Ci sono viaggi figli del momento: decisi, programmati e pagati in quattro e quattr’otto. E poi ci sono viaggi come questo, nati tanto tempo addietro. Venticinque anni fa per l’esattezza, quando chi vi scrive era un bocia che amava leggere i “Manuali delle Giovani Marmotte”. In uno di quei manuali, o forse era in un numero di “Topolino”, chi se lo ricorda più, c’era una storia sull’Isola di Pasqua, o Rapa Nui secondo il nome che più mi piace e che userò di qui in poi. Con la solennità di un pre-adolescente mi promisi di andarci.
Passano gli anni e le cose iniziano a cambiare. C’è un biglietto, priorità F, da usare. Dopo il 14 di giugno non ci sarà più: in un momento la decisione è presa e il posto prenotato. Altre decisioni, altri passaggi di carta di credito e l’itinerario si completa: LHR-SCL, SCL-IPC e ritorno. Poi il nord. Calama sarebbe l’aeroporto d’obbligo, ma ANF costa meno soprattutto per l’autonoleggio e, dopotutto, suma tuch bieleìs, ossia braccini. Antofagasta sia.
Un breve disclaimer già che ci siamo, alla moda degli assicuratori: questo è un TR lungo, con tanto topic – sia in che off. Cercherò di completarlo il prima possibile, ma ciò dipenderà dalla velocità di upload delle foto che, vi piaccia o meno, vi arriveranno nella bellezza della risoluzione offertami da imgur. Non so cosa sia, ma in casi estremi...
Parte I. LHR-SCL
La partenza è venerdì alle 22. Sbrigata in malo modo la giornata lavorativa ho il tempo di tornare a casa, mangiare qualcosa assieme a 8200 che – continuerà a sembrarvi strano – non mi ha ancora mandato a quel paese e, con colei accompagnato, ritornare a LHR. Check-in, sicurezza e passaggio al T5B sono rapidi e indolori; ci troviamo al complice baretto in men che non si dica.
Fuori la luce si fa calda e le partenze si fanno poche.
Lui va a Mumbai, o così sembra:
Lui invece, chi lo sa:
Il T5C in tutta la sua lineare beltade:
Il nostro volo parte dal gate B48, quello con la jetway talmente che lunga che ancora un po’ si finisce a Southall:
La First si presenta così. Già visto, ma comunque belloccia. Perdonate la qualità infimerrima.
Il crew è in palla, e subito parte la distribuzione delle washbag. Le nuove sono più larghe e chiattone di quelle vecchie, con più roba. Peccato solo per il rivestimento color ratto di quelle da uomo. All’interno ci sono prodotti a marchio Elemis tra cui una schiuma da barba ma non, stranamente, il rasoio (che va chiesto a parte). Avendo da tempo adottato il look alla Barabba la cosa non mi pone un problema, ma è una di quelle meraviglie Health & Safety che rendono questo paese maledetto.
Com’è d’obbligo, champagne e noccioline. Anzi, chiedo scusa, sciambagn e noccioline, servite tiepide.
Uno sguardo al menù. Quello nuovo ha un motivo a lisca di pesce che, in foto, fa un effetto alla TV anni ’80; vi risparmio le foto dei vini che vi riproporrò al ritorno.
Stacchiamo in orario e caracolliamo verso il lato opposto di LHR. In aria il nuovo servizio prevede tre amouse-bouche, che annaffio con una pregiatissima tazzaccia di caffè. Ho già mangiato e sono satollo, ma l’assistente di volo impone che provi almeno quelli.
A seguire mi viene imposto (davvero eh) il tagliere dei formaggi, che abbino a un freschissimo calice di eau de Écosse millesimée mentre lavoro forsennatamente a una cosa che mi è stata chiesta all’indegna ora delle 18.30.
A una certa, lavoro compiuto, mi metto a dormire. Ora, il servizio BA prevede, sia in Club che in First, il letto con materassino, piumino e cuscino. Se già in Club questi sono caldi, in First sono da uso all’aperto durante la ritirata di Russia. Mi tocca impedire al solertissimo assistente di volo di fare il letto e mi doto soltanto della copertina e del cuscino. Fatto ciò cado in stato di morte apparente [cit.] fino più o meno a qui:
Che, mi direte voi, ndo sta? Beh, qui:
Vedendomi sveglio mi viene offerta la colazione. Iniziamo colla frutta; qui, amici e vicini, si vede la mano Do&Co: il mango è mangiabile.
A seguire la full English, come al solito. Una schifezza da guardare, ma non male da magnarsi.
Il resto fila via bevendo tazze su tazze di caffè e guardando Vice, il film biografico su Dick Cheney. Il 789 è il primo dotato di Wi-Fi, disponibile a pagamento, ma l’idea di usarla non mi attira nemmeno un po’. Mentre elucubro di satelliti e cose simili si fa l’alba.
E, in un coro di angeli, arriviamo a Santiago dove ci accolgono i cugini
Cugini che, brutalmente, sorpassiamo per andare ad attraccare per primi, bruciando la fila.
Scendiamo da un volo molto tranquillo e piacevole. Il 789 si conferma un aereo decente seppur non al livello del 380; la scelta di limitare l’alcool al minimo si rivela pagante, tant’è che arriverò ben in forma. Corriamo, in una pura discesa dalle stelle alle stalle, a prendere il bus da barboni per Los Heroes e, di lì, la metro. Continua!
Passano gli anni e le cose iniziano a cambiare. C’è un biglietto, priorità F, da usare. Dopo il 14 di giugno non ci sarà più: in un momento la decisione è presa e il posto prenotato. Altre decisioni, altri passaggi di carta di credito e l’itinerario si completa: LHR-SCL, SCL-IPC e ritorno. Poi il nord. Calama sarebbe l’aeroporto d’obbligo, ma ANF costa meno soprattutto per l’autonoleggio e, dopotutto, suma tuch bieleìs, ossia braccini. Antofagasta sia.
Un breve disclaimer già che ci siamo, alla moda degli assicuratori: questo è un TR lungo, con tanto topic – sia in che off. Cercherò di completarlo il prima possibile, ma ciò dipenderà dalla velocità di upload delle foto che, vi piaccia o meno, vi arriveranno nella bellezza della risoluzione offertami da imgur. Non so cosa sia, ma in casi estremi...
Parte I. LHR-SCL
La partenza è venerdì alle 22. Sbrigata in malo modo la giornata lavorativa ho il tempo di tornare a casa, mangiare qualcosa assieme a 8200 che – continuerà a sembrarvi strano – non mi ha ancora mandato a quel paese e, con colei accompagnato, ritornare a LHR. Check-in, sicurezza e passaggio al T5B sono rapidi e indolori; ci troviamo al complice baretto in men che non si dica.

