[TR] Georgia con un po' di sfortuna: due settimane nella Colchide, giorno per giorno


GIORNO 6 & 7


È mattina presto, gli uccellini cinguettano e la proprietaria della guesthouse, appreso dopo tre giorni che sono italiano, mi mostra un santino – no, scusate, la foto di suo fratello che è emigrato in Italia. Mi mostra anche il titolo di un libro di tale Ruska Jorjioliani, scrittrice georgiana ma residente (e scrivente) in italiano, “La tua presenza è come una città”. La correlazione mi sfugge, credo che i due siano marito e moglie, ma mi risulta difficile seguire una intera discussione in georgiano inframezzato da qualche parola in inglese. Sta di fatto che, per celebrare che un italiano sia nella guesthouse, cioè in pratica io sia diventato quasi un parente acquisito, a colazione arriva un piatto di spaghetti. Spezzati a circa un terzo della loro lunghezza abituale. Stracotti, tipo che si potrebbero usare come bostik. E cotti in acqua non salata.

099

Apprezzo il gesto, ingurgito quel che posso per dimostrare apprezzamento. Prendo nota del libro, che non ho ancora comprato, e ringrazio in italiano, che tanto in inglese non avrebbero capito una fava comunque.

Recupero i miei zaini e mi capicollo giù dalla disassata strada per prendere il mio marshrutka verso Gori.

Il mezzo, stamane, sarà un Mercedes degli anni ’90. Partiamo pieni ed è subito lotta per tenere aperto o chiuso il finestrino che condivido con la timorata vecchietta seduta davanti a me. Lei preferisce chiuso, che le si scompiglia la capigliatura tenuta insieme da tre dozzine di forcelle; io preferisco aperto, perché ho il terribile vizio di ingurgitare ossigeno per sopravvivere, e fatico con 40 gradi al chiuso. Risolviamo che ogni dieci kilometri lei chiude, e dopo altri dieci io riapro. Risultato: io faccio comunque la sauna, e a lei si scompigliano comunque i capelli.

Notare prego le spalline che neppure le attrici degli anni ’80 portavano nei telefilm americani...

100

Il nostro autista è uno sprinter, esattamente come il Mercedes che guida, e prende a cuore il rispetto della tabella di marcia. Anche troppo, visto lo stato delle strade georgiane. Così tanto che, dopo un’ora e mezza di strada, si fa fermare da una pattuglia appostata lungo la strada, cui segue una lunga discussione.

101

Dopo quasi mezz’ora, veniamo autorizzati a risalire sul pullmino e ripartiamo, stavolta al piccolo trotto, alla volta di Tbilisi.

Dopo la quinta ora, con le terga che ormai sono completamente piatte e un inizio di DVT, facciamo una sosta in una specie di autogrill, che è anche un casinò, e un centro commerciale, e probabilmente un bordello. Sono stupito dal non aver fatto foto: innanzitutto io e due olandesi siamo gli unici coraggiosi a ordinare da mangiare al self service (ottime le polpette, e il ragazzino al banco mi convince a prendere anche una specie di triangolo di pane fritto ripieno di -credo- formaggio: buonissimo); ma il paesaggio esterno, quello sì che merita: un paio di carcasse di automobili, una costruzione post-industriale abbandonata ma ancora integra poco più in là, sterpaglie e un terreno secco e aridissimo tutt’intorno. Mi viene in mente Mad Max.

Poco prima di risalire, ricordo all’autista che io mi reco a Gori. Gori, ah già, vero. Se n’era scordato. No problem però: ancora un’oretta e ci siamo. Mi chiedo dove mi mollerà, ed era meglio non saperlo: poco prima dell’uscita dall’autostrada. Si ferma, mi fa un cenno, dice “Gori”. Io mi guardo in giro, non capisco, e i due olandesi mi dicono “good luck”. Scendo, recupero i miei zaini e mi indica due taxi parcheggiati oltre il guardrail laterale, lungo una strada adiacente all’autostrada. Togo! Sempre stato il mio sogno zompare giù da un pullmino lungo un’autostrada e prendere un taxi guidato da uno in canotta e ciabatte!
 
