Code all'immigration troppo estenuanti: a LHR si distribuiscono bottigliette d'acqua


Com'è che lunedì al T3 ci ho messo meno di tre minuti? Terminal, passaporto comunitario biometrico, fortuna o che?

Secndo me si va a orari. Per esempio al T5 se arrivi fra le 8 e le nove di sera trovi code abbastanza lunghe, se arrivi fra l'una e le tre del pomeriggio a me e' capitato anche di non aspettare ai controlli automatici (passaporto biometrico).
 
Com'è che lunedì al T3 ci ho messo meno di tre minuti? Terminal, passaporto comunitario biometrico, fortuna o che?

Pensavo la stessa cosa. Di recente atterro a Heathrow (T2/4) 1/2 volte a settimana e non ho mai atteso più di 30 secondi (l’altro giorno, invece, a Manchester T3 in arrivo da Parigi, sono stato in fila per poco più di un’ora).

G
 
Com'è che lunedì al T3 ci ho messo meno di tre minuti? Terminal, passaporto comunitario biometrico, fortuna o che?

Passaporto comunitario. La coda (che riguarda tutti i terminal, tant'é che il limite massimo di 45' é stato sforato tutti i giorni ultimamente) riguarda i passeggeri non UK e UE.
 
Passaporto comunitario. La coda (che riguarda tutti i terminal, tant'é che il limite massimo di 45' é stato sforato tutti i giorni ultimamente) riguarda i passeggeri non UK e UE.

Personalmente credo che il problema delle code a LHR sia stato un po’ troppo enfatizzato: in fin dei conti le code all’immigration da un’ora/un’ora e mezza le trovi un po’ ovunque in Europa se hai un passaporto non-UE.
 
Personalmente credo che il problema delle code a LHR sia stato un po’ troppo enfatizzato: in fin dei conti le code all’immigration da un’ora/un’ora e mezza le trovi un po’ ovunque in Europa se hai un passaporto non-UE.

Fidati, non lo é. Ci sono stati periodi brutti uguale, tipo Pasqua 2013, ma quest'anno é il peggio.
 
Parafrasando, "se LHR piange, JFK non ride"

Federico Rampini (al quale suggeriro' EWR...)

Le lunghissime code al controllo passaporti dell'aeroporto JFK sono solo uno dei segnali dell'inefficienza dei servizi pubblici americani

È ormai un classico. Gli amici che mi vengono a trovare dall’Italia mandano il primo messaggio dall’aeroporto John Fitzgerald Kennedy (JFK): «Atterrati». Segue un silenzio di tre, talvolta anche quattro ore, prima che suonino al campanello di casa mia. Nell’intervallo, sono stati catturati nel girone infernale del JFK (due ore di attesa al controllo dei passaporti sono diventate “normali”), poi nel traffico assurdo dal Queens a Manhattan. Hanno cioè sperimentato sulla propria pelle un indizio minore e banale, ma molto concreto, del declino americano.


Gli Stati Uniti hanno smesso da tempo di essere una vetrina di modernità e di efficienza. Mentre ci interroghiamo sui grandi scenari della geopolitica, sul vertice fra Putin e Xi, è anche nelle piccole cose quotidiane che si misura lo stato di una nazione. Lo stato dell’America non è esaltante. Non lo è da molto tempo. Evitiamo il vizio di dare la colpa a questo o quel presidente in carica, i problemi si accumulano da tempo.

Torno agli amici in visita e al calvario che si chiama JFK. I più sfortunati, almeno nella mia piccola casistica personale, di solito sono quelli che prendono il volo Emirates che parte da Malpensa alle quattro del pomeriggio e atterra qui alle sette di sera locali al terminal 4 di JFK. Forse a quell’ora c’è un cambio di turno nel personale della polizia di dogana. Fatto sta che al controllo passaporti – soprattutto per chi non ha la cittadinanza Usa – si crea una fila inverosimile, assurda. A volte ci sono centinaia di passeggeri in attesa e i poliziotti allo sportello si contano sulle dita di una mano.

