Emirates half-yearly results


Non mi sembra il punto più rilevante. Anche Alitalia e' stata pubblica e dunque posseduta da chi possedeva le infrastrutture strategiche aeroportuali. Idem Swiss...tutte fallite. La stessa AF e' per il 20% dello stato francese. Nonostante ciò i risultati sono ben diversi da quelli di EK...

Ah no?

Oggi gli Emirati hanno un mix praticamente unico al mondo composto da Vision a lungo termine, risorse economiche elevatissime e grande capacità esecutive (soprattutto grazie ad una Monarchia che, volenti o nolenti, tutto possiede e tutto decide).

Paragoni con l'Europa (di ieri e ancor più di oggi) non ne possiamo davvero fare, men che meno con l'Italia dove non esiste alcuna Vision, non ci sono soldi e soprattutto ci sono mille voci politiche che dicono mille cose diverse, facendosi la guerra.
 
Ah no?

Oggi gli Emirati hanno un mix praticamente unico al mondo composto da Vision a lungo termine, risorse economiche elevatissime e grande capacità esecutive (soprattutto grazie ad una Monarchia che, volenti o nolenti, tutto possiede e tutto decide).

Paragoni con l'Europa (di ieri e ancor più di oggi) non ne possiamo davvero fare, men che meno con l'Italia dove non esiste alcuna Vision, non ci sono soldi e soprattutto ci sono mille voci politiche che dicono mille cose diverse, facendosi la guerra.

Come dire: da un lato un elefante attempato ed incapace di muoversi verso nuove praterie perfino per procacciarsi quel cibo che gli garantirebbe la sopravvivenza, dall'altro un leoncino nel pieno della sua giovine età che con fredda determinazione e giusta cattiveria conquista spazi nella prateria imponendo le sue regole.
 
Pagano le tasse esattamente come ogni impresa che abbia sede nell emirato. Ne più ne meno.

Pagare le tasse mi sembra un eufemismo (da newsmercati.com):

"Di fatto, negli EAU non esiste alcuna tassazione, a parte quella applicata alle succursali delle banche straniere, agli hotel e alle grandi compagnie petrolifere e del gas. A Dubai vi è una legislazione in tema fiscale che però, di fatto, non viene applicata.

In particolare, negli Emirati non vengono applicate le seguenti imposte:

imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) (Personal income tax)
imposta suirendimenti/redditi finanziari (o sulleplusvalenze) (Capital gain tax)
imposta sul valore aggiunto (IVA) (Value added tax)
ritenute d'imposta (Withholding tax)
imposta sul reddito delle persone giuridiche (IRES) (Corporate tax)
."
 
Che altro aggungere, Claudietto?
non si possono far paragoni, dai! Dire che FCO e MXP siano stati costruiti per AZ quando la visione politica e quella strutturale sono da sempre qui in Italia elementi incompatibili (sic!) tra loro e' una forzatura. Solo se torniamo agli anni 70 troviamo nello sviluppo di FCO una congrua operazione politico/strutturale, poi il nulla.
Ecco perche' l'unico riferimento politico negli EAU (e in ogni singolo emirato....) ha il suo peso, perche' i vari giocherelli sono tutti nella stessa scatola dei giochi; insieme ad una montagna infinita di petrodollari...
Credo che oltre alla lunga visione e alle capacita', che peraltro, nel caso dell'aviazione civile, non sono neppure indigene, la questione costituzional-finanziaria porti ad una dinamica di concorrenza davvero incomparabile.
Che poi qui abbiamo gettato alle ortiche miliardi di lire e poi di euro, facendo di AZ, aeroporti e handlers bacini di voto e stipendifici, beh....non puo' che essere ormai chiaro a tutti, su questo hai ragione!
 
Che altro aggungere, Claudietto?
non si possono far paragoni, dai! Dire che FCO e MXP siano stati costruiti per AZ quando la visione politica e quella strutturale sono da sempre qui in Italia elementi incompatibili (sic!) tra loro e' una forzatura. Solo se torniamo agli anni 70 troviamo nello sviluppo di FCO una congrua operazione politico/strutturale, poi il nulla.
Ecco perche' l'unico riferimento politico negli EAU (e in ogni singolo emirato....) ha il suo peso, perche' i vari giocherelli sono tutti nella stessa scatola dei giochi; insieme ad una montagna infinita di petrodollari...
Credo che oltre alla lunga visione e alle capacita', che peraltro, nel caso dell'aviazione civile, non sono neppure indigene, la questione costituzional-finanziaria porti ad una dinamica di concorrenza davvero incomparabile.
Che poi qui abbiamo gettato alle ortiche miliardi di lire e poi di euro, facendo di AZ, aeroporti e handlers bacini di voto e stipendifici, beh....non puo' che essere ormai chiaro a tutti, su questo hai ragione!

