[TR] Pellegrinaggio a Nagoya


Challenger

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29 Novembre 2006
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Col Giappone avevo i conti in sospeso.
A fine 2019 avevo prenotato voli e hotel per fare un Osaka-Kyoto-Nagoya nella primavera successiva: tutto cancellato causa pandemia e per i 2-3 anni successivi i prezzi erano improponibili.
Primavera 2025, prenoto per un weekend lungo a Okinawa, ma due giorni prima della partenza le previsioni danno pioggia forte tutti i giorni, cancello di nuovo e rimando anche stavolta.
A giugno, completamente inaspettata e con pochissimo preavviso, si presenta un’occasione per lavoro. A Nagoya, per la precisione, ovvero la città santa del turismo industriale, per cui viene naturale attaccarci il weekend. Devo incontrami coi colleghi la sera ma per il resto libertà con i voli.

La tratta PVG-NGO è coperta da un buon numero di voli, tra compagnie cinesi (Spring, Juneyao, China Eastern, Air China) che in periodi “normali” hanno prezzi nel range 200-400 euro a/r, e JAL e ANA che invece stanno tra i 1100 e 2000. Mai capito i prezzi delle giapponesi su queste rotte, l’unica spiegazione che riesco a darmi è che riempiono a sufficienza con gli impiegati delle aziende giapponesi che sono molto numerose a Shanghai e dintorni.

Vado di Spring che ha gli orari più comodi. Arrivo al T2 di PVG dopo due ore di viaggio grazie a vari traffic jam, mollo la mia valigia da ben 5Kg al check-in (pesa di più lo zaino), controlli di sicurezza, e immigration in uscita... il tutto con file molto brevi.
Questo volo parte dal satellite, prima volta che prendo un volo internazionale da lì, ero convinto che fosse dedicato interamente ai voli nazionali. In realtà scopro che non solo c’è un’area per i voli internazionali separata dal resto, ma anche il people mover che collega il satellite, e pure le stazioni, sono divise da paratie e vetrate per separare i flussi di pax.
Il satellite è un gigantesco edificio a forma di H largo 1km, diviso a metà da una barriera, ciascuna metà (S1/S2) serve T1 e T2 ed è collegata dal proprio people mover.
È spazioso ma a livello estetico non all’altezza degli altri due, soffiti bassi, poco luminoso e tanto, tanto grigio. Se non fosse che negozi e ristoranti sono quasi inesistenti, direi che l’ha progettato qualcuno con più esperienza di centri commerciali che di aeroporti. Comunque è pulito e ordinato e con immense distese di sedie vuote.






Sullo sfondo, la foresta di gru che sta tirando su il futuro Terminal 3. Incredibile quanto abbiano costruito (e continuino a costruire) a PVG negli ultimi 20 anni. A poca distanza c’è un altro mega-cantiere per la Shanghai East railway station che presumo sarà collegata in qualche modo ai terminal. Aperture previste nel 2027-2028.


Per fortuna mi hanno assegnato un posto finestrino, così posso ammirare meglio i cantieri e sentirmi anziano. Meteo nuvoloso per tutto il volo...


Spring serve il terminal 2 di NGO, che è essenzialmente un capannone, spoglio ma pulito, dedicato alle low-cost. Durante il rullaggio intravedo un Boeing Dreamlifter parcheggiato lì vicino.
Nagoya si fregia del titolo di “centro del Giappone”, vista la posizione baricentrica, e l’aeroporto di Chubu, aperto nel 2005 su un’isola artificiale (un KIX leggermente piu’ piccolo), l’hanno infatti chiamato anche Centrair.
Alcune parti e strutture del 787 vengono prodotte in fabbriche intorno alla baia, poi trasportate su chiatte fino all’aeroporto, e tenute in un’area apposita in fondo al piazzale sud prima di essere caricate sul Dreamlifter che fa la spola con gli USA.
Appena arrivati ci si rende conto di quanto il 787 sia fonte di orgoglio per la città, con immagini e cartelli un po’ dappertutto. Nella prefettura di Aichi (dove si trova Nagoya) ci sono le divisioni aerospaziali di Kawasaki, Mitsubishi e Subaru (ex-Fuji) più altri fornitori minori del settore aerospaziale.
Da non perdere, proprio di fronte all’uscita del T2, c’è il “Flight of Dreams”, una struttura costruita appositamente per ospitare il primo prototipo del 787, recuperato dopo qualche anno di storage in un deserto americano e fatto volare per l’ultima volta per portarlo ed esporlo a Nagoya.