A poco serve l’intelligenza artificiale, l’uso di macchine per la lettura digitale o il riconoscimento delle pupille, il fattore umano è quello che blocca tutto. È una sofferenza assurda per chi ha viaggiato molte ore sull’Atlantico, questa fila immensa e immobile. Ai nuovi arrivati offre un primo segnale tangibile dell’inefficienza americana. Nessuno osa protestare perché gli agenti in divisa hanno il coltello dalla parte del manico, sono suscettibili, e se gli stai antipatico possono assoggettarti a un controllo aggiuntivo, facendoti perdere altro tempo. È una vergogna che l’aeroporto usato da tanti stranieri come porta d’ingresso agli Stati Uniti li accolga in modo così orribile. E sorvolo sullo stato del terminal stesso: brutto, vecchio, fatiscente, inefficiente.

Io non subisco questi disservizi quindi non sto montando un caso personale. Ho il passaporto blu dei cittadini Usa e inoltre in quanto viaggiatore ultra-frequente mi pago di tasca mia un “pass” speciale che dà il diritto a una corsia veloce. Mi faccio interprete dell’indignazione di tanti italiani che arrivano qui con un’idea dell’America che crolla subito davanti al disastro JFK.

E comunque anch’io non sono esente da disagi. Ieri sono atterrato da Porto Rico, volo domestico, niente passaporto, ma al terminal 5 per raggiungere l’area dei taxi bisogna fare un altro viaggio: fra cantieri infiniti, con pubblicità che vantano i «19 miliardi spesi per rinnovare l’aeroporto». Peraltro non c’è quasi alternativa ai taxi o a Uber. New York è nel mondo intero l’unica grande metropoli di queste dimensioni a non avere un vero collegamento diretto – treno veloce, metrò – fra il centro e i suoi aeroporti.

L’uso dei trasporti pubblici implica diversi cambi di treno, e per lo stato delle stazioni della Subway non è consigliabile avere bagagli pesanti. Eppure ho perso il conto di quante decine di miliardi sono stati prelevati dalle nostre tasche, stanziati e poi spesi per migliorare la viabilità. Cantieri ce ne sono sempre e ovunque, il che spiega il traffico da lumaca fra Queens-JFK e Manhattan; raramente questi cantieri sfociano in un vero miglioramento. Da quando vivo in questa città – anno 2009 – gli scali newyorchesi (JFK, LaGuardia, Newark) sono delle voragini di fondi pubblici, continuano a ingoiare le nostre tasse, con scarsi benefici. La gente di qui subisce, più o meno come i turisti stranieri.

Lasciate perdere le vostre personali antipatie per Biden oppure per Trump. Tutti sono colpevoli – aggiungiamoci sindaci e governatori locali – ma il disastro è ben più antico di questi due presidenti. E non si limita alla città di New York, per quanto sia un laboratorio speciale di inefficienze (vi risparmio la metropolitana e la spazzatura).

Per me una “rivelazione” personale accadde vent’anni fa. Quando andai a vivere a Pechino nel 2004, moglie e figli rimasero negli Stati Uniti. Quindi facevo il pendolare per rivederli. Più viaggiavo a cadenza regolare fra l’Estremo Oriente e l’America, più venivo colpito da questa sgradevole scoperta. Ogni mio ritorno sul suolo degli Stati Uniti aveva l’aspetto di un salto nel passato. Tutto funzionava peggio qui. Gli aeroporti cinesi erano solo un esempio, ma non un esempio da poco: continuavano a migliorare proprio mentre quelli americani sprofondavano nel dissesto. Un altro esempio: l’alta velocità ferroviaria avanzava in Cina mentre in America è un progetto fermo da vent’anni (ma continua a dissanguare i contribuenti, per esempio in California).