Comunico la mia destinazione, il tizio non sa dove sia, gliela faccio vedere col navigatore del telefono, e prende pure la strada sbagliata. Una volta giunti a destinazione, si scopre che il tizio conoscesse benissimo la proprietaria, Lia – ma non il nome del B&B. Lia mi accoglie, mi abbraccia, mi guarda addolorata: I’m sooooo sorry, mia figlia si sposa dopodomani, ho la casa piena di ospiti, ma non ti preoccupare, abbiamo un’altra guesthouse amica dove starai, stesse condizioni, guarda, ti accompagna mio figlio. Saliamo sul taxi, andiamo in quest’altro posto che è ancora più centrale, anzi è un hotel, perfetto. La signora che mi accoglie non parla inglese e mi dice di aspettare, congedo quindi il tassista e il figlio di Lia. Dopo trenta minuti arriva una ragazza che potrebbe essere una pin-up di Instagram, labbra a canotto, completo rosa confetto in nylon e iuta, si presenta e mi dice “Oh mi spiace, siamo al completo, Lia ci ha avvisati dopo che avevamo accettato un grosso gruppo di cinesi, ma abbiamo anche una guesthouse, ti accompagnamo”. Iniziamo un po’ a girarmi le balle, e mi girano ancora di più dopo che ci spostiamo di due km e mezzo fuori da Gori. Chiedo se per caso fosse uno scherzo. No, assolutamente, anzi, i taxi costano poco e sono comodissimi. Mando gentilmente affanculo, mi faccio dare la password del WiFi, vado su booking e prenoto il primo posto che trovo vicino al vialone principale – un’altra guesthouse. Per 9€, una notte. Mi faccio portare lì. A parte le zanzare grosse come pescecani, tutto bene, anzi mi aiutano a organizzare la visita il giorno successivo a Uplistsikhe, nonostante il proprietario sembri Lurch degli Addams.

Ormai è tardi per visitare il museo di Stalin – la città è infatti il luogo di nascita del secondo più sanguinario dittatore del ‘900, dietro solo a Mao Zedong. Come lo stesso Stalin ripeteva... quando uccidi un uomo, è una tragedia; quando ne uccidi un milione, è una statistica (la frase è probabilmente apocrifa). La statua di baffone svetta di fronte all’ingresso del museo, appena ingentilita da un cespuglio di rose, dietro la casa natia (inglobata in un assurdo mausoleo)

103

104

Questo posto è un casino.

102

No, non hanno spostato il Reichstag a Gori. Questo è il municipio.

105

Il centro non sarebbe neppure brutto. Ma è proprio morto, non c’è in giro anima viva.

106

La fortezza risale al medioevo. La posizione è scenografica, al tramonto soprattutto, ma lì sopra tira un vento dannato.

107
 
In primo piano, la cattedrale di Gori.

108

Là in fondo c’è l’Ossezia del Sud. Qualche cretino al governo finge di dimenticare il motivo per cui la Russia è continuamente sotto sanzioni.

109

Un monumento ricorda i caduti durante la guerra del 2008.

110

E infine, ancora, la cattedrale.

111
 
Il giorno successivo, come detto, si va a Uplistsikhe, una insediamento costruito scavando nella roccia dell’altopiano sulla riva sinistra del Mtkvari. Una basilica cristiana venne costruita nello stesso complesso durante il IX secolo.

112

113

114

115

Non ci si impiega tanto a visitarlo, ma è assai interessante. C’è anche un piccolo museo, non particolarmente interessante, tranne per il video che, pur non essendo Spielberg, spiega abbastanza bene la storia del luogo.

Disidratato dai 45 gradi all’ombra, il mio tassista è già pronto a riportarmi a Gori. La strada è secondo me bella, passa in mezzo a piccoli paesi e, tolto l’odore dello scappamento dei camion di fronte, il paesaggio ha un sentore bucolico, con vigne ovunque (anche lungo le case). Lungo la strada ci sarebbe da visitare Chateau Ateni, ma la calura non mi invoglia certo a bere un bicchiere di vino.

