Questo viaggio nasce come collage di rotte che mi porteranno a toccare 6 paesi in 6 giorni. Sostanzialmente senza sosta, su un itinerario in linea di massima circolare (in verità forse più a zoccolo di gnu), volerò con ben 10 compagnie diverse per la maggior parte su 787. Premetto che non raggiungerò nessuna destinazione. Volerò per il solo gusto di farlo, meta finale il letto di casa. Varrà la pena? Lo scopriremo insieme.
Si parte di domenica, dopo che Saudia mi ha riprogrammato l’itinerario su JED (inizialmente sarei dovuto passare da RUH), anticipandolo di un giorno. Prima tappa KUL. L’inseparabile bagaglio tecnico contiene tutto l’occorrente per produrre giga e giga di contenuti video che quando sarò in pensione avrò tempo di editare.
Questa domenica pomeriggio MXP è particolarmente vuoto, sarà l’effetto del trasloco a LIN che libera i piazzali dello scalo varesino. Là fuori pochi ma buoni...
Il mio è già al gate, arrivato in anticipo da JED.
Ho già le carte di imbarco, evito il check-in e salto dritto al gate. Poche partenze. Ne conto quattro al pier C. DOH, NRT, JFK e ovviamente il mio. Lui va a NYC.*
Intanto arriva l’addetta all’imbarco e mi avvicino per ‘costituirmi’. Sì perché la Malesia richiede che il passeggero sia già in possesso del biglietto di di ritorno. Cosa che nel mio caso non è così semplice da spiegare.*
Attacco io:“sì, domani arrivo a KUL, poi il 29 vado a Singapore e rientro in serata a KUL,*
Lei: ‘poi resta a KUL.’
Io: “no, il 30 di nuovo vado a SIN e rientro in serata a KUL’.
Lei: “ah ok, poi resta a KUL....”
Io: “no no, parto per Guangzhou”*
Lei: “Okay, poi Italia vero?”
Io: “no no, torno a KUL il primo, ma ci sto per poche ore perché poi vado a Dacca...”
Insomma, stavo cercando di capire se stesse schiacciando il pulsante sotto il banco per chiamare le guardie o i vigili per un TSO, quando con un sorriso mi dice, “beh, bellissimo viaggio, buon divertimento!”*
Ecco quindi svelata la sequenza: MXP JED KUL SIN KUL SIN KUL BKK CAN SIN KUL DAC LHR LIN, rispettivamente con Saudia, Air Mauritius, Malindo, Singapore Airlines, Silk Air, Royal Jordanian, Kenya Airways, Scoot, Biman Bangladesh e Alitalia. Tanti voli condensati in pochi giorni, roba da far salire sulle barricate gli extinction rebels. Penso che come carbon offset, con l’aggravante del senso di colpa per l’inutilità del viaggio, dovrò piantare una piccola foresta. Purtroppo ho anche speso non poco per l’organizzazione, quindi foresta sarà ma di piantine di basilico.
Si avvicina l’ora dell’imbarco e con essa questo marcione da San Paolo. Foto di gruppo...
Salgo sul mio A320U. La business sembra niente male. La numerazione dei posti evidentemente fa un salto da qualche parte, e mi ritrovo dietro l’ala al 38L. Considerata l’età del giovanotto, gli interni sono puliti e ben conservati. *Anche il sistema di intrattenimento sembra promettere cose buone. Ritrovo con mio grande piacere TBT, probabilmente vecchie puntate che saprei recitare in tutti i ruoli. *Safety card
Distribuiscono i menu. Due scelte per gli starters, tre per i main. Non male, no no...
Stacchiamo in perfetto orario, alle 15.50, come fossimo uno Shinkansen. A destra fiancheggiamo un 320 di Air Cairo in livrea ‘nostalgia dei gloriosi anni ‘90’
Siamo i numero uno, non nel senso di ‘fatece largo che passamo noi’. Nessun movimento segnalato. Breve taxi, superiamo tre MAX al pascolo, prossima futura donazione a Volandia...
... e in un attimo siamo per aria. Virata verso ovest e poi rotta verso sud, le alpi là, ad aspettare la prima neve.
Arriva il welcome snack, ampia scelta di soft drinks, the e caffè e un dattero.
Do un’occhiata alle mappe e ne rimango sorpreso per l’eccellente qualità. La funzione command center permette addirittura di vedere in tempo reale pitch, roll e VS!
Mentre dentro spadellano per la cena, fuori tutto si fa fuoco
Arriva la cena. Niente vassoio ma tovaglietta in TNT di quelli che non saltano per aria, posate di plastica, bicchieri di plastica, pane e starter dello stesso materiale. Nota da segnalare il main, mezza melanzana ripiena di formaggio caprino, stesa su letto di risotto, stracotto ma unto al punto giusto. Mise en place del sottoscritto.
Il dessert arriva a parte, un’ottima quanto industriale mousse di cioccolato. Hot drinks in un secondo momento, in un terzo ulteriore snack, barretta ai cereali o minibanana. Le due aavv che si occupano della cabina posteriore non si fermano un attimo e servono incessantemente con sorrisi, grazia e molta cortesia. Davvero impressionato. Bravi!
All’altezza di Luxor si piomba nell’oscurità, così, senza preavviso. Le nostre, probabilmente con occhi di gatto, continuano a servire, questa volta bevande al calice. Manca circa un’ora e il servizio è stato senza sosta alcuna. Praticamente fino al controllo della cabina prima di atterrare. Intanto dentro si fa di nuovo chiaro e fuori accostiamo Jeddah da Ovest
Atterrare di notte ha sempre il suo perché...
Atterriamo morbidi apparentemente in mezzo al deserto. Fuori solo ombre di megadonti al prato, tanto da aver la sensazione di essere arrivati per sbaglio chessò, a Victorville. Poi ci parcheggiano ai remoti, dove per remoto si intende l’unica modalità, non essendoci fingers di sorta. Non troppo inaspettata infatti è la bruttezza dello scalo. Ridotto all’essenziale nei servizi, caotico, rumoroso e affollatissimo. I passeggeri in transito vengono sottoposti ad un controllo dei documenti, poi ad un check dei bagagli e a un ulteriore controllo dei bagagli, in due file separate, uomini da una parte e donne, forse più del doppio in numero, dall’altra. Poi si passa attraverso un one-stop-shop duty free e da lì nel girone dantesco della sala partenze. La cacofonia di annunci e il vociare delle centinaia di passeggeri in partenza per mille destinazioni della penisola rendono la sosta non proprio confortevole. Fortuna che parecchi voli in partenza quasi contemporaneamente svuotano parzialmente lo stanzone. Del mio volo però nessuna traccia sugli schermi delle partenze. Succede che poi si muove qualcosa e in un secondo aprono l’imbarco da un gate appena chiuso. Veniamo caricati senza soluzione di continuità su una schiera di Cobus che partono tutti praticamente mezzi vuoti. Sorpresa. Il volo sarà operato da un fiammante 787-x nuovo di fabbrica. Consegnato a SV il 30 di settembre, è ancora immacolato. Dentro odore di plastica nuova e interni intonsi.
L’IFE mette a disposizione parecchie lingue, italiano incluso, e un’ampia scelta di film e contenuti, tra cui spicca l’intera stagione 8 di TBT. Punto i miei cannoni su qiest’ultima, che ho visto due volte soltanto.
Safety card, anch’essa immacolata
E menu ad ordine invertito, snack in partenza e main (colazione) in arrivo.*
La situazione all’interno si densifica parecchio. Mille pellegrini affollano i due corridoi scambiandosi di continuo il posto. Le AAVV, gentilissime anche in questo caso, orchestrano le danze con truccatissima gentilezza. Anche io subisco una serie di cambi, trovandomi talvolta solo, talvolta al fianco di qualcuno, poi infine posto vuoto e signora che all’ultimo scambia con un tale. Un perentorio ‘tutto il personale di terra scenda ora dall’aereo’ lanciato dal comandante dà inizio a questo volo. Tempo stimato per raggiungere KUL: 8 ore e 40. Taxi brevissima e siamo in volo
Arriva il servizio. Focaccia olive e pomodorini, niente male, e yogurt con marmellata di ciliege
Tempo di finirla e sono già pronto per la notte. Viaggio leggero quindi niente cuscino pericollare. Viaggio leggero, quindi semi frattura di C1 e parestesie ovunque al risveglio. Fuori la luce blu degli oscuranti fatica a celare un sole già alto e chiaro. E io non manco di svegliare
il mio vicino con un abbaglio feroce, prima di rimediare schiacciando a caso i pulsanti degli oscuranti. Abbiamo già lasciato la costa orientale dell’India e facciamo rotta verso sud. Mancano due ore e mezza all’arrivo
Arriva anche la colazione. Opto per uova e patate, insapore riempistomaco. Il croissant con il suo sapore sintetico rende bene l’idea di quanto facciano male le farine raffinate, o i derivati del petrolio.
Con il rumine pieno passo il resto del volo a rivedermi gli ultimi due episodi di TBT. E intanto iniziamo la discesa *nel tipico cielo di queste latitudine.
Senza troppi giri di parole infiliamo diretti la radiale di KLIA e siamo a terra alla svelta.
*
Anche il sotto degli spoilers è candido e immacolato
Intercettiamo l’aereo che sarà la mia cattura di domani e ci posiamo al gate di fianco al fratello proveniente da Medina
Causa pressing da dietro e finestre sporchissime al terminal, niente ultimi scatti al fiammante mezzo che mi ha portato fino a qui. All”immigrazione spiego di nuovo il mio giro. *Il tipo, per niente impressionato, ride e mi lascia andare. Con una buona dose di pazienza individuo lo shuttle che mi porta gratis al terminal dove nidificherò, per i prossimi due giorni. E come gli uccelli, andrò e ritornerò. E come gli uccelli, cala la luce e mi addormento.
Per poi svegliarmi, come i galli, alle prime luci dellalba. O meglio , a quella lama di luce fioca che entra da quella feritoia chiamata finestra della mia camera. Oggi si volerà a Singapore con Air Seichelles, con un nuovissimo A330 neo che copre la MRU SIN KUL e viceversa. Si diceva viva la quinta libertà, no? Fuori il sole splende.*
Se dovete passare dal teminal 2 al terminal 1 e lo fate con lo shuttle gratuito, mettete in conto una mezz’ora abbondante. Il pullman parte ogni 10 minuti, h24. Arrivo ai banchi, deserti per il momento.
*
A KUL si passa il controllo passaporti e poi uno scan sommario dei bagagli, solo per questioni * doganali. In controlli di sicurezza si fanno direttamente ai gates. Una volta dentro mi accoglie una parata di modelli in scale diverse, tutte taglia XL.
*
Il premio lo diamo a lui, padrone di casa in scala uno a poco, veramente gigante.
Intanto il mio è già attaccato.*
Air Mauritius opera tutti i giorni, tranne il sabato, la tratta MRU-SIN-KUL e viceversa. Le due tratte sono acquistabili in quinta libertà. Il terminal internazionale ha un corpo principale che ospita i gates serviti da Malaysian, Malindo/Batik/Lion. Il satellite, raggiungibile con una breve corsa con lo sky train, accoglie tutto il resto. Aprono i controlli di sicurezza e l’imbarco e finalmente ottengo qualche chance in più di fotografare meglio questo zorro fake. Visto da vicino sembra veramente un 330 mascherato da 350. Un fake insomma.
