In Italia ci sono troppi aeroporti, e, soprattutto, sono troppi quelli di piccole dimensioni?
Per rispondere a questa domanda può essere utile operare un confronto fra diverse situazioni europee.
Va precisato che la prospettiva di analisi non è quella dell’efficienza economica della singola struttura aeroportuale (per la quale occorrerebbero dati di cui non dispongo), ma – diversamente – dell’efficacia del sistema complessivo.
I dati utilizzati si riferiscono al 2007. Per ragioni di omogeneità, sono stati considerati, accanto ai dati italiani (tratti da Assaeroporti), quelli relativi a Francia (www.aviation-civile.gouv.fr), Germania (www.adv.aero), Spagna (www.aena.es) e Regno Unito (www.caa.co.uk).
È possibile che le statistiche pubblicate non censiscano tutte le strutture, ma credo che i valori e i confronti restino comunque significativi.
Infine, come ultima nota tecnica, segnalo che ho escluso dalla rilevazione gli aeroporti con meno di 50.000 pax/anno.
Alcuni dati generali, relativi alla dimensione complessiva dei rispetti sistemi nazionali.
Italia
Passeggeri totali: 136 milioni
Aeroporti censiti: 35
Media pax per aeroporto: 3,9 milioni
Moltiplicatore di mercato: 2,28
Francia
Passeggeri totali: 144 milioni
Aeroporti censiti: 44
Media pax per aeroporto: 3,3 milioni
Moltiplicatore di mercato: 2,36
Germania
Passeggeri totali: 189 milioni
Aeroporti censiti: 26
Media pax per aeroporto: 7,3 milioni
Moltiplicatore di mercato: 2,30
Spagna
Passeggeri totali: 210 milioni
Aeroporti censiti: 38
Media pax per aeroporto: 5,5 milioni
Moltiplicatore di mercato: 4,66
UK
Passeggeri totali: 244 milioni
Aeroporti censiti: 42
Media pax per aeroporto: 5,8 milioni
Moltiplicatore di mercato: 4,01
Il moltiplicatore di mercato altro non è che il rapporto fra passeggeri totali e abitanti dei rispettivi paesi. Serve a dare un’indicazione della dimensione relativa di ciascuno dei mercati nazionali (ben sapendo che la dimensione demografica non è l’unica variabile funzionale che agisce in questo senso).
[Nota: inizialmente pensavo che se avessimo moltiplicato il numero di abitanti dell’Italia per un valore “obiettivo” del moltiplicatore – segnatamente quello della Spagna – avremmo potuto ottenere una previsione, molto rozza in verità, della dimensione meramente potenziale del mercato italiano, che in questa ipotesi sarebbe stata di 278 milioni di pax, valore solo teorico che non sarà comunque mai raggiunto. Anche perché il mercato non può crescere in sola forza di un trend. Per incrementare significativamente la dimensione del mercato è indispensabile la presenza, fra l’altro, di almeno due fattori: un vettore nazionale forte e un hub degno di questo nome. Tuttavia mi sono presto reso conto che si trattava di una metodica di analisi totalmente fuori luogo, se si considera che i casi di UK e Spagna sono di fatto eccezioni. Lo dimostrerebbe il valore del moltiplicatore di paesi quali USA e Canada, rispettivamente 2,48 e 2,14, in linea con i valori di Italia, Germania e Francia. Faccio notare, però, che la Cina ha un bassissimo 0,29, segno delle enormi potenzialità di crescita dell’aviazione commerciale di quel paese.]
Possiamo notare alcune differenziazioni fra i paesi considerati. Riguardo alla dimensione dei sistemi nazionali, abbiamo, da una parte, i sistemi quantitativamente più sviluppati (UK e Spagna), dall’altra, sostanzialmente in linea, Italia, Francia e Germania. Ma – va detto – con sistemi di trasporto alternativi (ferrovie, in primis) a ben diversi livelli di efficienza e qualità.
La Germania si differenzia da tutti gli altri paesi per avere un numero minore di aeroporti e, conseguentemente, una maggiore dimensione media dei singoli scali. Sul versante esattamente opposto si trova la Francia.
Qui emerge una prima domanda: è ammissibile una considerazione secondo la quale la maggiore frammentazione del sistema è indice di minore efficienza? In altre parole, il numero di aeroporti e la dimensione media degli aeroporti stessi significano qualcosa ai fini del giudizio sulla qualità del sistema?
Se rispondessimo affermativamente a queste domande, dovremmo necessariamente concludere che la Germania ha il sistema nazionale più efficiente e la Francia quello meno efficiente, anche meno dell’Italia.
