UDINE. La crisi economica rallenta i traffici nei cieli: nel primo mese dell’anno a Ronchi è passato il 17% dei passeggeri in meno rispetto al 2008. Ma non è solo la congiuntura economica a preoccupare: un mix di fattori, “colposi” o casuali, prevedibili o meno, mette a serio rischio il futuro dello scalo regionale. Il menú è ricco: si va dalle lungaggini della doppia gestione “lottizzata” agli enti locali, ai debiti di Alitalia, alle necessità di investimenti per ristrutturare la pista. E ancora, soprattutto, alla mancanza di linee. Il crac Alitalia ha fatto perdere i voli su Milano e Napoli, e oltre a qualche tentativo di Ryanair, per ora non sono in vista atterraggi.
La gestione. L’obiettivo di Regione ed enti locali è quello di arrivare a un’unica società di gestione. Attualmente l’aereoporto viene gestito da una Spa. Il 49% delle quote è in mano alla Regione, Il 51% è invece del Consorzio di comuni e Camere di commercio. L’italianissima struttura porta facilmente a un blocco: la Regione ha un potere ben limitato.
I debiti. Un giorno chiave nella storia recente dell’a ereporto è il 28 gennaio. Ad aggravare infatti la situazione del Consorzio, ci sono i debiti, che richiedono una ricapitalizzazione. Dopo il rinvio del 21 gennaio, entra ufficialmente in campo (anche nelle vicende del Consorzio) l’assessore ai Trasporti Riccardo Riccardi. Nel suo ufficio arrivano tutti, e il messaggio passa: la Regione deve salire sulla torre di controllo. A marzo arriva infatti l’ok al ripiano dei debiti.
Il rebus fusione. Trovata l’intesa sulla strategia della Regione, bisogna trovare un modo per “limitare” il Consorzio. Ma ad aggiungere criticità c’è un vecchio contenzioso, con la Pizzarotti, la società che nei primi anni 90 ha effettuato lavori di ristrutturazione nello scalo. La soluzione migliore potrebbe essere quella di una fusione tra le due società. Ma la Regione non ha intenzione di accollarsi il rischio: quella è una vicenda del Consorzio, e la Giunta non vuole saperne. O si riesce a delimitare il rischio, accantonando nella “nuova” Spa un fondo dedicato coperto dal vecchio Consorzio, o non se ne fa nulla. L’ipotesi due è l’aumento di capitale: Consorzio e Regione potrebbero votare compatti per l’aumento, e il Consorzio, però, non sottoscriverebbe le quote. Come su una bilancia, il 50,1% scivolerebbe verso la Regione, e il gioco sarebbe fatto. In un modo o nell’altro, la cosa importante, ha spiegato Riccardi, è che «gli enti locali si siano uniti attorno a una strategia che la Regione ha sempre portato avanti».
Privatizzazione. Una volta ottenuto il controllo, la Regione pensa a una gara per individuare un socio privato. E forse proprio allora la sinergia con Venezia auspicata dal presidente Tondo potrebbe, a regole di mercato, offrire uno sviluppo sistemico. Il passaggio dal pubblico al privato ha proprio questo come obiettivo: mettere nei posti chiave professionalità del settore.
Crisi e linee. La congiuntura economica si fa sentire: a Ronchi in modo ancora piú pesante rispetto alla media nazionale. Ma la fuga di passeggeri è dovuta anche alla carenza di linee. Raggiungere Milano in aereo, dopo un tentativo fallito, è un sogno. Il volo su Roma, a sentire l’ultima interrogazione del deputato Pd Ettore Rosato, ha «costanti disservizi». La linea su Napoli non c’è piú. E, bene non dimenticarlo, Ronchi è un aereoporto atipico: scollegato dalla rete ferroviaria, anche se proprio su questo punto Riccardi si sta muovendo. Ancora, c’è bisogno, dice il presidente della Spa Roberto Dipiazza, della nuova pista. Forse, anche la crisi può aiutare lo scalo regionale a sistemare il passato e pensare il futuro.
Messaggero veneto
La gestione. L’obiettivo di Regione ed enti locali è quello di arrivare a un’unica società di gestione. Attualmente l’aereoporto viene gestito da una Spa. Il 49% delle quote è in mano alla Regione, Il 51% è invece del Consorzio di comuni e Camere di commercio. L’italianissima struttura porta facilmente a un blocco: la Regione ha un potere ben limitato.
I debiti. Un giorno chiave nella storia recente dell’a ereporto è il 28 gennaio. Ad aggravare infatti la situazione del Consorzio, ci sono i debiti, che richiedono una ricapitalizzazione. Dopo il rinvio del 21 gennaio, entra ufficialmente in campo (anche nelle vicende del Consorzio) l’assessore ai Trasporti Riccardo Riccardi. Nel suo ufficio arrivano tutti, e il messaggio passa: la Regione deve salire sulla torre di controllo. A marzo arriva infatti l’ok al ripiano dei debiti.
Il rebus fusione. Trovata l’intesa sulla strategia della Regione, bisogna trovare un modo per “limitare” il Consorzio. Ma ad aggiungere criticità c’è un vecchio contenzioso, con la Pizzarotti, la società che nei primi anni 90 ha effettuato lavori di ristrutturazione nello scalo. La soluzione migliore potrebbe essere quella di una fusione tra le due società. Ma la Regione non ha intenzione di accollarsi il rischio: quella è una vicenda del Consorzio, e la Giunta non vuole saperne. O si riesce a delimitare il rischio, accantonando nella “nuova” Spa un fondo dedicato coperto dal vecchio Consorzio, o non se ne fa nulla. L’ipotesi due è l’aumento di capitale: Consorzio e Regione potrebbero votare compatti per l’aumento, e il Consorzio, però, non sottoscriverebbe le quote. Come su una bilancia, il 50,1% scivolerebbe verso la Regione, e il gioco sarebbe fatto. In un modo o nell’altro, la cosa importante, ha spiegato Riccardi, è che «gli enti locali si siano uniti attorno a una strategia che la Regione ha sempre portato avanti».
Privatizzazione. Una volta ottenuto il controllo, la Regione pensa a una gara per individuare un socio privato. E forse proprio allora la sinergia con Venezia auspicata dal presidente Tondo potrebbe, a regole di mercato, offrire uno sviluppo sistemico. Il passaggio dal pubblico al privato ha proprio questo come obiettivo: mettere nei posti chiave professionalità del settore.
Crisi e linee. La congiuntura economica si fa sentire: a Ronchi in modo ancora piú pesante rispetto alla media nazionale. Ma la fuga di passeggeri è dovuta anche alla carenza di linee. Raggiungere Milano in aereo, dopo un tentativo fallito, è un sogno. Il volo su Roma, a sentire l’ultima interrogazione del deputato Pd Ettore Rosato, ha «costanti disservizi». La linea su Napoli non c’è piú. E, bene non dimenticarlo, Ronchi è un aereoporto atipico: scollegato dalla rete ferroviaria, anche se proprio su questo punto Riccardi si sta muovendo. Ancora, c’è bisogno, dice il presidente della Spa Roberto Dipiazza, della nuova pista. Forse, anche la crisi può aiutare lo scalo regionale a sistemare il passato e pensare il futuro.
Messaggero veneto