A bordo, interni nuovi ma spartanissimi. Pulito ma non pulitissimo. Equipaggio gentile ma senza sorriso. Grande l’aspettativa, moderata la delusione. Durante l’imbarco viene messo in loop un video sulle bellezze dell’lsola di Maurizio, accompagnato da una sorta di inno molto catchy. Racconta delle avventure del popolo mauriziano, della storia della via delle spezie, ecc ecc. *E no, Shazam non la riconosce. Anche il comandante dando il benvenuto cita il nome con cui questo aereo è stato battezzato (Aapravasi Ghat) dicendo che ad ogni aereo della compagnia è assegnato il nome di un eroe nazionale. Aapravasi è stato un..... non mi ricordo una parola di quello che ha detto, distratto com’ero a pensare al prossimo viaggio a MRU. *Aereo mezzo vuoto. Qualche famiglia francese, molti mauriziani, io. Fuori, due germogli di winglets*
Mi godo la partenza dalla webcam,*
fuori si vola verso cumuli che intravedo nello schermo. Gioco mentalmente a scommettere su quale sarà il più turbolento. E mentalmente mi dico di dedicarmi piuttosto ad altre attività ricreative, meno stancanti. Tipo una vacanza a Mauritius.
Nonostante i 50 minuti scarsi di volo, viene servito un panino farcito con caponata e ananas. Main e frutta insieme per risparmiare. Acqua o succo a completamento. Sorrisi dispensati da un risicato 0,07% (1) dell’equipaggio. Il restante 99,93% (14), serissimo. Safety card...
Siamo già al TOD, dopo appena 20 minuti di crociera. Tempo nuvolo ma poi, laggiù, Mauritius!
Lapsus. Il mio. Lapsus, quello della capocabina che annuncia in tre lingue l’avvenuto atterraggio a Kuala Lumpur, con tanto di informazioni sui regolamenti doganali. Per un microsecondo ho pensato davvero di aver sbagliato qualcosa, visto che nessuno batte ciglio.*
Sbarchiamo tutti, acnhe i pax diretti a MRU. Scendo per ultimo e mi prendo il tempo per smascherare, non riuscendoci, questo fake zorro.*
Detta tutta, sta trovata della mascherina è davvero geniale. Ma attenzione, solo questa, non quella ciofeca di Air Canada che sembra il risultato di qualche elaborazione hard che vedi su certe Ford Escort. La giornata non prevede altro che l’attesa, previo trasferimento al T3, del mio prossimo volo. Malindo Air, operato da Batik Malesia on behalf of Lionair. Insomma, un’accozzaglia catastrofica di “member of .... group’. *Devo fare il check in, lo faccio al piano dei profumi di Rinascente
Lato semi-aria, ai nastri bagagli, una foresta imperiale.
Non sono riuscito a vedere la cascata, prossima volta. Ho visto la serra con le farfalle e non ci sono entrato perché mi fanno più paura delle severe turbulences. Ho sentito che hanno in progetto di liberare qualche tigre in ogni terminal, così da rendere ancora più realistica l’esperienza foresta. L’obiettivo secondario è quello di accelerare la corsa dei pax in ritardo puntando ad un netto snellimento dei tempi di imbarco. Tornando seri, qui a Changi non vedi quasi nessuno correre, al contrario di Francoforte dove giù dabasso sembra un campo di atletica. *Qui i padroni di casa sfoggiano l’artiglieria pesante. Mi chiedo se non sia l’ora di dare una rinfrescata alla livrea che ormai sembra quasi retro.
Con comodo arriva il mio da KUL.*
Siamo in quattro gatti. Due in business (?) tutto il resto sparpagliato dietro. Gli interni sono disgustosi per la scelta dei colori.*
Credo si siano ispirati alla vecchia livrea delle carrozze FS, grigio isabella e rosso fegato (sic).*
il *tutto fa a pugni con il ceiling azzurro chiaro. Una cacofonia discromica che si addice al nome Batik. Peccato l'assenza di geometrie a dare un senso a questo abbinamento poco felice. Visto che siamo pochi, mi sposto dal mio finestrino dove nel brodo primordiale dell’intercapedine si stanno sviluppando i primi microrganismi.
Cambio lato, ma purtroppo la situazione non migliora di molto. Si decolla. A sinistra un enorme cantiere che farebbe presagire un’ulteriore, colossale espansione dell’aeroporto.*
Foto ricordo con le navi all’attacco di uno dei porti più trafficati del mondo.
Aereo quasi completamente vuoto. Fatalmente mi ritrovo dietro all’unico passeggero che decide di reclinare il sedile per godersi un po’ di relax in questi abbondanti 15 di crociera. Canbio lato di nuovo. E realizzo che navighiamo in cresta tra bello e cattivo tempo. Sinistra sereno, destra questa roba
Ancora sugli interni rosso passaporto.*
Malindo, alias Batik, alias, Lionair è una low cost. Offre un servizio snack a pagamento, inclusi caldi cobtenenti una buona dose di aglio visto l‘odore. Gli aavv si danno un gran daffare per infliare più snack possibile ai solventi, sfidando con equilibrismi notevoli le turbolenze che ora si fanno sentire sul serio. Scendiamo ulteriormente e in finale siamo di nuovo nel ciel sereno. Fotografo l’impresa di un agricoltore artista che ha sagomato il suo campo sulle fattezze di Batman.
Nulla da segnalare per il resto della giornata, che termina con una favolosa cena in busta di cellophane acquistata presso lo stellato Family Mart di KLIA2.
Terzo giorno di questa, chiamiamola, vacanza. Oggi di nuovo Singapore. Sotto ‘esame’ SilkAir, da tempo nel mio personalissimo mirino. Di nuovo a Changi ad emettere ulteriore CO2 per aggravare ulteriormente il mio conto carbon footprint. Andata con SQ, uno stagionato A332, ritorno con MI. Salgo per primo. Giovanotto nella sua pubertà questa macchina non dimostra affatto l’età.
Decollo e caffè in tazza grande praticamente simultanei,*
Già tempo di scendere a Changi.
Viaggiando con la stessa compagnia, ovvero con una del gruppo SQ, posso rimanere nello stesso terminal lato aria senza dover fare immigration e controlli di sicurezza. Avrei potuto uscire e farmi un giro. Temperatura e umidità fuori dalla bolla di questo non-luogo mi fanno desistere. Mi godo piuttosto una delicatezza Vietnamita che contribuirà a gonfiare il mio grasso sottocutaneo in previsione dell’inverno boreale.
Amici aviatori, questo è l’unico OT di questo viaggio. Il resto solo aerei. A sfinimento.*Passerò il resto della sosta a fotografare naso e sedere di uccellagione locale, invariabilmente Singapore o Silk.
È quasi ora di tornare, mi dirigo al gate che in questo caso è sponsored by A380.
La mia corsa è già al tondino
Dentro la solita combinazione di colori poco felice. Sedili color uova di salmone, ceiling azzurro cappella sistina. Combo con safety card...
Avvicinamento nella umidissima troposfera di Kuala Lumpur*
*
E fine di questa esperienza ‘as smooth as silk’ come recitava il pay off della compagnia. A giudicare dalle divise, andrebbe cambiato in ‘as smooth as viscosa’ o qualcosa di simile.
Sbarchiamo in fretta e furia e vengo catapultato al terminal satelite nel quale mi tocca passare almeno 7 ore prima di ripartire per Bangkok. Cerco un posto tranquillo, individuo un’intera fila di panche e mi ci installo. La tranquillità dura poco. A breve aprono il gate del volo Malaysian per Jeddah, e il corridoio si riempie di pellegrini diretti a Mecca. Passano le aavv in servizio su questo volo. A differenza degli altri voli MH, su questo l’equipaggio indossa una divisa differente. Non più sari e ciabattine, ma pantaloni, giacca e velo. Intanto la folla di pellegrini aumenta, quasi vestiti con la sola .... mi chiedo come facciano a resistere alle temperature glaciali che di solito regnano a bordo. Partiti che sono tutti, torna la pace nel braccio C1 del terminal. Passerò il resto del tempo qui, aspettando il mio.*Stasera volo con Royal Jordanian, altra quinta libertà. È una tratta in prosecuzione per Amman che RJ opera nei due sensi. Il volo di rientro dunque origina da KUL. Siamo in pochi, quasi tutti proseguono per la Giordania. La mia corsa intanto è già là fuori.
Arriva l’imbarco e con essa un’ambulanza che trasborda un passeggero/ paziente richiedendo un tempo discreto. Finalmente all’orario della partenza aprono i cancelli.*
Siamo pochi. L’imbarco si esaurisce velocemente. Dentro la cabina è perfetta. Sobria, pulita ma sopratutto spaziosa come mai visto su un 787, grazie anche all’assenza delle toilets posteriori. Anche la business è notevole, *con le cappelliere centrali praticamente a scomparsa.
Ife standard. Segnalo la presenza di una sola puntata di TBT che mi riguardo per la non so quantesima volta.*
Decolliamo tra quelli della notte. Siamo leggeri, complice la plastica di cui è fatto gran parte di questo mezzo, e in tempi da narrow body siamo per aria.*
Sorvoliamo Kuala Lumpur, scorgo le Perronas Towers, mi preparo per lo scatto e svaniscono sotto una coltre di nubi. Arriva il rancio, semi full meal in cui a mancare è il solo burro per ammorbidire il pane di schiuma poliuretanica. Da notare le posate di metallo. La tazzina completa il corredo, inutile visto che non vengono serviti caldi.*
Avviciniamo Bangkok da Sud, sorvolando lo scalo DMK, puntando a nord, poi ovest, poi est, poi sud e infine un 180 a chiudere la gassa d’amante.*
Saluto gli aavv che sono tutti di Bangkok. RJ mantiene una base a BKK e gli equipaggi coprono le sole due tratte in quinta libertà, ovvero KUL e HKG. Sbarco e corro verso l’immigration. È tardi, ho sonno e ho la sola fretta di correre a letto. Supero con destrezza un gruppo foltissimo di cinesi e proseguo per il secondo immigration point, molto meno gremito. Me la cavo con un’ora tra tutto. Arrivo in hotel, pagato una scemenza, e mi ritrovo in una suite praticamente grande come il mio appartamento.*
Giorno quattro del mio viaggio, terza quinta libertà. E viva la matematica. Oggi si vola con KQ. Il volo Bangkok Guangzhou è la prosecuzione del NBO BKK. Viene operato daily in entrambe le direzioni. Arrivo ad un’ora comoda per sbrigare le formalità di accettazione.*
Speravo di scampare al visto per la Cina. Purtroppo anche se rimarrò una sola notte in una città che fa parte della 72h exemption, mi tocca farlo in quanto il mio ritorno dalla Cina sarà verso un paese extra-eu. In sé ho pagato poco il biglietto. Meno dei 122 euro richiesti per avere la pecetta sul passaporto. Posto assegnato 27J.
Suvarnabhumi sarebbe anche un bell’aeroporto. Peccato che chi l’ha progettato non ha superato l’esame di fisica tecnica. Dentro sembra di stare in una serra, ci sono ventilatori e condizionatori portatili ovunque e il clima dei livelli superiori dove si trovano food court e lounges è davvero insopportabile. Man mano che si scende la temperatura si fa accettabile. Il colpo d’occhio è gradevole. Ma c’è un altro ‘ma’. I vetri hanno bisogno di una bella pulita, operazione non facile data la vicinanza della struttura portante che rende difficile il raggiungimento delle vetrate. Nelle testate si sono visibili stratificazioni che vanno dal semplice velo di polvere al muschio tibetano. Peccato.
