Aviazione, aeroporti, geopolitica e nuovo colonialismo. KTI et al.


ilPrincipeDiCasador

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16 Febbraio 2009
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Lözarn
Qualche settimana fa sono ritornato dopo qualche anno a Phnom Penh, la capitale della Cambogia. Una città che mi ha sempre affascinato e che continua a sorprendermi per come cresce e per la vitalità. Ha anche un panorama culinario sorprendente e a differenza della vicina Siem Reap è davvero godibile.

Detto questo, ho volato da e verso il nuovo Techo International Airport (KTI) aperto il 9 settembre di quest'anno e che rimpiazza il vecchio Phnom Penh International Airport (PNH).

All'inizio sono rimasto colpito dall'immensa struttura, dall'architettura, dalla bellezza del terminal ma poi ho iniziato a ragionarci su e proprio non mi capacitavo del fatto che la Cambogia, con un PIL pro capite simile a paesi come la Mauritania, le isole Comore o lo Zambia, si sia voluta dotare di un aeroporto che attualmente è classificato come il nono aeroporto più grande del mondo per superficie. E alla fine, tra pensieri, osservazioni e letture, ho messo insieme questo thread che spero generi una condivisione di idee e visioni.

KTI rappresenta chiaramente un punto di svolta per la Cambogia, una delle storie di sviluppo più dinamiche del sud-est asiatico (solo 50 anni fa la stessa città era ostaggio dei Khmer Rouge) ed è anche una grande manifestazione delle trasformazioni profonde ed in qualche mondo interconnesse che il mondo sta attraversando.

Oggi KTI (ancora non completo al 100%) può gestire 13 milioni di passeggeri l’anno, ma una volta completato raggiungerà 50 milioni (per avere una idea, HKG, SFO, FCO, JED, SEA, EWR....viaggiano su questi numeri) e non nasce solo come aeroporto ma è un hub logistico, è una attrattiva finanziaria, servirà ad attrarre capitali, investimenti alberghieri, turistici, commerciali e fondamentalmente a spostare fisicamente il centro di Phnom Penh su aree vaste chilometri quadrati.

Ora, perché il titolo del post e questo preambolo?

Perché questo aeroporto è spropositatamente grosso per passare inosservato e perché è l'apoteosi di una storia che in una forma diversa, si ripete ciclicamente. Il primo fu Colombo ma da allora niente è cambiato. Lui ci arrivò via nave, i cinesi e gli altri in aereo.

Ed infatti, il punto non è solo la grandezza. KTI è altro. Basta fare qualche passo all’interno del terminal per capire che, dietro a tutto questo non c’è la Cambogia, ma la Cina. La partecipazione cinese è evidente e pubblicizzata: Pechino ha costruito, finanziato e gestirà l’aeroporto utilizzandolo chiaramente come testa di ponte per rafforzare la sua influenza economica e politica nel paese. Ed è relativamente semplice perché la Cina gioca su un terreno unico…perché per la Cambogia l’obiettivo è uscire dalla condizione di periferia regionale e trasformarsi nella Thailandia 2.0 ed ovviamente, non importa come, a quali costi e con quali mezzi.

E lo so, mi direte voi, quale è il punto? Nulla di nuovo.

