Mi sono divertito a fare alcune analisi sui numeri del bilancio di Ryanair. Dico subito che l’ho fatto davvero per gioco (io mi diverto così, che ci volete fare…), senza alcun fine particolare.
Perché Ryanair? Non perché abbia particolari motivi o predilezioni per questa compagnia, ma per tre ragioni pratiche:
1) perché, come peraltro la gran parte delle compagnie, pubblicano sul sito i financial reports integrali
2) perché hanno una flotta assolutamente omogenea per tipologia di aeromobili e per configurazione. Questo consente di fare qualche considerazione in più
3) perché, chiudendo il periodo gestionale il 31 marzo, hanno i dati full year più recenti.
L’anno fiscale di Easy Jet, per esempio, va dall’1 ottobre al 30 settembre, Southwest, invece, chiude il 31 dicembre, per cui per entrambe i dati 2008 non sono ancora disponibili. Peraltro, questa variabilità di date complica un po’ la possibilità di operare confronti fra le performance economiche delle diverse compagnie, specialmente in un periodo, come questo, contrassegnato da un’elevata variabilità del prezzo del petrolio.
Ma, in ogni caso, questo non lo faccio come impegno professionale, per cui mi perdonerete qualche imprecisione e superficialità.
Un’altra precisazione è necessaria: non c’è nessun dato insider. Le fonti sono pubbliche (Annual reports 2006, 2007 e 2008), le considerazioni sono mie.
Dinamica e struttura del conto economico
Nel corso del triennio 2006–2007, il tasso di incremento del fatturato è stato superiore al 20% annuo. Il tasso di crescita dei costi, però, risulta maggiore (intorno al 25%). Di conseguenza, i margini di redditività sono in calo: considerando i soli ricavi delle scheduled activities, si passa dall’8,1% del 2006 al 2,2% del 2008.
Come è lecito attendersi, la voce di costo più pesante è quella relativa al carburante. Ma mi sarei aspettato una crescita maggiore: nel 2006 incideva sul fatturato per il 32% circa, mentre nel 2008 ha pesato per poco più del 35%.
Un aumento – almeno per me – più inatteso riguarda la voce che comprende le airport e le routes charges, arrivata a quasi il 30% di incidenza (era meno del 27% nel 2006). Se immaginiamo l’incidenza di questo costo per singolo volo, si passa dai 1.718 euro del 2006 a 1.995 euro del 2008.
Insomma, si è parlato tanto, e a ragione, del prezzo del petrolio come causa della crisi del settore, ma poco, se non nulla, dell’aumento delle charges. E su questo tema i governi europei potrebbero fare qualcosa.
Sarebbe interessante vedere quanto incide la stessa voce sul conto economico di una compagnia statunitense, che vola in uno spazio aereo soggetto ad un unico ente di controllo. In altre parole, viene da chiedersi quanto costi in più alle compagnie europee il mantenimento di una pluralità di enti di controllo nazionali e quanto sarebbe più conveniente avere un unico ente sul Single European Sky.
(Qualora lo sia davvero più conveniente e qualora questo sia il tema realmente rilevante: i dati disponibili non consentono di distinguere fra airport e route charges).
Carburante e charges rappresentano i costi variabili, che ammontano a due terzi dei costi totali. Il restante 34% circa, cioè i costi fissi, è diviso (in ordine di importanza) fra costo del personale, leasing e ammortamenti, manutenzioni, marketing e distribuzione e una serie di costi minori, tutte voci piuttosto stabili, con la parziale eccezione dei costi di marketing e distribuzione, cresciuti in modo rilevante nel 2007 e di nuovo calati nell’ultimo anno.
Ricavi e costi per singolo volo
Queste valutazioni sono fra quelle rese possibili dall’omogeneità di flotta. Con alcuni calcoli si scopre che, nell’anno 2008:
1) il ricavo per volo risulta essere di poco meno di 6.800 euro (in calo rispetto al 2007)
2) i costi totali (compresa l’incidenza dei costi fissi) superano i 6.600 euro (in sensibile crescita), di cui 4.400 per costi variabili
3) il margine operativo è di 150 euro circa (era di 400 euro nel 2007).
Il break even point
Il load factor dichiarato è sostanzialmente stabile (83% nel 2006, 82% nel 2007 e nel 2008). Quello che, invece, scende è il margine disponibile fra il load factor effettivo e la soglia di equilibrio (load factor minimo), conseguenza dell’aumento dei costi operativi.
Se nel 2006, a fronte di un LF dell’83%, il valore soglia si poneva al 76,3% (pari a 144 passeggeri per volo), nel 2008 (LF 82%) il valore soglia cresce all’80,2% (152 passeggeri), con un margine di appena l’1,8% (3 passeggeri).
Le ancillary revenues
Tutte le valutazioni fatte finora sono definite in riferimento ai ricavi delle scheduled activities, ovvero la vendita dei biglietti. In realtà, per comprendere meglio la situazione, occorre considerare anche le ancillary revenues, che potrebbero apparire come un elemento di secondaria importanza, ma che sono in realtà una delle chiavi strategiche della compagnia.