La mia corsa arriva in ritardo.
Ultimo sguardo al mega tendone e si va.
L’aereo è pienissimo. Mi dice la hostess che questa tratta è sempre piena. Brava KQ ad avere intercettato il traffico tra Africa e Cina. Meno brava nel mantenere i propri aerei in condizioni accettabili. KQ non sbarca i passeggeri in transito, quindi salgo con l’aereo già mezzo pieno e in uno stato pessimo, come si vuole per le macchine che fanno lunghe tratte prima del cleaning. Il mio posto è occupato da una ragazza non proprio filiforme che si ostina a sostenere di essere lei la titolare del posto al finestrino. Ne nasce una divertente discussione su G e J, che si conclude con l’intervento del terzo della fila che la risistema al proprio posto. Bene ma non benissimo, visto che da quel momento in poi la tizia farà di tutto per limitare il mio spazio a limiti che farebbero intervenire Amnesty International. Stacchiamo con un’ora abbondante di ritardo e ci mettiamo in coda.*
Finalmente stacchiamo.*
L’unica cosa che non si stacca è il braccione della tizia, saldamente incollato sui tre quarti del bracciolo. Sarà una sensazione, ma ho come l’impressione che la larghezza del sedile sia particolarmente ridotta rispetto allo standard. Per starci sono costretto a stare parzialmente girato verso il finestrino. Arriviamo in quota, si fa buio con gli oscuranti in modalità nero di seppia, e, paradosso, vengono sparate a cannone le luci interne. Nessun modo di schiarire gli oscuranti, mi chiedo se non fosse stato meglio lasciar filtrare la luce naturale. Stranezze... Servono il ‘pasto’, una specie di panino ripieno di ‘pollo’ e un muffin. Soft drinks *niente caffé.*
Fuori allo scuro dei finestrini si aggiungono le incipienti tenebre della sera.
Safety card, una delle poche cose ben conservate in cabina.*
Prendiamo il largo e a breve iniziamo la discesa. L’equipaggio, quasi interamente cinese thailandese, passa a distribuire i moduli per l’immigration. Come nel caso di RJ, anche Kenya Airways ha equipaggi con base BKK per coprire la tratta. Finalmente scendiamo, finalmente la tizia di fianco si sveglia e si ridimensiona, finalmente sorvoliamo Guangzhou, città che di notte regala uno spettacolo pirotecnico di luci in ogni dove. Peccato che il mio finestrino sia completamente annebbiato da condensa che si è materializzata nell’intercapedine tra uno dei tre strati di plexiglass. Niente foto. Atterriamo, attracchiamo al finger, si spengono i motori e a questo punto sotto lo sguardo severissimo delle hostess, rimaniamo tutti seduti ad attendere. Attesa che si fa lunga e che, in assenza di comunicazioni, lascia pensare a qualcosa andato storto. Emergenza medica? Unruly passenger e attesa delle forze dell’ordine? Nulla di tutto ciò. Semplicemente impongono la permanenza ai propri posti in attesa dello sbarco dei passeggeri business. Almeno ditelo... La sequenza immigration, transfer per l’hotel, cena, capezzale è particolarmente rapida. Alloggerò al Pullman Hotel dell’aeroporto, posizione strategica e bolla non-luogo ideale per chi come me transita nella capitale cinese della tecnologia. Promettendosi di dedicargli una visita a breve. L’upgrade a una minisuite mi fa sentire come un pascià, facendomi dimenticare in fretta l’esperienza non proprio memorabile con KQ.
Giorno cinque del mio viaggio, rientro a casa. Partirò in mattinata e viaggerò senza sosta o quasi su un itinerario articolato. CAN-SIN-KUL-DAC-LHR-LIN è la sequenza. TR-BG-AZ vettori. Mi sveglio all’alba per godermi l’ultimo dei pasti come si deve prima di una sfilza di junk aero food che richiederà una dieta detox di mesi. Saluto la torre di controllo con le sue luci danzanti appena spente.
Il trasferimento dall’hotel al T1 da dove Scoot opera è diretto. Per il T2 invece c’è una navetta gratuita che parte ogni 20 minuti. Purtroppo il T1*non è altrettanto moderno come il T2. C'è da dire che l'apertura di quest'ultimo ha notevolmente alleggerito il carico del vecchio terminal, che rimane comunque un po' opaco e polveroso. Il mio volo partirà, ovviamente, dal pier internazionale, dove l'uccellagione è mista. Nel molo nazionale, China Southern dominal a mani basse. Qui un loro 777-300 al pascolo. Qualche minutaglia di Air Asia, roba poco interessante, poi arriva lui da IKA.
Mi prende un colpo nel sapere che W5 sarà bannata dai cieli italiani, giusto nel momento in cui stavo scansionando l'intero web per trovare il modo di volare quaggiù con loro. Non mollerò fino a quando troverò un'alternativa!
Con calma arriva la mia corsa, un 788 (mamma quanto è corto!) vestito con una delle livree più brutte della galassia.
Mi sono anche regalato l'imbarco prioritario per prevenire la prevedibile ressa di pax cinesi in gita shopping a Singapore.
Sono il primo ad infilarmi nel tubo. Scatto questa sul muso la cui bellezza di forme viene orrendamente deturpata da colori, geometrie e scritte di una livrea, ripeto, di rara bruttezza.
Insomma, anche la copisteria sotto casa avrebbe saputo far di meglio. Se fuori si piange, dentro di certo non si ride. Le finiture hanno l'appeal della corriera Milano- Treviglio. Moquette completamente usurata e sedili di tessuto blu che occhieggiano dicendoti di averne viste di ogni.
Safety card
Niente IFE
L'imbarco è un disastro, nessuna disciplina se non quella urlata dalle hostess che cercano di domare una folla urlante. Urlante, sì, come solo i cinesi riescono a fare.
mi trovo intrappolato tra una tizia seduta di fianco che si ostina a fare foto fuori piazzandomi il suo stramaledettissimo smartphone davanti al mio naso, e la signora dietro che, dopo aver comunicato con tutti i suoi compagni di viaggio vicini e lontani (parecchie file dietro, immaginatevi le urla) si mette a fare autoscatti a più non posso, non facendosi problemi ad usare il mio testone come cavalletto. La cosa dura quel che deve durare, cioè fino a quando il sottoscritto fa saltare il tutto con una manata. Lei per tutta risposta mi fa un sorriso sdentato e riprende come nulla fosse. In prossimità della soglia pista però viene interrotta da una telefonata, a cui risponde come se fosse la cosa più normale da farsi. Chiamo l'AV la quale la fulmina con due sillabe, urlate anche quelle, e poi mi ringrazia. Si parte, finalmente.
Incrociamo qualche alta via, si spegne l'apposito segnale, e via con la processione verso i cessi.
Sulla verticale di Macao arriva il pranzo, preordinato, precotto ed in parte predigerito.
Parecchio indigesto. Unico conforto, una scatoletta di cioccolato di cui riesco a mangiarne due tavolette prima che sparisca in quelle misteriose cavità dei sedili che tutto inghiottono. Niente, per nulla soddisfatto ordino un rinforzo, questa volta alcolico.
Intanto fuori sfila un atollo completamente isolato e presumo non ancora violato da umani.
Finito il giro pasti, i finestrini vengono forzati sullo scuro. E anche questa volta ci danno dentro con l'ossido di titanio
Iniziamo a scendere facendo slalom tra cumulonembi di una certa mole.
Infiliamo tutti gli squarci possibili e atterriamo che il peggio è appena passato. Il ritardo di 30 minuti rende il mio transito a Changi della giusta durata. Un'ora abbondante e si riparte per KUL.
Intanto aprono il gate, mi infilo nel rumine delle partenze giusto in tempo per vedere il mio 320 arrivare
Anche su questa macchina, l'effetto word art è penoso.
Decolliamo e con un 180 viriamo verso nord. Dopo il temporale è tornata la solita cappa di umido che avvolge Singapore praticamente tutto l'anno.
Voliamo in un sandwitch di nuvole di varia natura, fortunatamente poco turbolente.
Combo safety card e articolo del NYT che punta il dito su una certa deregolamentazione che avrebbe dato campo libero alla Boeing di applicare una certa leggerezza nel testare il Max.
Scendiamo che l'atmosfera si è fatta decisamente calma. Navi alla fonda, pacifiche in acque molto poco profonde anticipano la virata che ci porta dritti a KLIA.
Batman, ancora tu!
Atterriamo in prossimità del cimitero degli elefanti. Almeno 4 A380 di Malaysian al prato. Tutti ormai impiegati saltuariamente per i voli verso Jeddah e Medina.
Arriviamo al KLIA 2 e qui mi rendo conto di aver fatto quella che in gergo tecnico si definisce 'enorme cappellata'. Ho infatti prenotato 5 ore in una lounge privata all'interno del terminal internazionale, airside.
Questo arrivo all'altro terminal compromette tutto. Il mio volo partirà alle 2.30 am, sono le 19.00 e nessuna possibilità di avere la carta d'imbarco prima delle 23.30. Tento di tutto, incluso andare a bussare alla porta del capo scalo di Biman. Nulla da fare, mi tocca attendere che apra il check-in e poi altre due ore e mezza prima di partire. Vorrei piangere. Giro per tutto il terminal, moderno ma non indimenticabile. Ceno con trigliceridi piastrati, poi mi avvicino ai banchi di Biman, in quella che sarà un'attesa estenuante. Intanto* * osservo la lunga coda dei passeggeri diretti a Tehran con Mahan. Man mano che passano i minuti, la calca si dirada. sono le 22.50 (partenza del volo alle 23.30) e ancora accettano gli ultimi pax che sudatissimi si prodigano in disperati e convulsi tentativi di risistemazione dei pesi nelle loro innumerevoli valigie. Tutto spedito, il personale di W5 raggruppa tutto, si spengono le luci e si fa il deserto. Per poco. Alle 23.20 compare una tizia di Malayisian che con pazienza ricrea un percorso a corridoi seguendo uno schema che riesco solo ad intuire. Niente web check-in, quindi in teoria servirebbero due corsie, Economy e Business, senza il baggage drop. Spunta invece una terza corsia che immediatamente rivela la sua destinazione: accogliere i parecchi passeggeri con extra bagaglio. E quando dico extra, intendo carrelli stracolmi di valigie, televisori di ogni dimensione, computer e quelli che chiamo i meteoriti, pacchi di forma ovoidale, generalmente enormi, liscissimi nella loro spessa copertura di cellophane. Sono l'unico occidentale. La tizia mi mette in prima fila nella corsia business, come fanno quelle maestre con i bambini particolarmente fragili per dargli la manina in caso gli venga da piangere. Si accendono le luci, sono le 23.25. Arriva una coppia trafelatissima. Lei chiede quasi in lacrime di fare check in per il volo si Tehran che parte tra 5 minuti. La loro disperazione si perde nella ressa dei pax del nostro volo che ha finalmente aperto l'accettazione. Mi viene fatto uno sconto notevole sul bagaglio a mano, di fatto sovrappeso causa carico di elettronica. Sconto che viene fatto solo a me. Al resto dei pax pesano fin quasi le mutande. Mi infilo finalmente ai controlli e vado dritto in lounge a tentare di stornare l'addebito. La trovo con non poca difficoltà e fortunatamente riesco in ciò che booking non è riuscita a fare. Rimborso ottenuto, vado verso il gate che, stranamente, apre con notevole anticipo. Passati i controlli di sicurezza, una bilancia arrugginita valida un'ultima volta il peso del bagaglio a mano. Tutti in coda alla pesatura, a me viene fatto cenno di passare oltre. Poi vengo avvicinato dall'addetto all'imbarco e mi chiede dove vado. 'Londra' dico io. Lui mi guarda negli occhi e quasi ammirato mi dice 'in tutta la mia carriera non ho mai visto nessuno che non fosse del Bangladesh prendere questo volo. Non so come prenderla. Un tempo mi sarei agitato tantissimo. Certo fa un bell'effetto. E in parecchi mi guardano incuriositi. Aereo pienissimo, tre sole donne, il resto tutti uomini di varie età, per lo più giovani o giovanissimi.