C'era un interessante articolo sulla stampa di ieri che spiegava come l'Italia (facendo un esempio OT) abbia speso finora piu' soldi dei Francesi sulla TAV Torino-Lione, ma si trova molto piu' indietro nei lavori, ha realizzato molte meno opere finora, ha fatto un mare di cambi last-minute, sulla spinta di sindaci, associazioni, presidenti di regione, etc. (tutto legittimo, ma in altri paesi, tutto questo si fa una volta, al meglio e tutto insieme, non a pezzettini e con mille voci diverse). Giusto per dare una idea di che paesi di cazzari siamo.

Tornando al caso aeronautico, anche comparando con stati "efficienti" come quelli del NordEuropa, concordo con te che le compagnie del Golfo godono di una allineamento di interessi, volonta' monolitica nel fare le cose (se il potere ha deciso una cosa, si fa, e non si cambia idea a meta' dell'opera, dopo le elezioni in una regione, o la caduta del governo di turno), capacita' di finanziamento enorme, e abilita' (cosa non da poco) di fare investimenti a lunghissimo termine e con capitali enormi che molti altri si sognerebbero (chi potrebbe finanziare certe infrastrutture, o certi piani, senza un ritorno per interi lustri. Loro possono). Tanto per dare un'idea.

P.S. tanto per dire quanto il nostro sistema e' ridicolo, noi siamo l'unico paese che prima decide di fare il Ponte sullo Stretto e poi lo cancella pagando penali enormi e ritrovandosi senza l'infrastruttura. Pro o contro il ponte, non importa, e' evidente che il comportamento schizofrenico dell'Italia non ha senso. Altri paesi deciderebbero per il SI o il NO prima, e poi procedono coerentemente. Solo noi buttiamo soldi cosi. Altro che vision strategica... noi al massimo sappiamo cosa facciamo il giorno dopo...
 
Ah no?

Oggi gli Emirati hanno un mix praticamente unico al mondo composto da Vision a lungo termine, risorse economiche elevatissime e grande capacità esecutive (soprattutto grazie ad una Monarchia che, volenti o nolenti, tutto possiede e tutto decide).

Paragoni con l'Europa (di ieri e ancor più di oggi) non ne possiamo davvero fare, men che meno con l'Italia dove non esiste alcuna Vision, non ci sono soldi e soprattutto ci sono mille voci politiche che dicono mille cose diverse, facendosi la guerra.

Che e' esattamente quello che ho detto io...

Mi quoto:
1) D'altra parte EK e' la prova vivente che un sistema paese in cui tutti gli stake holder remano nella stessa direzione porta i suoi frutti. EK investe, assume e paga le tasse, i policy makers fanno la loro parte con i bilaterali e le questioni politiche, gli amministratori pubblici mettono in piedi le infrastrutture adeguate a sostenere lo sviluppo (aeroporto, etc), i dipendenti si sbattono per la loro azienda, etc.

2)Solo che diversamente dall'Europa, nel middle east oggi hanno una visione strategica di lungo periodo e la coerenza di portarla avanti, oltre ovviamente alle risorse per farlo.

Non vedo da dove hai preso le basi per essere in disaccordo da me...
 
C'era un interessante articolo sulla stampa di ieri che spiegava come l'Italia (facendo un esempio OT) abbia speso finora piu' soldi dei Francesi sulla TAV Torino-Lione, ma si trova molto piu' indietro nei lavori, ha realizzato molte meno opere finora, ha fatto un mare di cambi last-minute, sulla spinta di sindaci, associazioni, presidenti di regione, etc. (tutto legittimo, ma in altri paesi, tutto questo si fa una volta, al meglio e tutto insieme, non a pezzettini e con mille voci diverse). Giusto per dare una idea di che paesi di cazzari siamo.