KTI è gigante, è l'ultimo palese esempio di come si entri in una economia e silenziosamente si mettano le braccia ovunque, negli affari interni, nella politica, perfino nella costituzione dello stato se necessario. Ma esempi di quanto, l'aviazione, gli aeroporti ed i collegamenti aerei vengano utilizzati come leve di influenza geopolitica ce ne sono tanti e stanno spostando gli equilibri mondiali. Ho provato a fare una lista dei maggiori casi mondiali:
  • Vientiane Wattay Airport (Laos): gestito dalla Cina, finanziamenti ingenti per avere aree commerciali esclusive
  • Islamabad Airport (Pakistan): Costruito da China State Construction Engineering Corporation e fa da hub logistico insieme al porto di Gwadar
  • Mattala Rajapaksa Airport (Sri Lanka): costruito dai cinesi e simbolo della diplomazia del debito – Caso emblematico di un Aeroporto costruito con prestiti cinesi con la promessa di vagonate di turisti che avrebbero poi trasformato la zona in un hub economico. I turisti non sono mai arrivati e questo immenso e vuoto Aeroporto non ha fatto altro che rafforzare la dipendenza di Colombo da Pechino
  • Mogadiscio Airport (Somalia): Chiaro esempio di neo-ottomanismo. Qui la Turchia si è proprio presa l’aeroporto, il porto ed una area di circa 400 ettari che ospita un hub commerciale, alberghi, uffici di Turkish Airlines e circa 2000 militari.
  • Dushanbe Airport (Tajikistan): rifacimento dell’aeroporto completamente a carico dei russi e proprio qualche settimana fa Putin ha annunciato che si farà carico della costruzione di un nuovo terminal.
  • Bangui Airport (RCA): qui la Russia ha costruito un nuovo hub logistico (principalmente militare) che rappresenta una chiara penetrazione russa nel cuore dell’Africa
  • Gao Airport (Mali): la Russia ha “acquistato” il diritto esclusivo all’uso di piste e installazioni militari fornendo ingenti prestiti e supporto militare.
  • Ouagadougou Airport (Burkina Faso): qui la situazione è più complessa. Turchia e Russia si sono spartiti la torta. I Russi la parte militare, i Turchi la parte commerciale. La logistica è tutta turca (aziende, alberghi, infrastrutture), la Russia invece ha un accordo di cooperazione militare e l’utilizzo di piste e terminal in esclusiva.
  • Navoi Airport (Uzbekistan): l’aeroporto è stato costruito con fondi locali ma una parte del sedime aeroportuale è stata ceduta ai coreani che hanno sviluppato un terminal merci completamente gestito da Korean Air Cargo. La presenza coreana (e velata degli Stati Uniti) si inserisce in un complesso equilibrio che guarda caso, coinvolge Cina, Russia e Turchia.
Ci sono altri esempi ma mmi fermo qui per non appesantire la lista. Quello che tutti questi esempi mostrano è un modello chiaro e ricorrente:

1. Finanziamento vincolato tramite prestiti o investimenti di lungo periodo.
2. Costruzione e gestione con controllo di terminal, piste e logistica.
3. Concessioni lunghe, talvolta decenni, che permettono influenza economica e politica.
4. Doppio uso: infrastrutture civili convertibili rapidamente in basi militari o centri logistici.
5. Debito e dipendenza: il paese ospitante diventa vincolato alla potenza costruttrice.

Ritornando da dove sono partito, KTI, non è solo un aeroporto enorme: è un simbolo moderno di come infrastrutture e collegamenti aerei possano diventare strumenti di proiezione geopolitica. Il fenomeno è globale e non riguarda solo la Cina, ma anche Russia e Turchia, e si sta ripetendo in Asia e Africa con una precisione impressionante.

Ripeto, lo scopo di questo lungo post non è quello di condividere qualcosa di nuovo. Sono sicuro che molti qui ci hanno pensato. Voglio semplicemente aprire una discussione su un tema di cui qui credo si sia parlato poco considerando la nuova apertura di KTI

Chiudo qui e vi lascio qualche foto del nuovo aeroporto, per ora, completamente vuoto e con pochi, pochissimi voli al giorno

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Sono d'accordo con te. Fra gli esempi non aeronautici ci puoi mettere le infrastrutture ferroviarie in Africa. Per esempio, Cina (Kenya e Etiopia), Turchia (Tanzania), Francia e Germania (Marocco), Egitto cocktail Turco-Franco-Tedesco. Poi ci sono i porti.
I cinesi arrivano, creano una specie di città transitoria, dove per tutta la durata del lavoro alloggeranno le maestranze cinesi e poi passano tutto ai locali dopo un periodo di addestramento. Quando finiscono i soldi, le cose rimangono a metà'.Per esempio, quello che doveva sostituire la ferrovia a scartamento 'africano' (diverso dallo standard ma comune nell'impero) in Kenya da Mombasa a Kisumu sul lago Vittoria è finito a metà strada da Nairobi a Kisumu. Per non parlare del fatto che le stazioni sono fuori dalle città e funzionano come mini-aeroporti. Per carità, funziona ma non è stata progettata per le esigenze dei residenti.
 
