Tratto da l'Huffington Post Italia: http://www.huffingtonpost.it/quora/...do-ti-stai-imbarcando_b_8889570.html?ref=fbpr
Che cosa pensano veramente gli assistenti di volo quando accolgono sorridendo i passeggeri che salgono su un volo?" è stato pubblicato originariamente su Quora - il network di knowledge sharing dove le persone con punti di vista unici o privilegiati rispondono alle domande più interessanti.
Risponde Gaea Peregrinor, assistente di volo.
Sono assistente di volo da venticinque anni. Salutare i passeggeri quando entrano in aereo richiede concentrazione su diversi piani. Ovviamente l'obiettivo è farli sentire i benvenuti e a loro agio, e mi sforzo di dare l'impressione di essere una persona affettuosa, cordiale e preparata, così che il volo sia sereno e senza preoccupazioni.
MA, questo è solo un lato della faccenda. Mentre mi impegno per dare quell'impressione, allo stesso tempo sto valutando attentamente i passeggeri. Mi concentro sull'impressione che loro danno a me, considero le varie possibilità. Per esempio, ecco alcune delle domande che mi pongo.
Questa persona ha assunto sostanze stupefacenti?
Cosa mi trasmette a primo impatto? Mi sembra collaborativa? Polemica? Riservata?
Questa persona è in buona salute? Forte? Se sì, dov'è seduta?
Ha per caso delle disabilità o degli intralci? È zoppa, ferita?
Viaggia da sola? Con un'altra persona o in gruppo?
Parla bene Inglese?
Tutti questi aspetti mi aiutano a individuare le persone che potrebbero tornarmi utili durante il volo o, al contrario, quelle che potrebbero causare problemi. Tenete presente che, quando si sfreccia a sei o sette miglia d'altezza, non si può semplicemente chiamare il 911 e aspettare la polizia. Quindi la cosa migliore è evitare che si creino difficoltà una volta in aria e prepararsi in anticipo ad affrontarle.
Per esempio se un passeggero è drogato o ubriaco non lo lasciamo salire a bordo: il rischio potenziale è troppo grande. Allo stesso modo, se si presenta una persona fastidiosa e poco rispettosa nei confronti dell'equipaggio, meglio affrontare la cosa prima di partire (è raro, ma talvolta succede).
Per quanto riguarda le disabilità, faccio attenzione che le persone sedute vicino alle uscite siano in grado fisicamente di alzare un portello o di aprire una porta molto pesante. Allo stesso modo, se non parlano bene inglese non possono capire immediatamente delle indicazioni urlate. Né possono leggere le istruzioni su come liberare le uscite.
Se vedo qualcuno di muscoloso, forte, allenato, cerco di ricordarmi il suo nome e mi annoto mentalmente dove sarà seduto. Lo considero una risorsa. Dovesse esserci un problema, sarà il mio punto di riferimento. Nel caso, prendo da parte la persona e le chiedo discretamente se sarebbe disposta ad aiutare l'equipaggio: aiutare potrebbe volere dire, ad esempio, fare calmare o fermare un passeggero turbolento. Spero sempre che non accada, ma mi preparo nel caso in cui.
Cerco anche di capire se ci sono tra i passeggeri altri dipendenti di compagnie aeree, per esempio membri di un equipaggio che sono stati istruiti sulle procedure di bordo. Anche loro rappresentano una risorsa. Sanno cosa bisogna fare in caso di emergenza, sia medica che meccanica... Sanno gestire le situazioni e sono capaci di muoversi come parte della squadra, se c'è bisogno. Sono una risorsa inestimabile, perciò preferisco sapere chi sono e dove sono seduti.
(Quando il volo United 232 è caduto a Sioux City, in Iowa, nell'89, l'incidente avrebbe potuto uccidere tutti i presenti a bordo. Ma non appena i problemi sono cominciati, il capo degli assistenti di volo si è ricordato che c'era a bordo un pilota. Lo ha riferito al Capitano Haynes, che ha chiesto l'aiuto del passeggero: la sua assistenza nella cabina di pilotaggio ha fatto sì che molte vite fossero salvate).
