Il tema dei contributi di co-marketing è stato più volte al centro di discussioni, purtroppo, però, spesso viziate da “localismi”. Credo sia comunque interessante parlarne, ma partendo da un’analisi quanto più oggettiva possibile.
Prendo come esempio il caso di Trapani, perché se ne è parlato a lungo e perché su Trapani ci sono (ma probabilmente ci saranno anche riguardo ad altri casi) dati numerici disponibili. Ci tengo a dire che questo non è e non vuole essere un post su TPS, ma un’analisi – attraverso un caso esemplare – di una strategia di sviluppo del turismo basata sulla concessione di contributi ad una compagnia aerea. Per questa ragione non ho voluto mettere nemmeno un riferimento specifico a TPS nel titolo del thread.
Mi piacerebbe che da qui nascesse una discussione sul metodo di analisi, prima, e sulle conclusioni dell’analisi stessa, quindi; non invece una discussione sull’utilità dell’aeroporto o sulle prese di posizione di questo o quell’amministratore locale: di questo si è già tanto scritto e non si può ignorare il fatto che quella discussione è stata chiusa per esaurimento di interesse.
Detto questo, comincio, scusandomi per la lunghezza del post.
Si è sempre detto – giustamente – che la concessione di contributi non deve essere giudicata in una prospettiva aziendalistica e che, se questa operazione determina benefici effettivi per la comunità locale, è del tutto ammissibile che sia realizzata in perdita.
Una decisione di spesa pubblica, però, se è pur vero che non richiede un ritorno finanziario, deve comunque comportare un beneficio netto positivo per la comunità.
Per verificare che vi siano effetti netti positivi è necessario procedere, quindi, ad un’analisi costi benefici; ed è ciò che voglio provare a fare qui, sebbene sia giusto dire che si tratta di un’analisi sommaria e non particolarmente approfondita; ma credo sia metodologicamente corretta e, pertanto, capace di dare una risposta già indicativa su se e in che misura questi contributi permettano di sostenere il turismo in un’area locale.
A vantaggio di chi voglia risparmiarsi tutta la descrizione del processo metodologico, salto direttamente alla conclusione: i contributi di co-marketing, nel caso di Trapani, hanno rappresentato un importante sostegno allo sviluppo dei flussi turistici sul territorio provinciale fra il 2007 e il 2016, ma gli indicatori del rapporto costi/benefici risultano negativi in misura rilevante.
I dettagli.
Negli anni considerati, il turismo in provincia di Trapani è cresciuto in media ogni anno del 4,3% in relazione agli arrivi e del 3,5% in relazione alla presenze (fonte ISTAT). Contemporaneamente, il turismo nell’intera regione ha fatto registrare tassi negativi: -0,3% (arrivi), -0,6% (presenze). Indubbiamente, il dato in controtendenza di Trapani si fa notare.
Però non basta.
Per valutare il rapporto costi benefici dobbiamo definire due scenari: uno è quello che si è effettivamente realizzato attraverso la presenza dell’aeroporto, l’altro è quello che si sarebbe realizzato se l’aeroporto e Ryanair (vettore quasi monopolista) non avessero operato.
Per stimare questo scenario, cioè per definire un trend di sviluppo a partire dall’anno base (il 2006, l’anno in cui Ryanair ha aperto i primi voli) consideriamo le due province turisticamente più importanti della regione che non hanno un aeroporto sul loro territorio, vale a dire Messina e Siracusa. Queste due province simulano lo scenario “senza”. Negli ultimi 10 anni, Messina e Siracusa hanno fatto segnare, rispettivamente, tassi medi annui delle presenze di -2,6% e -0,1%.
Assumiamo, quindi, che il trend per Trapani “senza aeroporto” possa essere pari alla media fra questi due valori (tale media ha un andamento abbastanza correlato a quella dell’intera regione, quindi può rappresentare un indicatore sufficientemente significativo).
Riassumendo, con l’aeroporto +3,5%, senza -1,35%. L’effetto della presenza dell’aeroporto, in termini di presenze turistiche, è dato quindi dalla differenza, anno per anno, fra i valori storici dei due scenari.
Per trasformare il dato fisico delle presenze in valore monetario consideriamo la spesa turistica pro capite, che secondo uno studio della stessa Regione Siciliana è stimato in 60 Euro giornaliere. Basta, quindi, moltiplicare il dato delle presenze per 60, ottenendo la spesa complessiva dei turisti arrivati “grazie all’aeroporto”.
Non basta ancora.
La spesa complessiva non è la misura del beneficio, perché questa esprime un dato di ricavo, mentre a noi serve il margine, cioè il fatturato meno i costi di produzione. In termini di bilancio aziendale, il beneficio è espresso dal margine lordo (EBITDA); in termini di contabilità pubblica, dal valore aggiunto. Le due grandezze non sono esattamente sovrapponibili, ma possono essere una buona approssimazione l’una dell’altra.
Questo è il passaggio più complicato, perché il dato che ci serve per scalare dal fatturato al margine lordo è di non facile determinazione in mancanza di dati ad hoc.