Bisogna, innanzitutto, spiegare cosa sono le ancillary revenues.
Sono le componenti dei ricavi diverse dalla vendita dei biglietti. Questa voce comprende, quindi, tutti gli introiti delle attività che si possono vedere sul sito di Ryanair (noleggio auto, prenotazione hotel, assicurazioni, carte di credito, etc.), ma anche le vendite a bordo e, soprattutto, le fees aggiuntive, quali quelle per i bagagli, il check in, gli imbarchi prioritari (ignoro se Ryanair faccia cargo, nel qual caso dovrebbero far parte ci questa categoria di ricavi).
Dico soprattutto perché – giusto per avere un’idea delle dimensioni della materia – AirAsia rivela (Ryanair non fornisce specifiche informazioni a riguardo) che le fee da peso eccessivo dei bagagli danno il 32% del totale delle loro ancillary revenues.
Il peso dei ricavi accessori di Ryanair è in crescita: dal 15% del totale ricavi del 2006 al 18% del 2008.
La loro presenza cambia completamente il quadro economico, anche perché si tratta di ricavi che non hanno costi operativi corrispondenti, o non li hanno in misura significativa.
Considerando i valori del 2008, l’effetto delle ancillary revenues è il seguente:
Senza ancillary revenues
Fatturato 2,2 miliardi
Redditività operativa 2,2%
Ricavo medio per pax 43,70 euro
Ricavo medio per volo 6.773 euro
Margine per volo 149 euro
Load factor minimo 80,2% (152 pax)
Con ancillary revenues
Fatturato 2,7 miliardi
Redditività operativa 19,8%
Ricavo medio per pax 53,30 euro
Ricavo medio per volo 8.258 euro
Margine per volo 1.634 euro
Load factor minimo 65,8% (124 pax)
In conclusione
In conclusione devo dire che guardare una compagnia dal lato dei conti è completamente diverso che guardarla come passeggero. O’Leary non sarà la persona più amabile del mondo, ma
1) sa bene che i margini gestionali sono molto, troppo stretti
2) ha il dovere di portare a casa risultati positivi ogni anno
Capisco anche che “pretendere” una tassa per fare una cosa normalissima come il check in in aeroporto possa apparire come una pratica vessatoria.
Ma dopo queste considerazioni, è forte il sospetto che – per compagnie che seguono questo business model e che vogliono continuare a tenere basse le tariffe base – o si fa così o niente. Almeno in questa fase congiunturale.
Perché Ryanair? Non perché abbia particolari motivi o predilezioni per questa compagnia, ma per tre ragioni pratiche:
1) perché, come peraltro la gran parte delle compagnie, pubblicano sul sito i financial reports integrali
2) perché hanno una flotta assolutamente omogenea per tipologia di aeromobili e per configurazione. Questo consente di fare qualche considerazione in più
3) perché, chiudendo il periodo gestionale il 31 marzo, hanno i dati full year più recenti.
L’anno fiscale di Easy Jet, per esempio, va dall’1 ottobre al 30 settembre, Southwest, invece, chiude il 31 dicembre, per cui per entrambe i dati 2008 non sono ancora disponibili. Peraltro, questa variabilità di date complica un po’ la possibilità di operare confronti fra le performance economiche delle diverse compagnie, specialmente in un periodo, come questo, contrassegnato da un’elevata variabilità del prezzo del petrolio.
Ma, in ogni caso, questo non lo faccio come impegno professionale, per cui mi perdonerete qualche imprecisione e superficialità.
Un’altra precisazione è necessaria: non c’è nessun dato insider. Le fonti sono pubbliche (Annual reports 2006, 2007 e 2008), le considerazioni sono mie.
Dinamica e struttura del conto economico
Nel corso del triennio 2006–2007, il tasso di incremento del fatturato è stato superiore al 20% annuo. Il tasso di crescita dei costi, però, risulta maggiore (intorno al 25%). Di conseguenza, i margini di redditività sono in calo: considerando i soli ricavi delle scheduled activities, si passa dall’8,1% del 2006 al 2,2% del 2008.
Come è lecito attendersi, la voce di costo più pesante è quella relativa al carburante. Ma mi sarei aspettato una crescita maggiore: nel 2006 incideva sul fatturato per il 32% circa, mentre nel 2008 ha pesato per poco più del 35%.
Un aumento – almeno per me – più inatteso riguarda la voce che comprende le airport e le routes charges, arrivata a quasi il 30% di incidenza (era meno del 27% nel 2006). Se immaginiamo l’incidenza di questo costo per singolo volo, si passa dai 1.718 euro del 2006 a 1.995 euro del 2008.
Insomma, si è parlato tanto, e a ragione, del prezzo del petrolio come causa della crisi del settore, ma poco, se non nulla, dell’aumento delle charges. E su questo tema i governi europei potrebbero fare qualcosa.