L’ingresso è gratuito (il posto è sponsorizzato da aziende locali) e l’esposizione è fatta benissimo, ci sono spiegazioni interessanti anche sull’aeroporto, la sua costruzione, le professioni, gli impianti, più modellini e pezzi del 787 forniti da Kawasaki. Ovviamente vedere un 787 così da vicino è un’esperienza magnifica.
















Di fianco ci sono ristoranti in stile (più o meno) USA, uno Starbucks e un irresistibile negozio di cose a tema aviazione. Volendo c’è anche un simulatore, ma solo su prenotazione e i prezzi sono un po’ carucci.
Si può salire a bordo ma solo il cockpit è visibile, protetto da una vetrata, la cabina (sempre che ci sia) è nascosta da una paratia.
Oggi è un giorno feriale e c’è poca gente, ci ripasserò di domenica trovandolo strapieno di gente, soprattutto famiglie con bambini dato che sotto la coda c’è un parco giochi e fanno attività per i più piccoli.


Dopo uno spuntino ad un Lawson con vista su cotanta meraviglia, mi dirigo alla stazione dei treni di fronte al T1. I due terminal sono collegati da un lungo pontile pedonale, oppure da un bus navetta alimentato da idrogeno. Tutto è pulito e tenuto in maniera impeccabile e trasuda Giappone da tutti i pori.


Per raggiungere il centro c’è il treno espresso “μSKY”. Nonostante avessi studiato come funziona coi biglietti, riesco comunque a sbagliare, o meglio, alla biglietteria chiedo il biglietto per Nagoya-Meitetsu e mi rifilano il biglietto “base” mentre su questo tipo di treno servono due biglietti separati: quello che ho già, più un secondo per l’espresso e posto riservato. Me ne accorgo quando, seduto in treno, vengo cacciato da un giapponese a cui ho rubato il posto. Mi rendo conto dall’atteggiamento che la mia non è una semplice svista ma una gravissima offesa.
Vabbeh, sceso dal treno, chiarita la situazione e acquistato l’altro biglietto, torno a bordo e in mezz’ora arrivo a Nagoya dove devo cambiare sullo Shinkansen.
Credo che ai giapponesi piaccia complicare le cose non solo coi biglietti, ma anche con le stazioni, dato che appartengono a linee diverse gestite da diverse aziende di trasporti. Meitetsu è l’azienda di trasporto locale di Nagoya, quindi bisogna uscire dalla stazione, salire al piano di sopra e rientrare in quella di JR Central.
Lungo il percorso ci sono le macchinette per i biglietti, perlomeno qui è più semplice e funziona come sull’alta velocità in Cina: scegli destinazione, classe, posto e paghi.


Dopo pochi minuti di Shinkansen scendo nella ridente località di Hashima, nel mezzo dell’equivalente della Brianza di Nagoya. Raggiungo l’hotel appena fuori dalla stazione e coi colleghi andiamo a cena in una trattoria locale, dove ordinare si rivela più complicato del previsto: nessuno parla una parola di inglese, il menu è scritto a mano su una lavagna (il traduttore non riconosce o da traduzioni a dir poco fantasiose tipo “ormone fritto”) e finiamo per ordinare indicando i piatti degli altri commensali tra le risate dei classici impiegati giapponesi in camicia e giacca già un po’ alticci di sake.