Vent’anni fa cominciai a segnalare ai miei amici americani questa mia sensazione che la “nazione leader” stava perdendo colpi in molti settori: infrastrutture, trasporti, servizi pubblici. Spesso la prendevano male, qualcuno mi accusava di essere diventato «filo-cinese e anti-americano» per via della mia nuova collocazione. Scoprii una delle concause della decadenza americana: delle élite autoreferenziali, profondamente provinciali, incapaci di fare confronti onesti e ravvicinati con i progressi in corso in altre parti del mondo.

Poi arrivò una opinionista ed aspirante politica di sinistra, Arianna Huffington (la fondatrice dell’Huffington Post), che scrisse un saggio intitolato America, paese del Terzo mondo. In seguito, del tema si impadronì, da destra, Donald Trump: nei suoi comizi del 2016 cominciò a dire che gli aeroporti americani sembravano appunto quelli del Terzo mondo, se paragonati agli scali del Golfo (Dubai eccetera). Una banalità per chi viaggia, ma quelle parole di Trump sembrarono aprire gli occhi a molti. Biden è corso ai ripari… sulla carta. La sua Amministrazione ha speso molte centinaia di miliardi per investimenti in infrastrutture. Risultati? Chi li ha visti me li segnali per favore. Il crollo del ponte di Baltimora poche settimane fa è stato l’ultimo segnale che tutto va a pezzi.

Ho scritto in passato sulle cause profonde del disastro americano nelle infrastrutture. Questa nazione fu all’avanguardia nell’Ottocento nel costruire le grandi ferrovie intercontinentali e oggi i suoi treni sono una barzelletta che non fa ridere nessuno. Le buche stradali di New York inghiottirebbero una utilitaria europea. In California, lo Stato più ricco di tutti e con un Pil superiore a Francia o Italia, gli incendi accadono ancora perché le linee elettriche penzolano dai pali come cinquant’anni fa.

Eppure abbiamo un deficit pubblico vicino al 7% del Pil, non è vero che questa sia una nazione iperliberista dove tutto viene affidato ai privati e al mercato. L’incapacità del settore pubblico ha cause che possono suonarvi familiari: ipersindacalizzazione, dirigenti che non esercitano autorità sui dipendenti, normative ambientaliste che paralizzano i cantieri. Su tutto regna una classe politica che è troppo impegnata da guerre ideologiche tribali, per occuparsi di cose terra a terra come far funzionare una metropolitana, un treno o un aeroporto.

È anche sconcertante il divario di modernità e di efficienza con le punte avanzate del settore privato. Le aziende migliori del mondo stanno qui in America. Tutto ciò che riassume il progresso tecnologico ed economico degli ultimi cento anni si è concentrato quasi sempre qui, con una particolare accelerazione innovativa negli ultimi quarant’anni. È pazzesco constatare l’abisso che separa la sfera del capitalismo privato da quella di tanti servizi pubblici.

Ripeto: non diamo la colpa al liberismo perché è scomparso da tempo, New York e la California hanno una pressione fiscale europea e un Welfare scandinavo (almeno nella capacità di spesa).
Chi osserva l’America da lontano, chi la visita da turista o per lavoro, può divertirsi di fronte a certi segnali d’inefficienza. È anche questa la maledizione del JFK: la Grande Mela continua ad attirare turisti nonostante li tratti malissimo, i flussi di visitatori sono sopra i massimi storici pre-pandemia. Chi se ne importa se stanno due ore in fila al controllo passaporti?

Questa indifferenza ai tanti segnali del degrado, del declino, concorre a formare un’impressione che dietro ci sia qualcosa di più grande, quello che chiamiamo decadenza. I vertici fra Putin e Xi, le votazioni all’Onu dove il Grande Sud globale è sistematicamente anti-americano, tutto questo contribuisce al grande scenario di sfondo, ai macro-trend della geopolitica. Ma i doganieri che non fanno il loro lavoro al JFK sono la versione modesta e prosaica di un mondo che non è più all’altezza delle aspettative.

