti che abita a sud del Sahara.
Una scalata ancora molto lunga, visto che partiamo da uno dei Paesi più poveri al mondo (500 dollari di reddito pro-capite annuo) e i numeri non sono ancora paragonabili al pallottoliere dorato di Abu Dhabi: un fatturato di quasi 2 miliardi di dollari che l’ad Tewolde Gebremariam vuol portare a 10 nel 2025, una flotta di 64 aerei, 6 milioni di passeggeri trasportati nel 2013. Quello che impressiona è il progetto, legato a doppio filo con le ambizioni di Meles Zenawi, premier dal 1995 al 2012, artefice della rinascita etiope: fare del Paese una potenza regionale e guidare la «seconda decolonizzazione» dell’Africa. Non più sotto l’ala dell’Urss ma cavalcando l’onda della globalizzazione.
L’intuizione di Meles è di sviluppare le tratte intrafricane, trascurate dalle compagnie europee che invece puntano solo sui collegamenti fra Africa ed Europa. Comincia con l’est del continente, dei vicini e amici Kenya e Uganda, poi punta verso ovest. All’hub di Addis Abeba si aggiungono quelli di Lilongwe, nel Malawi, e di Lomé, nel Togo. Entro la fine dell’anno aprirà la base di Kinshasa nella Repubblica democratica del Congo, un altro gigante di 70 milioni di abitanti.
L’idea è di portare il grosso della clientela africana nella capitale etiope e di lì farla volare principalmente in Asia, mentre da Kinshasa partiranno i nuovi collegamenti con il Brasile. In piccolo, quello che stanno facendo gli arabi nel Golfo, e in effetti ad Addis Abeba c’è aria di Emirati arabi: il Terminal 2, che assomiglia in miniatura a quello di Dubai, pensato negli anni Novanta per 5 milioni di passeggeri, è già saturo e una compagnia cinese si è aggiudicata un progetto di espansione da 250 milioni di dollari: con il terzo terminal si punta a un traffico da 25 milioni di passeggeri e la terza pista è appena stata inaugurata.
Sembra preistoria quell’8 aprile 1946, il primo volo da Addis Abeba al Cairo con scalo ad Asmara, «operato» da un Douglas C-47 Skytrain. L’Etiopia, uno dei pochi Paesi africani allora indipendenti, si dotava orgogliosamente della propria compagnia. Ma non si faceva problemi nel chiedere aiuto all’Italia, potenza coloniale appena spodestata: molti tecnici venivano dall’Italia, parecchi piloti erano stati addestrati nel nostro Paese, l’Alitalia era il punto di riferimento.
Oggi Ethiopian Airlines ha una sua scuola di addestramento piloti ad Adis Abeba. Il punto di riferimento per gli aerei restano gli Usa. L’equivalente oggi del vecchio Douglas C-47 è il nuovissimo Boeing B787, che pure ha dato parecchi grattacapi anche agli etiopi con le batterie al litio che tendevano a prendere fuoco… Gli standard consentono ormai di drenare anche clientela europea, specie dall’Italia ora che Alitalia non vola più su Addis Abeba. L’africanità è lasciata ai dettagli culturali, come la business class che si chiama «Cloud Nine», «nuvola nove», da un proverbio in lingua amarica traducibile in «essere al settimo cielo».
Il «sognatore concreto» Meles è morto nel 2012 ma ha lasciato al nuovo premier Hailemariam Desalegn un Paese di 90 milioni di abitanti, con un Pil di 45 miliardi di dollari e una compagnia di bandiera che è anche strumento politico. Il ruolo di potenza regionale si è visto nelle trattative di pace per il Sud Sudan, mentre gli aerei cargo dell’Ethiopian portavano aiuti a Juba. Anche a questo servono le compagnie aeree.
Giordano Stabile
Articolo tratto dall'edizione in edicola il giorno 13/02/2014 - LA STAMPA
La compagnia dei record ora punta sulle tratte interne
Ha appena ricevuto il suo quinto Boeing 787 «Dreamliner», l’ennesimo premio di «compagnia dell’anno», sta per aprire il suo quarto hub continentale a Kinshasa e si prepara a far volare la nuova classe media africana in Sudamerica e Cina per mantenere lo strabiliante tasso di crescita del 7% annuo. Il ritratto è quello di una compagnia aerea dei ricchi emirati del Golfo ma l’Ethiopian Airlines è una scommessa tutta africana che per una volta è andata a buon fine, un modello delle potenzialità nascoste nel quasi miliardo di abitanti che abita a sud del Sahara.
