[Edit 02.07.2016. Per chi si trovasse a leggerlo per la prima volta, questo TR è stato iniziato e rilasciato alcune settimane prima del fattaccio di IST, per cui non ha nessun valore giornalistico né di testimonianza né di rivelazione di segreti di stato. Anzi. Un pensiero particolare a coloro che ci hanno lasciato le penne.]
***
Ciao amore come estai [sic!]? Quando ci vediamo? [omissis] Be’ amore non avresti potuto trovare momento peggiore per mandarmi i messaggini, giusto mentre sto ravanando sulla Internet alla ricerca dei biglietti per la mia nuova avventura di business… [Ché lo ribadiamo, io viaggio per business… ma mio malgrado in barbon class.] Dopo lo sbracatissimo reportage sulle donnine di Genève dello scorso marzo, infatti, questa volta ci tocca una terra nella quale gli orsi la fanno da padrone, nella miglior tradizione del contrappasso dantesco (cfr. in partic. Inferno, II cerchio). Veramente, in Turchia ci siamo stati a più riprese fino a poco più di un anno fa – come documentai a suo tempo su queste pagine – ma stavolta ci spingiamo un po’ più a oriente. A guardare la mappa, la redazione di Studio Aperto assimila la nostra destinazione ad amene località di villeggiatura tipo Cecenia, Iran, Iraq e Siria, ma va ricordato loro che ci sono meno chilometri tra Siracusa e Tripoli che non tra quaggiù e le suddette amene località. Ma torniamo alla ricerca dei biglietti.
La nostra agendina prevede una serie di aller-retours settimanali fra l’Italia e Trebisonda [Trabzon, in lingua locale – sì, proprio quelli della squadra di calcio]. I fornitori su TZX si contano sulle dita di una mano (ma come scopriremo, saranno più di quanti ci si possa aspettare) e, viste le precedenti esperienze in Asia Minore – nonché l’abbondanza di connessioni internazionali – la scelta cadrà nuovamente su pinna rossa TK. Per la prima settimana riusciamo a trovare un abbastanza da cristiani MXP-SAW-TZX-IST-MXP (in Y, sottolineo) a una cifra equivalente a poco meno di tre bottiglie di Dom Perignon (cfr. listino prezzi del bar, mica quello del Lidl!) – eccheccavolo, se mi confermi la trasferta a tre giorni dalla partenza! – ma non documenteremo questo viaggio se non magari con la tradizionale foto dello shop Victoria’s Secret a MXP (che ora si è messo in posizione strategica subito dopo i radiogeni), poiché la Milano-Istanbul ce la siamo fatta quasi tutti su questo forum. Per la seconda settimana invece, il volo ammonterebbe a oltre quattro bottiglie [maledetta finale di Champions League!] e, se lo prendessi, esaurirei il fido della MasterCard in un clic, verrei bannato dal bar fino al mese prossimo e l’unica possibilità che mi resterebbe per dormire sarebbe il capannone del cliente, allietato da un appetitoso profumo di noccioline (una cit. eccellenza del territorio) o accanto a qualche autogrill (si fa per dire, poiché ormai siamo in periodo di Ramadan e non c’è trippa né per gatti né per umani) della E70, la superstrada costiera che collega Istanbul a Batumi, Grusinia. Ma il tripreportista medio di AC, quando deve volare, può essere capace di mille stranezze.
Non è opportuno spiegare su questo sito le ragioni per cui, anziché il comodissimo City Airport Meneghino o il Grande Hub della Brughiera, mi sono sciroppato quasi seicento chilometri di macchina fra andata e ritorno tra l’Alta Brianza e l’Oberland zurighese per prendere uno stramaledettissimo aviogetto. A voi dovrebbe bastare che questo viaggio mi è costato poco meno di duecentoquaranta franchi svizzeri prenotando con una settimana di anticipo anziché le quattro bottiglie di cui sopra – più una trentina di litri di senza piombo al Piccadilly di Balerna – roba che se per i maghi della spesa al discount corrisponde a un rene, mezzo fegato e un occhio della testa, per me è ai limiti dell’error fare. [E non lo dico per presunto spirito di maranza, bensì perchè in tutta la mia vita non ho mai vinto alla lotteria degli upgrades né avuto il c**o di volare a 9,99 EUR con FR tra Fucking (AT) e Shitterton (UK)].
Rispondiamo quindi al messaggino sgrammaticato di cui all’incipit, carichiamo la tedesca [come la chiama con sufficienza la mia amica supporter di una società del gruppo F*CA, che sebbene sia solo il modello base, chissà perchè piace così tanto ai posteggiatori di Lugano] e partiamo.
[Siete ancora in tempo per fare Back sul vostro browser. Ci sono tanti bei TR sulle altre pagine di questo sito. La mia letteratura, seppure scarna su questi schermi, la conoscete. E non mi venite a dire che non ve l’avevo detto (cit.).]

