L’OT del viaggio inizia qui, sulla storica Routa 40 in direzione nord, lungo le sponde del Lago Nahuel Huapi, verso la città di Villa La Angostura.
Una tra le tante caratteristiche della bellezza di questo posto è che rappresenta la cerniera geografica tra le pendici andine argentine, più brulle e aspre, e quelle cilene, verdi e rigogliose di vegetazione. Le montagne intorno a Bariloche si alternano tra laghi e boschi, lasciandosi alle spalle la bassa e arida vegetazione della Patagonia argentina, trasformandosi quasi all’improvviso in uno straordinario e verdissimo paesaggio montano.
La Routa 40 percorre invece buona parte del territorio andino, da nord in prossimità del confine con la Bolivia, sino al limite meridionale della Patagonia, attraversando tutta l’Argentina ed offrendo una interminabile serie di panorami spettacolari e tutti diversi tra loro. Per questa ragione, nel corso del tempo, è diventata una specie di Route 66 dell’America del Sud, attirando decine di viaggiatori, e soprattutto motociclisti, da ogni parte del mondo.
La giornata è stupenda e la meta che dobbiamo raggiugere ci consente di attraversare uno dei tratti scenicamente migliori della Ruta 40.
Le strade sono molto poco trafficate, nonostante sia ormai estate e gli alberghi siano pieni di turisti. Da residente a Roma non posso non notare la compattezza dell’asfalto e l’assenza di buche, e mi domando se non abbiano anche loro bisogno di una sindaca veramente in gamba.
Il lago Nahuel Huapi bagna San Carlos de Bariloche diramandosi poi in due rami che si spingono l’uno ad ovest raggiungendo quasi il confine cileno e l’altro a nord superando di poco la cittadina di Villa La Angostura. La parte meridionale del lago ricade nella provincia di Rio Negro, di cui San Carlos de Bariloche è parte, mentre quella settentrionale ricade nella provincia di Neuquén
Villa La Angostura, a circa 80 Km a nord di San Carlos de Bariloche, è un piccolo e bellissimo villaggio di case costruite in legno e con stile tipicamente tedesco. Si tratta di una piccola colonia sorta ai primi del XX secolo per la produzione di legna, rimasta una località remota e isolata sino agli anni ’60, quando è iniziato lo sviluppo turistico della regione.
Oltre al vecchio centro cittadino, oggi a fortissima vocazione turistica, l’area è disseminata di alberghi e di chalet più o meno lussuosi, alcuni dei quali veramente spettacolari.
Il lago è a ridosso della cittadina, che è oggi famosa sia per gli sport invernali sia come luogo di villeggiatura estiva. Non ho visto nessuno fare il bagno nel lago e ho provato a toccare l’acqua con un dito e devo dire che era veramente, ma veramente congelata.
La vegetazione è densissima, composta da fitti boschi e altrettanto fitto sottobosco, rendendo di fatto difficoltoso l’attraversamento delle aree verdi. I boschi si gettano poi nei laghi praticamente senza soluzione di continuità, con pochissime calette aperte ed accessibili per lo sbarco.
Questa è una delle rare calette, con rocce a strapiombo e moletti in legno realizzati lungo le pareti per favorire l’ormeggio delle barche. L’acqua è straordinariamente azzurra.
Azzurra e trasparente, e di un blu intenso dove il fondale ripiomba a picco nelle viscere delle Ande.
Gran parte delle poche calette è di proprietà esclusiva delle lussuose ville in stile alpino che si susseguono lungo la costa e che, mi dicono, hanno prezzi inaccessibili.
Ci sono tante leggende che accompagnano la storia di questa stupenda porzione di terra. La più intrigante e recente è sicuramente quella connessa alla presenza di molti ex nazisti, più o meno noti, rifugiatisi in questi dintorni dopo la seconda guerra mondiale. Mentre San Carlos di Bariloche è notoriamente una città dove molti ex nazisti hanno vissuto – non ultimo il capitano delle SS Erik Priebke – la parte di Villa la Angostura nasconde storie – vere o false che siano – ancora più incredibili.
Nella cala di cui alla foto seguente, nascosta alla destra dalla fitta vegetazione, c’è una enorme villa abbandonata da tempo, chiamata Inalco, dove la leggenda locale (alimentata da numerose persone e anche molti giornalisti) vuole che abbia vissuto per alcuni anni lo stesso Adolf Hitler, sfuggito alla morte nel bunker della Cancelleria di Berlino e riparato in Argentina con la compiacente protezione del General Peron. Storia un tantinello improponibile, a cui tuttavia qui moltissimi credono – o fanno finta di credere – alimentando una continua diffusione di documenti, testimonianze e prove (alquanto debolucce, invero).
