Ecco l'articolo: 
MILANO — Doveva essere lo Schiphol italiano. Un hub in grado, così come l’aeroporto-monstre di Amsterdam, di risucchiare traffico aereo pregiato da un bacino continentale, o quasi. E invece Malpensa vivacchia. I passeggeri non mancano — la tendenza è all’aumento in tutta Europa —, e il 2005 si è chiuso con un non disprezzabile incremento del 5,8%, arrivando a sfiorare i 20 mifioni di viaggiatori l’anno. Che tuttavia restano troppo pochi per raggiungere la massa critica degli hub continentali: a Heathrow volano in 63 milioni, a Parigi e Francoforte in 48 milioni, a Madrid in 35 mifioni. La sintesi, di Andrea Boitani dell’Università Cattolica, è presto fatta: «La crescita dei movimenti su Malpensa è assai inferiore a quello che si poteva sperare».
L’aeroporto varesino resta infatti prigioniero delle sue troppe fragilità: i collegamenti stradali e ferroviari rimasti sulla carta, i problemi specifici dello scalo mai risolti fino in fondo, un’Alitalia in cui ad ogni cambio di amministratore delegato ritornano le pressioni per un disimpegno da Malpensa. Oltre alle pretese della politica: di ieri è la richiesta del governatore del Lazio, Piero Marrazzo, perché Alitalia trasferisca su Fiumicino le tratte per il Far East. E infine, la concorrenza serrata degli «aeroporti sotto casa», da Orio al Serio fino a Tessera, che in tutta l’Italia settentrionale sottraggono all’aeroporto varesino il senso stesso del suo essere hub, alimentando con i loro voli per Francoforte, Londra, Parigi e Amsterdam i maxi scali europei a discapito di quello lombardo. Hub è infatti il grande scalo che raccoglie il traffico di breve e medio raggio e lo ridistribuisce sulle tratte intercontinentali.
Giusto per rimanere alla cronaca degli ultimi giorni, le compagnie aeree hanno scritto una furente lettera al gestore SEA per i continui problemi con i bagagli: nel luglio 2006 Malpensa è stato il quarto peggior aeroporto d’Europa con 47 valige "disguidate" ogni mille. La colpa, spiegano, è del sistema di smistamento dei bagagli (Bhs), che iniziò a dar problemi il giorno stesso di inaugurazione dell’aeroporto, il 24 ottobre 1998. «Inspiegabilmente — spiega il segretario Fit-Cisl Dario Balotta — il nastro non fu concepito per la gestione dei bagagli in transito. E le correzioni successive, come l’attuale sistema "a vassoi" non si sono mai integrate fino in fondo. Malpensa avrebbe dovuto avere un terzo «satellite» di simistamento viaggiatori ed una terza pista: il primo, sarà pronto prima del 2008, a festeggiare il decennale dello scalo. Quanto alla pista, neppure esiste un progetto.
E poi, i collegamenti. Malpensa è raggiunta soltanto dalla A8, la Milano-Laghi. Avrebbe dovuto essere allacciata anche con la Milano-Torino. Senonché, a otto anni di distanza dall’inaugurazione, il collegamento ancora non c’è. I lavori sono iniziati soltanto l’anno scorso, e sui 16 chilometri di bretella — in ossequio ai campanili — sono state previste ben otto uscite con relativi, costosissimi svincoli. Quanto al Malpensa-Expess, sembra il cane che si morde la coda. Le vorrebbero diminuire le frequenze dato che i treni viaggiano al 20% della capacità. Forse perché, osserva ancora Balotta, «il servizio è inadeguato è la gente fa come se non esistesse». Quanto ai collegamenti ferroviari, sia con le grandi direttrici per il nord Europa che con la stessa Stazione Centrale, si tratta di progetti annunciati di cui si sono perse le tracce.