I giorni successivi sono di lavoro, intensi ma interessanti e passano in fretta.
Il venerdì sera il nostro collega giapponese che ci ha accompagnato e fatto da interprete mi lascia alla stazione di Inuyama, dove devo prendere un treno per Gifu. Ma prima passiamo di fianco al vecchio aeroporto di Nagoya, Komaki, che ora serve solo la base JASDF e una manciata di voli regionali esclusivamente di Fuji Dream Airlines con i suoi coloratissimi Embraer (ogni esemplare ha una livrea diversa).
Ci sarebbe anche un piccolo museo di aviazione, ma per mancanza di tempo punto ad altro... il mio collega mi chiede dei miei piani per l’indomani, e gli dico dell’altro museo a Kakamigahara. Salta fuori che lo conosce bene perché prima lavorava in Kawasaki lì vicino e che in passato ha pure volato come passeggero su un volo di collaudo di un CH-47 (“noisy and uncomfortable”, me lo descrive). Passiamo il resto del viaggio a parlare di aerei.
Tra l’altro Komaki è storicamente l’aeroporto di Mitsubishi, qui veniva costruito il famigerato A6M Zero e più di recente doveva essere il sito di assemblaggio del MRJ/SpaceJet, progetto purtroppo fallito in stadio molto avanzato.

Il treno, pieno di pendolari, passa davanti alla sede della Kawasaki di Kakamigahara di cui sopra, fa un sacco di fermate ravvicinate e ci mette parecchio ma è comunque un viaggio piacevole, passato ammirando il paesaggio rurale e le minuscole stazioni, vecchie ma intonse, proprio come il treno.
Arrivato a Gifu prendo la camera in un hotel di fronte alla stazione, trovo un supermarket dove compro del miso da portarmi a casa (alcuni anni fa ho scoperto la zuppa di miso con le alghe e la adoro) e vado alla ricerca di cibo.
Il centro della città è parecchio triste, molti negozi sono vuoti o sembrano falliti.
C’è del cibo ital… ehm… no non riesco a dirlo, ma c’erano le bandierine tricolori sull’insegna del ristorante, roba da far richiamare l'ambasciatore. Peggio persino della carbonara del Seven Eleven. Prometto vendetta mettendo il parmigiano sul sushi.


Ci sono anche ristoranti vietnamiti. Ho scoperto che in Giappone è pieno di immigrati vietnamiti o più in generale dal sud-est asiatico, cosa che non avevo notato nei miei viaggi precedenti… camerieri, commessi e receptionist di hotel. Suppongo arrivati per sopperire alla cronica mancanza di manodopera, e in ogni caso mi sembra che parlino tutti molto bene il giapponese.
Ancora sotto shock per la vista dei piatti italiani, apro Google maps che mostra una certa concentrazione di ristoranti a poca distanza, arrivato sul posto scopro che sono soprattutto bar e locali un filino ambigui con ragazze in abiti succinti, tra l’altro l’unico posto relativamente chiassoso che ho visto in Giappone. Alla fine trovo un posto che fa gyoza e mi butto su quelli.

Al mattino dopo riprendo il treno per Inuyama (non c’erano hotel più vicini al museo, solo a Gifu) ma stavolta scendo alla stazione di Kakamigahara-Shiyakusho-Mae (nome facile da ricordare), poi oltre un’ora di camminata con il caldo torrido lungo una strada che costeggia l’aeroporto che fa parte di una base militare.




Purtroppo oggi non vola niente e le uniche attività sono militari che fanno jogging e una piccola cerimonia di alzabandiera ad un check-point. Ci sarebbe un autobus ma ha pochissime corse nel weekend, perché serve più che altro i lavoratori delle fabbriche intorno. Per fortuna ero ben preparato con acqua e crema solare, e arrivo a destinazione all’ora di apertura.


Il Gifu-Kakamigahara Air and Space museum si trova di fianco all’omonima base aerea nata agli albori della storia dell’aviazione militare giapponese e cresciuta continuamente fino alla seconda guerra mondiale, con accanto le fabbriche della Kawasaki che sfornavano aerei per l’esercito. Tutto il complesso venne raso al suolo dai bombardamenti americani nel 1945, e successivamente fu ricostruito un nuovo aeroporto militare negli anni ’50. Anche Kawasaki Heavy Industries è tornata e ha diverse palazzine accanto all’aeroporto.