A questo punto, passiamo a esaminare il problema più specifico, cioè la diffusione degli aeroporti minori. Consideriamo gli scali con meno di un milione di pax/anno:
Italia
14 scali su 35 (40%)
Dimensione media: 390.715 pax
4,0% dei pax totali 2007
Francia
30 scali su 44 (68%)
Dimensione media: 345.750 pax
7,2% dei pax totali 2007
Germania
9 scali su 26 (35%)
Dimensione media: 497.555 pax
2,4% dei pax totali 2007
Spagna
12 scali su 38 (32%)
Dimensione media: 318.857 pax
1,8% dei pax totali 2007
UK
18 scali su 42 (43%)
Dimensione media: 406.155 pax
3,0% dei pax 2007
Coerentemente con le rilevazioni precedenti, la Francia ha il netto primato dei piccoli aeroporti, per numero assoluto, per incidenza sul totale del sistema e per quota di passeggeri. L’Italia, dal canto proprio, non sembra presentare valori abnormi.
Il grafico successivo, attraverso una rappresentazione simile alle precedenti, conferma questa sensazione. Il quadrante in alto a sinistra (le linee che delimitano i quadranti rappresentano i valori medi di ciascuna delle due variabili) è quello nel quale si trovano le situazioni caratterizzate da un numero più ridotto di scali minori e da una più alta media di passeggeri. Come si vede, l’Italia occupa una posizione appena ai margini di questo quadrante.
Sommariamente, la diffusione dei piccoli aeroporti rappresenta un fenomeno generalizzato nei cinque paesi considerati e, probabilmente, funzionale ai meccanismi complessivi di sistema.
In altre parole, un giudizio sull’efficienza dei piccoli scali non appare corretto se formulato in assoluto, anziché in una prospettiva globale di efficienza dell’intero sistema aeroportuale.
La differenza più macroscopica fra il sistema italiano e gli altri sistemi nazionali europei, infatti, non si trova nel numero dei piccoli aeroporti. È piuttosto rispetto alle grandi dimensioni che si deve riscontrare l’anomalia del nostro sistema e, forse, una delle cause principali della sua inadeguatezza strutturale.
Rispetto agli altri paesi, l’Italia dimostra di avere due elementi differenziali (non legati alla dimensione del fenomeno dei piccoli aeroporti).
1) Il sistema italiano è l’unico fra quelli considerati che non ha un hub che “valga” almeno 50 milioni di passeggeri.
La presenza di una struttura di queste dimensioni potrebbe (è un’ipotesi, non ancora una tesi), quindi, dare un senso di ben maggiore efficienza al sistema dei piccoli aeroporti: in pratica, un certo numero di piccoli aeroporti va bene se c’è un hub cui collegarsi, altrimenti no.
Un sistema aeroportuale efficiente si deve reggere su un equilibrio armonico e sull’integrazione fra grandi, medi e piccoli scali, in modo che il traffico si alimenti in misura reciproca.
La ragione è economica ed è presto detta: se li consideriamo come centri autonomi di ricavo, i voli feeder possono permettersi di essere in perdita, perché i ricavi del volo in connessione compensano la perdita strutturale del volo feeder.
Ne deriverebbe una conclusione logica: sui piccoli aeroporti possono operare efficientemente solo le compagnie che hanno un network adeguato.
2) Il secondo elemento differenziale riguarda la relativa preponderanza degli aeroporti medi (che, da un certo punto di vista, possiamo considerare strutture non adeguatamente cresciute).
(La definizione dei valori limite delle classi dimensionali è puramente convenzionale).
Una politica di riequilibrio del sistema nazionale, dunque, non dovrebbe tanto essere orientata a limitare gli scali minori, quanto a favorire lo sviluppo dei maggiori, vale a dire quelli con le più elevate potenzialità.
A loro volta, alla crescita di questi ultimi dovrebbe essere affidato il compito di trainare lo sviluppo, sia quantitativo sia qualitativo, del sistema complessivo. In questo modo, alcuni scali, che possono più facilmente andare oltre la soglia teorica del milione di passeggeri (penso a Brindisi – che potrebbe farlo già quest’anno – o a Trieste), abbandonerebbero il gruppo dei piccoli aeroporti.
Il discorso sulle possibilità di alcuni aeroporti medi di diventare grandi (i principali candidati naturali – tralasciando Linate – sono Venezia, Catania, Napoli e Bergamo) è, però, ben più complesso, perché qui agiscono vincoli strutturali e di mercato anche molto forti.