Ho altri programmi: il museo di Stalin che ho mancato il giorno precedente, ospitato in un edificio inutilmente pomposo e neoclassico – baffone amava il lusso.

116

Era pure un tipo bizzarro, tanto da farsi fare una maschera mortuaria in bronzo. Le follie dei dittatori.

117

Il museo è piuttosto noioso, e molti reperti non hanno spiegazioni in inglese, ma solo in georgiano o russo. Sembra però una specie di mecca per i cinesi, che qui corrono a frotte; forse alla ricerca di somiglianze con Xi “Winnie the Pooh” Jinping?

In bella vista vi sono anche innumerevoli doni, tra cui questo set da tabagista delle donne comuniste di Ascoli. Avevo sempre pensato che gli ascolani fossero un po’ sciroccati...

118

Il giovane Joseph era un insospettabile metrosexual. Praticamente è uguale al nostro dariusha: il rivoluzionario della pochette.

119

Fuori dal museo, campeggia la carrozza usata da Stalin per i suoi spostamenti – il georgiano aveva paura di volare, e già questo dovrebbe bastare per bannare il suo nome a vita da Aviazionecivile.it.

120

Riesco a fare anche un salto al piccolo museo della guerra, che contiene una ancora più piccola sezione dedicata al conflitto con la Russia, con i volti dei caduti. In teoria non si possono far foto, in pratica la signora all’ingresso mi dice con un sorrisone di fare come credo, in realtà non ne faccio perché non c’è davvero nulla da fotografare, se non a questo modellino di un aereo sconosciuto e probabilmente non esistente, con i roundel militari della Repubblica Ceca:

121

Prima di tornare a prendere lo zaino, faccio un salto alla cattedrale, visto che la sera precedente era già chiusa. L’interno è molto bello.

122
 
Il pomeriggio stesso riparto per Tbilisi, dove mi fermerò qualche giorno. La scelta è tra marshrutka o treno: visto che mi piacciono i viaggi in ferrovia, propendo per quest’ultimo. Vi sono pochi treni giornalieri, e vanno prenotati in anticipo; da Gori è un po’ più probabile trovare posto. Il sito delle ferrovie georgiane è peggio di quello Alitalia; riesco, in qualche modo, a prenotare il mio biglietto.

Mi faccio i 2 km e mezzo fino alla stazione a piedi, lungo un bel viale alberato; l’ultimo pezzetto, non altrettanto bello. Prima di scendere nel sottopassaggio, si attraversano un paio di binari di ricovero, dove vecchie carrozze merci arrugginiscono sotto il sole.

123

La stazione ha la stessa accoglienza della sala d’aspetto di un ospedale; all’interno ci sono 5/6 gradi in meno rispetto all’esterno, ma non gira un filo d’aria; fuori si schiatta, ma c’è un po’ di brezza. Vince l’esterno.

124

Dato che c’è qualche appassionato di treni...:

125

Ogni volta che vedo passare un merci con cisterne, mi viene in mente Viareggio.

126

Aspetto gioioso il mio treno, con gli occasionali annunci in georgiano stretto che annunciano qualcosa. Dieci minuti prima della partenza, un altro annuncio, una matrona in divisa (la capostazione) che urla qualcosa sulla banchina, gente che inizia a preparare le borse, almeno quattro o cinque a testa. Non c’è alcuna indicazione sul binario, dei quattro con banchina. Due minuti prima dell’orario di arrivo, con il riflesso del sole che inizia a vedersi sulla motrice mentre si appresta ad entrare in stazione, le persone iniziano a correre come dei tarantolati su e giù per la banchina, finché la matrona non urla qualcosa e tutti si fiondano in mezzo ai binari per raggiungere la banchina opposta.