Ma torniamo al museo, che ospita molti aerei di produzione giapponese, progettati localmente o costruiti su licenza, rari da vedere altrove e che inizia con un’esposizione esterna (gratuita). Il resto è all’interno di un grosso hangar, ingresso a 800 yen (4.6 euro).

Appena entrati ci accoglie questo Boeing-Vertol 107 costruito su licenza da Kawasaki negli anni ‘60


NAMC YS-11, costruito negli anni ’60 da un consorzio di aziende giapponesi e dallo scarso successo commerciale




Lockheed P-2J Neptune, pattugliatore marittimo con due motori a pistoni e due a getto. Tenuto benissimo nonostante l’età e l’esposizione all’esterno




Shin Meiwa US-1A, anfibio STOL impiegato per soccorso marittimo


Inutile dire che come tutti quelli visti in Giappone, anche questo museo è fatto benissimo, tutto super-interessante, la cura, pulizia e attenzione ai dettagli sono quasi sconcertanti.
Una replica del Wright Flyer


Replica di un francese Salmson 2A2 da ricognizione costruito su licenza in Giappone negli anni ’20.


Modellini


Mitsubishi A6M Zero nella sala dedicata alla Seconda guerra mondiale, più buia e chiusa rispetto al resto del museo, come a voler discretamente ricordare il periodo più oscuro dell’aviazione giapponese


Kawasaki Ki-61 sopravvissuto sverniciato alla guerra




Sala principale




Il piano di sopra è dedicato allo spazio con focus sui contributi ai programmi delle agenzie spaziali giapponesi, americane ed europee. Razzi, satelliti, sonde, rover marziani.






Mock-up a grandezza naturale del modulo giapponese Kibo della ISS, che include una piattaforma esterna e un braccio robotico per gli esperimenti scientifici da condurre nel vuoto dello spazio.


Divertente provare a sentirsi a bordo della ISS!









Quelle nella foto sopra, che sembrano due grosse lampade, sono i tubi fotomoltiplicatori del Super-Kamiokande, un osservatorio sotterraneo che studia i neutrini, sfuggenti particelle subatomiche, che si generano nelle stelle e nelle supernove. L’osservatorio (vicino a Gifu) è una gigantesca vasca di acqua purificata costruita a 1km di profondità sotto ad una montagna, in cui sono installati circa 13,000 di questi elementi.
Qui un po’ di foto sul sito ufficiale: https://www-sk.icrr.u-tokyo.ac.jp/en/sk/experience/gallery/

Nel corso degli ultimi decenni Kawasaki e Shin-Meiwa hanno investito molto in ricerca e sviluppo di STOL, per aerei da trasporto, caccia e idrovolanti.
Come questo aereo sperimentale “Asuka QSTOL” derivato dal Kawasaki C-1






Mock-up in legno utilizzato nello sviluppo del Kawasaki OH-1


Motoaliante N-70 Cygnus, altro aereo sperimentale


Mitsubishi T-2 CCV usato per sviluppare controlli fly-by-wire






Spillone nipponico




F-4EJ Phantom II, uno degli ultimi esemplari ad essere ritirato dal servizio nel 2021




Mitsubishi T-2


Lockheed T-33A


Fuji T-1B




Kawasaki KAT-1


Saab 91 Safir modificato per ricerche STOL


Fuji FA-200


Kawasaki KH-4, derivato dal Bell 47, gli albori dell’ala rotante


Hughes OH-6


Il nippo-tedesco BK 117, prodotto sia in Germania che a Gifu, poi modernizzato in Eurocopter EC145 e ora Airbus H145


La cabina, più stretta e angusta di quanto pensassi


Shin Meiwa UF-XS, grosso idrovolante sperimentale degli anni ‘60 impiegato per lo sviluppo di aerei anfibi STOL, come l’US-1 parcheggiato fuori. Fighissimo




Il museo è veramente bello, peccato solo che non sia ben collegato con il centro di Nagoya. In uscita, un simpatico guardiano del museo, come minimo ottuagenario, mi chiede da dove vengo e inizia a parlarmi per un po’… con me imbarazzato che non capisco niente, ma intuisco che fosse felice di vedermi così interessato agli aerei in esposizione e cercasse di spiegarmi qualcosa. Boh, forse era un dipendente Kawasaki in pensione, alla fine demorde e mi scatta una foto con lo Shin Meiwa sopra.
Ultima cosa da vedere, il negozio di souvenir dove potrei tranquillamente indebitarmi al livello della Boeing attuale.