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Grazie per il post ed aver stimolato il pensiero.
Non avevo mai pensato agli aeroporti come strumento di geopolitica.
Sapevo bene dell'influenza e dello sfruttamento delle risorse in Africa da parte di alcuni paesi, passati per aiuti "disinteressati"....
Purtroppo è chiaro che le realtà africane (tra povertà diffusa, finte democrazie o veri e propri padroni, corruzione dilagante, ecc.), così come quelle asiatiche, sono facilmente soggiogabili e ingolosite dall'avere qualche infrastruttura degna di tale nome. Fa un po' imbestialire che tutto questo rimanga in sordina.
L'esempio di KTI, anche vedendo le tue belle foto, fa davvero riflettere.
 
Sono d'accordo con te. Fra gli esempi non aeronautici ci puoi mettere le infrastrutture ferroviarie in Africa. Per esempio, Cina (Kenya e Etiopia), Turchia (Tanzania), Francia e Germania (Marocco), Egitto cocktail Turco-Franco-Tedesco. Poi ci sono i porti.
I cinesi arrivano, creano una specie di città transitoria, dove per tutta la durata del lavoro alloggeranno le maestranze cinesi e poi passano tutto ai locali dopo un periodo di addestramento. Quando finiscono i soldi, le cose rimangono a metà'.Per esempio, quello che doveva sostituire la ferrovia a scartamento 'africano' (diverso dallo standard ma comune nell'impero) in Kenya da Mombasa a Kisumu sul lago Vittoria è finito a metà strada da Nairobi a Kisumu. Per non parlare del fatto che le stazioni sono fuori dalle città e funzionano come mini-aeroporti. Per carità, funziona ma non è stata progettata per le esigenze dei residenti.

Assolutamente d'accordo. I treni sono l'altro pezzo del puzzle.

Post molto interessante e foto molto gradite!

Grazie.
Fa un po' imbestialire che tutto questo rimanga in sordina.

Questo è il punto. L'attenzione per noi in occidente rimane su quello che fa rumore, sulla guerra in Ucraina, sulla guerra a Gaza, sui missili degli Houti...nel frattempo le mire espansionistiche delle potenze mondiali e la necessità di accaparrarsi risorse fanno muovere le potenze mondiali anche in altro modo, silenzioso, pulito e che non genera indignazione. Giusto per capirci, la Cambogia è ricca di oro, bauxite, alluminio, rubini e soprattutto lantanio e neodimio. Secondo voi, l'aeroporto i cinesi come se lo faranno ripagare?
 
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Assolutamente d'accordo. I treni sono l'altro pezzo del puzzle.



Grazie.


Questo è il punto. L'attenzione per noi in occidente rimane su quello che fa rumore, sulla guerra in Ucraina, sulla guerra a Gaza, sui missili degli Houti...nel frattempo le mire espansionistiche delle potenze mondiali e la necessità di accaparrarsi risorse fanno muovere le potenze mondiali anche in altro modo, silenzioso, pulito e che non genera indignazione. Giusto per capirci, la Cambogia è ricca di oro, bauxite, alluminio, rubini e soprattutto lantanio e neodimio. Secondo voi, l'aeroporto i cinesi come se lo faranno ripagare?
Gli occidentali sono bruciati perché ex potenze coloniali. I nuovi badroni sono ovviamente migliori agli occhi delle ex colonie.
Come si faranno ripagare? Ti ricordi il caso Montenegro? Aveva debiti con la Cina che non poteva onorare. Il contratto prevedeva la cessione della sovranità di un pezzo di Montenegro alla Cina. Alla fine Montenegro chiese aiuto alla UE che pago il debito.
 