Non capisco che stia succedendo, vado verso la matrona e chiedo: “Tbilisi?”, indicando i binari. Inizia ad urlarmi dietro, mi spinge verso i binari e mi fa cenno di attraversare, con il treno a circa 500 m. La guardo e scuoto il capo, dicendo letteralmente che è pazza a pensare che attraversi i binari col treno già entrato in stazione e ora a meno di 200 metri. Vedo del fumo sbuffarle dalle orecchie, attendiamo che il treno di fermi e, solo a quel punto, mi ordina (credo) di attraversare dietro il treno. Risalgo sull’altro marciapiede con lei alle calcagna, preoccupata di non far sforare la sosta di un minuto, e mi incita a correre fino alla prima carrozza, dove in teoria avrei un posto prenotato, ma dove di fatto c’è un accampamento di ragazzini e accompagnatori di ritorno da qualche località georgiana. Vado all’ultimo posto libero che trovo (che non è ovviamente il mio).

Mi “accomodo” sul nostro Frecciabianca, nei 45 gradi dello scompartimento senza aria condizionata. Per fortuna è solo poco più che un’ora, nel quale è inclusa una salutare sauna. All’arrivo a Tbilisi Centrale sono da strizzare.

127

Salto in metro, arrivo ad Avlabari e da lì in pochi minuti a piedi sono al mio hotel per i prossimi giorni.

Continua con calma nei prossimi mesi. :D

DaV
 
Quando ho letto “prenoto il primo posto libero sul vialone principale” ho subito pensato alla prostituzione. Poi mi sono chiesto se l’incasso è stato buono.
Comunque, bel racconto e foto decenti. Adesso aspetto la primavera, mi metto comodo.
 
Eh no, mi sembra che la Georgia proprio non ti sia andata a genio.
 
GIORNO 8 e 9
Tbilisi mi è piaciuta. Dove è stata sistemata, la città risplende; dove non lo è, è pittoresca. Sarà l’orografia, con quella gola scavata dal Kura, le colline che si fronteggiano; sarà la presenza della vite ovunque, che si arrampica sui palazzi e per le strade; sarà il mix architettonico che ricorda sia la Persia che la grandeur delle capitali mitteleuropee.

La posizione dell’hotel suggerisce, come prima cosa, di fare un salto alla Cattedrale della Trinità, la principale chiesa degli ortodossi georgiani. La costruzione è recentissima (anni 2000) ma segue tutti i dettami dell’architettura religiosa ortodossa tradizionale. L’idea di una cattedrale risale alla fine del comunismo e la rinascita dei movimenti nazionali nelle ex repubbliche sovietiche, tuttavia la costruzione venne posticipata a causa dei problemi socio-economici che la Georgia incontrò subito dopo l’indipendenza.

128

La chiesa sorge su una collina in posizione panoramica, e tutta l’area è stata riqualificata.

129

130

Scendendo di quota e avvicinandosi al Kura, si arriva al Rikhe Park, creato con la costruzione del Bridge of Peace, progettato da Michele de Lucchi, e del teatro e centro espositivo, ad opera di Fuksas, che a me ricorda uno Snorky.

131

La Chiesa dell’Assunzione è sempre sulla sponda meridionale del Kura, andando verso ovest, e domina un piccolo promontorio da cui si ha una eccellente vista sulla sponda settentrionale, con la chiesa di S. Nicola e quel che rimane del castello

132

133

La sponda settentrionale è più turistica – quella meridionale più residenziale, tanto che il palazzo presidenziale si trova qui :D
Vi si trovano molte viuzze caratteristiche, pedonalizzate, con ristoranti.

134

135

Purtroppo in molte chiese ortodosse è proibito fare foto

136

Ma nella Cattedrale Sioni si può

137

138

E per gli amanti del non religioso, c’è anche il teatro delle marionette di Rezo Gabriadze, che ha ideato e costruito questa struttura senza senso, un po’ Harry Potter un po’ Alice nel Paese delle Meraviglie:

139
 
Dalla strada che scende lungo il castello si gode di una splendida visuale e soprattutto senza l’affollamento del belvedere a monte della cabinovia.


