Disclaimer.
Questo non doveva essere un TR. Il primo viaggio dell’anno doveva far da proemio ad avventure più grandi, più belle, più “oltre”, più meritevoli di finire in un trip report. Com’è ovvio, ciò non è successo ed ecco che questo viaggetto di gennaio, in cui le cose non sono comunque andate come dovevano andare, assume nuovo valore. Lo ripropongo qui, scusandomi per le poche foto in topic, rubando un po’ di spazio allo stillicidio di notizie cattive che leggiamo ogni giorno, nell’attesa di poter viaggiare di nuovo. Manca poco, ne sono certo.
I. Haredim express.
British Airways stava introducendo il 35K. Conscio del fatto che questo fatto avrebbe posto fine al mio personalissimo record – aver volato su tutti i tipi e sub-tipi in flotta – feci una breve ricerca. Breve per alcuni motivi: uno, del record fregava poco pure ammé; due, lo spender soldi a caso causa fortissimi turbamenti nell’animo del biellese (che seppur emigrante da quasi 15 anni rimane comunque pitòch) e, tre, non trovavo nulla d’interessante.
Finché, un bel giorno, faccio una scoperta di quelle che capitano di solito solo a Dancrane. Volo A/R Londra-Tel Aviv, fuori il giovedì sera e rientro domenica mattina, “orari comodi per il weekend” [cit.]. Anda in World Traveller Plus e rianda in Business – o meglio, l’agognata Club Suite, nzomma quella con la porta, a sole sterline 435.00 (quattrocentotrentacinque/00) e bicicletta con cambio Shimano a 18 rapporti in omaggio. Mio.
Passa il tempo ed eccoci all’agognato giorno della partenza. Il viaggio dall’ufficio è ben più lungo di quanto non fossi abituato fino a qualche mese fa; Moorgate fino a King’s Cross e da lì il pellegrinaggio eterno sulla Piccadilly. Arrivo e l’aeroporto si presenta abbastanza vuoto (foto di repertorio).
Ultimamente volare mi ha dato problemi: se il viaggio è più lungo di un Londra-Milano so per certo che avrò un mal di testa da seccare un asino. Dietro consiglio dello sciamano di fiducia ho iniziato a limitare l’alcol e il cibo a bordo: al massimo un G&T e lo yogurt/frutta a colazione. Il primo tentativo, un LHR-SEA e ritorno, ha avuto un buon impatto. Vediamo questa volta.
Sbrigata una cena da wagamama mi appropinquo al Satellite C dove si nota il 35K in tutta la sua beltà. Bello è bello, e la livrea gli dona. Sono – comunque – di parte, ma pazienza.
Il gate è in una posizione infelice, incuneato tra gli ascensori e le scale mobili che provengono dalle segrete di T5. I passeggeri vengono rigurgitati a ondate e tutti si accalcano. Poco importa che le barriere siano chiuse, che manchi del tempo, che non ci sia ancora nessuno: siamo tutti in coda per salire. A fatica si aprono le porte e tutti ci riversiamo a bordo.
A pelle, l’aereo è splendido. Ma gratta gratta e spuntano i problemi. La radice di fondo è una sola, il secondo peccato capitale. BA è l’unica a non avere un galley a metà aereo, e l’unica a non avere spazi cross-aisle in economy. Ed è anche l’unica ad avere un galley di economy così piccolo. Ma si sa, dove c’è galley non c’è posto vendibile e dove non c’è posto vendibile c’è costo e, come dice Puccettone, ”Cost cutting is in our DNA”. Mannaggia a lui. Il risultato… beh, lo vedremo.
Per il momento tutto sembra andar bene. Do una velocissima occhiata a Club Suite, le ricordo l’appuntamento per domenica, e mi spaparanzo in Traveller Plus. Ottimo il sedile, anche se il poggiapiedi è utile solo a Polly Pocket e a Magalli, e veramente ottimi coperta e amenity kit. Chiedo scusa, ho solo una foto.
Distribuiscono i menu, che nemmeno guardo, e scopro nel frattempo che sull’IFE (Panasonic eX3, notevole) ci sono anche film che gente nata dopo il 1990 può guardare, nella fattispecie Predator. Qualità.
L’imbarco viene completato in leggero ritardo; in economy siamo strapieni. Piena la cabina, piene le cappelliere, piene anche le gonadi dei poveri assistenti di volo: il comportamento dei passeggeri è sul maleducato andante, compresi gli Haredim che ordinano di parlare con un uomo e non con una donna.
Partiamo, e le cose vanno di male in peggio. Il servizio è eterno, tre ore circa per fare cibo e bevande. Tutto ciò che viene mangiato in economy e economy + va servito dal galley di poppa, praticamente 250 passeggeri su non so più quante file. Ci sono decine di menu kosher da servire a mano e, ovviamente, l’equipaggio è alle corde. Bevo il mio G&T e li guardo, poveracci, correre come dei disperati. Avarizia, avarizia, avarizia. Chiunque ha progettato un aereo del genere dovrebbe lavorarci su.
Spegniamo le luci quando manca un’ora e mezza all’arrivo, e le riaccendiamo dopo nemmeno 45 minuti. Siamo ai livelli di Turkish Airlines sulle rotte dell’Asia Centrale e, caro Cruz, non è una cosa piacevole.
Sia come sia, arriviamo al Ben Gurion e sbarchiamo come siamo saliti, alla branco di capre. Passo la cabina di Club e, nuovamente, le sussurro ”a domenica, bella mia”. Fuori mi aspetta un donnino all’immigrazione che mi chiede se sono stato in Cina. “Quest’estate”, le rispondo. “Quest’estate andava bene”, mi fa lei, e mi dà passaporto e foglietto facente funzione di timbro. Ah, come sono cambiate le cose.
Questo non doveva essere un TR. Il primo viaggio dell’anno doveva far da proemio ad avventure più grandi, più belle, più “oltre”, più meritevoli di finire in un trip report. Com’è ovvio, ciò non è successo ed ecco che questo viaggetto di gennaio, in cui le cose non sono comunque andate come dovevano andare, assume nuovo valore. Lo ripropongo qui, scusandomi per le poche foto in topic, rubando un po’ di spazio allo stillicidio di notizie cattive che leggiamo ogni giorno, nell’attesa di poter viaggiare di nuovo. Manca poco, ne sono certo.
I. Haredim express.
British Airways stava introducendo il 35K. Conscio del fatto che questo fatto avrebbe posto fine al mio personalissimo record – aver volato su tutti i tipi e sub-tipi in flotta – feci una breve ricerca. Breve per alcuni motivi: uno, del record fregava poco pure ammé; due, lo spender soldi a caso causa fortissimi turbamenti nell’animo del biellese (che seppur emigrante da quasi 15 anni rimane comunque pitòch) e, tre, non trovavo nulla d’interessante.
Finché, un bel giorno, faccio una scoperta di quelle che capitano di solito solo a Dancrane. Volo A/R Londra-Tel Aviv, fuori il giovedì sera e rientro domenica mattina, “orari comodi per il weekend” [cit.]. Anda in World Traveller Plus e rianda in Business – o meglio, l’agognata Club Suite, nzomma quella con la porta, a sole sterline 435.00 (quattrocentotrentacinque/00) e bicicletta con cambio Shimano a 18 rapporti in omaggio. Mio.
Passa il tempo ed eccoci all’agognato giorno della partenza. Il viaggio dall’ufficio è ben più lungo di quanto non fossi abituato fino a qualche mese fa; Moorgate fino a King’s Cross e da lì il pellegrinaggio eterno sulla Piccadilly. Arrivo e l’aeroporto si presenta abbastanza vuoto (foto di repertorio).

