Aeroporto di Genova, l'Authority vuole 30 milioni di euro per le sue quote


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AEREOPORTO DI GENOVA
COLOMBO, L’AUTHORITY
VUOLE 30 MILIONI DI EURO


Vola alto l’Autorità portuale di Genova: per cedere l’aeroporto - anzi, il 60% delle azioni della società di gestione - Palazzo San Giorgio vuole almeno 30 milioni di euro, a cui bisognerà aggiungere un piano d’investimenti in autofinanziamento da 43 milioni. Numeri così si giustificano solo in una maniera: in Autorità portuale, evidentemente, considerano l’aeroporto una società in grado di fare il grande salto, in termini di traffici e utili. E l’advisor Kpmg avalla questa scelta. Basta guardare i numeri per capirlo: l’Ebitda medio degli ultimi anni è di circa 2,5 milioni. Se il 60% della società viene venduto ad almeno 30 milioni, vuol dire che il Colombo è valutato 50 milioni. Quindi, il rapporto Ebitda-valore della società è di uno a venti, quando normalmente non viene riconosciuto più di uno a otto. Il valore della base d’asta è contenuta nei documenti -bando compreso - spediti ieri ai membri del Comitato portuale che, sulla privatizzazione, voteranno mercoledì. Chi si farà avanti per il Colombo, quindi, dovrà per forza di cose puntare sul salto di qualità, rendendo realtà quei margini di crescita dell’aeroporto invocati da più parti negli ultimi anni ma che poi, nei fatti, non si sono mai realizzati. Una cosa è certa: un bando così sembra fatto apposta per tenere lontano gli interessamenti puramente finanziari dal momento che i numeri attuali non giustificano un’operazione del genere.

Il fuoco di sbarramento degli ultimi mesi contro la privatizzazione è stato pesante: contrari i sindacati che hanno chiesto l’intervento della Regione, contraria, ma in maniera meno esplicita, la Camera di Commercio. Paolo Odone ha in mano il 25% (il resto è di Adr) e non ha ancora escluso di esercitare il diritto di opzione rispetto sulle azioni messe in vendita dall’Autorità portuale. Così facendo, però, comprometterebbe di fatto la privatizzazione, scelta dall’Autorità portuale come strada maestra per far decollare uno scalo considerato da più parti troppo piccolo rispetto alla città, legato piedi e mani a un azionariato in palese difficoltà a portare avanti i piani d’investimento necessari. Ma l’Autorità portuale non vende solo per rilanciare: vende perché lo chiedono le norme contenute in Finanziaria 2008 e perché«l’obbligatorietà di tale adempimento - scrive Palazzo San Giorgio, ribattendo così alle critiche degli ultimi mesi - è stata ribadita in più occasioni dal Ministero dell’Economia, dal ministero dei Trasporti, nonché dalla Corte dei Conti».

I numeri: nel 2010, con una buona crescita rispetto all’anno precedente (+13%), sono passati dal Colombo un milione e trecentomila passeggeri. A gennaio, la crescita è stata del 25% rispetto al primo mese del 2010. La società, 200 dipendenti, non ha debiti. Il piano d’investimenti con cui è stato ottenuto l’allungamento della concessione sino al 2027, però, prevede 43 milioni di investimenti, circa 20 per l’ampliamento dell’aerostazione i cui lavori partiranno a breve. Il piano da 43 milioni con cui il Colombo ha ottenuto la concessione prevede un po’ meno di due milioni di passeggeri nel 2027 ma, con questo bando, l’obiettivo è ovviamente arrivare più in alto.

I rumors a Palazzo San Giorgio riferiscono di parecchi interessamenti negli ultimi mesi: tra i concorrenti potrebbe esserci il fondo F2I che, recentemente, si è aggiudicato il 65% dell’aeroporto partenopeo di Capodichino per 150 milioni. Lì, però, i passeggeri sono 5 milioni l’anno. Resta da capire, inoltre, cosa farà Aeroporti di Roma, e quindi il gruppo Benetton, che ha attualmente il 15% delle azioni. Msc, dopo un iniziale interessamento, sembra invece essere uscita di scena. Il bando dell’Autorità portuale, infine, prevede una valutazione in centesimi, la metà dei punti assegnati in base al piano industriale e gli altri 50 a seconda del valore dell’offerta: zero punti a chi offre 30 milioni, 50 a chi offre più di tutti, gli altri nel mezzo. Se mercoledì arriva il via libera dal Comitato portuale, può partire la corsa.