Poco prima di arrivare a Kloten, il mio avatar proverbialmente affamato di pancakes surgelati mi chiede insistentemente di fare colazione alla sua residenza virtuale. Qua sotto, la stazione ferroviaria di Schwerzenbach con l’annesso bar, importante seggio referendario del Canton Zürich. Non è quindi un espediente narrativo, come Mendrisio.

Ma andiamo a prendere l’aereo, va’, prima che lo jus de chaussettes, il chifer e il rösti di patata swiss-made [ehmmm…] sortiscano i loro micidiali effetti.
Dal bar a Kloten è un vero tiro di schioppo, di prima mattina sono 15 minuti o poco più. Sulla sottodimensionatissima tangenziale c’è da almeno un anno il cantiere – dove a volte il bravo poliziotto Huber tende agguati col radar, ma San Cruise Control ci protegge ovunque. Lasciamo la tedesca nel posteggio attaccato al terminal, che alla settimana costa come una bottiglia di champagne non millesimato ma il danno economico totale sarà sempre un terzo di quanto ci avrei buttato se fossi partito da MIL. Ohne Frühstück natürlich.

Bene, non abbiamo sbagliato aeroporto. La colazione non ha ancora fatto effetto.

La Svizzera è il Paese della democrazia diretta a tutti i costi. Per questo il centro commerciale – in Schwyzerdütsch, Airport Center – è accessibile a tutti [basta che paghino il posteggio o il biglietto dell’S-Bahn] anziché stare airside. Là sotto, i banchetti check-in delle low-cost.

E volevate che non vi dimostrassi che ZRH è uno hub?!?

Ma andiamo al piano di sopra, va’, dove ci sono i banchetti delle compagnie legacy.

Noi andiamo a lasciare il carrellino qua. La sciura Chrüterchraft mi fa le faccine, a mio parere perchè non ha mai visto un italiano partire da ZRH per una destinazione extracomunitaria presentando la carta d’identità anziché il passaporto, ma tra non molto scopriremo la vera ragione.

Il Tagesplan per definizione è quello di Zürich. È un po’ lunga da spiegare, ma fidatevi.

A ZRH, come al bar, c’è la terrasse da dove si può osservare il viavai della fauna locale.

L’accesso costa cinque franchi, ma chi ha la boarding pass non paga.

Noi però non entreremo e faremo qualche spottata a random.


Un triplo AA (così pare, dai carrelli) sta toccando terra.

Anche a ZRH, come di recente a MXP, ci sono i tornelli tipo metro’ per andare airside. Ciò dimostra che oggigiorno prendere un Airbus è diventato un po’ come prendere un autobus. [E noi che avevamo massacrato quella che pensavamo avesse fatto casino tra il 69 barrato e il charter bling-bling OLB-MIA…]

Qua ci sono i controlli di sicurezza. La signorina Heidi – la cugggina buona di Huber, omonima di quella che l’altro mese è stata trasferita a Ponte Chiasso a rompere i cabbbasisi a un mio caro amico con (ormai ex) fidansata al seguito – ci manda però al piano di sotto, dove c’è un’altra batteria di metal detector, ma senza coda.

Assumiamo senza fretta la nostra buona dose di radionuclidi e siamo sul serio airside.
Il gestore ci costringe a passare per gli scaffali delle sigarette – quindi non è un gombloddo tutto milanese – tra i quali desideravo immortalare il cammello di plastica colorata (come surrogato della famosissima lampada equina di LHR) ma che disdetta! la signorina Rottenmeier ce lo impedisce adducendo ragioni di copyright. Questo TR, quindi, mancherà di una fondamentale nota di sarcasmo, ma perlomeno rispetterà la normativa comunitaria sulla pubblicità del tabacco.
Qua siamo in area Schengen. [Con buona pace degli austriaci a presidio del Brennero.]