Volare comporta pericoli costanti, sia politici e religiosi che climatici, perciò è necessario essere sempre all'erta e consapevoli. Ecco perché quando do il benvenuto ai passeggeri sono sempre attenta a che tipo di persone sono. E quelli che ho elencato qui sopra sono solo alcuni dei segnali a cui faccio attenzione. Per esempio, mi è capitato di vedere passeggeri pallidi e slavati, evidentemente malaticci: dobbiamo farli scendere, nessuno vuole prendersi i loro germi! Alcuni hanno paura di volare e hanno bisogno di attenzioni e incoraggiamento. Altri provano a salire a bordo nascondendo cani e gatti nella borsa, o bottiglie di alcolici nella valigetta (l'alcol è consentito solo se incapsulato. Non si può bere il proprio liquore a bordo). Quindi sì, ho bisogno di restare vigile, al di là del piacevole sorriso di benvenuto. Ho solo 3-4 secondi per far sì che il passeggero si senta accolto e a proprio agio, allo stesso tempo valutando il potenziale che potrebbe portare una volta a bordo... il che richiede parecchio sforzo.
Per quanto riguarda invece il saluto al termine del volo.. Beh in quel momento più che altro penso a levarmi l'uniforme il prima possibile per rilassarmi in hotel, o a casa! Talvolta cerco di capire se ho abbastanza tempo per comprare un panino prima del volo successivo. Oppure penso a come prendere il volo per tornare a casa (lavoro a San Francisco ma vivo a Denver, sono pendolare). Una volta invece il mio pensiero è andato al tipo ubriaco che mi stava aspettando furioso nell'area partenze: era arrabbiato perché avevo dovuto lasciarlo a terra (si reggeva a malapena in piedi) ed era determinato a "chiarire la questione a quattr'occhi". Ho scoperto poi che si è seduto in una delle poltrone del terminal e, aspettandomi, lì è svenuto.
Questo post è stato pubblicato per la prima volta su HuffPost Usa ed è stato poi tradotto dall'inglese da Chiara Piotto
Che cosa pensano veramente gli assistenti di volo quando accolgono sorridendo i passeggeri che salgono su un volo?" è stato pubblicato originariamente su Quora - il network di knowledge sharing dove le persone con punti di vista unici o privilegiati rispondono alle domande più interessanti.
Risponde Gaea Peregrinor, assistente di volo.
Sono assistente di volo da venticinque anni. Salutare i passeggeri quando entrano in aereo richiede concentrazione su diversi piani. Ovviamente l'obiettivo è farli sentire i benvenuti e a loro agio, e mi sforzo di dare l'impressione di essere una persona affettuosa, cordiale e preparata, così che il volo sia sereno e senza preoccupazioni.
MA, questo è solo un lato della faccenda. Mentre mi impegno per dare quell'impressione, allo stesso tempo sto valutando attentamente i passeggeri. Mi concentro sull'impressione che loro danno a me, considero le varie possibilità. Per esempio, ecco alcune delle domande che mi pongo.
Questa persona ha assunto sostanze stupefacenti?
Cosa mi trasmette a primo impatto? Mi sembra collaborativa? Polemica? Riservata?
Questa persona è in buona salute? Forte? Se sì, dov'è seduta?
Ha per caso delle disabilità o degli intralci? È zoppa, ferita?
Viaggia da sola? Con un'altra persona o in gruppo?
Parla bene Inglese?
Tutti questi aspetti mi aiutano a individuare le persone che potrebbero tornarmi utili durante il volo o, al contrario, quelle che potrebbero causare problemi. Tenete presente che, quando si sfreccia a sei o sette miglia d'altezza, non si può semplicemente chiamare il 911 e aspettare la polizia. Quindi la cosa migliore è evitare che si creino difficoltà una volta in aria e prepararsi in anticipo ad affrontarle.