L’orario è perfetto per beccare una rara corsa del piccolo (ma proprio piccolo) bus che fa un giro dei paesini intorno prima di arrivare ad una stazione del treno. Sono l’unico pax a bordo quindi per oggi è più un taxi.
Rientrato a Gifu, serve spostarsi dalla stazione Meitetsu a quella di JR Central, le separano 500m e ovviamente serve un altro biglietto per Nagoya. Non è proprio comodissimo viaggiare in treno in Giappone. Aiuta parecchio avere una tessera dei trasporti, ma bisogna sempre controllare prima dove è valida.


(continua...)
 
Meraviglia.

Sui treni concordo. Vedo però gli indigeni che semplicemente 'blippano' telefono o portafogli e mi dico che ci deve essere un metodo sempplice e uniforme per viaggare su tutti i treni, però sono abituato/rovinato al semplice tap-in-and-out di TfL e quindi mai una volta che mi ricordi di studiare come si fa.
 
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Assolutemente fantastico, con foto splendide come sempre! La stazione di Nagoya la ricordo come un labirinto e per di più con pochissime scale mobili, un incubo con la valigia. Nagoya però mi era piaciuta, una città molto vivibile secondo me. I treni giapponesi (escluso lo Shinkansen) sono fatti apposta per farti diventare uno slow traveller :D

Continua continua!

DaV
 
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Arrivato a Nagoya, visita ad un altro luogo per me sacro: il Toyota Commemorative Museum, non lontano dalla stazione.
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Toyota ha la sede principale in quella che ora si chiama Toyota-city, ad est di Nagoya. Ci sono ben tre musei: questo in centro a Nagoya più storico, dove sorgeva una delle prime fabbriche, poi il più grande e famoso accanto allo headquarter (ma è appunto fuori città, scomodo da raggiungere) e infine uno che espone una collezione di auto anche di altri costruttori da vari paesi del mondo.
Avendo poco tempo la scelta è obbligata, in questo museo c’è una parte dedicata alle macchine per tessitura, il primo business di Toyota che continua ancora oggi. Ci sono visite guidate, anche in inglese, che spiegano la storia della tessitura del cotone e come viene processato, fino alle moderne fibre sintetiche.
È un settore di cui sono completamente ignorante ma la visita è super-interessante.
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Finita la parte a tema tessile, si passa all’automobile con una statua di Kiichiro Toyoda al lavoro sul suo primo (fallimentare) progetto: un motore da attaccare alle biciclette che a quel tempo erano il principale mezzo di trasporto privato.
Ci sono riproduzioni della prima officina e del primo laboratorio di metrologia e metallurgia, realizzato dopo che le prime parti meccaniche risultavano in gran parte difettose.
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Il museo ha poche auto in esposizione perché è più focalizzato su tecnologie e processi produttivi. Molte metodologie in campo lean e qualità sono state introdotte da Toyota e diventati standard nell’industria, non solo automotive.
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Fantastiche le spiegazioni fatte con i manga, peccato solo in giapponese...
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Alcuni dei macchinari in esposizione sono ancora funzionanti e mantenuti, come questa grande pressa per lamiere alta tre piani, a cui stavano aggiungendo l’olio
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C’è poi tutta una sezione sui vari sistemi e dispositivi delle auto, più l’immancabile negozio di souvenir. Bellissimo anche questo, di museo.
Tra le altre cose, a Nagoya ci sarebbe anche il museo ferroviario e il parco Ghibli, ma sono fuori città e ho il volo di rientro l’indomani mattina… sarà per la prossima volta.
Torno a NGO con lo stesso μSKY dell’andata, questa vado sul sicuro alle macchinette in stazione e scelgo il biglietto express con posto riservato, solo che arrivato ai tornelli non è valido, perché manca quello con la tariffa “base”, sempre due biglietti servono. Maccheccaz… certo, potevo accorgermene dal prezzo più basso dell’andata.