Il volo è in perfetto orario. Ed ecco il mio 737-800 che arriva
Sbarcano tutti, anche il primo ufficiale che insieme allo staff di terra si occupa delle ultime fasi dell'imbarco. Mah... Si parte, entro tra i primi, insieme a quelli della business. Nessuna regola sulle priorità. Semplicemente aprono le porte e liberi tutti.
Gli interni sono molto gradevoli, i sedili colorati e ben conservati. IFE di tutto rispetto, c'è pure TBT....
Safety card, non nuovissima..
Nota stonatissima le assistenti di volo. Elette seduta stante come le meno gentili dell'universo. Ai sorrisi e al saluto non rispondono. O meglio, ti piantano gli occhi addosso con un'espressione che dice chiaramente 'c..... vuoi?'. A me va bene, gli altri vengono ripresi in continuazione a suon di urla. In più non muovono letteralmente un dito, lasciando, o meglio, imponendo a tutti di chiudere le cappelliere. C'è da dire che da gestire è un bel caos, onestamente. Partiamo. Siamo solo noi e un volo di Oman in ritardissimo per Muscat. Passiamo a fianco di un altro pachiderma, temo ben presto vittima dello scrap
ci stabilizziamo in crociera e parte il servizio. Prima bevande, servite a caso, senza chiedere. Al pax al corridoio, bicchiere di succo di mela, acqua per il mio vicino e a me mezzo bicchiere di succo di mela. La hostess pesca dal vassoio la bevanda, interpretando i desideri del passeggero con un semplice sguardo. Di traverso e cattivo.
Approfitto per andare in bagno. Fila. Uno dei due è occupato da parecchi minuti. Qualcuno tenta di bussare, finché dalla tendina che nasconde la galley spunta un braccio che percuote la porta finché qualcuno esce. Tocca a me e, bing, turbolenza e allacciate le cinture. Faccio per entrare comunque in bagno e dalla tenda spunta il faccione della hostess più rabbiosa che mi ordina due volte in sequenza di tornare a posto, chiudendola con uno 'sciò' accompagnato dalla manina a paletta. Penso alle montagne, a quelle giornate estive piene di profumi. Penso all'erba fresca brucata dalle brune alpine, e a quei pastori che con la stessa perentorietà e asprezza di gesti mettono in riga le mandrie al tramonto. Ecco, sono mancati i fischi e i cani. Per il resto nessuna differenza. Siamo sopra Phuket.
Passano con il carrello dei pasti. Beef or chicken? Scelgo pollo, per poi scoprire che la variante beef era la stessa cosa, unica differenza i pezzi di 'carne' bruniti.
in osservanza alla politica 'bevande a caso', il vassoio si completa con una bottiglietta di Coca Cola o Pepsi, distribuite secondo la logica del 'la prima che pesco dal mucchio'. Il tutto fa il suo dovere. Mi riempio lo stomaco come si deve, aggiungo il dessert-spontex e piombo in un sonno che so non fare bene alle coronarie. Mi sveglio strattonato dalla AV che mi impone di darmi una sistemata per l'atterraggio. MI giro verso il mio compagno di posto e sento che puzza terribilmente di fumo. Tornato dal bagno dove si è goduto una sana sigaretta. Metto anche questo nel conto dell'avventura 'esotica' con Biman. Intanto, welcome to Dacca. Sono le 4.00 am ora locale. Il mio volo per Londra partirà alle 10.00. Una sbirciata al terminal mi fa capire che sarà una luuuunga attesa. Saluto il mio mezzo e via verso il terminal
Ad attendermi nel terminal un addetto di Biman che intercetta i passeggeri in transito per depositarli nella 'Transfer lounge'. Oltre a me, quattro pax diretti a Katmandu. Raccolto il piccolo gregge, veniamo tradotti nella cosiddetta 'lounge'. Uno stanzone mal illuminato e infestato dalle zanzare. Al banco transiti mi viene data la carta d'imbarco per LHR. Scopro che un cambio macchina mi farà volare sul 777-300 invece del 787 come originalmente previsto. Damn! In compenso mi cambiano il posto con uno all'uscita di emergenza. Poco male, dai. Mi dicono pure che dalle 6.00 è possibile avere una colazione gratuita presso uno dei bar dell'aerostazione. Intanto poco a poco il terminal si riempie di gente. Prima di militari, tanti, poi di civili. La prima partenza è di TK per Istanbul. vado a fare colazione nel bar sbagliato. Poco male, il tutto mi costa meno di due euro. Le zanzare non mi danno tregua e mi trovo le caviglie piene di punture. L'attesa è snervante. Purtroppo è pieno di cartelli che proibiscono qualsiasi ripresa o foto. Quindi niente documentazione. Ecco i primi arrivi. Qatar da Doha, Oman da Muscat. Poi anche il versante domestico si anima. Biman e Us Bangla si contendono il traffico, Regent Airways terza. Queste ultime assolutamente nella mia lista, anche se un brivido mi corre già sulla schiena. Finalmente aprono i controlli per Londra. Controlli piuttosto meticolosi che in breve creano una fila piuttosto densa. Veniamo depositati nella departure 'lounge' che in breve esaurisce i pochi posti a sedere. Ormai è gremita. Conto parecchie sedie a rotelle. Gli infant invece non si contano, tanti sono. Arrivano alla spicciolata le AV. Vestono un colorato sari deturpato da una giacca nera che portano distrattamente appoggiata sulle spalle come fosse un rimedio estemporaneo contro la pioggia. L'imbarco ritarda e alla fine aprono le porte alle 10.30. Totale permanenza nel terminal di Dacca, 6 ore e 30. Esperienza da dimenticare. Intanto fuori lui prende il sole
Tutti dentro, fuori la terra, chiudono le porte e con un'ora tonda di ritardo stacchiamo. Il taxi regala una bella vista dello scrapyard in cui lascio un pezzo di cuore. Due A310 di Biman, uno orrendamente mutilato
E poi un'intera sezione dedicata ad United Bangladesh. Potessi portare a casa uno di quei MD-80....
Decolliamo e puntiamo dritti verso ovest, sorvolando la zona residenziale appiccicata all'aeroporto
Passiamo sopra la house of Parliament, ben visibile l'annesso aeroporto militare di Tejgaon
Poco più in là, sbam! la catena dell'Himalaya in fondo a destra. Il comandante invita i passeggeri a scorgere l'Everest, facilmente riconoscibile dalla forma piramidale di colore scuro. Purtroppo non ho le ottiche guiste, ma vi assicuro che è davvero emozionante vedere tale parata dei picchi più famosi al mondo. Scatto questa,. Dell'Everest una pallida traccia che si perde nella foschia.
Si vede meglio nelle mappe. Intanto in cucina gli AV si danno un gran daffare per servire il pranzo, ovvero il mio pasto numero 5 consecutivo. Le coronarie hanno un nuovo sussulto.*
Non faccio in tempo a macinare l'ultima forchettata che sento di nuovo l'impellenza di svanire. Pulsazioni ok, è solo il sonno. Mi avvolgo nel sudario e dormo. Quando mi sveglio, il mio corpo mi dice di non muovermi per evitare il distacco di alcuni elementi terminali. Collo, spalle, gomiti e caviglie hanno bisogno di qualche minuto prima di sciogliere il rigor mortis che le ha cementate. Prendo coraggio e mi avvicino al galley. Impunemente tiro la tenda, interrompendo il festino dei tre assistenti. Non so come, diventano gentilissimi e una di loro mi prende in simpatia e mi chiede se voglio uno dei suoi 'special coffee'. Null'altro che acqua calda e simil-Nescafe versato direttamente nel bicchiere. Ci mettiamo a parlare un po'. Mi dice che fanno sia breve che lungo raggio, che i turni sono massacranti e tante amenità del genere. Le parlo della mia passione, le dico che sono ormai più di 20 ore che viaggio, tra tutto, e che ho scelto questo itinerario espressamente per volare con Biman. Strabuzza gli occhi, poi torna normale e mi chiede se sono scemo o cosa. E poi vuole farmi assolutamente conoscere la sua collega che parla un inglese ancora più stentato. La conversazione si annacqua e si fa l'ora del pasto. Pasto che potrebbe essere una cena, un brunch, uno spuntino, fate voi. Non certo il the delle 5 con la Regina*
La busta di Ketchup occhieggia accanto agli spaghetti scotti. Siamo sulla verticale di Mosca, tutto nuvoloso. Sorvoliamo Minsk e sotto parte una scarica di traffico diretto a Est, manco fosse la notte di San Lorenzo. Becco in sequenza 3 A350, uno di Lufthansa e due di Air China. Sembrano le prove su strada che fanno certi concessionari la domenica. Purtroppo niente foto.*
La noia mi porta a sfogliare la rivista di bordo dove scopro che hanno Tokyo in apertura.*
Riattacco con l'AV chiedendo lumi e lei con un gesto eloquente scaccia delle mosche immaginarie facendomi capire che per ora sono solo sparate commerciali. Chissà. Fuori le nubi si scuriscono ed è tempo di scendere. Atterriamo in una Londra fredda e umida e ci adagiamo accanto ad un A350 di MH pronto a ritornare a KUL dove (quasi) tutta la mia odissea ha avuto inizio
Il rientro su Linate, appena aperto, con AZ mi rimette in contatto con una realtà che da tempo non frequento. Amara sorpresa. Aereo in condizioni discutibili, un AV particolarmente scontroso e seat pitch che mi fa rimpiangere i sedili rosso fegato di Malindo Air.*
Alla prossima!
Si parte di domenica, dopo che Saudia mi ha riprogrammato l’itinerario su JED (inizialmente sarei dovuto passare da RUH), anticipandolo di un giorno. Prima tappa KUL. L’inseparabile bagaglio tecnico contiene tutto l’occorrente per produrre giga e giga di contenuti video che quando sarò in pensione avrò tempo di editare.