Per rispondere a questa domanda può essere utile operare un confronto fra diverse situazioni europee.
Va precisato che la prospettiva di analisi non è quella dell’efficienza economica della singola struttura aeroportuale (per la quale occorrerebbero dati di cui non dispongo), ma – diversamente – dell’efficacia del sistema complessivo.
I dati utilizzati si riferiscono al 2007. Per ragioni di omogeneità, sono stati considerati, accanto ai dati italiani (tratti da Assaeroporti), quelli relativi a Francia (www.aviation-civile.gouv.fr), Germania (www.adv.aero), Spagna (www.aena.es) e Regno Unito (www.caa.co.uk).
È possibile che le statistiche pubblicate non censiscano tutte le strutture, ma credo che i valori e i confronti restino comunque significativi.
Infine, come ultima nota tecnica, segnalo che ho escluso dalla rilevazione gli aeroporti con meno di 50.000 pax/anno.
Alcuni dati generali, relativi alla dimensione complessiva dei rispetti sistemi nazionali.
Italia
Passeggeri totali: 136 milioni
Aeroporti censiti: 35
Media pax per aeroporto: 3,9 milioni
Moltiplicatore di mercato: 2,28
Francia
Passeggeri totali: 144 milioni
Aeroporti censiti: 44
Media pax per aeroporto: 3,3 milioni
Moltiplicatore di mercato: 2,36
Germania
Passeggeri totali: 189 milioni
Aeroporti censiti: 26
Media pax per aeroporto: 7,3 milioni
Moltiplicatore di mercato: 2,30
Spagna
Passeggeri totali: 210 milioni
Aeroporti censiti: 38
Media pax per aeroporto: 5,5 milioni
Moltiplicatore di mercato: 4,66
UK
Passeggeri totali: 244 milioni
Aeroporti censiti: 42
Media pax per aeroporto: 5,8 milioni
Moltiplicatore di mercato: 4,01
Il moltiplicatore di mercato altro non è che il rapporto fra passeggeri totali e abitanti dei rispettivi paesi. Serve a dare un’indicazione della dimensione relativa di ciascuno dei mercati nazionali (ben sapendo che la dimensione demografica non è l’unica variabile funzionale che agisce in questo senso).
[Nota: inizialmente pensavo che se avessimo moltiplicato il numero di abitanti dell’Italia per un valore “obiettivo” del moltiplicatore – segnatamente quello della Spagna – avremmo potuto ottenere una previsione, molto rozza in verità, della dimensione meramente potenziale del mercato italiano, che in questa ipotesi sarebbe stata di 278 milioni di pax, valore solo teorico che non sarà comunque mai raggiunto. Anche perché il mercato non può crescere in sola forza di un trend. Per incrementare significativamente la dimensione del mercato è indispensabile la presenza, fra l’altro, di almeno due fattori: un vettore nazionale forte e un hub degno di questo nome. Tuttavia mi sono presto reso conto che si trattava di una metodica di analisi totalmente fuori luogo, se si considera che i casi di UK e Spagna sono di fatto eccezioni. Lo dimostrerebbe il valore del moltiplicatore di paesi quali USA e Canada, rispettivamente 2,48 e 2,14, in linea con i valori di Italia, Germania e Francia. Faccio notare, però, che la Cina ha un bassissimo 0,29, segno delle enormi potenzialità di crescita dell’aviazione commerciale di quel paese.]
Possiamo notare alcune differenziazioni fra i paesi considerati. Riguardo alla dimensione dei sistemi nazionali, abbiamo, da una parte, i sistemi quantitativamente più sviluppati (UK e Spagna), dall’altra, sostanzialmente in linea, Italia, Francia e Germania. Ma – va detto – con sistemi di trasporto alternativi (ferrovie, in primis) a ben diversi livelli di efficienza e qualità.
La Germania si differenzia da tutti gli altri paesi per avere un numero minore di aeroporti e, conseguentemente, una maggiore dimensione media dei singoli scali. Sul versante esattamente opposto si trova la Francia.
Qui emerge una prima domanda: è ammissibile una considerazione secondo la quale la maggiore frammentazione del sistema è indice di minore efficienza? In altre parole, il numero di aeroporti e la dimensione media degli aeroporti stessi significano qualcosa ai fini del giudizio sulla qualità del sistema?
Se rispondessimo affermativamente a queste domande, dovremmo necessariamente concludere che la Germania ha il sistema nazionale più efficiente e la Francia quello meno efficiente, anche meno dell’Italia.