SAMUELE CAFASSO
Il Secolo XIX


CIAO
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"Colombo" ai privati, decollo rinviato
Il Comune chiede tempo. Merlo: "Va bene, ma indietro non si torna"
"Non ho rinviato nulla, ho illustrato la delibera e dato ancora dieci giorni, ma il 14 si vota"


MASSIMO MINELLA
Che cosa sono dieci anni contro dieci giorni? Era il 2001 quando l´autorità portuale di Genova parlò per la prima volta della sua intenzione di privatizzare l´aeroporto di Genova. Ieri il presidente dell´authority Luigi Merlo ha concesso dieci giorni a chi (il Comune) gli chiedeva ancora un piccolo margine di tempo per un "approfondimento tecnico" della delibera sulla vendita del sessanta per cento delle azioni nelle mani di palazzo San Giorgio. «Non ho rinviato proprio un bel niente - commenta alla fine del comitato portuale Merlo - Quella dell´aeroporto è una memoria complessa, chiedere ancora un po´ di tempo è legittimo, ma per me non cambia niente, il comitato resta aperto, il 14 ci ritroviamo qui e votiamo. Il percorso non cambia e, soprattutto, indietro non si torna».
Merlo, che è uomo paziente, glissa sul fatto che la richiesta del Comune sia arrivata proprio durante il comitato e sia conseguente all´incontro avuto il giorno prima dal vicesindaco Paolo Pissarello con i sindacati che, da metà dicembre, chiedevano un incontro agli enti locali per verificarne la disponibilità a subentrare all´authority, per mantenere pubblico l´aeroporto di Genova. Proprio per permettere questi incontri, Merlo aveva già fatto slittare la delibera sulla privatizzazione, fissata il 23 dicembre, al mese successivo. Di giorni ne sono passati quaranta e sul filo di lana i sindacati sono stati ricevuti dal Comune. Così ieri pomeriggio, mentre Regione e Provincia avrebbero voluto votare, insieme ai rappresentanti delle imprese e alla Camera di Commercio sulla vendita delle quote del Colombo, il Comune ha chiesto un "aggiornamento tecnico".
Ad aprire il comitato, però, era stato l´intervento del rappresentante dei lavoratori dell´aeroporto Antonio Merlino, sollecito nel chiedere chiarezza sulla vicenda. Richiesta quanto mai legittima, perché su un atto tutto sommato chiaro si rischia di fare grande confusione. «I lavoratori - spiega Merlino a Merlo, per curiosa coincidenza onomastica - chiedono solo di capire come si stia sviluppando il discorso della privatizzazione. Abbiamo chiesto agli enti locali di mettere in piedi una trattativa che tenesse conto della situazione aeroportuale italiana, ma ciò non è accaduto. Chiediamo agli enti locali che l´aeroporto mantenga una gestione pubblica, che rimanga un servizio e non diventi una attività commerciale come tante altre».
Il punto è proprio questo. E in fondo basterebbe fermarsi allo statuto per capire un aspetto fondamentale della partita: che l´authority ha il diritto a cedere le sue quote e che chi compra, soggetto pubblico o privato che sia, deve farlo attraverso un percorso di evidenza pubblica. Trasferimenti di azioni, per intenderci, non sono ipotizzabili né perseguibili. Non solo. Il capitale del "Colombo", che al 60 per cento è nelle mani dell´authority, ha altri due soci: la Camera di Commercio di Genova (25%) e gli Aeroporti di Roma (15%). Prima di procedere con il passaggio delle quote dall´authority al nuovo soggetto vincitore del bando di gara bisognerà consultare gli altri due soci che, statuto alla mano, hanno il diritto di prelazione. Allo stesso prezzo del vincitore della gara, insomma, possono comprarselo loro. Per questo ieri, prima del comitato, la Camera di Commercio (che in comitato si è astenuta dalla discussione della delibera sulla vendita per evitare conflitti d´interessi) ha chiesto all´authority di "esplicitare meglio i diritti di prelazione" nel bando, così come prevedono tre articoli dello statuto della società. Dubbi anche sul passaggio del bando che stabilisce la cessione, da parte del vincitore della gara, di una quota dell´otto per cento ai soggetti pubblici. Anche su questa operazione, infatti, non ci si può esimere dal rispetto dello statuto che prevede, come detto, il diritto di prelazione sulla cessione di ogni singola azione.
Forse, questo scivolamento in avanti di dieci giorni potrebbe non essere negativo, quanto meno potrebbe essere utile a tutti i soggetti per fare chiarezza su come giocare questa partita. Vale a dire, in modo trasparente. Perché se è vero che non è automatica l´equazione "privatizzazione uguale rilancio", è altrettanto vero che il "Colombo" ha la necessità di affidarsi rapidamente a un "socio di mestiere" per proseguire nella sua operazione di rilancio, già avviata dall´attuale management guidato dal presidente Marco Arato e dal direttore generale Paolo Sirigu. Pochi altri scali, nel 2010, sono cresciuti percentualmente come quello di Genova. Ma il vecchio "Colombo", non sfugga a nessuno, continua a valere meno dell´uno per cento del traffico complessivo nazionale. E questo, per la quinta città e il primo porto italiani, non è proprio giusto. (La Repubblica - Genova)

CIAO
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