140

141

142

Sempre la sponda meridionale, versione grande metropoli europea

143

145

Questa strada mi ha ricordato tantissimo il Vomero. Niente pizza coi khinkali purtroppo :(

144

Lungo la Shota Rustaveli avenue si trovano anche alcuni musei, tra cui il museo nazionale, quello di arte moderna e quello sull’occupazione sovietica. In questo erano conservato alcuni crani di aviazioniciviilis australopitecus. Questo in particolare era un nicolapis atechnologicus extinctus, specie che non è mai riuscita ad usare uno smartphone in maniera davvero smart, e quindi è scomparsa, sopravanzata anche dal rigormortis dancrenianis.

146

La zona di Abanotubani è ricca di bagni turchi, alimentati da acque sulfuree che sgorgano da una sorgiva poco lontana

147

148

che culmina in una cascata.


149

Prossimo pezzo a giugno :D

DaV
 
Tbilisi è splendida. In quella piazza, che fa grandeur europea, assistetti al capolavoro di ignoranza di una Lada che, con una lavatrice (probabilmente arrubbata) che faceva capolino nel baule, si esibiva in una derapata sul pavé, prima di infilare Rustaveli a velocità da ritiro della patente e con emissioni che nemmeno l'industria carbonifera della Manciuria.
 
Quando ho letto “prenoto il primo posto libero sul vialone principale” ho subito pensato alla prostituzione. Poi mi sono chiesto se l’incasso è stato buono.

Ti stai interessando alla tua prossima piazza, eh! :D

Eh no, mi sembra che la Georgia proprio non ti sia andata a genio.

Ni. Le persone non sono cattive, e mediamente cercano di aiutare, ma oggettivamente sono organizzati come Nicolap quando deve prenotare voli e autonoleggi. Sono fortemente europeisti e solo per questo meritano simpatia. Ho trovato però una percentuale di furbi e truffaldini in ambito turistico da far rabbrividire, e molta improvvisazione - che va benissimo perché è divertente, ma un po' meno quando li becchi e cercano di farti passare per fesso.

I paesaggi montani sono assolutamente superbi. Tbilisi è una città assolutamente piacevole e direi ben organizzata nelle aeree centrali e semi-centrali, soprattutto considerando che è paese in via di sviluppo che si è dissanguato in una guerra contro la Russia meno di dieci anni fa.

Veramente interessante, speriamo che la prossima puntata arrivi prima della fine del secolo :D

Grazie Silvano!

DaV
 
Per un appassionato del genere come me, quello stanzone pieno di crani di ominini (non si chiamano più ominidi) è un vero colpo.
Vuol dire che dopo aver visto Lucy ed essere stato a Olduvai, metto in conto una girata a Tbiisi ...
 
Ottima anche questa parte. Mi pare di capire che Tbilsi sia una meta piacevole anche e solo per un viaggio veloce, confermate?
 
Per un appassionato del genere come me, quello stanzone pieno di crani di ominini (non si chiamano più ominidi) è un vero colpo.
Vuol dire che dopo aver visto Lucy ed essere stato a Olduvai, metto in conto una girata a Tbiisi ...

Non garantisco al 100% che fossero originali - dato che è un museo di storia naturale, e l'esposizione era piacevolmente didattica, potrebbe essere un percorso per bambini/ragazzi. Non riesco a trovare info online purtroppo.

Ottima anche questa parte. Mi pare di capire che Tbilsi sia una meta piacevole anche e solo per un viaggio veloce, confermate?

Assolutamente sì, specie in tarda primavera - a luglio/agosto può essere molto caldo. Fanno anche tour dei vigneti nei dintorni, per soddisfare la tua vena alcolica :D

DaV
 
GIORNO 10 E 11

Sempre rimanendo a Tbilisi, ci sono due posti che volevo assolutamente vedere: il primo è Mtskheta, l’antica capitale, tutt’ora sede del potere religioso georgiano-ortodosso; l’altro è Davit Gareja, un monastero scavato nella roccia, esattamente al confine con l’Azerbaijan.


