Una vita da pilota
Da eroe a precario
Poi arriva la crisi: ecco come è cambiata la vita di un comandante della compagnia
di MAURIZIO CROSETTI
Nella sua nuova, complicatissima vita da pilota Alitalia senz'ali, il comandante Luca Anedda ora mangia, al massimo, il panino di Fantozzi (il ragioniere, non il commissario). "E quel po' di pollo che sta sopra l´insalata, però le foglie le tolgo: ho paura che non siano mai lavate abbastanza, e chi porta in cielo un aeroplano non può mica correre in bagno con la dissenteria. Poi, certo, non è questo il nostro primo problema...".
Compagnia di bandiera (ammainata, forse per sempre), anno di disgrazia 2008. In attesa della possibile fine, il pranzo al sacco è così confezionato: un panino, due yogurt, una barretta di cioccolato, l'insalata. "C'è questa scatoletta di plastica che sarebbe il contenitore, verde per l´equipaggio, rossa per il comandante. Io volo su tratte di breve e medio raggio, Italia oppure Europa. Ai colleghi delle rotte intercontinentali va un po' meglio, perché quando avanzano i pasti della business-class se li mangiano loro". Mica come una volta, al tempo delle vacche grasse volanti: "Compirò cinquant'anni il 24 dicembre e sono in Alitalia dal '95: fino a dieci anni fa, in ogni scalo nazionale c´era un piatto caldo con specialità della casa, le tagliatelle a Bologna, la pasta alla Norma a Catania. E i ristoranti all´estero: una delizia. Oggi ci arrangiamo con la scatoletta verde e rossa, oppure pigliando qualcosa al bar, e andrà molto peggio di così: forse dovrò cercarmi non un nuovo bar, ma un nuovo lavoro. Eppure, ricordo quando varcai per la prima volta la "soglia delle fontane", a Fiumicino: la soddisfazione, la gioia di esserci finalmente arrivato".
Piloti stressati? Passeggeri a rischio? "Soltanto se le eventuali condizioni del nuovo contratto ci rendessero la vita impossibile. Se, per esempio, dovessimo fare economia fino all'ultima goccia di carburante. Se, voglio dire, fosse minacciata quella serenità di rapporti tra dipendenti e azienda che sta alla base anche della sicurezza".
Bei tempi, quando si volava non solo con la fantasia. "Diciotto anni in Aeronautica, fino al grado di tenente colonnello: pilotavo i caccia, gli F-104 Starfighter, ero un "top gun". Ho imparato in America, dove sono stato anche istruttore. Nei giorni della crisi libica e dei famosi missili di Gheddafi, ero a Sigonella e scortavo gli aerei Alitalia: mai avrei immaginato di passare con loro". A quell'epoca, la stessa sirena ha suonato per tanti piloti militari, a lungo: "Più soldi, innanzi tutto: a ripensarci, una beffa. Come militare guadagnavo tre milioni di lire di allora, e passai subito a quattro milioni e mezzo al mese. Tutti i colleghi che avevano deciso di cambiare si erano trovati bene, c'era un'ondata di euforia. Incredibile, visto l'epilogo. Volevo che la mia famiglia, mia moglie e i miei tre figli, smettessero di girare il mondo per seguirmi. Allora li trascinavo ovunque, era un po' pesante però non c'erano i guai di adesso".
Tra uno scalo e l'altro, tra una tagliatella e un cannolo, il nostro comandante ("Ma lo sono diventato solo nel 2006") imparò a conoscere un'azienda che non era le Forze Armate, però di forza ne aveva. "Grande professionalità, un ambiente serio e scrupoloso con la maniacale attenzione alla sicurezza: si lavorava proprio bene. Cominciai a volare con gli MD 80, feci il cosiddetto passaggio a destra, che poi sarebbe il posto del pilota, perché a sinistra sta il comandante. Dopo dieci anni così, con voli anche molto lunghi a bordo dei Boeing 767, Giappone, Canada, Stati Uniti, l'Alitalia mi offrì il corso di comando che superai. Eccomi di nuovo sugli MD 80: l´aereo non è cambiato, il resto invece è crollato". Prima, una vita movimentata e complessa. Adesso, il baratro. "E la quotidianità da gestire in qualche modo. I compiti di un comandante sono numerosi, e tra questi c´è pure la pulizia della cabina. Quando c´è un intoppo bisogna spiegarlo ai passeggeri".