15 maggio 2024, 16:36 - modifica il 15 maggio 2024 | 17:34

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Federico Rampini e' leggermente incavolato :) :) :)
Una delle poche cose su cui non sono d'accordo (e non per motivi politici) e' il suo commento sugli investimenti sulle infrastrutture fatte dal governo di Biden. La situazione negli USA e' talmente grave che ci vuole del tempo per risolverla. Il crollo del ponte a Baltimora e' un segno della gravita' della situazione, non dell'efficacia (o meno) del programma di investimenti di Biden.

Detto questo concordo con @East End Ave , se JFK non gli va bene c'e' sempre EWR.

Vorrei anche aggiungere che quando vivevo a Manhattan, quando ritornavo a JFK dall'Europa evitavo di arrivare vicino all'orario di arrivo del volo Pan Am da Mosca perche' se per caso eri dietro ai passeggeri in arrivo da Mosca ci impiegavi ore anche negli anni 80.

Sono comunque d'accordo sul provincialismo e autoreferenzialismo innato degli Americani. L'idea che chiamino 'alta' velocita' ' i collegamenti ACELA fra Boston e Washington e' piuttosto peregrina anche se paragonati all'Europa continentale (let alone China).
 
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Che articolo del c... (scusate, quando ci vuole ci vuole...).

C'è molta verita in quello che scrive Rampini ma la superficialità dei contenuti è bestiale, senza alcun tentativo di problematizzare. Praticamente chiacchiere da bar utili solo per colloquiare col nostro Cesarone.

Da utente frequente di JFK, EWR e LGA mi capita di vedere di tutto:
- Alcuni disagi sono effettivamente riconducibili a corruzione, malagestione e altro. E' assurdo, per esempio, che da JFK e da EWR sia incentivato l'uso di mezzi privati (sovrapprezzi folli per usare i mezzi pubblici).
- Ma altri disagi sono riconducibili a lavori in corso: consiglio a Rampini di andare a dare un'occhiata al terminal B di LGA, che è oggi uno dei più belli degli USA. Un lavoro fatto veramente molto bene. Immagino che il T1 di JFK (che oggi è un disastro assoluto) sarà qualcosa di eccezionale.
- Sono invece un po' deluso dal nuovo Terminal A di EWR -- nuovo ma costruito con criteri architettonici obsoleti. Forse è questione di spazi ristretti ma a LGA mi pare abbiano fatto molto meglio.
- Il T4 di JFK ha alcune ore di totale caos quotidiano: l'arrivo in poche ore di ondate di voli europei assieme ai bestioni Emirates ed Etihad è ingestibile. Mi è capitato di arrivare proprio al T4 il mese scorso durante la mattina e, al controllo passaporti, non c'era nessuno -- nel senso che proprio non c'era fila né per noi titolari di Global Entry né per stranieri.
- Il programma Global Entry, che consente ad americani e residenti di superare i controlli, funziona diversamente in tutti gli aeroporti (mai capito perché), ma in fondo funziona bene e migliora continuamente (ormai non serve nemmeno mostrare il passaporto -- una foto e via).
- Il lavoro in corso di svolgimento da parte delle autorità e delle linee aeree per sveltire i controlli di sicurezza è eccellente. Sia con United che con Delta mi è capitato di non dover mostrare nemmeno un documento di identità.
- Considerando le masse di persone che gravano sulle poche piste dell'area di NY... qua la cosa più grave che mi viene in mente è l'inadeguatezza dell'FAA con contestuale penuria di controllori di volo e chiusura di alcuni spazi aerei. EWR ne risente molto quando c'è maltempo.
- Cosa c'entrino la pressione fiscale a NY e California con i controlli dei passaporti (che dipendono da denaro federale) lo sa solo Rampini. Ma evidentemente, se c'è da dimostrare un declino, ci si appiglia a tutto. Anche agli incendi boschivi e alle buche per strada.
- Il crollo del ponte di Baltimora... centrato da una nave cargo... non capisco cosa c'entri col declino. E' un incidente, sicuramente evitabile, ma pur sempre un incidente.