L’Italia settentrionale è il bacino in cui si stacca il 70% dei biglietti aerei italiani, ma Malpensa non riesce a giovarsene come potrebbe. Anche qui, i campanili. Negli ultimi anni si sono moltiplicati aeroporti piccoli o anche minuscoli. Nella sola Lombardia, oltre a Linate e Malpensa, ci sono Orio al Serio e Montichiari. Ancora poche decine di chilometri, ed ecco il Catullo veronese. Tutte aerostazioni con crescite annuali a due cifre. Senza contare altri scali più o meno storici e più o meno giustificati che sarebbero comunque il bacino naturale di un hub: Torino, Bologna, Genova, fino ai più lontani Treviso, Trieste, Albenga, Aosta, Bolzano, Cuneo, Parma. Accade invece che l’esplosione del low cost, oltre a drenare traffico dagli aeroporti maggiori sulle tratte point-to-point, svolge anche una decisa azione di feederaggio: trasporta su altri hub passeggeri destinati alle tratte intercontinentali.
Ma secondo David Jarach, docente di marketing del trasporto aereo alla Sda Bocconi, «il problema sostanziale si chiama Alitalia. Nessun hub può prosperare senza un forte vettore di riferimento». Tanto che Malpensa «è l’unico grande scalo che ospita un vettore low cost come EasyJet. Il che porta sì milioni di passeggeri, ma è un chiaro indicatore dei dubbi sull’affidabifità futura di Alitalia». Che oltretutto, «continua a non avere una seria base di personale e di manutenzione a Milano».
Per Andrea Boitani il problema è ancora più radicale: «Quello che deve essere ripensato è il modello stesso di hub. Tutti i grandi paesi hanno un solo hub, non si capisce come mai l’Italia dovrebbe averne due. E tutti i paesi hanno solide compagnie ad alimentarli».
Senonché, «il puntare su quel modello ha finito per limitare la strategia di apertura ad altre compagnie. E invece, Malpensa sarebbe potuto essere uno straordinario mezzo di apertura della concorrenza nel settore aereo». E infine, l’hub è anche "un areoporto mal gestito: passeggeri che devono aspettare i bagagli, furti, tempi di rotazione degli aerei più alti che negli altri scali... Tutte cose che le compagnie aeree sanno bene. E quando devono scegliere dove aprire nuove tratte, se ne ricordano".
Lo certiflca Osvaldo Gammino, portavoce dei vettori che operano sugli scali milanesi: «Otto anni sono passati dall’apertura di Malpensa, ma l’aeroporto continua a subire gli stessi problemi di
sempre».
Fonte: Corriere della Sera

MILANO — Doveva essere lo Schiphol italiano. Un hub in grado, così come l’aeroporto-monstre di Amsterdam, di risucchiare traffico aereo pregiato da un bacino continentale, o quasi. E invece Malpensa vivacchia. I passeggeri non mancano — la tendenza è all’aumento in tutta Europa —, e il 2005 si è chiuso con un non disprezzabile incremento del 5,8%, arrivando a sfiorare i 20 mifioni di viaggiatori l’anno. Che tuttavia restano troppo pochi per raggiungere la massa critica degli hub continentali: a Heathrow volano in 63 milioni, a Parigi e Francoforte in 48 milioni, a Madrid in 35 mifioni. La sintesi, di Andrea Boitani dell’Università Cattolica, è presto fatta: «La crescita dei movimenti su Malpensa è assai inferiore a quello che si poteva sperare».
L’aeroporto varesino resta infatti prigioniero delle sue troppe fragilità: i collegamenti stradali e ferroviari rimasti sulla carta, i problemi specifici dello scalo mai risolti fino in fondo, un’Alitalia in cui ad ogni cambio di amministratore delegato ritornano le pressioni per un disimpegno da Malpensa. Oltre alle pretese della politica: di ieri è la richiesta del governatore del Lazio, Piero Marrazzo, perché Alitalia trasferisca su Fiumicino le tratte per il Far East. E infine, la concorrenza serrata degli «aeroporti sotto casa», da Orio al Serio fino a Tessera, che in tutta l’Italia settentrionale sottraggono all’aeroporto varesino il senso stesso del suo essere hub, alimentando con i loro voli per Francoforte, Londra, Parigi e Amsterdam i maxi scali europei a discapito di quello lombardo. Hub è infatti il grande scalo che raccoglie il traffico di breve e medio raggio e lo ridistribuisce sulle tratte intercontinentali.