Sarebbe interessante vedere quanto incide la stessa voce sul conto economico di una compagnia statunitense, che vola in uno spazio aereo soggetto ad un unico ente di controllo. In altre parole, viene da chiedersi quanto costi in più alle compagnie europee il mantenimento di una pluralità di enti di controllo nazionali e quanto sarebbe più conveniente avere un unico ente sul Single European Sky.
(Qualora lo sia davvero più conveniente e qualora questo sia il tema realmente rilevante: i dati disponibili non consentono di distinguere fra airport e route charges).
Carburante e charges rappresentano i costi variabili, che ammontano a due terzi dei costi totali. Il restante 34% circa, cioè i costi fissi, è diviso (in ordine di importanza) fra costo del personale, leasing e ammortamenti, manutenzioni, marketing e distribuzione e una serie di costi minori, tutte voci piuttosto stabili, con la parziale eccezione dei costi di marketing e distribuzione, cresciuti in modo rilevante nel 2007 e di nuovo calati nell’ultimo anno.
Ricavi e costi per singolo volo
Queste valutazioni sono fra quelle rese possibili dall’omogeneità di flotta. Con alcuni calcoli si scopre che, nell’anno 2008:
1) il ricavo per volo risulta essere di poco meno di 6.800 euro (in calo rispetto al 2007)
2) i costi totali (compresa l’incidenza dei costi fissi) superano i 6.600 euro (in sensibile crescita), di cui 4.400 per costi variabili
3) il margine operativo è di 150 euro circa (era di 400 euro nel 2007).
Il break even point
Il load factor dichiarato è sostanzialmente stabile (83% nel 2006, 82% nel 2007 e nel 2008). Quello che, invece, scende è il margine disponibile fra il load factor effettivo e la soglia di equilibrio (load factor minimo), conseguenza dell’aumento dei costi operativi.
Se nel 2006, a fronte di un LF dell’83%, il valore soglia si poneva al 76,3% (pari a 144 passeggeri per volo), nel 2008 (LF 82%) il valore soglia cresce all’80,2% (152 passeggeri), con un margine di appena l’1,8% (3 passeggeri).
Le ancillary revenues
Tutte le valutazioni fatte finora sono definite in riferimento ai ricavi delle scheduled activities, ovvero la vendita dei biglietti. In realtà, per comprendere meglio la situazione, occorre considerare anche le ancillary revenues, che potrebbero apparire come un elemento di secondaria importanza, ma che sono in realtà una delle chiavi strategiche della compagnia.
Bisogna, innanzitutto, spiegare cosa sono le ancillary revenues.
Sono le componenti dei ricavi diverse dalla vendita dei biglietti. Questa voce comprende, quindi, tutti gli introiti delle attività che si possono vedere sul sito di Ryanair (noleggio auto, prenotazione hotel, assicurazioni, carte di credito, etc.), ma anche le vendite a bordo e, soprattutto, le fees aggiuntive, quali quelle per i bagagli, il check in, gli imbarchi prioritari (ignoro se Ryanair faccia cargo, nel qual caso dovrebbero far parte ci questa categoria di ricavi).
Dico soprattutto perché – giusto per avere un’idea delle dimensioni della materia – AirAsia rivela (Ryanair non fornisce specifiche informazioni a riguardo) che le fee da peso eccessivo dei bagagli danno il 32% del totale delle loro ancillary revenues.
Il peso dei ricavi accessori di Ryanair è in crescita: dal 15% del totale ricavi del 2006 al 18% del 2008.
La loro presenza cambia completamente il quadro economico, anche perché si tratta di ricavi che non hanno costi operativi corrispondenti, o non li hanno in misura significativa.
Considerando i valori del 2008, l’effetto delle ancillary revenues è il seguente:
Senza ancillary revenues
Fatturato 2,2 miliardi
Redditività operativa 2,2%
Ricavo medio per pax 43,70 euro
Ricavo medio per volo 6.773 euro
Margine per volo 149 euro
Load factor minimo 80,2% (152 pax)
Con ancillary revenues
Fatturato 2,7 miliardi
Redditività operativa 19,8%
Ricavo medio per pax 53,30 euro
Ricavo medio per volo 8.258 euro
Margine per volo 1.634 euro
Load factor minimo 65,8% (124 pax)
In conclusione
In conclusione devo dire che guardare una compagnia dal lato dei conti è completamente diverso che guardarla come passeggero. O’Leary non sarà la persona più amabile del mondo, ma
1) sa bene che i margini gestionali sono molto, troppo stretti
2) ha il dovere di portare a casa risultati positivi ogni anno
Capisco anche che “pretendere” una tassa per fare una cosa normalissima come il check in in aeroporto possa apparire come una pratica vessatoria.
Ma dopo queste considerazioni, è forte il sospetto che – per compagnie che seguono questo business model e che vogliono continuare a tenere basse le tariffe base – o si fa così o niente. Almeno in questa fase congiunturale.