Questa domenica pomeriggio MXP è particolarmente vuoto, sarà l’effetto del trasloco a LIN che libera i piazzali dello scalo varesino. Là fuori pochi ma buoni...

Il mio è già al gate, arrivato in anticipo da JED.

Ho già le carte di imbarco, evito il check-in e salto dritto al gate. Poche partenze. Ne conto quattro al pier C. DOH, NRT, JFK e ovviamente il mio. Lui va a NYC.*

Intanto arriva l’addetta all’imbarco e mi avvicino per ‘costituirmi’. Sì perché la Malesia richiede che il passeggero sia già in possesso del biglietto di di ritorno. Cosa che nel mio caso non è così semplice da spiegare.*
Attacco io:“sì, domani arrivo a KUL, poi il 29 vado a Singapore e rientro in serata a KUL,*
Lei: ‘poi resta a KUL.’
Io: “no, il 30 di nuovo vado a SIN e rientro in serata a KUL’.
Lei: “ah ok, poi resta a KUL....”
Io: “no no, parto per Guangzhou”*
Lei: “Okay, poi Italia vero?”
Io: “no no, torno a KUL il primo, ma ci sto per poche ore perché poi vado a Dacca...”
Insomma, stavo cercando di capire se stesse schiacciando il pulsante sotto il banco per chiamare le guardie o i vigili per un TSO, quando con un sorriso mi dice, “beh, bellissimo viaggio, buon divertimento!”*
Ecco quindi svelata la sequenza: MXP JED KUL SIN KUL SIN KUL BKK CAN SIN KUL DAC LHR LIN, rispettivamente con Saudia, Air Mauritius, Malindo, Singapore Airlines, Silk Air, Royal Jordanian, Kenya Airways, Scoot, Biman Bangladesh e Alitalia. Tanti voli condensati in pochi giorni, roba da far salire sulle barricate gli extinction rebels. Penso che come carbon offset, con l’aggravante del senso di colpa per l’inutilità del viaggio, dovrò piantare una piccola foresta. Purtroppo ho anche speso non poco per l’organizzazione, quindi foresta sarà ma di piantine di basilico.
Si avvicina l’ora dell’imbarco e con essa questo marcione da San Paolo. Foto di gruppo...

Salgo sul mio A320U. La business sembra niente male. La numerazione dei posti evidentemente fa un salto da qualche parte, e mi ritrovo dietro l’ala al 38L. Considerata l’età del giovanotto, gli interni sono puliti e ben conservati. *Anche il sistema di intrattenimento sembra promettere cose buone. Ritrovo con mio grande piacere TBT, probabilmente vecchie puntate che saprei recitare in tutti i ruoli. *Safety card

Distribuiscono i menu. Due scelte per gli starters, tre per i main. Non male, no no...

Stacchiamo in perfetto orario, alle 15.50, come fossimo uno Shinkansen. A destra fiancheggiamo un 320 di Air Cairo in livrea ‘nostalgia dei gloriosi anni ‘90’

Siamo i numero uno, non nel senso di ‘fatece largo che passamo noi’. Nessun movimento segnalato. Breve taxi, superiamo tre MAX al pascolo, prossima futura donazione a Volandia...

... e in un attimo siamo per aria. Virata verso ovest e poi rotta verso sud, le alpi là, ad aspettare la prima neve.


Arriva il welcome snack, ampia scelta di soft drinks, the e caffè e un dattero.

Do un’occhiata alle mappe e ne rimango sorpreso per l’eccellente qualità. La funzione command center permette addirittura di vedere in tempo reale pitch, roll e VS!

Mentre dentro spadellano per la cena, fuori tutto si fa fuoco


Arriva la cena. Niente vassoio ma tovaglietta in TNT di quelli che non saltano per aria, posate di plastica, bicchieri di plastica, pane e starter dello stesso materiale. Nota da segnalare il main, mezza melanzana ripiena di formaggio caprino, stesa su letto di risotto, stracotto ma unto al punto giusto. Mise en place del sottoscritto.

Il dessert arriva a parte, un’ottima quanto industriale mousse di cioccolato. Hot drinks in un secondo momento, in un terzo ulteriore snack, barretta ai cereali o minibanana. Le due aavv che si occupano della cabina posteriore non si fermano un attimo e servono incessantemente con sorrisi, grazia e molta cortesia. Davvero impressionato. Bravi!

All’altezza di Luxor si piomba nell’oscurità, così, senza preavviso. Le nostre, probabilmente con occhi di gatto, continuano a servire, questa volta bevande al calice. Manca circa un’ora e il servizio è stato senza sosta alcuna. Praticamente fino al controllo della cabina prima di atterrare. Intanto dentro si fa di nuovo chiaro e fuori accostiamo Jeddah da Ovest

Atterrare di notte ha sempre il suo perché...

Atterriamo morbidi apparentemente in mezzo al deserto. Fuori solo ombre di megadonti al prato, tanto da aver la sensazione di essere arrivati per sbaglio chessò, a Victorville. Poi ci parcheggiano ai remoti, dove per remoto si intende l’unica modalità, non essendoci fingers di sorta. Non troppo inaspettata infatti è la bruttezza dello scalo. Ridotto all’essenziale nei servizi, caotico, rumoroso e affollatissimo. I passeggeri in transito vengono sottoposti ad un controllo dei documenti, poi ad un check dei bagagli e a un ulteriore controllo dei bagagli, in due file separate, uomini da una parte e donne, forse più del doppio in numero, dall’altra. Poi si passa attraverso un one-stop-shop duty free e da lì nel girone dantesco della sala partenze. La cacofonia di annunci e il vociare delle centinaia di passeggeri in partenza per mille destinazioni della penisola rendono la sosta non proprio confortevole. Fortuna che parecchi voli in partenza quasi contemporaneamente svuotano parzialmente lo stanzone. Del mio volo però nessuna traccia sugli schermi delle partenze. Succede che poi si muove qualcosa e in un secondo aprono l’imbarco da un gate appena chiuso. Veniamo caricati senza soluzione di continuità su una schiera di Cobus che partono tutti praticamente mezzi vuoti. Sorpresa. Il volo sarà operato da un fiammante 787-x nuovo di fabbrica. Consegnato a SV il 30 di settembre, è ancora immacolato. Dentro odore di plastica nuova e interni intonsi.



L’IFE mette a disposizione parecchie lingue, italiano incluso, e un’ampia scelta di film e contenuti, tra cui spicca l’intera stagione 8 di TBT. Punto i miei cannoni su qiest’ultima, che ho visto due volte soltanto.

Safety card, anch’essa immacolata

E menu ad ordine invertito, snack in partenza e main (colazione) in arrivo.*

La situazione all’interno si densifica parecchio. Mille pellegrini affollano i due corridoi scambiandosi di continuo il posto. Le AAVV, gentilissime anche in questo caso, orchestrano le danze con truccatissima gentilezza. Anche io subisco una serie di cambi, trovandomi talvolta solo, talvolta al fianco di qualcuno, poi infine posto vuoto e signora che all’ultimo scambia con un tale. Un perentorio ‘tutto il personale di terra scenda ora dall’aereo’ lanciato dal comandante dà inizio a questo volo. Tempo stimato per raggiungere KUL: 8 ore e 40. Taxi brevissima e siamo in volo


Arriva il servizio. Focaccia olive e pomodorini, niente male, e yogurt con marmellata di ciliege

Tempo di finirla e sono già pronto per la notte. Viaggio leggero quindi niente cuscino pericollare. Viaggio leggero, quindi semi frattura di C1 e parestesie ovunque al risveglio. Fuori la luce blu degli oscuranti fatica a celare un sole già alto e chiaro. E io non manco di svegliare
il mio vicino con un abbaglio feroce, prima di rimediare schiacciando a caso i pulsanti degli oscuranti. Abbiamo già lasciato la costa orientale dell’India e facciamo rotta verso sud. Mancano due ore e mezza all’arrivo

Arriva anche la colazione. Opto per uova e patate, insapore riempistomaco. Il croissant con il suo sapore sintetico rende bene l’idea di quanto facciano male le farine raffinate, o i derivati del petrolio.

Con il rumine pieno passo il resto del volo a rivedermi gli ultimi due episodi di TBT. E intanto iniziamo la discesa *nel tipico cielo di queste latitudine.


Senza troppi giri di parole infiliamo diretti la radiale di KLIA e siamo a terra alla svelta.
*

Anche il sotto degli spoilers è candido e immacolato

Intercettiamo l’aereo che sarà la mia cattura di domani e ci posiamo al gate di fianco al fratello proveniente da Medina


Causa pressing da dietro e finestre sporchissime al terminal, niente ultimi scatti al fiammante mezzo che mi ha portato fino a qui. All”immigrazione spiego di nuovo il mio giro. *Il tipo, per niente impressionato, ride e mi lascia andare. Con una buona dose di pazienza individuo lo shuttle che mi porta gratis al terminal dove nidificherò, per i prossimi due giorni. E come gli uccelli, andrò e ritornerò. E come gli uccelli, cala la luce e mi addormento.
Per poi svegliarmi, come i galli, alle prime luci dellalba. O meglio , a quella lama di luce fioca che entra da quella feritoia chiamata finestra della mia camera. Oggi si volerà a Singapore con Air Seichelles, con un nuovissimo A330 neo che copre la MRU SIN KUL e viceversa. Si diceva viva la quinta libertà, no? Fuori il sole splende.*

Se dovete passare dal teminal 2 al terminal 1 e lo fate con lo shuttle gratuito, mettete in conto una mezz’ora abbondante. Il pullman parte ogni 10 minuti, h24. Arrivo ai banchi, deserti per il momento.

*
A KUL si passa il controllo passaporti e poi uno scan sommario dei bagagli, solo per questioni * doganali. In controlli di sicurezza si fanno direttamente ai gates. Una volta dentro mi accoglie una parata di modelli in scale diverse, tutte taglia XL.


*
Il premio lo diamo a lui, padrone di casa in scala uno a poco, veramente gigante.

Intanto il mio è già attaccato.*

Air Mauritius opera tutti i giorni, tranne il sabato, la tratta MRU-SIN-KUL e viceversa. Le due tratte sono acquistabili in quinta libertà. Il terminal internazionale ha un corpo principale che ospita i gates serviti da Malaysian, Malindo/Batik/Lion. Il satellite, raggiungibile con una breve corsa con lo sky train, accoglie tutto il resto. Aprono i controlli di sicurezza e l’imbarco e finalmente ottengo qualche chance in più di fotografare meglio questo zorro fake. Visto da vicino sembra veramente un 330 mascherato da 350. Un fake insomma.