Da un’indagine del 2013 di Unioncamere Sicilia, sappiamo che l’EBIT medio delle aziende siciliane si attesta al 3% del fatturato. Questo è un riferimento da cui possiamo partire per fissare un EBITDA che, con un notevole eccesso di ottimismo, poniamo al 15%.
L’eccesso di ottimismo si giustifica parzialmente volendo considerare non solo i margini diretti delle attività turistiche, ma anche gli effetti di attivazione sul complesso dell’economia provinciale; in particolare, si può stimare che, con una percentuale del 15%, più o meno il 10% dipenda dalla redditività aziendale pura (a fronte, lo ricordo, di un EBIT medio del 3%), mentre il restante 5% circa può essere fatto risalire agli effetti diffusi di attivazione sugli altri settori.
Con pressoché qualsiasi tasso di attualizzazione, anche in presenza di un EBITDA ottimistico, il rapporto costi benefici resta però negativo, e nemmeno di poco: al tasso del 5%, il valore attuale netto dell’operazione è VAN = -10,14 milioni, mentre un tasso di rendimento interno (TIR) risulta non determinabile.
Per affacciarci sul versante positivo, dovremmo avere una percentuale di valore aggiunto del 22%, cioè con una produttività che nemmeno nel Giappone dei tempi d’oro, o quasi.
Ovvero, a parità di produttività, un altro dato che avrebbe fatto la differenza sarebbe stato il parametro della spesa giornaliera pro capite dei turisti che, in questo schema, sarebbe dovuto essere di almeno 90 € (contro i 60 effettivi stimati dalla Regione). Ma si capisce abbastanza facilmente che attirare in numero sufficiente turisti capaci di questa spesa media avrebbe richiesto ben altri investimenti in infrastrutture, servizi e qualità.
Lezioni dall’esempio.
1) Guardare solo alla dimensione fisica dei flussi turistici come metro di valutazione non è sufficiente ed è generalmente fuorviante
2) La complessità del quadro di riferimento richiede che quanto più un progetto è costoso, tanto più debbano essere svolte adeguate analisi preliminari
3) Una valutazione preliminare deve comportare il confronto con almeno una ipotesi alternativa di intervento (perché questa potrebbe: a) avere un VAN superiore, b) produrre effetti migliori (maggiore efficacia), c) dare risultati almeno analoghi ma a costi inferiori, cioè maggiore efficienza).
4) Il beneficiario di un progetto non può essere un settore o una particolare categoria economica o sociale, ma deve essere sempre il sistema (locale e non) nel suo complesso: se una categoria pure ci guadagna (qui, gli operatori turistici), ma la collettività ci perde (come attesta il VAN negativo), allora il progetto è da rigettare.
Prendo come esempio il caso di Trapani, perché se ne è parlato a lungo e perché su Trapani ci sono (ma probabilmente ci saranno anche riguardo ad altri casi) dati numerici disponibili. Ci tengo a dire che questo non è e non vuole essere un post su TPS, ma un’analisi – attraverso un caso esemplare – di una strategia di sviluppo del turismo basata sulla concessione di contributi ad una compagnia aerea. Per questa ragione non ho voluto mettere nemmeno un riferimento specifico a TPS nel titolo del thread.
Mi piacerebbe che da qui nascesse una discussione sul metodo di analisi, prima, e sulle conclusioni dell’analisi stessa, quindi; non invece una discussione sull’utilità dell’aeroporto o sulle prese di posizione di questo o quell’amministratore locale: di questo si è già tanto scritto e non si può ignorare il fatto che quella discussione è stata chiusa per esaurimento di interesse.
Detto questo, comincio, scusandomi per la lunghezza del post.
Si è sempre detto – giustamente – che la concessione di contributi non deve essere giudicata in una prospettiva aziendalistica e che, se questa operazione determina benefici effettivi per la comunità locale, è del tutto ammissibile che sia realizzata in perdita.
Una decisione di spesa pubblica, però, se è pur vero che non richiede un ritorno finanziario, deve comunque comportare un beneficio netto positivo per la comunità.
Per verificare che vi siano effetti netti positivi è necessario procedere, quindi, ad un’analisi costi benefici; ed è ciò che voglio provare a fare qui, sebbene sia giusto dire che si tratta di un’analisi sommaria e non particolarmente approfondita; ma credo sia metodologicamente corretta e, pertanto, capace di dare una risposta già indicativa su se e in che misura questi contributi permettano di sostenere il turismo in un’area locale.
A vantaggio di chi voglia risparmiarsi tutta la descrizione del processo metodologico, salto direttamente alla conclusione: i contributi di co-marketing, nel caso di Trapani, hanno rappresentato un importante sostegno allo sviluppo dei flussi turistici sul territorio provinciale fra il 2007 e il 2016, ma gli indicatori del rapporto costi/benefici risultano negativi in misura rilevante.
I dettagli.
Negli anni considerati, il turismo in provincia di Trapani è cresciuto in media ogni anno del 4,3% in relazione agli arrivi e del 3,5% in relazione alla presenze (fonte ISTAT). Contemporaneamente, il turismo nell’intera regione ha fatto registrare tassi negativi: -0,3% (arrivi), -0,6% (presenze). Indubbiamente, il dato in controtendenza di Trapani si fa notare.