Per esempio se un passeggero è drogato o ubriaco non lo lasciamo salire a bordo: il rischio potenziale è troppo grande. Allo stesso modo, se si presenta una persona fastidiosa e poco rispettosa nei confronti dell'equipaggio, meglio affrontare la cosa prima di partire (è raro, ma talvolta succede).
Per quanto riguarda le disabilità, faccio attenzione che le persone sedute vicino alle uscite siano in grado fisicamente di alzare un portello o di aprire una porta molto pesante. Allo stesso modo, se non parlano bene inglese non possono capire immediatamente delle indicazioni urlate. Né possono leggere le istruzioni su come liberare le uscite.
Se vedo qualcuno di muscoloso, forte, allenato, cerco di ricordarmi il suo nome e mi annoto mentalmente dove sarà seduto. Lo considero una risorsa. Dovesse esserci un problema, sarà il mio punto di riferimento. Nel caso, prendo da parte la persona e le chiedo discretamente se sarebbe disposta ad aiutare l'equipaggio: aiutare potrebbe volere dire, ad esempio, fare calmare o fermare un passeggero turbolento. Spero sempre che non accada, ma mi preparo nel caso in cui.
Cerco anche di capire se ci sono tra i passeggeri altri dipendenti di compagnie aeree, per esempio membri di un equipaggio che sono stati istruiti sulle procedure di bordo. Anche loro rappresentano una risorsa. Sanno cosa bisogna fare in caso di emergenza, sia medica che meccanica... Sanno gestire le situazioni e sono capaci di muoversi come parte della squadra, se c'è bisogno. Sono una risorsa inestimabile, perciò preferisco sapere chi sono e dove sono seduti.
(Quando il volo United 232 è caduto a Sioux City, in Iowa, nell'89, l'incidente avrebbe potuto uccidere tutti i presenti a bordo. Ma non appena i problemi sono cominciati, il capo degli assistenti di volo si è ricordato che c'era a bordo un pilota. Lo ha riferito al Capitano Haynes, che ha chiesto l'aiuto del passeggero: la sua assistenza nella cabina di pilotaggio ha fatto sì che molte vite fossero salvate).
Volare comporta pericoli costanti, sia politici e religiosi che climatici, perciò è necessario essere sempre all'erta e consapevoli. Ecco perché quando do il benvenuto ai passeggeri sono sempre attenta a che tipo di persone sono. E quelli che ho elencato qui sopra sono solo alcuni dei segnali a cui faccio attenzione. Per esempio, mi è capitato di vedere passeggeri pallidi e slavati, evidentemente malaticci: dobbiamo farli scendere, nessuno vuole prendersi i loro germi! Alcuni hanno paura di volare e hanno bisogno di attenzioni e incoraggiamento. Altri provano a salire a bordo nascondendo cani e gatti nella borsa, o bottiglie di alcolici nella valigetta (l'alcol è consentito solo se incapsulato. Non si può bere il proprio liquore a bordo). Quindi sì, ho bisogno di restare vigile, al di là del piacevole sorriso di benvenuto. Ho solo 3-4 secondi per far sì che il passeggero si senta accolto e a proprio agio, allo stesso tempo valutando il potenziale che potrebbe portare una volta a bordo... il che richiede parecchio sforzo.
Per quanto riguarda invece il saluto al termine del volo.. Beh in quel momento più che altro penso a levarmi l'uniforme il prima possibile per rilassarmi in hotel, o a casa! Talvolta cerco di capire se ho abbastanza tempo per comprare un panino prima del volo successivo. Oppure penso a come prendere il volo per tornare a casa (lavoro a San Francisco ma vivo a Denver, sono pendolare). Una volta invece il mio pensiero è andato al tipo ubriaco che mi stava aspettando furioso nell'area partenze: era arrabbiato perché avevo dovuto lasciarlo a terra (si reggeva a malapena in piedi) ed era determinato a "chiarire la questione a quattr'occhi". Ho scoperto poi che si è seduto in una delle poltrone del terminal e, aspettandomi, lì è svenuto.
Questo post è stato pubblicato per la prima volta su HuffPost Usa ed è stato poi tradotto dall'inglese da Chiara Piotto