A bordo, interni nuovi ma spartanissimi. Pulito ma non pulitissimo. Equipaggio gentile ma senza sorriso. Grande l’aspettativa, moderata la delusione. Durante l’imbarco viene messo in loop un video sulle bellezze dell’lsola di Maurizio, accompagnato da una sorta di inno molto catchy. Racconta delle avventure del popolo mauriziano, della storia della via delle spezie, ecc ecc. *E no, Shazam non la riconosce. Anche il comandante dando il benvenuto cita il nome con cui questo aereo è stato battezzato (Aapravasi Ghat) dicendo che ad ogni aereo della compagnia è assegnato il nome di un eroe nazionale. Aapravasi è stato un..... non mi ricordo una parola di quello che ha detto, distratto com’ero a pensare al prossimo viaggio a MRU. *Aereo mezzo vuoto. Qualche famiglia francese, molti mauriziani, io. Fuori, due germogli di winglets*

Mi godo la partenza dalla webcam,*

fuori si vola verso cumuli che intravedo nello schermo. Gioco mentalmente a scommettere su quale sarà il più turbolento. E mentalmente mi dico di dedicarmi piuttosto ad altre attività ricreative, meno stancanti. Tipo una vacanza a Mauritius.


Nonostante i 50 minuti scarsi di volo, viene servito un panino farcito con caponata e ananas. Main e frutta insieme per risparmiare. Acqua o succo a completamento. Sorrisi dispensati da un risicato 0,07% (1) dell’equipaggio. Il restante 99,93% (14), serissimo. Safety card...

Siamo già al TOD, dopo appena 20 minuti di crociera. Tempo nuvolo ma poi, laggiù, Mauritius!

Lapsus. Il mio. Lapsus, quello della capocabina che annuncia in tre lingue l’avvenuto atterraggio a Kuala Lumpur, con tanto di informazioni sui regolamenti doganali. Per un microsecondo ho pensato davvero di aver sbagliato qualcosa, visto che nessuno batte ciglio.*
Sbarchiamo tutti, acnhe i pax diretti a MRU. Scendo per ultimo e mi prendo il tempo per smascherare, non riuscendoci, questo fake zorro.*

Detta tutta, sta trovata della mascherina è davvero geniale. Ma attenzione, solo questa, non quella ciofeca di Air Canada che sembra il risultato di qualche elaborazione hard che vedi su certe Ford Escort. La giornata non prevede altro che l’attesa, previo trasferimento al T3, del mio prossimo volo. Malindo Air, operato da Batik Malesia on behalf of Lionair. Insomma, un’accozzaglia catastrofica di “member of .... group’. *Devo fare il check in, lo faccio al piano dei profumi di Rinascente

Lato semi-aria, ai nastri bagagli, una foresta imperiale.

Non sono riuscito a vedere la cascata, prossima volta. Ho visto la serra con le farfalle e non ci sono entrato perché mi fanno più paura delle severe turbulences. Ho sentito che hanno in progetto di liberare qualche tigre in ogni terminal, così da rendere ancora più realistica l’esperienza foresta. L’obiettivo secondario è quello di accelerare la corsa dei pax in ritardo puntando ad un netto snellimento dei tempi di imbarco. Tornando seri, qui a Changi non vedi quasi nessuno correre, al contrario di Francoforte dove giù dabasso sembra un campo di atletica. *Qui i padroni di casa sfoggiano l’artiglieria pesante. Mi chiedo se non sia l’ora di dare una rinfrescata alla livrea che ormai sembra quasi retro.

Con comodo arriva il mio da KUL.*

Siamo in quattro gatti. Due in business (?) tutto il resto sparpagliato dietro. Gli interni sono disgustosi per la scelta dei colori.*

Credo si siano ispirati alla vecchia livrea delle carrozze FS, grigio isabella e rosso fegato (sic).*
il *tutto fa a pugni con il ceiling azzurro chiaro. Una cacofonia discromica che si addice al nome Batik. Peccato l'assenza di geometrie a dare un senso a questo abbinamento poco felice. Visto che siamo pochi, mi sposto dal mio finestrino dove nel brodo primordiale dell’intercapedine si stanno sviluppando i primi microrganismi.

Cambio lato, ma purtroppo la situazione non migliora di molto. Si decolla. A sinistra un enorme cantiere che farebbe presagire un’ulteriore, colossale espansione dell’aeroporto.*

Foto ricordo con le navi all’attacco di uno dei porti più trafficati del mondo.

Aereo quasi completamente vuoto. Fatalmente mi ritrovo dietro all’unico passeggero che decide di reclinare il sedile per godersi un po’ di relax in questi abbondanti 15 di crociera. Canbio lato di nuovo. E realizzo che navighiamo in cresta tra bello e cattivo tempo. Sinistra sereno, destra questa roba

Ancora sugli interni rosso passaporto.*

Malindo, alias Batik, alias, Lionair è una low cost. Offre un servizio snack a pagamento, inclusi caldi cobtenenti una buona dose di aglio visto l‘odore. Gli aavv si danno un gran daffare per infliare più snack possibile ai solventi, sfidando con equilibrismi notevoli le turbolenze che ora si fanno sentire sul serio. Scendiamo ulteriormente e in finale siamo di nuovo nel ciel sereno. Fotografo l’impresa di un agricoltore artista che ha sagomato il suo campo sulle fattezze di Batman.

Nulla da segnalare per il resto della giornata, che termina con una favolosa cena in busta di cellophane acquistata presso lo stellato Family Mart di KLIA2.
Terzo giorno di questa, chiamiamola, vacanza. Oggi di nuovo Singapore. Sotto ‘esame’ SilkAir, da tempo nel mio personalissimo mirino. Di nuovo a Changi ad emettere ulteriore CO2 per aggravare ulteriormente il mio conto carbon footprint. Andata con SQ, uno stagionato A332, ritorno con MI. Salgo per primo. Giovanotto nella sua pubertà questa macchina non dimostra affatto l’età.

Decollo e caffè in tazza grande praticamente simultanei,*


Già tempo di scendere a Changi.

Viaggiando con la stessa compagnia, ovvero con una del gruppo SQ, posso rimanere nello stesso terminal lato aria senza dover fare immigration e controlli di sicurezza. Avrei potuto uscire e farmi un giro. Temperatura e umidità fuori dalla bolla di questo non-luogo mi fanno desistere. Mi godo piuttosto una delicatezza Vietnamita che contribuirà a gonfiare il mio grasso sottocutaneo in previsione dell’inverno boreale.

Amici aviatori, questo è l’unico OT di questo viaggio. Il resto solo aerei. A sfinimento.*Passerò il resto della sosta a fotografare naso e sedere di uccellagione locale, invariabilmente Singapore o Silk.





È quasi ora di tornare, mi dirigo al gate che in questo caso è sponsored by A380.

La mia corsa è già al tondino

Dentro la solita combinazione di colori poco felice. Sedili color uova di salmone, ceiling azzurro cappella sistina. Combo con safety card...

Avvicinamento nella umidissima troposfera di Kuala Lumpur*

*
E fine di questa esperienza ‘as smooth as silk’ come recitava il pay off della compagnia. A giudicare dalle divise, andrebbe cambiato in ‘as smooth as viscosa’ o qualcosa di simile.
Sbarchiamo in fretta e furia e vengo catapultato al terminal satelite nel quale mi tocca passare almeno 7 ore prima di ripartire per Bangkok. Cerco un posto tranquillo, individuo un’intera fila di panche e mi ci installo. La tranquillità dura poco. A breve aprono il gate del volo Malaysian per Jeddah, e il corridoio si riempie di pellegrini diretti a Mecca. Passano le aavv in servizio su questo volo. A differenza degli altri voli MH, su questo l’equipaggio indossa una divisa differente. Non più sari e ciabattine, ma pantaloni, giacca e velo. Intanto la folla di pellegrini aumenta, quasi vestiti con la sola .... mi chiedo come facciano a resistere alle temperature glaciali che di solito regnano a bordo. Partiti che sono tutti, torna la pace nel braccio C1 del terminal. Passerò il resto del tempo qui, aspettando il mio.*Stasera volo con Royal Jordanian, altra quinta libertà. È una tratta in prosecuzione per Amman che RJ opera nei due sensi. Il volo di rientro dunque origina da KUL. Siamo in pochi, quasi tutti proseguono per la Giordania. La mia corsa intanto è già là fuori.


Arriva l’imbarco e con essa un’ambulanza che trasborda un passeggero/ paziente richiedendo un tempo discreto. Finalmente all’orario della partenza aprono i cancelli.*

Siamo pochi. L’imbarco si esaurisce velocemente. Dentro la cabina è perfetta. Sobria, pulita ma sopratutto spaziosa come mai visto su un 787, grazie anche all’assenza delle toilets posteriori. Anche la business è notevole, *con le cappelliere centrali praticamente a scomparsa.


Ife standard. Segnalo la presenza di una sola puntata di TBT che mi riguardo per la non so quantesima volta.*

Decolliamo tra quelli della notte. Siamo leggeri, complice la plastica di cui è fatto gran parte di questo mezzo, e in tempi da narrow body siamo per aria.*

Sorvoliamo Kuala Lumpur, scorgo le Perronas Towers, mi preparo per lo scatto e svaniscono sotto una coltre di nubi. Arriva il rancio, semi full meal in cui a mancare è il solo burro per ammorbidire il pane di schiuma poliuretanica. Da notare le posate di metallo. La tazzina completa il corredo, inutile visto che non vengono serviti caldi.*

Avviciniamo Bangkok da Sud, sorvolando lo scalo DMK, puntando a nord, poi ovest, poi est, poi sud e infine un 180 a chiudere la gassa d’amante.*

Saluto gli aavv che sono tutti di Bangkok. RJ mantiene una base a BKK e gli equipaggi coprono le sole due tratte in quinta libertà, ovvero KUL e HKG. Sbarco e corro verso l’immigration. È tardi, ho sonno e ho la sola fretta di correre a letto. Supero con destrezza un gruppo foltissimo di cinesi e proseguo per il secondo immigration point, molto meno gremito. Me la cavo con un’ora tra tutto. Arrivo in hotel, pagato una scemenza, e mi ritrovo in una suite praticamente grande come il mio appartamento.*
Giorno quattro del mio viaggio, terza quinta libertà. E viva la matematica. Oggi si vola con KQ. Il volo Bangkok Guangzhou è la prosecuzione del NBO BKK. Viene operato daily in entrambe le direzioni. Arrivo ad un’ora comoda per sbrigare le formalità di accettazione.*

Speravo di scampare al visto per la Cina. Purtroppo anche se rimarrò una sola notte in una città che fa parte della 72h exemption, mi tocca farlo in quanto il mio ritorno dalla Cina sarà verso un paese extra-eu. In sé ho pagato poco il biglietto. Meno dei 122 euro richiesti per avere la pecetta sul passaporto. Posto assegnato 27J.