Una scalata ancora molto lunga, visto che partiamo da uno dei Paesi più poveri al mondo (500 dollari di reddito pro-capite annuo) e i numeri non sono ancora paragonabili al pallottoliere dorato di Abu Dhabi: un fatturato di quasi 2 miliardi di dollari che l’ad Tewolde Gebremariam vuol portare a 10 nel 2025, una flotta di 64 aerei, 6 milioni di passeggeri trasportati nel 2013. Quello che impressiona è il progetto, legato a doppio filo con le ambizioni di Meles Zenawi, premier dal 1995 al 2012, artefice della rinascita etiope: fare del Paese una potenza regionale e guidare la «seconda decolonizzazione» dell’Africa. Non più sotto l’ala dell’Urss ma cavalcando l’onda della globalizzazione.
L’intuizione di Meles è di sviluppare le tratte intrafricane, trascurate dalle compagnie europee che invece puntano solo sui collegamenti fra Africa ed Europa. Comincia con l’est del continente, dei vicini e amici Kenya e Uganda, poi punta verso ovest. All’hub di Addis Abeba si aggiungono quelli di Lilongwe, nel Malawi, e di Lomé, nel Togo. Entro la fine dell’anno aprirà la base di Kinshasa nella Repubblica democratica del Congo, un altro gigante di 70 milioni di abitanti.
L’idea è di portare il grosso della clientela africana nella capitale etiope e di lì farla volare principalmente in Asia, mentre da Kinshasa partiranno i nuovi collegamenti con il Brasile. In piccolo, quello che stanno facendo gli arabi nel Golfo, e in effetti ad Addis Abeba c’è aria di Emirati arabi: il Terminal 2, che assomiglia in miniatura a quello di Dubai, pensato negli anni Novanta per 5 milioni di passeggeri, è già saturo e una compagnia cinese si è aggiudicata un progetto di espansione da 250 milioni di dollari: con il terzo terminal si punta a un traffico da 25 milioni di passeggeri e la terza pista è appena stata inaugurata.
Sembra preistoria quell’8 aprile 1946, il primo volo da Addis Abeba al Cairo con scalo ad Asmara, «operato» da un Douglas C-47 Skytrain. L’Etiopia, uno dei pochi Paesi africani allora indipendenti, si dotava orgogliosamente della propria compagnia. Ma non si faceva problemi nel chiedere aiuto all’Italia, potenza coloniale appena spodestata: molti tecnici venivano dall’Italia, parecchi piloti erano stati addestrati nel nostro Paese, l’Alitalia era il punto di riferimento.
Oggi Ethiopian Airlines ha una sua scuola di addestramento piloti ad Adis Abeba. Il punto di riferimento per gli aerei restano gli Usa. L’equivalente oggi del vecchio Douglas C-47 è il nuovissimo Boeing B787, che pure ha dato parecchi grattacapi anche agli etiopi con le batterie al litio che tendevano a prendere fuoco… Gli standard consentono ormai di drenare anche clientela europea, specie dall’Italia ora che Alitalia non vola più su Addis Abeba. L’africanità è lasciata ai dettagli culturali, come la business class che si chiama «Cloud Nine», «nuvola nove», da un proverbio in lingua amarica traducibile in «essere al settimo cielo».
Il «sognatore concreto» Meles è morto nel 2012 ma ha lasciato al nuovo premier Hailemariam Desalegn un Paese di 90 milioni di abitanti, con un Pil di 45 miliardi di dollari e una compagnia di bandiera che è anche strumento politico. Il ruolo di potenza regionale si è visto nelle trattative di pace per il Sud Sudan, mentre gli aerei cargo dell’Ethiopian portavano aiuti a Juba. Anche a questo servono le compagnie aeree.
Giordano Stabile
Articolo tratto dall'edizione in edicola il giorno 13/02/2014 - LA STAMPA