Tornando al caso aeronautico, anche comparando con stati "efficienti" come quelli del NordEuropa, concordo con te che le compagnie del Golfo godono di una allineamento di interessi, volonta' monolitica nel fare le cose (se il potere ha deciso una cosa, si fa, e non si cambia idea a meta' dell'opera, dopo le elezioni in una regione, o la caduta del governo di turno), capacita' di finanziamento enorme, e abilita' (cosa non da poco) di fare investimenti a lunghissimo termine e con capitali enormi che molti altri si sognerebbero (chi potrebbe finanziare certe infrastrutture, o certi piani, senza un ritorno per interi lustri. Loro possono). Tanto per dare un'idea.

P.S. tanto per dire quanto il nostro sistema e' ridicolo, noi siamo l'unico paese che prima decide di fare il Ponte sullo Stretto e poi lo cancella pagando penali enormi e ritrovandosi senza l'infrastruttura. Pro o contro il ponte, non importa, e' evidente che il comportamento schizofrenico dell'Italia non ha senso. Altri paesi deciderebbero per il SI o il NO prima, e poi procedono coerentemente. Solo noi buttiamo soldi cosi. Altro che vision strategica... noi al massimo sappiamo cosa facciamo il giorno dopo...

Quoto tutto! Non ho detto che in Italia e' stato fatto lo stesso che oggi viene fatto in middle east. Ho detto che non può essere una scusa il dire che EK ha successo solo perché sostenuto da chi governa. Anche in Europa avremmo potuto e dovuto far convergere gli interessi e gli investimenti secondo le stesse direttrici e seguendo le stesse logiche. I presupposti (es. la proprietà' delle infrastrutture e delle compagnie aeree) c'erano ma poi, come detto bene qui sopra, in Europa si cambia idea mille volte a seconda della convenienza politica (nucleare? ponte di Messina? etc.) e si usa il pubblico per i propri interessi. Dall' altra parte ci sono anche i lavoratori che secondo me non sono esenti da critiche. Come forse il personale di volo (ma qui parlo veramente a caso) che in Europa magari sciopera contro l'aumento dell orario di lavoro o il trasferimento di sede da Milano a Roma e poi va a lavorare per EK o EY e ne accetta tutte le condizioni (incluse l'assenza di articolo 18 e via di seguito)
 
Pagare le tasse mi sembra un eufemismo (da newsmercati.com):

"Di fatto, negli EAU non esiste alcuna tassazione, a parte quella applicata alle succursali delle banche straniere, agli hotel e alle grandi compagnie petrolifere e del gas. A Dubai vi è una legislazione in tema fiscale che però, di fatto, non viene applicata.

In particolare, negli Emirati non vengono applicate le seguenti imposte:

imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) (Personal income tax)
imposta suirendimenti/redditi finanziari (o sulleplusvalenze) (Capital gain tax)
imposta sul valore aggiunto (IVA) (Value added tax)
ritenute d'imposta (Withholding tax)
imposta sul reddito delle persone giuridiche (IRES) (Corporate tax)
."

Vivendoci da qualche anno a dubai posso dirti che le tasse ci sono e sono anche in aumento.

il primo punto di forza di ek e' in assoluto la ridicola incompetenza globale dei competitors, nel lasciare spazio, forza lavoro qualificata, risorse. Ek vista da dentro fa' un lavoro 'normale' con molti errori ovunque.
Se ci fosse una classe di management in aviazione nel mondo seria, dubai non esisterebbe.
 
Vivendoci da qualche anno a dubai posso dirti che le tasse ci sono e sono anche in aumento.

il primo punto di forza di ek e' in assoluto la ridicola incompetenza globale dei competitors, nel lasciare spazio, forza lavoro qualificata, risorse. Ek vista da dentro fa' un lavoro 'normale' con molti errori ovunque.
Se ci fosse una classe di management in aviazione nel mondo seria, dubai non esisterebbe.

Concordo.
 
Non vedo da dove hai preso le basi per essere in disaccordo da me...

Sono in disaccordo con te se non ritieni quello un punto assolutamente rilevante in termini di vantaggio competitivo tra i vettori UAE ed il resto del mondo, così come quando fai paragoni con l'Europa.
Vedi sotto

Non mi sembra il punto più rilevante. Anche Alitalia e' stata pubblica e dunque posseduta da chi possedeva le infrastrutture strategiche aeroportuali. Idem Swiss...tutte fallite. La stessa AF e' per il 20% dello stato francese. Nonostante ciò i risultati sono ben diversi da quelli di EK...
 