Però non basta.
Per valutare il rapporto costi benefici dobbiamo definire due scenari: uno è quello che si è effettivamente realizzato attraverso la presenza dell’aeroporto, l’altro è quello che si sarebbe realizzato se l’aeroporto e Ryanair (vettore quasi monopolista) non avessero operato.
Per stimare questo scenario, cioè per definire un trend di sviluppo a partire dall’anno base (il 2006, l’anno in cui Ryanair ha aperto i primi voli) consideriamo le due province turisticamente più importanti della regione che non hanno un aeroporto sul loro territorio, vale a dire Messina e Siracusa. Queste due province simulano lo scenario “senza”. Negli ultimi 10 anni, Messina e Siracusa hanno fatto segnare, rispettivamente, tassi medi annui delle presenze di -2,6% e -0,1%.
Assumiamo, quindi, che il trend per Trapani “senza aeroporto” possa essere pari alla media fra questi due valori (tale media ha un andamento abbastanza correlato a quella dell’intera regione, quindi può rappresentare un indicatore sufficientemente significativo).
Riassumendo, con l’aeroporto +3,5%, senza -1,35%. L’effetto della presenza dell’aeroporto, in termini di presenze turistiche, è dato quindi dalla differenza, anno per anno, fra i valori storici dei due scenari.
Per trasformare il dato fisico delle presenze in valore monetario consideriamo la spesa turistica pro capite, che secondo uno studio della stessa Regione Siciliana è stimato in 60 Euro giornaliere. Basta, quindi, moltiplicare il dato delle presenze per 60, ottenendo la spesa complessiva dei turisti arrivati “grazie all’aeroporto”.
Non basta ancora.
La spesa complessiva non è la misura del beneficio, perché questa esprime un dato di ricavo, mentre a noi serve il margine, cioè il fatturato meno i costi di produzione. In termini di bilancio aziendale, il beneficio è espresso dal margine lordo (EBITDA); in termini di contabilità pubblica, dal valore aggiunto. Le due grandezze non sono esattamente sovrapponibili, ma possono essere una buona approssimazione l’una dell’altra.
Questo è il passaggio più complicato, perché il dato che ci serve per scalare dal fatturato al margine lordo è di non facile determinazione in mancanza di dati ad hoc.
Da un’indagine del 2013 di Unioncamere Sicilia, sappiamo che l’EBIT medio delle aziende siciliane si attesta al 3% del fatturato. Questo è un riferimento da cui possiamo partire per fissare un EBITDA che, con un notevole eccesso di ottimismo, poniamo al 15%.
L’eccesso di ottimismo si giustifica parzialmente volendo considerare non solo i margini diretti delle attività turistiche, ma anche gli effetti di attivazione sul complesso dell’economia provinciale; in particolare, si può stimare che, con una percentuale del 15%, più o meno il 10% dipenda dalla redditività aziendale pura (a fronte, lo ricordo, di un EBIT medio del 3%), mentre il restante 5% circa può essere fatto risalire agli effetti diffusi di attivazione sugli altri settori.
Con pressoché qualsiasi tasso di attualizzazione, anche in presenza di un EBITDA ottimistico, il rapporto costi benefici resta però negativo, e nemmeno di poco: al tasso del 5%, il valore attuale netto dell’operazione è VAN = -10,14 milioni, mentre un tasso di rendimento interno (TIR) risulta non determinabile.
Per affacciarci sul versante positivo, dovremmo avere una percentuale di valore aggiunto del 22%, cioè con una produttività che nemmeno nel Giappone dei tempi d’oro, o quasi.
Ovvero, a parità di produttività, un altro dato che avrebbe fatto la differenza sarebbe stato il parametro della spesa giornaliera pro capite dei turisti che, in questo schema, sarebbe dovuto essere di almeno 90 € (contro i 60 effettivi stimati dalla Regione). Ma si capisce abbastanza facilmente che attirare in numero sufficiente turisti capaci di questa spesa media avrebbe richiesto ben altri investimenti in infrastrutture, servizi e qualità.
Lezioni dall’esempio.
1) Guardare solo alla dimensione fisica dei flussi turistici come metro di valutazione non è sufficiente ed è generalmente fuorviante
2) La complessità del quadro di riferimento richiede che quanto più un progetto è costoso, tanto più debbano essere svolte adeguate analisi preliminari
3) Una valutazione preliminare deve comportare il confronto con almeno una ipotesi alternativa di intervento (perché questa potrebbe: a) avere un VAN superiore, b) produrre effetti migliori (maggiore efficacia), c) dare risultati almeno analoghi ma a costi inferiori, cioè maggiore efficienza).
4) Il beneficiario di un progetto non può essere un settore o una particolare categoria economica o sociale, ma deve essere sempre il sistema (locale e non) nel suo complesso: se una categoria pure ci guadagna (qui, gli operatori turistici), ma la collettività ci perde (come attesta il VAN negativo), allora il progetto è da rigettare.
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