Suvarnabhumi sarebbe anche un bell’aeroporto. Peccato che chi l’ha progettato non ha superato l’esame di fisica tecnica. Dentro sembra di stare in una serra, ci sono ventilatori e condizionatori portatili ovunque e il clima dei livelli superiori dove si trovano food court e lounges è davvero insopportabile. Man mano che si scende la temperatura si fa accettabile. Il colpo d’occhio è gradevole. Ma c’è un altro ‘ma’. I vetri hanno bisogno di una bella pulita, operazione non facile data la vicinanza della struttura portante che rende difficile il raggiungimento delle vetrate. Nelle testate si sono visibili stratificazioni che vanno dal semplice velo di polvere al muschio tibetano. Peccato.

La mia corsa arriva in ritardo.


Ultimo sguardo al mega tendone e si va.

L’aereo è pienissimo. Mi dice la hostess che questa tratta è sempre piena. Brava KQ ad avere intercettato il traffico tra Africa e Cina. Meno brava nel mantenere i propri aerei in condizioni accettabili. KQ non sbarca i passeggeri in transito, quindi salgo con l’aereo già mezzo pieno e in uno stato pessimo, come si vuole per le macchine che fanno lunghe tratte prima del cleaning. Il mio posto è occupato da una ragazza non proprio filiforme che si ostina a sostenere di essere lei la titolare del posto al finestrino. Ne nasce una divertente discussione su G e J, che si conclude con l’intervento del terzo della fila che la risistema al proprio posto. Bene ma non benissimo, visto che da quel momento in poi la tizia farà di tutto per limitare il mio spazio a limiti che farebbero intervenire Amnesty International. Stacchiamo con un’ora abbondante di ritardo e ci mettiamo in coda.*

Finalmente stacchiamo.*

L’unica cosa che non si stacca è il braccione della tizia, saldamente incollato sui tre quarti del bracciolo. Sarà una sensazione, ma ho come l’impressione che la larghezza del sedile sia particolarmente ridotta rispetto allo standard. Per starci sono costretto a stare parzialmente girato verso il finestrino. Arriviamo in quota, si fa buio con gli oscuranti in modalità nero di seppia, e, paradosso, vengono sparate a cannone le luci interne. Nessun modo di schiarire gli oscuranti, mi chiedo se non fosse stato meglio lasciar filtrare la luce naturale. Stranezze... Servono il ‘pasto’, una specie di panino ripieno di ‘pollo’ e un muffin. Soft drinks *niente caffé.*

Fuori allo scuro dei finestrini si aggiungono le incipienti tenebre della sera.

Safety card, una delle poche cose ben conservate in cabina.*

Prendiamo il largo e a breve iniziamo la discesa. L’equipaggio, quasi interamente cinese thailandese, passa a distribuire i moduli per l’immigration. Come nel caso di RJ, anche Kenya Airways ha equipaggi con base BKK per coprire la tratta. Finalmente scendiamo, finalmente la tizia di fianco si sveglia e si ridimensiona, finalmente sorvoliamo Guangzhou, città che di notte regala uno spettacolo pirotecnico di luci in ogni dove. Peccato che il mio finestrino sia completamente annebbiato da condensa che si è materializzata nell’intercapedine tra uno dei tre strati di plexiglass. Niente foto. Atterriamo, attracchiamo al finger, si spengono i motori e a questo punto sotto lo sguardo severissimo delle hostess, rimaniamo tutti seduti ad attendere. Attesa che si fa lunga e che, in assenza di comunicazioni, lascia pensare a qualcosa andato storto. Emergenza medica? Unruly passenger e attesa delle forze dell’ordine? Nulla di tutto ciò. Semplicemente impongono la permanenza ai propri posti in attesa dello sbarco dei passeggeri business. Almeno ditelo... La sequenza immigration, transfer per l’hotel, cena, capezzale è particolarmente rapida. Alloggerò al Pullman Hotel dell’aeroporto, posizione strategica e bolla non-luogo ideale per chi come me transita nella capitale cinese della tecnologia. Promettendosi di dedicargli una visita a breve. L’upgrade a una minisuite mi fa sentire come un pascià, facendomi dimenticare in fretta l’esperienza non proprio memorabile con KQ.

Giorno cinque del mio viaggio, rientro a casa. Partirò in mattinata e viaggerò senza sosta o quasi su un itinerario articolato. CAN-SIN-KUL-DAC-LHR-LIN è la sequenza. TR-BG-AZ vettori. Mi sveglio all’alba per godermi l’ultimo dei pasti come si deve prima di una sfilza di junk aero food che richiederà una dieta detox di mesi. Saluto la torre di controllo con le sue luci danzanti appena spente.

Il trasferimento dall’hotel al T1 da dove Scoot opera è diretto. Per il T2 invece c’è una navetta gratuita che parte ogni 20 minuti. Purtroppo il T1*non è altrettanto moderno come il T2. C'è da dire che l'apertura di quest'ultimo ha notevolmente alleggerito il carico del vecchio terminal, che rimane comunque un po' opaco e polveroso. Il mio volo partirà, ovviamente, dal pier internazionale, dove l'uccellagione è mista. Nel molo nazionale, China Southern dominal a mani basse. Qui un loro 777-300 al pascolo. Qualche minutaglia di Air Asia, roba poco interessante, poi arriva lui da IKA.


Mi prende un colpo nel sapere che W5 sarà bannata dai cieli italiani, giusto nel momento in cui stavo scansionando l'intero web per trovare il modo di volare quaggiù con loro. Non mollerò fino a quando troverò un'alternativa!
Con calma arriva la mia corsa, un 788 (mamma quanto è corto!) vestito con una delle livree più brutte della galassia.

Mi sono anche regalato l'imbarco prioritario per prevenire la prevedibile ressa di pax cinesi in gita shopping a Singapore.

Sono il primo ad infilarmi nel tubo. Scatto questa sul muso la cui bellezza di forme viene orrendamente deturpata da colori, geometrie e scritte di una livrea, ripeto, di rara bruttezza.


Insomma, anche la copisteria sotto casa avrebbe saputo far di meglio. Se fuori si piange, dentro di certo non si ride. Le finiture hanno l'appeal della corriera Milano- Treviglio. Moquette completamente usurata e sedili di tessuto blu che occhieggiano dicendoti di averne viste di ogni.

Safety card

Niente IFE

L'imbarco è un disastro, nessuna disciplina se non quella urlata dalle hostess che cercano di domare una folla urlante. Urlante, sì, come solo i cinesi riescono a fare.
mi trovo intrappolato tra una tizia seduta di fianco che si ostina a fare foto fuori piazzandomi il suo stramaledettissimo smartphone davanti al mio naso, e la signora dietro che, dopo aver comunicato con tutti i suoi compagni di viaggio vicini e lontani (parecchie file dietro, immaginatevi le urla) si mette a fare autoscatti a più non posso, non facendosi problemi ad usare il mio testone come cavalletto. La cosa dura quel che deve durare, cioè fino a quando il sottoscritto fa saltare il tutto con una manata. Lei per tutta risposta mi fa un sorriso sdentato e riprende come nulla fosse. In prossimità della soglia pista però viene interrotta da una telefonata, a cui risponde come se fosse la cosa più normale da farsi. Chiamo l'AV la quale la fulmina con due sillabe, urlate anche quelle, e poi mi ringrazia. Si parte, finalmente.

Incrociamo qualche alta via, si spegne l'apposito segnale, e via con la processione verso i cessi.

Sulla verticale di Macao arriva il pranzo, preordinato, precotto ed in parte predigerito.


Parecchio indigesto. Unico conforto, una scatoletta di cioccolato di cui riesco a mangiarne due tavolette prima che sparisca in quelle misteriose cavità dei sedili che tutto inghiottono. Niente, per nulla soddisfatto ordino un rinforzo, questa volta alcolico.

Intanto fuori sfila un atollo completamente isolato e presumo non ancora violato da umani.

Finito il giro pasti, i finestrini vengono forzati sullo scuro. E anche questa volta ci danno dentro con l'ossido di titanio



Iniziamo a scendere facendo slalom tra cumulonembi di una certa mole.

Infiliamo tutti gli squarci possibili e atterriamo che il peggio è appena passato. Il ritardo di 30 minuti rende il mio transito a Changi della giusta durata. Un'ora abbondante e si riparte per KUL.
Intanto aprono il gate, mi infilo nel rumine delle partenze giusto in tempo per vedere il mio 320 arrivare

Anche su questa macchina, l'effetto word art è penoso.

Decolliamo e con un 180 viriamo verso nord. Dopo il temporale è tornata la solita cappa di umido che avvolge Singapore praticamente tutto l'anno.

Voliamo in un sandwitch di nuvole di varia natura, fortunatamente poco turbolente.

Combo safety card e articolo del NYT che punta il dito su una certa deregolamentazione che avrebbe dato campo libero alla Boeing di applicare una certa leggerezza nel testare il Max.

Scendiamo che l'atmosfera si è fatta decisamente calma. Navi alla fonda, pacifiche in acque molto poco profonde anticipano la virata che ci porta dritti a KLIA.


Batman, ancora tu!

Atterriamo in prossimità del cimitero degli elefanti. Almeno 4 A380 di Malaysian al prato. Tutti ormai impiegati saltuariamente per i voli verso Jeddah e Medina.

Arriviamo al KLIA 2 e qui mi rendo conto di aver fatto quella che in gergo tecnico si definisce 'enorme cappellata'. Ho infatti prenotato 5 ore in una lounge privata all'interno del terminal internazionale, airside.
Questo arrivo all'altro terminal compromette tutto. Il mio volo partirà alle 2.30 am, sono le 19.00 e nessuna possibilità di avere la carta d'imbarco prima delle 23.30. Tento di tutto, incluso andare a bussare alla porta del capo scalo di Biman. Nulla da fare, mi tocca attendere che apra il check-in e poi altre due ore e mezza prima di partire. Vorrei piangere. Giro per tutto il terminal, moderno ma non indimenticabile. Ceno con trigliceridi piastrati, poi mi avvicino ai banchi di Biman, in quella che sarà un'attesa estenuante. Intanto* * osservo la lunga coda dei passeggeri diretti a Tehran con Mahan. Man mano che passano i minuti, la calca si dirada. sono le 22.50 (partenza del volo alle 23.30) e ancora accettano gli ultimi pax che sudatissimi si prodigano in disperati e convulsi tentativi di risistemazione dei pesi nelle loro innumerevoli valigie. Tutto spedito, il personale di W5 raggruppa tutto, si spengono le luci e si fa il deserto. Per poco. Alle 23.20 compare una tizia di Malayisian che con pazienza ricrea un percorso a corridoi seguendo uno schema che riesco solo ad intuire. Niente web check-in, quindi in teoria servirebbero due corsie, Economy e Business, senza il baggage drop. Spunta invece una terza corsia che immediatamente rivela la sua destinazione: accogliere i parecchi passeggeri con extra bagaglio. E quando dico extra, intendo carrelli stracolmi di valigie, televisori di ogni dimensione, computer e quelli che chiamo i meteoriti, pacchi di forma ovoidale, generalmente enormi, liscissimi nella loro spessa copertura di cellophane. Sono l'unico occidentale. La tizia mi mette in prima fila nella corsia business, come fanno quelle maestre con i bambini particolarmente fragili per dargli la manina in caso gli venga da piangere. Si accendono le luci, sono le 23.25. Arriva una coppia trafelatissima. Lei chiede quasi in lacrime di fare check in per il volo si Tehran che parte tra 5 minuti. La loro disperazione si perde nella ressa dei pax del nostro volo che ha finalmente aperto l'accettazione. Mi viene fatto uno sconto notevole sul bagaglio a mano, di fatto sovrappeso causa carico di elettronica. Sconto che viene fatto solo a me. Al resto dei pax pesano fin quasi le mutande. Mi infilo finalmente ai controlli e vado dritto in lounge a tentare di stornare l'addebito. La trovo con non poca difficoltà e fortunatamente riesco in ciò che booking non è riuscita a fare. Rimborso ottenuto, vado verso il gate che, stranamente, apre con notevole anticipo. Passati i controlli di sicurezza, una bilancia arrugginita valida un'ultima volta il peso del bagaglio a mano. Tutti in coda alla pesatura, a me viene fatto cenno di passare oltre. Poi vengo avvicinato dall'addetto all'imbarco e mi chiede dove vado. 'Londra' dico io. Lui mi guarda negli occhi e quasi ammirato mi dice 'in tutta la mia carriera non ho mai visto nessuno che non fosse del Bangladesh prendere questo volo. Non so come prenderla. Un tempo mi sarei agitato tantissimo. Certo fa un bell'effetto. E in parecchi mi guardano incuriositi. Aereo pienissimo, tre sole donne, il resto tutti uomini di varie età, per lo più giovani o giovanissimi.
Il volo è in perfetto orario. Ed ecco il mio 737-800 che arriva