Sono in disaccordo con te se non ritieni quello un punto assolutamente rilevante in termini di vantaggio competitivo tra i vettori UAE ed il resto del mondo, così come quando fai paragoni con l'Europa.
Vedi sotto

Ma e' ovvio che sia rilevante! E' fondamentale! Quello che dico e' che non e' vero che questo "ecosistema" favorevole a EK non si sarebbe potuto fare anche altrove. Pero', come già' scritto, sono entrate tutte quelle logiche miopi di campanili, orticelli e short-termism che hanno rovinato l'Europa e non solo nel trasporto aereo
 
Clark: “Emirates vola controvento niente alleanze ma crescita solitaria”
IL PRESIDENTE DELLA COMPAGNIA DI DUBAI INSISTE NELLA SUA TATTICA DI NON INSERIRSI IN ALCUNO DEI GRANDI NETWORK MONDIALI: “I FATTI CI DANNO RAGIONE, ABBIAMO GIÀ UNA FLOTTA DI 220 AEREI E RISULTATI POSITIVI”. ORA L’ATTACCO AL MERCATO AMERICANO
Ettore Livini

Nome: Tim Clark. Professione: presidente di Emirates Airlines. Hobby: volare controvento, rifiutando i dogmi del pensiero dominante dell’aviazione civile. Un atteggiamento al limite dello snobismo, scherzavano una ventina di anni fa i rivali europei e americani. Oggi si sono dovuti ricredere. Molti di loro navigano in cattive acque. Qualcuno è uscito di scena portando i libri in tribunale.

L’ex rugbista Clark invece ha spiazzato tutti: la ex-piccola compagnia del Dubai è diventata il quarto vettore del mondo. «Più grande di Air France, Lufthansa e Klm», sorride lui soddisfatto in un salotto di Casa Milano dopo aver firmato il rinnovo della sponsorizzazione con i rossoneri. I giganteschi Airbus A380 con la livrea emiratina sono diventati una presenza quotidiana in molti aeroporti europei (ultimo in ordine di tempo a Milano Malpensa). E conquistato il Vecchio continente, la Emirates si prepara alla madre di tutte le sfide: quella contro i colossi dei cieli a stelle e strisce, in palio la conquista del mercato americano. La storia parallela del manager ex- rugbista e della sua aerolinea inizia nel 1985. Lui, 35enne espatriato, figlio di un capitano di petroliera e appassionato di volo è reduce da dieci anni alla Gulf Air, in Bahrain.

«Lavorare allora per me era un hobby più che un mestiere» ricorda. Gli Al Makhtoum, famiglia regnante del Dubai, fiutano il suo talento. E assumono lui a altri otto dirigenti britannici consegnando loro un assegno da 10 milioni di dollari per far nascere la compagnia di bandiera dell’Emirato.

Il mantra del settore, allora come oggi, era solo uno: «In futuro sopravviveranno solo le aerolinee che si riuniranno in grandi consorzi mondiali», dicevano amministratori delegati, professori universitari ed esperti. Giganti come SkyTeam (guidata da Air France e Delta), Star Alliance (Lufthansa e United) e Oneworld (Ba e American) destinati a dominare dall’alto il trasporto aereo lasciando ai concorrenti le briciole, sostenevano tutti.

Clark, in tasca una laurea in economia all’Università di Londra, ha fatto i suoi calcoli e ha scelto un’altra strada. «Io lo sapevo e i fatti mi hanno dato ragione: le alleanze aeree sono come i matrimoni: ad alto tasso di infedeltà - ricorda oggi - noi abbiamo deciso di fare da soli. Ci hanno offerto tre volte, l’ultima nel 2010, di staccare un biglietto per entrare in uno dei tre consorzi. Ma noi siamo rimasti padroni del nostro destino».

I numeri sembrano dare ragione al suo ostinato volare controvento: i due mezzi con cui è partito il servizio della Emirates sono diventati una flotta di oltre 220 jet (tra cui 55 superaerei A380, uno in servizio quotidiano su Milano). La compagnia serve oggi oltre 140 destinazioni in tutto il mondo e ha ordinato velivoli per un valore di oltre 130 miliardi di dollari ad Airbus e Boeing. Gli sceicchi non hanno più messo mano al portafoglio e la creatura di Clark - che nel 2013-2014 ha fatturato 23 miliardi guadagnandone 1,1 - va avanti con le sue ali.

«Le cose stanno andando bene. Crescono i passeggeri, salgono i rendimenti di tutte le classi conferma il presidente - Cina e Vietnam stanno frenando un po’, ma in Europa, per dire, viaggiamo sempre con coefficienti di riempimento altissimi». Il modello Emirates - meglio single che sposati con troppi partner - funziona.

