Fiumicino-Malpensa
Il patto Roma-Milano
Giù i campanili. L'accordo Milano-Roma siglato ieri con una certa solennità dalle due società di gestione aeroportuale dovrebbe mettere fine alla lunga guerra tra Malpensa e Fiumicino, un conflitto che aveva la sua ragion d'essere nella contesa per accaparrarsi i voli a lungo raggio dell'Alitalia e che ora non ha più motivo di esistere. Entrambi gli scali scommettono non solo sulla compatibilità tra di loro ma anche sulla possibilità di svilupparsi in parallelo.
E scommettono sulla possibilità di diventare così in tempi brevi vere e proprie imprese industriali, capaci di conquistarsi sul mercato internazionale della fiducia un rating più che dignitoso.
È evidente che tutto ciò non sarebbe stato possibile senza che governo ed Enac autorizzassero Sea e Aeroporti di Roma ad aumentare le tariffe del loro servizio. Le società di gestione hanno sempre sostenuto che, con pagamenti da parte delle compagnie-clienti di prezzi del 42% inferiori alla media europea, non era possibile non solo programmare investimenti aggiuntivi ma neanche garantire i necessari standard qualitativi. Ammesso che avessero ragione — e gli esperti dicono di sì — da oggi non ci saranno più alibi e, se si ridurrà il gap di tariffazione tra noi e il resto d'Europa, si dovrà dimostrare ai passeggeri che di vera e tangibile svolta si tratta.
Caduti i campanili (solo aeroportuali, per carità) delle due capitali il passo successivo sarà quello di stendere un piano nazionale degli scali che, senza amputare le ambizioni e le vocazioni dei territori, abbia i crismi della razionalità. Le cronache purtroppo registrano una tendenza contraria che riguarda le regioni meridionali — che pure volano molto meno — ma anche il Nord.
La provincia di Agrigento sostiene che la città dei Templi ha diritto a un aeroporto internazionale, quando invece i parametri tecnici dicono che al massimo può essere dotata della superficie necessaria per fare atterrare gli Atr. Anche Messina nutre la stessa considerazione delle proprie potenzialità e vuole uno scalo internazionale. Si sa, poi, che anche ad Enna si sono sviluppate attese dello stesso segno.
In Campania, a fronte della saturazione di Capodichino, è maturata l'idea di potenziare lo scalo di Grazzanise, in provincia di Caserta. Ma questo orientamento trova la fiera opposizione campanilistica di Salerno-Pontecagnano, che rivendica a sé il ruolo di secondo aeroporto campano. Della querelle tra Viterbo e Frosinone per ospitare i voli low cost della Ryanair che devono traslocare da Ciampino si è detto e ridetto. È indicativo che i politici locali, di fronte al timore di scontentare l'una o l'altra platea elettorale, ora coltivino l'idea di far il contrario di Salomone e dar vita a due scali, uno per contendente.
In Toscana, Pisa e Firenze si fanno la guerra da tempo immemorabile. Secondo la stampa specializzata persino Mantova vuole riattivare una pista di cui è dotata mentre attorno alle grandi manovre del triangolo Orio al Serio-Brescia e Verona è sorta la leggenda di un nuovo hub del Lombardo-Veneto.
L'elenco, come si può arguire, è nutrito e il pensiero non può che volare, per assonanza, alla proliferazione di vocazioni olimpiche maturata negli ultimi giorni nel Belpaese. Fortunatamente tre società di consulenza (la One Works, la Kpmg e Nomisma) stanno mettendo a punto, su richiesta dell'Enac, uno studio per lo sviluppo e la razionalizzazione dell'offerta aeroportuale italiana.
È sperabile che in tempi ragionevoli dalle simulazioni si passi alle scelte prima che, come nel caso dei siti nucleari, anche la gerarchia degli scali non diventi materia per i comizi delle elezioni regionali.
Dario Di Vico
Corriere deella Sera