Parlando di infrastrutture, consiglio a Rampini di studiarsi un po' dei problemi che una città come New York si trova a dover gestire. Il costo di rinnovare un'infrastruttura da queste parti è folle perché le infrastrutture sono talmente tante, stratificate ed irrinunciabili che per modernizzarle senza fermarle per periodi estesi c'è da spendere miliardi in più (non è come costruire una linea di metropolitana nuova nel deserto di Dubai).
- E' in costruzione (finalmente) un nuovo tunnel ferroviario sotto lo Hudson river (16 miliarducci) -- una sfida ingegneristica estremamente complessa perché va evitato il tunnel esistente (da rinnovare dopo) e possibilmente le fondamenta di centinaia di palazzi. Ringrazieranno i pendolari del New Jersey e forse il sottoscritto, uno dei pochi ebeti che si ostina a prendere il treno per EWR.
- Così come è in corso di rinnovamento l'acquedotto (altro lavoretto da niente visto che si tratta di ricostruire il Delaware Tunnel, la galleria più lunga al mondo -- "solo" 137 chilometri).
- E presto toccherà al viadotto ferroviario di Park Avenue, dal quale dipendono decine di migliaia di pendolari al giorno (ancora non si è ben capito come fare i lavori senza interrompere le linee).
- E ancora, giusto per problematizzare, forse Rampini potrebbe imparare qualcosa dai colleghi che -- invece delle chiacchiere da bar -- hanno inquadrato in questo ottimo articolo su Politico la complessità politica e burocratica di spendere 1600 miliardi già stanziati (ma perlopiù non ancora spesi).

Il declino americano è per certi versi ovvio: basta guardare la politica per farsene un'idea e una ragione. Ma non bisogna esagerare, altrimenti si finisce come Tucker Carlson a Mosca per celebrare la bella vita, l'efficienza, il progresso della madre Russia!
 
Rampini prende “fatti” un tanto al chilo e ci costruisce articoli. La prima volta a JFK (1986), coda chilometrica, MIA 2012 diversi pax disperati perché risultavano no show per l’imbarco su una nave da crociera per colpa di alcune ore (2 i fortunati) all’immigrazione. In cambio la stessa cosa mi è successa (sia uscita che entrata) in dicembre a CDG perché, per qualche ragione ignota, non era implementata la coda separata per i passaporti UE.
 
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Peraltro e' inesatto affermare che nessun apt di NY abbia il collegamento diretto col treno, giacche' EWR invece ce l'ha eccome...

Giornalisti che si comportano da "giornalisti" che sorpesa!

Riguardo a LHR saro' fortunato io ma non ho mai avuto problemi, sopratutto nell'ultimo periodo, sara' l'orario e il terminal (di solito la mattina presto al T4) ma anche al T5 e al T2 in estate mai avuti problemi.

In generale viaggiando in UK non vedo mega file da un paio di anni ed era Stansted a fine giornata, noto per il caos dei voli FR che arrivano tutti insieme.
 
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Che articolo del c... (scusate, quando ci vuole ci vuole...).

C'è molta verita in quello che scrive Rampini ma la superficialità dei contenuti è bestiale, senza alcun tentativo di problematizzare. Praticamente chiacchiere da bar utili solo per colloquiare col nostro Cesarone.