A Mtskheta ci si può andare in treno, oppure in marshrutka; scelgo quest’ultima data la frequenza (ne parte uno ogni 20 minuti circa, o quando è pieno). La giornata è uggiosa, minaccia pioggia; vado in metro fino a Didube, dove si trova la stazione dei bus. La stazione è anche adiacente ad un mercato scoperto molto pittoresco e un bel posto anche solo per fare crowd spotting. Chiedo un po’ in giro Mtskheta, Mtskheta e vengo indirizzato verso l’area da dove partono i relativi minibus; lì vicino c’è anche la biglietteria, dove una babushka di cent’anni mi vende il biglietto con spiccia gentilezza – di clienti ce ne sono tanti da servire, tra pane, biglietti, snack e bevande.

150

Appena parte il precedente minibus, un secondo si presenta sulla piazzola; partiremo anche noi pieni, metà locali, metà turisti, facendo la parata davanti agli altri Ford e Mercedes parcheggiati in cerchio – ce li vedo fare un fight club alle luci dei fari.

151

Circa venticinque minuti dopo, scendo alla fermata più vicina alla cattedrale di Svetitskhoveli. Piove. Il posto è più turistico del colosseo – ci sono bancarelle ovunque, e il maltempo non funge da deterrente.

152

153

L’interno è assai mistico

154

La signora è della mia stessa idea


155

Esco dalla bolgia – c’è decisamente troppa gente per i miei gusti – e mi immergo nelle bancarelle che vendono la peggiore paccottiglia. E il gelato al kindzmarauli, un vino georgiano. Terribile (il gelato).

156

La pioggia è ora battente, anche troppo; e l’idea di andare al monastero di Jvari (1 km in linea d’aria, 16 km in taxi, oltre 30 tornando a Tbilisi) con questo tempo è attraente come la carbonara di aamilan. Torno quindi alla fermata, aspetto il primo minibus per Tbilisi, e torno indietro a fare un giro al mercato, dove i venditori passano ore a sistemare pile di cibo, oggetti, biscotti nel modo più ordinato possibile (mai visto un mercato così maniacalmente attento alla forma :D)

161

157

158

159

Quelle specie di panini fritti, al centro, erano ripieni di una buonissima crema al limone assai leggera

160
 
Il giorno successivo splende nuovamente il sole (anche troppo) e si va a Davit Gareja. Una compagnia gestita da due ragazzi, la Gareja Line, offre partenze giornaliere per il monastero ad un prezzo modico – ci si trova tutti in piazza Pushkin, a fianco a monumento del celebre romanziere, dove gli organizzatori raccolgono i soldi (senza ricevuta, senza biglietto... mi sa che non è proprio legalissimo :D) e poi chiamano i minibus in base al numero di partecipanti. Quella mattina saremo stati una cinquantina, arriveranno in fatti tre marshrutka.


Facciamo una unica sosta, in mezzo alla prateria.

162

Il paesaggio non cambia un granché una volta arrivati – è una steppa come quelle attraversate da Gengis Khan, non c’è anima viva qui, solo il confine con l’Azerbaijan e il monastero, abitato da una ventina di monaci.

163

Le celle attualmente abitate sono scavate nella parte del complesso più accessibile, ma tutto intorno vi sono sentieri (con parecchi punti mal tenuti, scivolosi e senza protezione) che raggiungono le celle abbandonate.

164

165

Questo è il suo regno:

166

Tornando indietro ci fermiamo in un villaggio di quattro case e due bar, dove sostiamo un’ora e mezza sulla terrazza del suddetto bar, con 40° e un paio di birre gelate credevo di avere le foto di una birra ignorantissima, ma mi sa che me lo sono sognato). La mattina dopo si riparte, direzione nord, per gli ultimi giorni – in mezzo alle montagne.

Prossima puntata a S. Ambrogio!

DaV