Fuori la luce si fa calda e le partenze si fanno poche.

Lui va a Mumbai, o così sembra:

Lui invece, chi lo sa:

Il T5C in tutta la sua lineare beltade:

Il nostro volo parte dal gate B48, quello con la jetway talmente che lunga che ancora un po’ si finisce a Southall:

La First si presenta così. Già visto, ma comunque belloccia. Perdonate la qualità infimerrima.

Il crew è in palla, e subito parte la distribuzione delle washbag. Le nuove sono più larghe e chiattone di quelle vecchie, con più roba. Peccato solo per il rivestimento color ratto di quelle da uomo. All’interno ci sono prodotti a marchio Elemis tra cui una schiuma da barba ma non, stranamente, il rasoio (che va chiesto a parte). Avendo da tempo adottato il look alla Barabba la cosa non mi pone un problema, ma è una di quelle meraviglie Health & Safety che rendono questo paese maledetto.

Com’è d’obbligo, champagne e noccioline. Anzi, chiedo scusa, sciambagn e noccioline, servite tiepide.

Uno sguardo al menù. Quello nuovo ha un motivo a lisca di pesce che, in foto, fa un effetto alla TV anni ’80; vi risparmio le foto dei vini che vi riproporrò al ritorno.

Stacchiamo in orario e caracolliamo verso il lato opposto di LHR. In aria il nuovo servizio prevede tre amouse-bouche, che annaffio con una pregiatissima tazzaccia di caffè. Ho già mangiato e sono satollo, ma l’assistente di volo impone che provi almeno quelli.

A seguire mi viene imposto (davvero eh) il tagliere dei formaggi, che abbino a un freschissimo calice di eau de Écosse millesimée mentre lavoro forsennatamente a una cosa che mi è stata chiesta all’indegna ora delle 18.30.

A una certa, lavoro compiuto, mi metto a dormire. Ora, il servizio BA prevede, sia in Club che in First, il letto con materassino, piumino e cuscino. Se già in Club questi sono caldi, in First sono da uso all’aperto durante la ritirata di Russia. Mi tocca impedire al solertissimo assistente di volo di fare il letto e mi doto soltanto della copertina e del cuscino. Fatto ciò cado in stato di morte apparente [cit.] fino più o meno a qui:

Che, mi direte voi, ndo sta? Beh, qui:

Vedendomi sveglio mi viene offerta la colazione. Iniziamo colla frutta; qui, amici e vicini, si vede la mano Do&Co: il mango è mangiabile.

A seguire la full English, come al solito. Una schifezza da guardare, ma non male da magnarsi.

Il resto fila via bevendo tazze su tazze di caffè e guardando Vice, il film biografico su Dick Cheney. Il 789 è il primo dotato di Wi-Fi, disponibile a pagamento, ma l’idea di usarla non mi attira nemmeno un po’. Mentre elucubro di satelliti e cose simili si fa l’alba.

E, in un coro di angeli, arriviamo a Santiago dove ci accolgono i cugini

Cugini che, brutalmente, sorpassiamo per andare ad attraccare per primi, bruciando la fila.

Scendiamo da un volo molto tranquillo e piacevole. Il 789 si conferma un aereo decente seppur non al livello del 380; la scelta di limitare l’alcool al minimo si rivela pagante, tant’è che arriverò ben in forma. Corriamo, in una pura discesa dalle stelle alle stalle, a prendere il bus da barboni per Los Heroes e, di lì, la metro. Continua!