Il T1 di NGO è progettato davvero bene e ha un layout molto razionale. Ma la cosa migliore per me è la grossa terrazza panoramica estesa lungo tutto il braccio del terminal. Di gran lunga la più grande che abbia mai visto e in fondo offre una vista a (quasi) 360 gradi sull’aeroporto. Mancano solo dei posti dove ripararsi dal sole, ma il piano sotto la terrazza e' un immenso spazio vuoto dove ci si può riposare.
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Fauna local… ehi, non sono venuto fin qui per fotografare i bianconi di China Eastern che passano in continuazione a SHA!


Altro biancone, ma locale


Il 747 LCF Dreamlifter in attesa di caricare pezzi di 787 (mannaggia ai pali)








Si è fatta ora di cena, e per fortuna di fronte all’ingresso della terrazza c’è un’ampia food court con una buona varietà di cibo a prezzi onesti per un aeroporto. Prendo una ciotola di riso con sashimi, delle verdure e zuppa di miso vicino a una vetrata sugli aerei in decollo al tramonto. È tutto meraviglioso.

La terrazza chiude presto, approfitto del buio per qualche scatto serale.




















Sull’isola artificiale dell’aeroporto ci sono 2-3 hotel ma piuttosto costosi. A due fermate di treno (quello lento che fa tutte le stazioni), appena passato il ponte, c’è Tokoname, cittadina portuale e industriale con alloggi più a buon mercato. Le strade sono completamente buie e deserte, dopo una breve ricerca raggiungo il mio alloggio, le cui camere sono dei container. Detta così non suona benissimo ma era nuovo e confortevole, e comunque la camera non era più piccola degli altri hotel in cui sono stato in Giappone.


Il mattino dopo prendo la mia roba, saluto il mio container e torno in aeroporto per un po’ di spotting prima del volo di ritorno. Sarei rimasto volentieri più tempo, ma quest’anno mi sono bruciato le ferie per altri motivi.
Tornato al T1, sorpresa: c’è un evento di ANA con un concerto di piloti e assistenti di volo!


























































È ora di tornare al T2. Al check-in questa volta mi pesano lo zaino che è in sovrappeso di 2kg e mi chiedono di spostare un po’ di roba nel piccolo trolley imbarcato (che pesa 5-6kg, con franchigia di 23kg!)… capisco le regole ma lo trovo un po’ assurdo, comunque meglio così che all’imbarco.

Zona imbarchi internazionali del T2. L’imbarco avviene tramite una specie di tunnel-serpentone mobile e coperto che porta dal gate alla scala dell’aereo


Questa volta posto corridoio, rientro a PVG dove c’è poca gente all’immigration ma in compenso una lunga fila al controllo doganale in uscita dagli arrivi.
Per questa volta è tutto, grazie per aver letto fin qui! :)
 
Bellissimo TR, musei e foto davvero super!
Per dire, l'allestimento del 787 che ti permette di passarci sotto e che a bordo ha il cockpit acceso è davvero una chicca!
Anche il museo Toyota non è da meno e testimonia il passaggio da un Giappone post bellico che produceva prodotti di scarsa qualità ad un Paese in grado di dettare legge su metodologie di produzione e standard di qualità tutt'ora difficili da battere.

Un po' quello che sta succedendo ora in Cina secondo me, destinata a diventare sempre più la capitale mondiale del manifatturiero diventando leader anche in settori dove prima non era forte al di fuori del mercato domestico (automotive e aviation in primis).

Interessante anche la camera d'hotel-container: dopo la mia esperienza nello sleeping pod sul treno notturno, quella per me è oramai una piazza d'armi!
 
Meraviglia.

Sui treni concordo. Vedo però gli indigeni che semplicemente 'blippano' telefono o portafogli e mi dico che ci deve essere un metodo sempplice e uniforme per viaggare su tutti i treni, però sono abituato/rovinato al semplice tap-in-and-out di TfL e quindi mai una volta che mi ricordi di studiare come si fa.
Eh, la prima volta ho fatto un po' di casino anche io.... poi un indigeno mi ha spiegato bene il barbatrucco et voila'.... Tessera SUICA (O PASMO) ricaricabile alla mano, problemi risolti (treno metro bus 711 lawson ecc). Tra l'altro con il melafonino la SUICA la puoi fare digitale ricaricabile in automatico (a quanto ho sentito).
Shinkansen restano comunque sempre da bigliettare a parte...
 