Sbarcano tutti, anche il primo ufficiale che insieme allo staff di terra si occupa delle ultime fasi dell'imbarco. Mah... Si parte, entro tra i primi, insieme a quelli della business. Nessuna regola sulle priorità. Semplicemente aprono le porte e liberi tutti.
Gli interni sono molto gradevoli, i sedili colorati e ben conservati. IFE di tutto rispetto, c'è pure TBT....


Safety card, non nuovissima..

Nota stonatissima le assistenti di volo. Elette seduta stante come le meno gentili dell'universo. Ai sorrisi e al saluto non rispondono. O meglio, ti piantano gli occhi addosso con un'espressione che dice chiaramente 'c..... vuoi?'. A me va bene, gli altri vengono ripresi in continuazione a suon di urla. In più non muovono letteralmente un dito, lasciando, o meglio, imponendo a tutti di chiudere le cappelliere. C'è da dire che da gestire è un bel caos, onestamente. Partiamo. Siamo solo noi e un volo di Oman in ritardissimo per Muscat. Passiamo a fianco di un altro pachiderma, temo ben presto vittima dello scrap

ci stabilizziamo in crociera e parte il servizio. Prima bevande, servite a caso, senza chiedere. Al pax al corridoio, bicchiere di succo di mela, acqua per il mio vicino e a me mezzo bicchiere di succo di mela. La hostess pesca dal vassoio la bevanda, interpretando i desideri del passeggero con un semplice sguardo. Di traverso e cattivo.

Approfitto per andare in bagno. Fila. Uno dei due è occupato da parecchi minuti. Qualcuno tenta di bussare, finché dalla tendina che nasconde la galley spunta un braccio che percuote la porta finché qualcuno esce. Tocca a me e, bing, turbolenza e allacciate le cinture. Faccio per entrare comunque in bagno e dalla tenda spunta il faccione della hostess più rabbiosa che mi ordina due volte in sequenza di tornare a posto, chiudendola con uno 'sciò' accompagnato dalla manina a paletta. Penso alle montagne, a quelle giornate estive piene di profumi. Penso all'erba fresca brucata dalle brune alpine, e a quei pastori che con la stessa perentorietà e asprezza di gesti mettono in riga le mandrie al tramonto. Ecco, sono mancati i fischi e i cani. Per il resto nessuna differenza. Siamo sopra Phuket.

Passano con il carrello dei pasti. Beef or chicken? Scelgo pollo, per poi scoprire che la variante beef era la stessa cosa, unica differenza i pezzi di 'carne' bruniti.

in osservanza alla politica 'bevande a caso', il vassoio si completa con una bottiglietta di Coca Cola o Pepsi, distribuite secondo la logica del 'la prima che pesco dal mucchio'. Il tutto fa il suo dovere. Mi riempio lo stomaco come si deve, aggiungo il dessert-spontex e piombo in un sonno che so non fare bene alle coronarie. Mi sveglio strattonato dalla AV che mi impone di darmi una sistemata per l'atterraggio. MI giro verso il mio compagno di posto e sento che puzza terribilmente di fumo. Tornato dal bagno dove si è goduto una sana sigaretta. Metto anche questo nel conto dell'avventura 'esotica' con Biman. Intanto, welcome to Dacca. Sono le 4.00 am ora locale. Il mio volo per Londra partirà alle 10.00. Una sbirciata al terminal mi fa capire che sarà una luuuunga attesa. Saluto il mio mezzo e via verso il terminal

Ad attendermi nel terminal un addetto di Biman che intercetta i passeggeri in transito per depositarli nella 'Transfer lounge'. Oltre a me, quattro pax diretti a Katmandu. Raccolto il piccolo gregge, veniamo tradotti nella cosiddetta 'lounge'. Uno stanzone mal illuminato e infestato dalle zanzare. Al banco transiti mi viene data la carta d'imbarco per LHR. Scopro che un cambio macchina mi farà volare sul 777-300 invece del 787 come originalmente previsto. Damn! In compenso mi cambiano il posto con uno all'uscita di emergenza. Poco male, dai. Mi dicono pure che dalle 6.00 è possibile avere una colazione gratuita presso uno dei bar dell'aerostazione. Intanto poco a poco il terminal si riempie di gente. Prima di militari, tanti, poi di civili. La prima partenza è di TK per Istanbul. vado a fare colazione nel bar sbagliato. Poco male, il tutto mi costa meno di due euro. Le zanzare non mi danno tregua e mi trovo le caviglie piene di punture. L'attesa è snervante. Purtroppo è pieno di cartelli che proibiscono qualsiasi ripresa o foto. Quindi niente documentazione. Ecco i primi arrivi. Qatar da Doha, Oman da Muscat. Poi anche il versante domestico si anima. Biman e Us Bangla si contendono il traffico, Regent Airways terza. Queste ultime assolutamente nella mia lista, anche se un brivido mi corre già sulla schiena. Finalmente aprono i controlli per Londra. Controlli piuttosto meticolosi che in breve creano una fila piuttosto densa. Veniamo depositati nella departure 'lounge' che in breve esaurisce i pochi posti a sedere. Ormai è gremita. Conto parecchie sedie a rotelle. Gli infant invece non si contano, tanti sono. Arrivano alla spicciolata le AV. Vestono un colorato sari deturpato da una giacca nera che portano distrattamente appoggiata sulle spalle come fosse un rimedio estemporaneo contro la pioggia. L'imbarco ritarda e alla fine aprono le porte alle 10.30. Totale permanenza nel terminal di Dacca, 6 ore e 30. Esperienza da dimenticare. Intanto fuori lui prende il sole


Tutti dentro, fuori la terra, chiudono le porte e con un'ora tonda di ritardo stacchiamo. Il taxi regala una bella vista dello scrapyard in cui lascio un pezzo di cuore. Due A310 di Biman, uno orrendamente mutilato

E poi un'intera sezione dedicata ad United Bangladesh. Potessi portare a casa uno di quei MD-80....

Decolliamo e puntiamo dritti verso ovest, sorvolando la zona residenziale appiccicata all'aeroporto

Passiamo sopra la house of Parliament, ben visibile l'annesso aeroporto militare di Tejgaon

Poco più in là, sbam! la catena dell'Himalaya in fondo a destra. Il comandante invita i passeggeri a scorgere l'Everest, facilmente riconoscibile dalla forma piramidale di colore scuro. Purtroppo non ho le ottiche guiste, ma vi assicuro che è davvero emozionante vedere tale parata dei picchi più famosi al mondo. Scatto questa,. Dell'Everest una pallida traccia che si perde nella foschia.

Si vede meglio nelle mappe. Intanto in cucina gli AV si danno un gran daffare per servire il pranzo, ovvero il mio pasto numero 5 consecutivo. Le coronarie hanno un nuovo sussulto.*

Non faccio in tempo a macinare l'ultima forchettata che sento di nuovo l'impellenza di svanire. Pulsazioni ok, è solo il sonno. Mi avvolgo nel sudario e dormo. Quando mi sveglio, il mio corpo mi dice di non muovermi per evitare il distacco di alcuni elementi terminali. Collo, spalle, gomiti e caviglie hanno bisogno di qualche minuto prima di sciogliere il rigor mortis che le ha cementate. Prendo coraggio e mi avvicino al galley. Impunemente tiro la tenda, interrompendo il festino dei tre assistenti. Non so come, diventano gentilissimi e una di loro mi prende in simpatia e mi chiede se voglio uno dei suoi 'special coffee'. Null'altro che acqua calda e simil-Nescafe versato direttamente nel bicchiere. Ci mettiamo a parlare un po'. Mi dice che fanno sia breve che lungo raggio, che i turni sono massacranti e tante amenità del genere. Le parlo della mia passione, le dico che sono ormai più di 20 ore che viaggio, tra tutto, e che ho scelto questo itinerario espressamente per volare con Biman. Strabuzza gli occhi, poi torna normale e mi chiede se sono scemo o cosa. E poi vuole farmi assolutamente conoscere la sua collega che parla un inglese ancora più stentato. La conversazione si annacqua e si fa l'ora del pasto. Pasto che potrebbe essere una cena, un brunch, uno spuntino, fate voi. Non certo il the delle 5 con la Regina*

La busta di Ketchup occhieggia accanto agli spaghetti scotti. Siamo sulla verticale di Mosca, tutto nuvoloso. Sorvoliamo Minsk e sotto parte una scarica di traffico diretto a Est, manco fosse la notte di San Lorenzo. Becco in sequenza 3 A350, uno di Lufthansa e due di Air China. Sembrano le prove su strada che fanno certi concessionari la domenica. Purtroppo niente foto.*
La noia mi porta a sfogliare la rivista di bordo dove scopro che hanno Tokyo in apertura.*

Riattacco con l'AV chiedendo lumi e lei con un gesto eloquente scaccia delle mosche immaginarie facendomi capire che per ora sono solo sparate commerciali. Chissà. Fuori le nubi si scuriscono ed è tempo di scendere. Atterriamo in una Londra fredda e umida e ci adagiamo accanto ad un A350 di MH pronto a ritornare a KUL dove (quasi) tutta la mia odissea ha avuto inizio

Il rientro su Linate, appena aperto, con AZ mi rimette in contatto con una realtà che da tempo non frequento. Amara sorpresa. Aereo in condizioni discutibili, un AV particolarmente scontroso e seat pitch che mi fa rimpiangere i sedili rosso fegato di Malindo Air.*
Alla prossima!