Ultimamente volare mi ha dato problemi: se il viaggio è più lungo di un Londra-Milano so per certo che avrò un mal di testa da seccare un asino. Dietro consiglio dello sciamano di fiducia ho iniziato a limitare l’alcol e il cibo a bordo: al massimo un G&T e lo yogurt/frutta a colazione. Il primo tentativo, un LHR-SEA e ritorno, ha avuto un buon impatto. Vediamo questa volta.
Sbrigata una cena da wagamama mi appropinquo al Satellite C dove si nota il 35K in tutta la sua beltà. Bello è bello, e la livrea gli dona. Sono – comunque – di parte, ma pazienza.

Il gate è in una posizione infelice, incuneato tra gli ascensori e le scale mobili che provengono dalle segrete di T5. I passeggeri vengono rigurgitati a ondate e tutti si accalcano. Poco importa che le barriere siano chiuse, che manchi del tempo, che non ci sia ancora nessuno: siamo tutti in coda per salire. A fatica si aprono le porte e tutti ci riversiamo a bordo.
A pelle, l’aereo è splendido. Ma gratta gratta e spuntano i problemi. La radice di fondo è una sola, il secondo peccato capitale. BA è l’unica a non avere un galley a metà aereo, e l’unica a non avere spazi cross-aisle in economy. Ed è anche l’unica ad avere un galley di economy così piccolo. Ma si sa, dove c’è galley non c’è posto vendibile e dove non c’è posto vendibile c’è costo e, come dice Puccettone, ”Cost cutting is in our DNA”. Mannaggia a lui. Il risultato… beh, lo vedremo.
Per il momento tutto sembra andar bene. Do una velocissima occhiata a Club Suite, le ricordo l’appuntamento per domenica, e mi spaparanzo in Traveller Plus. Ottimo il sedile, anche se il poggiapiedi è utile solo a Polly Pocket e a Magalli, e veramente ottimi coperta e amenity kit. Chiedo scusa, ho solo una foto.


L’imbarco viene completato in leggero ritardo; in economy siamo strapieni. Piena la cabina, piene le cappelliere, piene anche le gonadi dei poveri assistenti di volo: il comportamento dei passeggeri è sul maleducato andante, compresi gli Haredim che ordinano di parlare con un uomo e non con una donna.
Partiamo, e le cose vanno di male in peggio. Il servizio è eterno, tre ore circa per fare cibo e bevande. Tutto ciò che viene mangiato in economy e economy + va servito dal galley di poppa, praticamente 250 passeggeri su non so più quante file. Ci sono decine di menu kosher da servire a mano e, ovviamente, l’equipaggio è alle corde. Bevo il mio G&T e li guardo, poveracci, correre come dei disperati. Avarizia, avarizia, avarizia. Chiunque ha progettato un aereo del genere dovrebbe lavorarci su.
Spegniamo le luci quando manca un’ora e mezza all’arrivo, e le riaccendiamo dopo nemmeno 45 minuti. Siamo ai livelli di Turkish Airlines sulle rotte dell’Asia Centrale e, caro Cruz, non è una cosa piacevole.
Sia come sia, arriviamo al Ben Gurion e sbarchiamo come siamo saliti, alla branco di capre. Passo la cabina di Club e, nuovamente, le sussurro ”a domenica, bella mia”. Fuori mi aspetta un donnino all’immigrazione che mi chiede se sono stato in Cina. “Quest’estate”, le rispondo. “Quest’estate andava bene”, mi fa lei, e mi dà passaporto e foglietto facente funzione di timbro. Ah, come sono cambiate le cose.