Alitalia, intervista de "La Repubblica" a Colaninno


Debiti con perdite non c'entrano nulla...
i debiti AP derivano dall'acquisto degli Airbus...quindi credo finiscano in CAI

Esatto, ma qui si spara ancora a zero su tutti, dicendo che AP è in rosso, che toto vendendo ha trovato l'america, che ci sono i soliti amici degli amici, tutte chiacchere da osteria! Salvatela voi Alitalia allora
 
Esatto, ma qui si spara ancora a zero su tutti, dicendo che AP è in rosso, che toto vendendo ha trovato l'america, che ci sono i soliti amici degli amici, tutte chiacchere da osteria! Salvatela voi Alitalia allora
Chiacchiere da osteria un tubo!!!
prima di scrivere pensa !...e se non sai informati
MF
 
Chiacchiere da osteria un tubo!!!
prima di scrivere pensa !...e se non sai informati
MF

Ma è mai possibile che non ci si possa mettere d'accordo sui conti.

OK sono il primo a dire che NON SONO un analista dei conti di Air One. Ma almeno si può sapere qual è la situazione finanziaria di AP? Cioè non è difficile, dovrebbe essere trasparente!

C'è metà del forum che dice che AP è in rosso e l'altra metà in attivo.

Si può almeno avere una posizione seria che riflette la realtà dei fatti?

I numeri sono numeri o hanno delle opinioni?
 
AP è in utile e ha dei debiti (derivanti per lo più dall'acquisto di aerei)
AZ è in perdita e ha una marea di debiti (non derivanti dall'acquisto di aerei)
 
Vedi quello che io proprio non capisco e non riesco a capire è perchè ci deve essere la convinzione (generale intendo) che alitalia non è giusto che fallisca e non deve fallire. QUindi per me la domanda "per non farla fallire, come fare?" è una domanda che in sé non porta nessun senso logico in virtù della situazione attuale e passata e dunque non avrà alcuna risposta (da parte mia beninteso).
in effetti...cosa mai sarà del compito fantozziano o commissariamento della "bad company" se nn portarla alla chiusura con una procedura che se non di fatto sarà simile a quella di un fallimento.
Ora che hanno messo a posto le leggi fanno quel commissariamento che prima assolutamente non s'aveva da fare!
Tanto che ora è pure nata una nuova società con un foglio bianco da riempire: non vedo questo un salvataggio, ma un nuovo capitolo dell'aviazioen commerciale italiana, con alcuni punti in comune con il precedente (nome comemrciale? marchio o insegna?)
Forse spaventava il vocabolo "fallimento"?
 
Si può sempre puntare al 1' posto (dei debiti...)

Se Colaninno fosse Svedese o Danese crederei a quello che scrive , ma visto il paese ed i trascorsi...sono solo chiacchiere per non dire peggio.

Rifileranno ai contribuenti italiani la i cocci, e si terranno i fichi, privatizziamo i profitti e statalizziamo le perdite...come nella migliore tradizione......di un paese che ha il 3° debito pubblico del mondo ....
...se va avanti cosi'...

Straquoto!

Speriamo solo che, almeno, la "parte buona" che vogliono salvare, poi funzioni davvero...
 
AP è in utile e ha dei debiti (derivanti per lo più dall'acquisto di aerei)
AZ è in perdita e ha una marea di debiti (non derivanti dall'acquisto di aerei)

Io avevo capito che la compagnia aerea AP ha i bilanci ok e in utile.
E che la Società (irlandese) che acquista e fa il leasing degli aerei di AP sia chiaramente "esposta" in quanto ha fatto gli ordini e le opzioni degliaerei che serviranno (e daranno) a AP. AP poi logicamente dovrà pagare queglia aerei con le rate del leasing (o con l'acquisto totale).
La società che "acquista" gli aerei non è AP.
Spesso è anche una questione di liquidità più che di bilanci in rosso o perdite.
Ci sono aziende ricche di ordini e lavoro, ma che non hannoi mezzi per eseguirli perchè mancano di liquidità.
Non necessariamente sono in rosso. (ci andranno se non produrranno..però!)
 
Un colloquio con lo stesso Colaninno dal Corriere di oggi:


«Non mi piacciono gli imprenditori cinici che si lamentano al bar»

MILANO — Nel Pd ha pure un figlio, Matteo, onorevole nonché ministro del governo-ombra. E dunque lo sapeva fin troppo bene, Roberto Colaninno, lo aveva messo in conto che anche dagli “amici” del centrosinistra sarebbero arrivate bordate pesanti. In pubblico e in privato. «Tradimento» o giù di lì: «Ma come, ti presti al gioco di Silvio Berlusconi?».