A questo punto, passiamo a esaminare il problema più specifico, cioè la diffusione degli aeroporti minori. Consideriamo gli scali con meno di un milione di pax/anno:
Italia
14 scali su 35 (40%)
Dimensione media: 390.715 pax
4,0% dei pax totali 2007
Francia
30 scali su 44 (68%)
Dimensione media: 345.750 pax
7,2% dei pax totali 2007
Germania
9 scali su 26 (35%)
Dimensione media: 497.555 pax
2,4% dei pax totali 2007
Spagna
12 scali su 38 (32%)
Dimensione media: 318.857 pax
1,8% dei pax totali 2007
UK
18 scali su 42 (43%)
Dimensione media: 406.155 pax
3,0% dei pax 2007


Coerentemente con le rilevazioni precedenti, la Francia ha il netto primato dei piccoli aeroporti, per numero assoluto, per incidenza sul totale del sistema e per quota di passeggeri. L’Italia, dal canto proprio, non sembra presentare valori abnormi.
Il grafico successivo, attraverso una rappresentazione simile alle precedenti, conferma questa sensazione. Il quadrante in alto a sinistra (le linee che delimitano i quadranti rappresentano i valori medi di ciascuna delle due variabili) è quello nel quale si trovano le situazioni caratterizzate da un numero più ridotto di scali minori e da una più alta media di passeggeri. Come si vede, l’Italia occupa una posizione appena ai margini di questo quadrante.

Sommariamente, la diffusione dei piccoli aeroporti rappresenta un fenomeno generalizzato nei cinque paesi considerati e, probabilmente, funzionale ai meccanismi complessivi di sistema.
In altre parole, un giudizio sull’efficienza dei piccoli scali non appare corretto se formulato in assoluto, anziché in una prospettiva globale di efficienza dell’intero sistema aeroportuale.
La differenza più macroscopica fra il sistema italiano e gli altri sistemi nazionali europei, infatti, non si trova nel numero dei piccoli aeroporti. È piuttosto rispetto alle grandi dimensioni che si deve riscontrare l’anomalia del nostro sistema e, forse, una delle cause principali della sua inadeguatezza strutturale.
Rispetto agli altri paesi, l’Italia dimostra di avere due elementi differenziali (non legati alla dimensione del fenomeno dei piccoli aeroporti).
1) Il sistema italiano è l’unico fra quelli considerati che non ha un hub che “valga” almeno 50 milioni di passeggeri.

La presenza di una struttura di queste dimensioni potrebbe (è un’ipotesi, non ancora una tesi), quindi, dare un senso di ben maggiore efficienza al sistema dei piccoli aeroporti: in pratica, un certo numero di piccoli aeroporti va bene se c’è un hub cui collegarsi, altrimenti no.
Un sistema aeroportuale efficiente si deve reggere su un equilibrio armonico e sull’integrazione fra grandi, medi e piccoli scali, in modo che il traffico si alimenti in misura reciproca.
La ragione è economica ed è presto detta: se li consideriamo come centri autonomi di ricavo, i voli feeder possono permettersi di essere in perdita, perché i ricavi del volo in connessione compensano la perdita strutturale del volo feeder.
Ne deriverebbe una conclusione logica: sui piccoli aeroporti possono operare efficientemente solo le compagnie che hanno un network adeguato.
2) Il secondo elemento differenziale riguarda la relativa preponderanza degli aeroporti medi (che, da un certo punto di vista, possiamo considerare strutture non adeguatamente cresciute).

(La definizione dei valori limite delle classi dimensionali è puramente convenzionale).
Una politica di riequilibrio del sistema nazionale, dunque, non dovrebbe tanto essere orientata a limitare gli scali minori, quanto a favorire lo sviluppo dei maggiori, vale a dire quelli con le più elevate potenzialità.
A loro volta, alla crescita di questi ultimi dovrebbe essere affidato il compito di trainare lo sviluppo, sia quantitativo sia qualitativo, del sistema complessivo. In questo modo, alcuni scali, che possono più facilmente andare oltre la soglia teorica del milione di passeggeri (penso a Brindisi – che potrebbe farlo già quest’anno – o a Trieste), abbandonerebbero il gruppo dei piccoli aeroporti.
Il discorso sulle possibilità di alcuni aeroporti medi di diventare grandi (i principali candidati naturali – tralasciando Linate – sono Venezia, Catania, Napoli e Bergamo) è, però, ben più complesso, perché qui agiscono vincoli strutturali e di mercato anche molto forti.