Da utente frequente di JFK, EWR e LGA mi capita di vedere di tutto:
- Alcuni disagi sono effettivamente riconducibili a corruzione, malagestione e altro. E' assurdo, per esempio, che da JFK e da EWR sia incentivato l'uso di mezzi privati (sovrapprezzi folli per usare i mezzi pubblici).
- Ma altri disagi sono riconducibili a lavori in corso: consiglio a Rampini di andare a dare un'occhiata al terminal B di LGA, che è oggi uno dei più belli degli USA. Un lavoro fatto veramente molto bene. Immagino che il T1 di JFK (che oggi è un disastro assoluto) sarà qualcosa di eccezionale.
- Sono invece un po' deluso dal nuovo Terminal A di EWR -- nuovo ma costruito con criteri architettonici obsoleti. Forse è questione di spazi ristretti ma a LGA mi pare abbiano fatto molto meglio.
- Il T4 di JFK ha alcune ore di totale caos quotidiano: l'arrivo in poche ore di ondate di voli europei assieme ai bestioni Emirates ed Etihad è ingestibile. Mi è capitato di arrivare proprio al T4 il mese scorso durante la mattina e, al controllo passaporti, non c'era nessuno -- nel senso che proprio non c'era fila né per noi titolari di Global Entry né per stranieri.
- Il programma Global Entry, che consente ad americani e residenti di superare i controlli, funziona diversamente in tutti gli aeroporti (mai capito perché), ma in fondo funziona bene e migliora continuamente (ormai non serve nemmeno mostrare il passaporto -- una foto e via).
- Il lavoro in corso di svolgimento da parte delle autorità e delle linee aeree per sveltire i controlli di sicurezza è eccellente. Sia con United che con Delta mi è capitato di non dover mostrare nemmeno un documento di identità.
- Considerando le masse di persone che gravano sulle poche piste dell'area di NY... qua la cosa più grave che mi viene in mente è l'inadeguatezza dell'FAA con contestuale penuria di controllori di volo e chiusura di alcuni spazi aerei. EWR ne risente molto quando c'è maltempo.
- Cosa c'entrino la pressione fiscale a NY e California con i controlli dei passaporti (che dipendono da denaro federale) lo sa solo Rampini. Ma evidentemente, se c'è da dimostrare un declino, ci si appiglia a tutto. Anche agli incendi boschivi e alle buche per strada.
- Il crollo del ponte di Baltimora... centrato da una nave cargo... non capisco cosa c'entri col declino. E' un incidente, sicuramente evitabile, ma pur sempre un incidente.

Parlando di infrastrutture, consiglio a Rampini di studiarsi un po' dei problemi che una città come New York si trova a dover gestire. Il costo di rinnovare un'infrastruttura da queste parti è folle perché le infrastrutture sono talmente tante, stratificate ed irrinunciabili che per modernizzarle senza fermarle per periodi estesi c'è da spendere miliardi in più (non è come costruire una linea di metropolitana nuova nel deserto di Dubai).
- E' in costruzione (finalmente) un nuovo tunnel ferroviario sotto lo Hudson river (16 miliarducci) -- una sfida ingegneristica estremamente complessa perché va evitato il tunnel esistente (da rinnovare dopo) e possibilmente le fondamenta di centinaia di palazzi. Ringrazieranno i pendolari del New Jersey e forse il sottoscritto, uno dei pochi ebeti che si ostina a prendere il treno per EWR.
- Così come è in corso di rinnovamento l'acquedotto (altro lavoretto da niente visto che si tratta di ricostruire il Delaware Tunnel, la galleria più lunga al mondo -- "solo" 137 chilometri).
- E presto toccherà al viadotto ferroviario di Park Avenue, dal quale dipendono decine di migliaia di pendolari al giorno (ancora non si è ben capito come fare i lavori senza interrompere le linee).
- E ancora, giusto per problematizzare, forse Rampini potrebbe imparare qualcosa dai colleghi che -- invece delle chiacchiere da bar -- hanno inquadrato in questo ottimo articolo su Politico la complessità politica e burocratica di spendere 1600 miliardi già stanziati (ma perlopiù non ancora spesi).

Il declino americano è per certi versi ovvio: basta guardare la politica per farsene un'idea e una ragione. Ma non bisogna esagerare, altrimenti si finisce come Tucker Carlson a Mosca per celebrare la bella vita, l'efficienza, il progresso della madre Russia!
Onestamente trovo anche io l'articolo una sorta di post da FB, un'incavolatura temporanea dovuta alle rimostranze dei suoi amici e dall'aver fatto tardi a cena. Non all'altezza del Rampini che leggo da anni che ben altre e piu' accurate analisi fa da tempo dei paesi in cui vive o ha vissuto. E' davvero stucchevole che uno che abiti a NY non pensi a EWR come alternativa al caos di JFK; tu prendi il treno per EWR, io prendo il treno per EWR e lui non sa nemmeno che esiste?!?!?!?