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Assolutemente fantastico, con foto splendide come sempre! La stazione di Nagoya la ricordo come un labirinto e per di più con pochissime scale mobili, un incubo con la valigia. Nagoya però mi era piaciuta, una città molto vivibile secondo me. I treni giapponesi (escluso lo Shinkansen) sono fatti apposta per farti diventare uno slow traveller :D

Continua continua!

DaV
Grazie, il resto di Nagoya punto a visitarlo a una prossima eventuale occasione, sperando di avere più tempo

Giappone. Aerei. Treni. Foto.

Uod elz? 😍
Se esiste il Nirvana, credo di essermi avvicinato mentre mangiavo quel delizioso pasto con vista sugli aerei :love:😅

Museo meraviglioso!
Gli idrovolanti giapponesi sono molto belli, così come il 104 con le ali bianche :love:
Vero, peccato che gli idrovolanti/anfibi abbiano avuto scarsissimo successo commerciale, soprattutto fuori dal Giappone (cosi' a occhio li vedrei bene nel ruolo dei Canadair)

Foto come sempre bellissime!
Grazie!

Le terrazze degli aeroporti giapponesi dovrebbero essere un diritto fondamentale del viaggiatore.
Per me gli architetti di aeroporti non devono più scervellarsi, basta che copino un aeroporto giapponese a caso (ma anche TPE o HKG) e il lavoro e' fatto.

Dormire in un container mi manca 😍, mi toccherà tornare in Giappone quanto prima.
Spotting eccellente, ut semper.
Temevo di pentirmene e fare un'esperienza da terremotato, invece mi sono trovato bene, c'era pure inclusa una vaschetta di fried rice per colazione. Posizione in mezzo al nulla ma comoda per la vicinanza a NGO (credo che la clientela target siano i pax con transito lungo o notturno)

Ma il container da 20' o 40'? (spero fosse High Cube!)
20', a giudicare dallo spazio in altezza credo high cube! 😂

La visita ai musei veramente molto interessante
Ho sempre trovato musei curatissimi in Giappone, inclusi quelli a tema tecnico, e ho notato un rispetto e riverenza nei confronti delle macchine, come fossero opere d'arte.

Veramente tante cose interessanti. Il Giappone ha sempre quel qualcosa di ordine e pulizia estremo, che non si trova da nessun'altra parte del mondo
Forse Singapore? Koree? Taiwan?
Si ed e' una cosa che si nota soprattutto con le cose un po' vecchie e vissute, ma intonse (tipo appunto certi treni). Mi ha stupito passare in una zona di cantieri dove c'era un via-vai di camion che trasportavano terra e macchinari, chiaramente non nuovi... tutti erano non solo puliti, ma senza un graffio o ammaccatura e con le cromature tirate a lucido. Stessa cosa coi camion e furgoni di un centro logistico in cui sono stato.

Bellissimo TR, musei e foto davvero super!
Per dire, l'allestimento del 787 che ti permette di passarci sotto e che a bordo ha il cockpit acceso è davvero una chicca!
Anche il museo Toyota non è da meno e testimonia il passaggio da un Giappone post bellico che produceva prodotti di scarsa qualità ad un Paese in grado di dettare legge su metodologie di produzione e standard di qualità tutt'ora difficili da battere.

Un po' quello che sta succedendo ora in Cina secondo me, destinata a diventare sempre più la capitale mondiale del manifatturiero diventando leader anche in settori dove prima non era forte al di fuori del mercato domestico (automotive e aviation in primis).