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Si parla poco anche della Birmania, che è ancora più strategica perché si affaccia sull'oceano Indiano, dando alla Cina uno sbocco (primariamente militare, secondariamente commerciale) verso l'Africa orientale e, soprattutto, andare a contendere all'India l'influenza nell'area; mentre non si parla del tutto della diplomazia dello yuan in tutto il Pacifico, dove hanno letteralmente comprato elezioni, alleati diplomatici e/o fomentato separatismi come alle Fiji, alle Salomone o in Papua Nuova Guinea (isola di Bougainville).

La Belt&Road doveva fare lo stesso (commercialmente) verso il Mediterraneo e l'Atlantico, ma l'opera è zoppa, a parte qualche terminal marittimo qui e là (Pireo, Zeebrugge e partecipazioni di minoranza ma comunque nei più grossi porti - Amburgo, Anversa e Rotterdam).

DaV
 
A Marzo sono stato all'aeroporto di Siem Reap in Cambogia (serve per il sito di Angkor Wat).
Aeroporto nuovo, bello e molto grande per i pochi voli che ci sono. Ci arriva una strada a due corsie per senso di marcia (una delle poche se non l'unica della Cambogia) di circa 20 km.
Rispetto al resto dei dintorni sembra di essere tutto in un altro mondo.
Fatto tutto da cinesi. Mi hanno spiegato che i cinesi hanno comprato gran parte dei terreni lungo la strada per l'aeroporto e stanno iniziando a costruire strutture logistiche ed altro. I cambogiani? Sembrano contenti perché molti trovano lavoro anche se saranno sempre più legati a doppio filo con la Cina
 

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Cinquanta e più anni fa, quando ero al liceo ce la prendevamo con l'Amerika. La Cina era tutt'altro che vicina, l'imperialismo sovietico non veniva considerato tale: anzi, ad avanzare dubbi sul punto c'era da rischiare, anche fisicamente. Cinquent'anni, ed il mondo è cambiato. L'Unione sovietica non c'è più, ma in Russia ci sono i nostalgici di quel periodo; per la Cina non so se Mao Zedong riconoscerebbe oggi il paese ed il salto ideologico ed economico che c'è stato. Da un mondo bipolare USA-URSS oggi abbiamo una bipolarità USA-Cina: la Russia è oggi in una posizione di vassallaggio nei confronti della Cina, anche se ha ancora una certa autonomia politica, ma economicamente è fuori dai giochi e ciò che la accomuna con la Cina è il neocolonialismo.

L'unica differenza è che i cinesi puntano al lato economico -negli ultimi anni hanno ingentilito il land grabbing praticato in Africa con un aiuto alle economie locali, carità pelosa peraltro- mentre i russi puntano al lato militare sostenendo regimi affini ed offrendo armi, istruttori militari e anche direttamente truppe -magari sotto l'etichetta Wagner-.
L'approccio russo è quello della forza ed ideologico: supporto ai regimi/a fazioni golpiste ed estromissione degli europei, citofonare Parigi per referenze; poi se riesco ad ottenere qualcos'altro, come l'uranio del Niger, ben venga.
L'approccio cinese è mercantilista: interessano le risorse che possono ottenere, non i mercati di sbocco del loro eccesso produttivo; per quello ci siamo noi europei e gli yankees. La proiezione militare cinese per ora è limitata al cortile di casa: Taiwan e il Mar Cinese Meridionale, con la Linea dei nove tratti; per coprire quella che una volta si chiamava Indocina basta il soft power economico: gli unici che fanno resistenza sono i vietnamiti.

Ma Russia e Cina non sono sole ad aver tentato una politica neocolonialista: nel loro piccolo, i sauditi avevano speso un bel po' di quattrini nei Balcani, dopo il crollo dell'URSS, provocando la reazione dell'allora giovane turco Erdogan -lui invece più neo imperialista che neocolonialista, con l'ambizione di rimettere su l'impero ottomano- che considerava i balcani come il cortile di casa. Tentativo saudita non andato a buon fine perché l'islamismo praticato nei balcani è ben lontano dal wahabismo.