da corriere.it
Alitalia mette all'asta i suoi gioielli
Il commissario Fantozzi fa cassa: in vendita quadri comprati in passato per arredare uffici e sedi estere
Sede Alitalia (Emblema)
ROMA - Stanno in un caveau blindato al piano sotterraneo del «quartier generale» alla Magliana. Un patrimonio che tra poche settimane finirà all'asta, come ha deciso il commissario liquidatore di Alitalia Augusto Fantozzi. Una collezione di quadri che comprende opere degli artisti più quotati del XX secolo, Salvador Dalì, Giorgio De Chirico, Giacomo Balla, il futurista Gino Severini al quale l'ex compagnia di bandiera commissionò direttamente opere da esporre nella sede parigina. In tutto circa duecento pezzi in passato sparsi nelle rappresentanze che l'aviolinea aveva in giro per il mondo e negli uffici dei top manager. Fantozzi li ha recuperati uno per uno e sigillati nel sotteraneo sorvegliato dai vigilantes, in attesa che le tre case d'asta che ha contattato gli forniscano il preventivo migliore per la procedura di vendita (una voce che comprende spese d'imballaggio, trasporto e assicurazione) e soprattutto una stima esatta.
«Il valore? Per adesso abbiamo solo una vaga idea - spiegano dagli uffici Alitalia-. Una cinquantina di pezzi sono considerati di pregio. Mentre dal resto ci aspettiamo ben poco». Per dare un'idea delle cifre in ballo, a giugno un dipinto di Severini intitolato «La Danseuse» è stato venduto da Sotheby per 21,4 milioni di euro, diventando così l'opera futurista più costosa mai venduta all'asta. I soldi incassati serviranno per saldare le centinaia di imprese dell'indotto e le liquidazioni dei dipendenti. Un ex dirigente Alitalia in pensione parla di collezione di «inestimabile valore. Ci sono pitture di Giuseppe Capogrossi, Renato Guttuso, Mario Sironi, Fortunato Depero, Ottone Rosai e Massimo Campigli, così come sculture di Giacomo Manzù e Mario Ceroli. Quadri acquistati a partire dagli anni Cinquanta quando la compagnia era il biglietto da visita dell'Italia e le pitture venivano esposte nelle sale d'aspetto e sui velivoli che attraversano l'Atlantico e il Pacifico».
In vendita anche terreni per 47 ettari - collocati dietro gli hangar di Fiumicino - su cui per ora non ci sono altro che erbacce e pozzanghere. Il valore è cospicuo: 120 milioni di euro che stanno nelle disponibilità di ciò che resta della vecchia Alitalia, diventata - a tre settimane dall'avvio delle attività della Cai di Colaninno - la «bad-company» alle prese con l'esercito di fornitori in attesa di fatture vecchie anche di 3 anni.
Alessandro Fulloni
09 marzo 2009
Alitalia mette all'asta i suoi gioielli
Il commissario Fantozzi fa cassa: in vendita quadri comprati in passato per arredare uffici e sedi estere
Sede Alitalia (Emblema)
ROMA - Stanno in un caveau blindato al piano sotterraneo del «quartier generale» alla Magliana. Un patrimonio che tra poche settimane finirà all'asta, come ha deciso il commissario liquidatore di Alitalia Augusto Fantozzi. Una collezione di quadri che comprende opere degli artisti più quotati del XX secolo, Salvador Dalì, Giorgio De Chirico, Giacomo Balla, il futurista Gino Severini al quale l'ex compagnia di bandiera commissionò direttamente opere da esporre nella sede parigina. In tutto circa duecento pezzi in passato sparsi nelle rappresentanze che l'aviolinea aveva in giro per il mondo e negli uffici dei top manager. Fantozzi li ha recuperati uno per uno e sigillati nel sotteraneo sorvegliato dai vigilantes, in attesa che le tre case d'asta che ha contattato gli forniscano il preventivo migliore per la procedura di vendita (una voce che comprende spese d'imballaggio, trasporto e assicurazione) e soprattutto una stima esatta.
«Il valore? Per adesso abbiamo solo una vaga idea - spiegano dagli uffici Alitalia-. Una cinquantina di pezzi sono considerati di pregio. Mentre dal resto ci aspettiamo ben poco». Per dare un'idea delle cifre in ballo, a giugno un dipinto di Severini intitolato «La Danseuse» è stato venduto da Sotheby per 21,4 milioni di euro, diventando così l'opera futurista più costosa mai venduta all'asta. I soldi incassati serviranno per saldare le centinaia di imprese dell'indotto e le liquidazioni dei dipendenti. Un ex dirigente Alitalia in pensione parla di collezione di «inestimabile valore. Ci sono pitture di Giuseppe Capogrossi, Renato Guttuso, Mario Sironi, Fortunato Depero, Ottone Rosai e Massimo Campigli, così come sculture di Giacomo Manzù e Mario Ceroli. Quadri acquistati a partire dagli anni Cinquanta quando la compagnia era il biglietto da visita dell'Italia e le pitture venivano esposte nelle sale d'aspetto e sui velivoli che attraversano l'Atlantico e il Pacifico».
In vendita anche terreni per 47 ettari - collocati dietro gli hangar di Fiumicino - su cui per ora non ci sono altro che erbacce e pozzanghere. Il valore è cospicuo: 120 milioni di euro che stanno nelle disponibilità di ciò che resta della vecchia Alitalia, diventata - a tre settimane dall'avvio delle attività della Cai di Colaninno - la «bad-company» alle prese con l'esercito di fornitori in attesa di fatture vecchie anche di 3 anni.
Alessandro Fulloni
09 marzo 2009