Lui non perde la calma. E la risposta è sempre una. «Io di mestiere sono un imprenditore. E sono italiano. Cosa faccio, smetto? Cambio Paese? Dobbiamo stare sempre seduti in quattro in un caffè, a lamentarci e a dire del governo di turno “non mi piace”, o se c'è una sfida che ci riguarda tutti possiamo accettare, raccoglierla, provare a fare qualcosa?». Eccolo, il presidente designato di Alitalia il giorno dopo. Ha appena chiuso, a Mantova, il board con cui l'Immsi ufficializza l'investimento nella compagnia. Sta firmando le carte da mandare alla Consob. Ha, tra un'ora, l'aereo che lo porterà a Roma. E infiniti telefoni che continuano a squillare. Molti complimenti. Molti «buon lavoro». E molte, anche, di quelle domande-accusa che la buttano tutta esclusivamente in politica: «Stai aiutando Berlusconi».

Alla fine non ci fa più neanche troppo caso e poi, in fondo, la testa è da un'altra parte: sul piano di rilancio, sui partner nazionali che già ci sono e su quelli che ancora promettono di arrivare («Ditemi, davvero vi sembrano proprio tutti berlusconiani?»), sul Consiglio dei ministri che ha appena approvato la Marzano-bis, sul clima con i sindacati, sulle trattative per un'alleanza industriale con Air France oppure, chi può dirlo, con Lufthansa. Restano, però, le critiche. Non passano. E Colaninno, racconta chi sta vivendo queste ore insieme a lui, non le evade. Gli chiedono: ma ti sembra morale un governo che fa la battaglia contro i carrozzoni statali e poi privatizza i profitti («Futuri, semmai», d'accordo) e pubblicizza le perdite e gli esuberi? E a te sembra coerente approfittarne? Di nuovo: «Io sono un imprenditore. Le aziende le devo far funzionare, o l'occupazione non c'è per nessuno. Oppure preferite i cinici capitalisti che sarebbero stati indifferenti al fallimento di un asset nazionale e a 20 mila persone in mezzo a una strada? Io penso che questa sia l'ultima opportunità e che vada colta». Insistono: ma la concorrenza, il mercato? «La concorrenza non deriva solo da una compagnia aerea. E appena la new company sarà operativa la durezza dei mercati, nazionali e internazionali, la affronteremo». Ribattono: «Già, per rivendere tra un anno». Ed è qui che Colaninno proprio non ci sta. Primo, c'è quella clausola di lock-up, di azioni blindate per cinque anni, a smontare da sola l'accusa.

Secondo: «Questa è una grande sfida imprenditoriale. Se la vinciamo, e sono convinto che così sarà, e se fra cinque, dieci, quindici anni qualcuno di noi volesse vendere per investire in altre sfide, cosa dovrebbe fare? Anzi, cosa “dovremmo” fare? Abolire ad hoc il diritto alla proprietà privata e alla libertà d'impresa?». Si torna così, però, al nodo centrale. Il mercato arriverà anche. Ma dopo. Perché il mercato, intanto, l'Alitalia l'avrebbe fatta fallire (o vendere molto prima, nel caso a Air France). Colaninno non lo nega, ovviamente, né minimizza il ruolo da protagonista (qui ma anche nella fase precedente) giocato dalla politica. Però, ripete ai suoi, è inutile continuare a fare il processo a un eterno passato e non cominciare mai a guardare avanti. Peggio: è «una falsità assoluta» tuonare di «truffa» come fa qualcuno dall'opposizione. «Vogliamo raccontarci la verità? Il problema Alitalia lo conoscono tutti, e da tempo. Il percorso di privatizzazione durava da quasi due anni e ha avuto i risultati che tutti sappiamo. Poi, un giorno, arriva Berlusconi e dice di volersi rivolgere a imprenditori privati italiani. Si affida a un advisor che non è uno qualsiasi, e nemmeno una “banca amica”, ma un grande istituto nazionale ed europeo che fa ogni passo in modo trasparente: il lavoro sul piano industriale, la richiesta a me di assumere la leadership del progetto, la ricerca dei partner. A nessuno è stata chiusa la porta, chiunque voglia metterci una somma anche solo simbolica può farlo. Il tutto nell'ambito di provvedimenti adottati dal Consiglio dei ministri che modernizzano il sistema giuridico italiano. E se il contesto è questo, davvero vogliamo sostenere che l'operazione Fenice sia un'offerta rivolta a un gruppo di amici? I fatti, e la mia storia personale, credo lo escludano». Uno sguardo ai monitor di Borsa, dove Immsi vola del 13%, gli sembra la risposta più eloquente: anche questa scommessa è possibile.
 