Si è sempre detto: i piloti guadagnano un sacco. Ma adesso potrebbe finire tutto. Comandante, ci fa vedere il suo ultimo stipendio? "Eccolo, mese di agosto: 6.620 euro netti. Però, per diventare pilota se non si arriva dall´Aeronautica bisogna pagarsi i brevetti: conosco ex assicuratori, ex infermieri, persino ex lavoratori della Fiat e un camallo di Genova che l´hanno fatto a loro spese. Nei 6 mila e 600 euro è compresa, o dovrei dire era compresa, la diaria di 150 euro al giorno per il vitto, anche se poi si mangia quasi sempre a bordo". Il panino di Fantozzi: "A volte sembra proprio di plastica. Ma anche per gli alberghi è cambiato tutto. Ricordo che un tempo, quando si scendeva a Venezia si alloggiava al Lido, mentre oggi andiamo a Treviso. Oppure, a Trieste, c'era quell'hotel in centro vicino alle Generali, uno splendore; ora invece si va a Gorizia. E lo stesso succede all´estero. Per dire, negli scali di Caracas si pernottava al Tamanaco Hotel, mestamente sostituito dal Caribe Olè: sì e no, due stelle. Ed era ancora il meno. Ci dicano: dobbiamo attrezzarci col sacco a pelo?".
Le città del mondo srotolate come un tappeto quando l'aereo plana, o planava, su un orizzonte di luci colorate, i grandi alberghi, i ristoranti, il profondo blu del cielo, un'immagine affascinante anche se sbiadita, almeno per come la si percepiva dall´esterno: dove il pilota era ancora in qualche modo un eroe romantico, parente stretto degli aviatori della letteratura rosa, belle donne e bella vita, non un precario quasi a spasso come adesso, passato dalla pista alla strada. Comandante, non è che vi eravate abituati un po´ troppo bene? "A lei piacerebbe essere riportato a casa attraverso l´oceano da un pilota che non ha dormito per colpa di un hotel rumoroso, con altri aerei che ronzano attorno come mosche e, magari, un uragano nei paraggi?".
Siccome ogni ritorno alla realtà è sempre un atterraggio d'emergenza, ci sarebbe poi da capire come viene percepita e vissuta l'apocalittica crisi Alitalia da chi trascorre i giorni in quella cabina piena di leve, spie e pulsanti. "Io vedevo i nostri aerei sempre stracolmi, dunque non avevo proprio l'immagine di una compagnia allo sbando. Il problema non è il costo del personale e neppure del carburante: quelle spese le hanno tutti. Il guaio sono i soldi buttati via, i contratti sbagliati, gli inutili uffici di rappresentanza". Addosso ai suoi comandanti, l'azienda senza più ali scarica anche una continua, pressante richiesta di economicità: "Ci è stato chiesto di usare il carburante giusto, né un po' di più, né un po' di meno, e di non sprecarlo. Eppure io vi garantisco che la crisi non ricade sul servizio, anche se ci accorgiamo di non essere stimati dal pubblico come una volta. I passeggeri guardano la nostra divisa, e vedono un marchio in crisi. Di conseguenza anche noi perdiamo credibilità quando proviamo a spiegare, che so, le ragioni di un volo che parte in ritardo. Siccome Alitalia è quel che è, l'utente pensa che gli stiamo raccontando solo bugie".
Com'è stato l'ultimo mese in cielo, con la paura che fosse l'ultimo davvero? "Ho volato meno di una volta. Undici giorni. Più quattro di riserva, vale a dire a disposizione, e una giornata al simulatore: perché tra i compiti di un pilota c'è anche l'aggiornamento e l´ovvio mantenimento dei requisiti. In passato era diverso, s'infilavano turni di dieci, dodici ore consecutive per settimane: ecco perché è importante riposare bene tra un viaggio e l'altro, in letti comodi, dentro camere silenziose. A quell'epoca il training del personale veniva fatto negli aeroporti, direttamente in Alitalia, mentre oggi molte funzioni si svolgono a casa: una specie di allenamento domestico attraverso computer portatili, sempre per risparmiare". L'idoneità fisica, oltre che professionale, viene verificata periodicamente: "Dopo due fallimenti al simulatore di volo si è licenziati in tronco, e il brevetto non dura mica in eterno. Dobbiamo sottoporci a due visite mediche annue: ad esempio, se ho più di 240 di colesterolo mi fermano e devo mettermi a dieta. In caso di problemi fisici ci si può curare per un anno, poi però il medico legale può negare l'idoneità. A quel punto si arriva a perdere il lavoro".
Si vola meno, e i tempi morti li riempie l'ansia. "A cinquant'anni, con tre figli e il mutuo da pagare, l'incertezza del futuro è una sofferenza profonda. In casa nostra entra uno stipendio solo: dovrò cercarmi un nuovo lavoro, e purtroppo io so fare solo questo. A volte osservo i miei colleghi di Air France o Lufthansa: non hanno il posto a rischio, guadagnano il trenta per cento più di me e sono coccolati dalle compagnie aeree, perché il destino e l'immagine di un intero gruppo sono nelle loro mani. Un tempo, anche per Alitalia era così". Sono i momenti in cui nella testa decollano pensieri tremendi. Loro sì, sempre in perfetto orario.
Repubblica
(24 settembre 2008)
Senza commentare il resto, mi interesserebbe approfondire il discorso dei pasti dei naviganti. Qualcuno conosce com'è regolata la faccenda? Da come è descritta in questo articolo sembrerebbe quasi che vengano avvelenati.