investimenti stranieri
prospettive dall'Oriente
Fonte La Sicilia
Tony Zermo
Arrivano i manager cinesi, stendiamo i tappeti rossi, ma attenti ai facili entusiasmi perché qui la faccenda è talmente grossa da far girare la testa. I cinesi vogliono sbarcare in Europa e si interessano alla Sicilia orientale perché nei loro programmi ci sono un aeroporto intercontinentale, un grande porto e un interporto. La proposta arrivata loro dall'Università Kore di Enna la considerano interessante perché in territorio di Centuripe c'è lo spazio per un grande scalo, vicino ove occorresse c'è anche Fontanarossa, come porto quello di Augusta è ideale per i suoi fondali (da bonificare presto) e poi c'è a legare tutto questo l'interporto di Catania. Inutile aggiungere che la Sicilia non solo è una piattaforma del Mediterraneo, ma è anche un ponte tra l'Europa e il Sud del mondo.
Insomma, l'interesse c'è, e la delegazione che arriverà giovedì nel primo pomeriggio a Catania è composta da sette grandi manager del Gruppo HNA che è una holding con base nell'isola di Haynan: il 49% appartiene al governo di Haynan, il 28,% di Soros (il mitico finanziare americano di origine ungherese) e la rimamente parte è dell'ex compagnia aerea Haynan Airlines, ora incorporata nella Grand China Air. I manager cinesi che staranno a Catania, dove avranno anche incontri con il presidente della Regione, si recheranno in visita a Enna, nella zona di Centuripe e ad Augusta durante i quattro giorni di permanenza. I colloqui si terranno a Catania dove avverrà anche l'incontro con il presidente Lombardo. Formalmente tutta l'operazione è gestita dall'Università di Enna, con la Provincia di Catania, il Comune di Centuripe, la Provincia di Siracusa, l'Autorità portuale di Augusta, l'Interporto di Catania e Sviluppo Italia-Sicilia. E c'è anche il sostegno dell'on. Mirello Crisafulli, uomo forte della politica ennese, e uno dei primi a credere all'iniziativa della Kore.
Quella cinese è una delegazione di altissimo livello capeggiata dall'amministratore delegato di HNA Group, Wang Jian, ed è composta da manager e tecnici di infrastrutture: il direttore del board Tao Xiangdong; il capo della segreteria Tong Fu; il manager del business development Xiao Fei; il presidente della struttura tecnologica He Jntao; il manager dei trasporti Ma Jnping; il manager Yang Limin.
Ma perché la Cina nel vasto panorama europeo ha puntato il dito proprio su Enna? La spiegazione è che il direttore del nostro istituto del commercio estero a Pechino è il funzionario ennese La Spina che in questi mesi si è prodigato per indirizzare l'attenzione della holding di Haynan verso Enna.
I manager cinesi troveranno dei lavori avanzati sul progetto dell'aeroporto con lo studio dei venti e del territorio. Dice il presidente dell'Università ennese, Cataldo Salerno: «Il progetto nasce all'interno della Facoltà di Ingegneria della nostra Università il cui preside è il prof. Giovanni Tesoriere, esperto di porti, aeroporti e ferrovie. L'aeroporto intercontinentale è previsto in territorio di Centuripe con una pista di 5 chilometri come quella di Malpensa, la pista più lunga in Italia. Questo consentirà l'atterraggio e il decollo dei grandi aerei transoceanici. L'investimento previsto sarebbe sui 300 milioni di euro».
Ma è possibile un aeroporto tutto cinese in Italia?
«Loro vorrebbero il 100%, sono abituati così, ma naturalmente si dovrà fare una società mista, anche con l'intervento della Regione, intervento necessario perché altrimenti le procedure di acquisizione dei terreni diventerebbero complicate, per questione di tempi, non di soldi, perché non c'è problema di soldi».
Ma questa holding che consistenza ha?
«Ha parecchie attività differenziate: trasporto aereo, trasporto via nave dei container, ha una quarantina di alberghi ad almeno 5 stelle, dodici aeroporti di proprietà, hanno sette società più piccole le quali a loro volta sono delle piccole holding, una ramificazione classica di tipo occidentale, non bisogna pensare alla Cina come un Paese dove tutto è deciso dal partito a Pechino. In certi settori è più avanti dei Paesi occidentali».
I tempi per l'eventuale accordo quali sarebbero?
«Certamente non sono come i nostri. Del resto il capo della delegazione è cofondatore della holding e quindi non deve tornare a Pechino per decidere».
Insomma, se son rose fioriranno. Lo dicono anche in Cina.