Ma quello spirito imprenditoriale non si ribella almeno un po´ nel vedere che nel piano di rilancio c´è di fatto la sospensione dell´Antitrust per i voli Milano-Roma della nuova compagnia che in sostanza assorbirà AirOne con Alitalia e cioè abolirà la concorrenza?
«Antitrust vuol dire concorrenza per servizi migliori a prezzi più bassi. Ma non contiamoci balle: la concorrenza vera nei voli aerei la fai solo se hai certe dimensioni, se no scompari. Dunque, sarò sfacciato, ma le dico che non credo ad un cielo concorrenziale solcato da tante piccole compagnie, ma ad una robusta concorrenza tra pochi vettori grandi e solidi».

Ma così dicendo autorizza di fatto lo Stato a rendere la nuova Alitalia concorrenziale con la sospensione delle regole, mentre le altre compagnie hanno raggiunto la loro dimensione attraverso le regole e il mercato: non le pare un´altra anomalia pesante?
«Senta, Air France ha l´80 per cento dei voli nazionali in Francia, Lufthansa il 90 per cento in Germania, Iberia l´80 in Spagna. E quando lei atterra a Francoforte, sullo schermo le indicano tutte le coincidenze e tutte le connessioni possibili. Cioè si occupano dei passeggeri sia quando sono in volo, sia quando tornano a terra. Voglio dire che la concorrenza si fa a livello di sistema: aerei, certo, ma anche aeroporti, infrastrutture per arrivarci e per tornare a casa. Con l´alta velocità sui treni, ci accorgeremo presto che il concetto di concorrenza è un po´ più largo della vecchia coppia Alitalia-AirOne».

A che cosa sta pensando?
«Alle vere anomalie che nessuno vede, come la mappa degli aeroporti italiani. Lasci stare se sono grandi o piccoli, guardi dove sono: partendo da Ovest, ecco Cuneo, Torino, Genova, Milano, Bergamo, Vicenza, Trieste, Treviso, e dimentico sicuramente qualcosa. Sul versante tirrenico, Genova, Pisa, Roma, Napoli, Reggio, Latina, Palermo, dall´altra Linate, Bergamo, Bologna, Forlì, Pescara, Bari, Brindisi, Lecce… Come si può soddisfare un numero di aeroporti così diffusi e concentrati? E intanto io per partire da Milano quando arrivo da Mantova ci metto quattro ore, parcheggio e attesa compresi»?

E lei pensa di poter razionalizzare questa Italia del campanile aeroportuale?
«Bisogna arrivarci per forza. Per far partire un aereo, bisogna prima avere una base-clienti più larga e più costante, e bisogna rivolgersi ai gestori degli aeroporti, delle autostrade, delle ferrovie per coordinare una gestione che ottimizzi il sistema. E c´è poco da fare, con un campione nazionale, è più facile fare sistema. Mi dica lei: di questo il Paese ha bisogno oppure no? Con tutto il rispetto, non è come vendere caramelle: stiamo parlando del futuro dell´Italia. E se la sfida è questa, un vero imprenditore come fa a starne fuori? E il colore politico di chi comanda, come fa a bloccarti? Sarebbe come se un avvocato non difendesse un imputato che ha idee politiche diverse dalle sue».
Si può credere o meno alle parole di Colaninno e Berlusconi, ma bisogna riconoscere che le parti qui sopra indicano la svolta di cui l'aviazione italiana ha disperatamente bisogno: tanto nei vettori che negli aeroporti bisogna smetterla di voler accontentare tutti. Un sistema incentrato su compagnie con 10 aerei in flotta e scali da 500000 passeggeri all'anno è il motivo che rende penosa l'aviazione italiana, visto che in Spagna o Germania non tarpano le ali a nessuno ma le priorità sono i vettori con decine di macchine di lungo raggio e gli aeroporti con decine di milioni di passeggeri. E' una questione che addirittura travalica il successo della CAI, riguarda più in generale le fondamenta su cui si vuol basare il comparto dell'aviazione.