L’intero lungolago è disseminato di quelle che credo siano ginestre, di un giallo intenso, bellissime.
Ariazzurro, aritrasparente
Questo è invece la Laguna di Pireco, a pochi metri dal passo di frontiera con il Cile di Paso Cardenal Samorè.
Rientrando verso San Carlos de Bariloche, invece, appena varcata la frontiera della provincia di Rio Negro la natura ritorno all’improvviso bassa e brulla, offrendo panorami diversi ma non certo meno belli.
In periferia vedo una tristemente celebre Ford Falcon. Ormai ce ne sono poche in giro, ma negli anni Settanta e Ottanta ne circolavano molte, soprattutto senza targa. Erano quelle delle forze di polizia e delle unità anti-terrorismo delle forze armate, che durante gli anni della dittatura militare rastrellavano il pase dando la caccia a fantomatici terroristi arrestando migliaia di giovani per i sospetti più improbabili.
Attraverso questa pratica orrenda del sequestro e della tortura sono letteralmente spariti (da cui il termine “desaparecidos”) tra i 30 e i 40.000 argentini, di ogni età, sesso, credo politico e religioso, portati all’interno di strutture detentive illegali dove venivano interrogati, torturati e poi uccisi senza pietà.
Si tratta della pagina nera della storia argentina, che ancor oggi divide una buona parte della società tra chi denuncia apertamente i crimini commessi e chi cerca di ridimensionarli giustificandoli nell’ambito di una necessaria lotta contro il terrorismo comunista.
La realtà dei fatti è che una giunta militare spietata e spregiudicata occupò illegalmente i vertici delle istituzioni nazionali dal 1976 al 1983, seminando il terrore e gettando il paese sul lastrico sotto il profilo economico, non prima di aver fatto morire anche un po’ di soldati in una totalmente insensata guerra contro la Gran Bretagna, per il controllo delle lungamente contese isole Falkland (per gli inglesi) o Malvinas (per gli argentini).
La Ford Falcon rappresenta per gli argentini che hanno vissuto la dittatura militare il simbolo del terrore. Quando arrivava una Ford Falcon tutti si nascondevano, e se la Ford Falcon si fermava c’era una buona probabilità di poter dire addio alla vita terrena.
San Carlos de Bariloche ha mantenuto la sua fisionomia architettonica di stile tedesco in buona parte del centro storico, anche se un certo numero di – orrende – costruzioni moderne ha un po’ rovinato lo skyline di questa cittadina.
La piazza principale, Libertad, è di forma regolare e caratterizzata dall’inconfondibile torre dell’amministrazione cittadina. Tutte le costruzioni ricordano qui un paesaggio squisitamente bavarese, anche se la città sembra aver conosciuto tempi migliori degli attuali.
La statua equestre di Julio Roca, al centro della piazza, da decenni caratterizza e al tempo stesso divide la città. Il generale Roca è infatti famoso per i massacri condotti nella regione a cavallo tra il 1879 e il 1880 per “ripulirla” dalle popolazioni indigene, ree di aver attaccato le sempre più numerose comunità di “bianchi” che si spingevano nella regione per la ricerca di minerali e per la produzione del legname. Roca alla fine diventò anche presidente dell’Argentina per ben bue mandati, lasciandosi tuttavia alle spalle un gran numero di detrattori.
I graffiti che costellano la piazza e soprattutto la statua sono fatti da gruppi di attivisti che si ispirano alle Madri di Plaza de Mayo (le madri dei desaparecidos, che si unirono nella protesta, finendo spesso anch’esse uccise dalle forze armate), utilizzandone il simbolo (il disegno del velo stilizzato) e rievocandone la lotta silenziosa contro il regime militare.
Il risultato è che la piazza, architettonicamente bellissima, è secondo me rovinata sia dai graffiti sia dalla statua di Roca, il cui cavallo sembra più un asino.
Essendo una figura politicamente molto divisiva, ma facendo soprattutto la scultura del cavallo veramente schifo, secondo me se questa la fondessero e ci facessero delle belle campane, male non farebbe.
Anche i graffiti sono veramente pessimi, e distruggono letteralmente la percezione visiva della piazza.
L’insieme architettonico è invece molto carino a caratteristico….
E in alcuni scorci sembra veramente di essere a Monaco di Baviera
Questo, nell’angolo meridionale destro della piazza, è il piccolo ma interessante museo della Patagonia.
E questa è la famosa e secondo me bellissima torre civica della città.
S’è fatto tardi, ho un Fokker da prendere!