Al centro della ragnatela c’è l’aeroporto di Dubai, avveniristico scalo costruito con 32 miliardi di dollari figli del boom del petrolio: un superhub strategico da cui l’80% della popolazione mondiale dista meno di 8 ore di volo. Attorno a questo avveniristico gioiello c’è una rete di collegamenti fittissima e capillare che arriva in decine di città minori non servite se non sporadicamente dai grandi rivali dei consorzi.

Risultato: dai check in dell’emirato sono passati quest’anno 71 milioni di passeggeri e l’anno prossimo l’aeroporto sorpasserà Heathrow diventando il più grande del mondo. Non solo: cercando sui motori di ricerca, spesso le rotte del vettore di Clark risultano più dirette e meno care di quelle dei rivali. «Le faccio un esempio: in Silicon Valley ci chiamano l’Hyderabad express - racconta perché siamo il collegamento più rapido ed economico dalla California al distretto hi-tech indiano ».

Volare controvento, naturalmente, non è una strada sempre in discesa. Clark e la Emirates ne sanno qualcosa visto le mille peripezie legali e giudiziarie (ancora non chiuse) che hanno passato per ottenere la Quinta libertà, cioè l’ok a proseguire il volo da Dubai a Milano verso New York. Provvedimento contro cui si sono schierati a Bruxelles, in un rarissimo esempio di concordia, i big dei cieli europei.

«La compagnia di Dubai è sostenuta dai soldi dello Stato», accusano. Colpi di fioretto cui Clark risponde sempre ricordando che non prende soldi dai soci da anni, anzi ha distribuito fior di dividendi. L’esempio virtuoso del vettore emiratino, come capita spesso, ha fatto scuola. A due passi da casa. E a fianco di Dubai sono nate negli ultimi anni Etihad e Qatar, le altre punte del tridente del Golfo che stanno facendo tremare il resto del trasporto aereo mondiale.

Il pensiero dominante, anche qui, distribuisce scetticismo: troppi galli in un pollaio. il numero uno di Emirates, tanto per non smentirsi, rifiuta la logica del gregge. «Non è vero. La competizione tra di noi finora è stata salo salutare - spiega - Di sicuro ha fatto bene ai consumatori. E, forse, ha fatto male ai nostri concorrenti». Galateo da buon vicinato, confermato dal giudizio su Alitalia-Etihad: «È una buona operazione. Altrimenti Alitalia sarebbe fallita. Invece ora arrivano i soldi e ha un’ottima chance - dice -Non l’ultima ma sicuramente la migliore e certo meglio di un asse con Air France».

Emirates invece all’orizzonte ha due sfide: quella per la conquista del mercato americano e la potenziale incursione delle compagnie low-cost anche sul lungo raggio. La campagna Usa è partita con lo stesso copione di quella andata in onda in Europa. L’attacco di Clark e la difesa in trincea, appigliandosi alla legge, dei bei nomi del cielo stelle e strisce, che chiedono alla Federal Aviation Authority di stoppare l’arrembante crescita del rivale del Golfo.

«Conosco lo schema, è lo stesso visto in Europa. E me lo aspettavo - dice Clark - Ma sono sicuro che ce la faremo e intanto grazie all’asse con Jet Blue siamo già passati da 10 a 38 aeroporti in un paese, gli Usa, che non sono adeguatamente serviti dal trasporto aereo».

L’ex rugbista non ha invece alcun dubbio sull’arrivo prossimo venturo dei voli a basso costo anche sugli intercontinentali. «Non è una questione di “se” ma di “quando” arriveranno - sostiene - Io penso sarà presto. Preoccupato? No, faranno bene al settore allargando di molto la platea di chi viaggia in aereo, come è successo sulle tratte più brevi.

A preoccuparsi dovrebbero essere i nostri rivali che hanno strutture di costi e di network più vulnerabili».
Il futuro comunque, per lui resta rosa. «Vedo una crescita del settore del 7% annuo, nel 2020 i passeggeri raddoppieranno a 7 miliardi l’anno ». E l’uomo che vola controvento, è la sua ambizione nemmeno troppo nascosta, potrebbe essere allora il numero uno della più grande compagnia aerea del mondo. Il presidente di Emirates Airlines, Tim Clark, visto da Dariush Radpour.

Repubblica.it