La cosa difficile è mettere in pratica quelle idee sfidando un campanilismo sfrenato, bisognerà pur che qualcuno cominci a farlo.
 
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Si può credere o meno alle parole di Colaninno e Berlusconi, ma bisogna riconoscere che le parti qui sopra indicano la svolta di cui l'aviazione italiana ha disperatamente bisogno: tanto nei vettori che negli aeroporti bisogna smetterla di voler accontentare tutti. Un sistema incentrato su compagnie con 10 aerei in flotta e scali da 500000 passeggeri all'anno è il motivo che rende penosa l'aviazione italiana, visto che in Spagna o Germania non tarpano le ali a nessuno ma le priorità sono i vettori con decine di macchine di lungo raggio e gli aeroporti con decine di milioni di passeggeri.

La cosa difficile è mettere in pratica quelle idee sfidando un campanilismo sfrenato, bisognerà pur che qualcuno cominci a farlo.

Quoto, finalmente un post degno di essere letto in questo thread!
 
Leggendo l'intervista devo ammettere che Colaninno mi stava convincendo, soprattutto quando diceva "non credo ad un cielo concorrenziale solcato da tante piccole compagnie, ma ad una robusta concorrenza tra pochi vettori grandi e solidi", ma poi quando tra gli aeroporti ha nominato Vicenza, Latina e Lecce mi sono oggettivamente cascate le palle...
 
La cosa difficile è mettere in pratica quelle idee sfidando un campanilismo sfrenato, bisognerà pur che qualcuno cominci a farlo.
già, è la stessa cosa che penso io (oltre ad essere colto da uno spirito sarcastico) quando vedo i proclami al "Paese", alla "compagnia di bandiera", mentre in altri aspetti questo stesso Governo sta andando verso il regionalismo più sfrenato

vedremo
 
Hai ragione...seppur normalmente uno copre i debiti con i profitti... Che poi qua uno butta via i debiti e si tiene solo i profitti e gli oggetti di valore è un altro paio di maniche.

Quanto pagava AF per AZ? 0,10 ad azione?
Non sappiamo ancora quanto la cordata pagherà al liquidatore per rilevare il marchio e il buono. Probabilmente all'inizio sarà affitto ramo d'Azienda, poi si arriverà alla cessione, ma non sarà comunque gratis.

con 1 mld di euro di capitale e 5 mld di fatturato previsto la nuova AZ, alipassera, CAI chiamiamola come si voglia... dovrà indebitarsi a breve per garantire i pagamente e in un secondo tempo investire.

Quindi prima di parlare di debiti di AP o di esclusiva privatizzazione dell'utile o statalizzazione delle perdite chiariamoci bene le idee di come funziona il mondo dell'imprenditoria. AP seppure indebitata (come tutte le Aziende) non è insolvente. Se AP ha avuto modo di indebitarsi ha presentato garanzie. AZ è insolvente. Sopravvive perchè ha posticipato pagamenti.

Quante aziende statali sono state regalate per non mandare tutti a casa?

E per quanto riguarda gli aiuti di stato... come mettiamo le statalizzazioni di banche avvenute in UK? persino in USA, mercato molto più libero del nostro si sono nazionalizzati istituti creditizi per evitare il tracollo del sistema.

Poi per i fornitori bucati dal cliente fallito (nel piccolo è successo anche a me) se sono stati onesti nei rapporti con la vecchia AZ potranno continuare a lavorare con la nuova, ci avranno rimesso un tot dal fallimento, ma è comunque più importante mantenere il lavoro e perdere qualche soldo (gli accantonamenti per rischi ed oneri esistono per quello) piuttosto che perdere un cliente importante e trovarsi a dover fare licenziamenti. Nel primo caso ci rimette il PADRONE, nel secondo ci rimettono solo i DIPENDENTI.

Il tutto sempre IMHO
 
Leggendo l'intervista devo ammettere che Colaninno mi stava convincendo, soprattutto quando diceva "non credo ad un cielo concorrenziale solcato da tante piccole compagnie, ma ad una robusta concorrenza tra pochi vettori grandi e solidi", ma poi quando tra gli aeroporti ha nominato Vicenza, Latina e Lecce mi sono oggettivamente cascate le palle...

Mi sembra che citasse questi aeroporti come anomalia del sistema Italia, non certo come punto di forza.