Giusto per rimanere alla cronaca degli ultimi giorni, le compagnie aeree hanno scritto una furente lettera al gestore SEA per i continui problemi con i bagagli: nel luglio 2006 Malpensa è stato il quarto peggior aeroporto d’Europa con 47 valige "disguidate" ogni mille. La colpa, spiegano, è del sistema di smistamento dei bagagli (Bhs), che iniziò a dar problemi il giorno stesso di inaugurazione dell’aeroporto, il 24 ottobre 1998. «Inspiegabilmente — spiega il segretario Fit-Cisl Dario Balotta — il nastro non fu concepito per la gestione dei bagagli in transito. E le correzioni successive, come l’attuale sistema "a vassoi" non si sono mai integrate fino in fondo. Malpensa avrebbe dovuto avere un terzo «satellite» di simistamento viaggiatori ed una terza pista: il primo, sarà pronto prima del 2008, a festeggiare il decennale dello scalo. Quanto alla pista, neppure esiste un progetto.
E poi, i collegamenti. Malpensa è raggiunta soltanto dalla A8, la Milano-Laghi. Avrebbe dovuto essere allacciata anche con la Milano-Torino. Senonché, a otto anni di distanza dall’inaugurazione, il collegamento ancora non c’è. I lavori sono iniziati soltanto l’anno scorso, e sui 16 chilometri di bretella — in ossequio ai campanili — sono state previste ben otto uscite con relativi, costosissimi svincoli. Quanto al Malpensa-Expess, sembra il cane che si morde la coda. Le vorrebbero diminuire le frequenze dato che i treni viaggiano al 20% della capacità. Forse perché, osserva ancora Balotta, «il servizio è inadeguato è la gente fa come se non esistesse». Quanto ai collegamenti ferroviari, sia con le grandi direttrici per il nord Europa che con la stessa Stazione Centrale, si tratta di progetti annunciati di cui si sono perse le tracce.
L’Italia settentrionale è il bacino in cui si stacca il 70% dei biglietti aerei italiani, ma Malpensa non riesce a giovarsene come potrebbe. Anche qui, i campanili. Negli ultimi anni si sono moltiplicati aeroporti piccoli o anche minuscoli. Nella sola Lombardia, oltre a Linate e Malpensa, ci sono Orio al Serio e Montichiari. Ancora poche decine di chilometri, ed ecco il Catullo veronese. Tutte aerostazioni con crescite annuali a due cifre. Senza contare altri scali più o meno storici e più o meno giustificati che sarebbero comunque il bacino naturale di un hub: Torino, Bologna, Genova, fino ai più lontani Treviso, Trieste, Albenga, Aosta, Bolzano, Cuneo, Parma. Accade invece che l’esplosione del low cost, oltre a drenare traffico dagli aeroporti maggiori sulle tratte point-to-point, svolge anche una decisa azione di feederaggio: trasporta su altri hub passeggeri destinati alle tratte intercontinentali.
Ma secondo David Jarach, docente di marketing del trasporto aereo alla Sda Bocconi, «il problema sostanziale si chiama Alitalia. Nessun hub può prosperare senza un forte vettore di riferimento». Tanto che Malpensa «è l’unico grande scalo che ospita un vettore low cost come EasyJet. Il che porta sì milioni di passeggeri, ma è un chiaro indicatore dei dubbi sull’affidabifità futura di Alitalia». Che oltretutto, «continua a non avere una seria base di personale e di manutenzione a Milano».
Per Andrea Boitani il problema è ancora più radicale: «Quello che deve essere ripensato è il modello stesso di hub. Tutti i grandi paesi hanno un solo hub, non si capisce come mai l’Italia dovrebbe averne due. E tutti i paesi hanno solide compagnie ad alimentarli».
Senonché, «il puntare su quel modello ha finito per limitare la strategia di apertura ad altre compagnie. E invece, Malpensa sarebbe potuto essere uno straordinario mezzo di apertura della concorrenza nel settore aereo». E infine, l’hub è anche "un areoporto mal gestito: passeggeri che devono aspettare i bagagli, furti, tempi di rotazione degli aerei più alti che negli altri scali... Tutte cose che le compagnie aeree sanno bene. E quando devono scegliere dove aprire nuove tratte, se ne ricordano".
Lo certiflca Osvaldo Gammino, portavoce dei vettori che operano sugli scali milanesi: «Otto anni sono passati dall’apertura di Malpensa, ma l’aeroporto continua a subire gli stessi problemi di
sempre».
Fonte: Corriere della Sera