Interessante anche la camera d'hotel-container: dopo la mia esperienza nello sleeping pod sul treno notturno, quella per me è oramai una piazza d'armi!
Grazie! E' una cosa a cui ho pensato spesso, somiglianze e differenze della crescita economica di Cina e Giappone. Per adesso la Cina e' imbattibile quando si tratta di economie di scala nella supply chain, ma a livello culturale c’è un'enorme differenza, l'attenzione al dettaglio e la precisione dei giapponesi sono quasi maniacali (parlo mediamente, le eccellenze si trovano più o meno dappertutto). Sulla competitività nel mercato poi e' un altro discorso...
Una cosa su cui i miei colleghi hanno sfatato un mito sono gli orari di lavoro, anche nelle aziende giapponesi dove lavoravano prima facevano pochi straordinari e orari "umani". Non e' un campione statistico e non so se sia migliorato in tempi recenti, ma e' una cosa che mi ha fatto piacere sentire.
In controtendenza rispetto alle aziende cinesi dove negli ultimi 10 anni e' aumentato lo sfruttamento degli impiegati (oltre agli operai, che lo erano già prima).

Eh, la prima volta ho fatto un po' di casino anche io.... poi un indigeno mi ha spiegato bene il barbatrucco et voila'.... Tessera SUICA (O PASMO) ricaricabile alla mano, problemi risolti (treno metro bus 711 lawson ecc). Tra l'altro con il melafonino la SUICA la puoi fare digitale ricaricabile in automatico (a quanto ho sentito).
Shinkansen restano comunque sempre da bigliettare a parte...
Io al penultimo giorno ho preso la Manaca, la tessera di Nagoya, che mi e' stata comoda per i treni "regionali" ma non mi e' bastata per il uSKY aeroportuale per cui serve il biglietto aggiuntivo. Poi potrebbe essere che abbia sbagliato qualcosa 😅
 
Tra le poche cose che mi continuano a risultare inspiegabili in un Paese come il Giappone, che ammiro sinceramente, ci sono sicuramente la "tradizione" di non interrare i cavi elettrici e la complessità per quanto riguarda i biglietti del trasporto pubblico, con abbonamenti che valgono solo per alcune linee e non per altre (es. a Tokyo).
Sembra quasi che far sparire i cavi elettrici e fare accordi intercompany tra i vari operatori di trasporto pubblico sia un tabù...

Sono perfino arrivato al punto di rivalutare la tessera ATAC (il che è tutto dire), che a Roma ti dà la possibilità di viaggiare su bus, metro e treno urbano!
 
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Tra le poche cose che mi continuano a risultare inspiegabili in un Paese come il Giappone, che ammiro sinceramente, ci sono sicuramente la "tradizione" di non interrare i cavi elettrici e la complessità per quanto riguarda i biglietti del trasporto pubblico, con abbonamenti che valgono solo per alcune linee e non per altre (es. a Tokyo).
Sembra quasi che far sparire i cavi elettrici e fare accordi intercompany tra i vari operatori di trasporto pubblico sia un tabù...

Sono perfino arrivato al punto di rivalutare la tessera ATAC (il che è tutto dire), che a Roma ti dà la possibilità di viaggiare su bus, metro e treno urbano!

Per quel che concerne i trasporti, ma non solo quelli, è una questione culturale che abbraccia anche altri paesi che si trovano da quei "pizzi".

Almeno in Giappone Google Maps funziona, non benissimo, soprattutto quando ci sono le sopraelevate, ma funziona. E anzi che da un po' si può alcuni mezzi si possono pagare anche contactless.
In Corea del Sud se non entri nell'ecosistema Kakao sei un uomo morto.

Tutti posti in cui fioriscono le smart card (T-money per Corea del Sud, Pasmo e Suica per il Giappone, tanto per dire le più famose) e infatti anche Taiwan (Easycard) e Hong Kong (Octopus, dove il "male" ebbe inizio) non sono esenti da certi meccanismi, anche se meno limitanti rispetto alle altre due realtà.
Al contrario nostro, in cui con sola app fai potenzialmente tutto (Google Maps può fare da mappa, navigatore, info mezzi pubblici, recapiti telefonici, hotel, ristoranti ecc...), a loro piace avere una app ad hoc per ogni singola cosa.


p.s..Tokyo è solo una Roma che non ce l'ha fatta