Tentativo di foto artistica.

Ma continuiamo a spottare a random. Il convento non passa granché a quest’ora, a dire il vero. I padroni di casa.

E, tornando agli austriaci, la principessa Sissi.

Noi però siamo diretti in Turchia e l’extra Schengen è concentrato ai gates E, un edificio posto a debita distanza dal terminal principale, a cui si arriva tramite un trenino sotterraneo.
Scendiamo quindi al controllo passaporti.

Lo zio di Huber non è cattivo, ma come la sciura del check-in vuole insistentemente il passaporto anziché la carta d’identità. La ragione che alla fine il nostro ci confessa è che col passaporto gli sarebbe bastato strisciare la prima pagina, mentre con la carta gli è toccata la fatica di digitarne a manina santa il numero, lui con perdipiù gli occhialini da presbite. Guardi che io non ho fretta, la notte scorsa sono stato di un bene che non le dico, e poi mi sono preso un anticipo sufficiente per fare questo TR del quale anche lei sarà protagonista. Lo zio di Huber ha di sicuro degli ascendenti (cit.) un po’ più in giù.
Il trenino per i gates E arriverà al binario 1 esattamente tra un minuto e dieci secondi.

Il convoglio è diviso in due parti. Una metà per i passeggeri in partenza, l’altra per quelli in arrivo. I flussi vengono separati con precisione elvetica. [E ci mancherebbe altro.]

Durante il breve tragitto il gestore ci allieta con i tipici suoni della natura alpina: gli uccellini, i campanacci, le mucchine, gli Alphörner. [Vi risparmio il file audio.]

Risalita la scala mobile, eccoci finalmente in area extra Schengen. Il gruppetto di MiB sulla destra [scusate la facile ironia], se andasse alla mia destinazione finale, getterebbe di sicuro parecchio scompiglio.

Di nuovo spottate a random. Qua il line-up è più vario. Un altro padrone di casa, solo un po’ più grosso.

Un 767 DL, così pare. Là in fondo, il terminal principale. Lontanuccio.

E un paio di suoi concorrenti non sleali.

Mandorlato per BKK.

Là in fondo, impallato da due guardie svizzere, un altro mandorlato, ma per HKG.

Mister 49%-di-AZ da AUH. Sì, ditemi pure che sono indietro di vent’anni, ma è la prima volta che vedo da vicino un 787. Caruccio.

Toh, ce n’è un altro di Dreamliner, quello della foglia di fico.

Accuratamente nascosto dalle veneziane nonché dal finger e dai camioncini della pappa, il cicciobus di SIA [nel senso di SQ, non quella che canta] per SIN.

Nel frattempo la nostra accompagnatrice si è materializzata.
Sun., May 29th, 2016
ZRH-IST
Flight: TK1908
Class: Y
Seat: 29F
Eqp: Airbus A321-231
Reg: TC-JSI
Scheduled: 1035-1430
Block to Block: 1030-1415
In Air: 1045-1405 (Dur: 2hrs 20min)

Però dobbiamo scendere di sotto. Le due signorine turche in basso occuperanno i posti 07D e 07E mentre io finirò in coda, ma almeno le mie amiche non mi faranno le scenate di gelosia al mio ritorno.

Quest’area è un po’ piccola e opprimente, ma tanto non manca molto all’imbarco.

Ma… sta bene, il nostro Padre?!?

Ecco, visto che l’avevamo ordinata l’altro mese e non ci era arrivata in tempo, facciamo finalmente buon uso della luggage tag di AC.

Buongiorno amo sono io, ti auguro buon vuolo [sic!] e fai il bravo. [omissis] Non ti preoccupare kochania, a TZX non è mica come dalle tue parti, c’è poco da trasgredire, a guardare negli occhi una donna senza esserne il guardiano si rischia la lapidazione… [O almeno facciamole credere così…] Rispondiamo rapidamente al messaggino sgrammaticato e avviciniamoci al gate.

Il nostro vicino di sinistra porterà un nutrito branco di orsi zurighesi al mare di AYT. Qualcuno dovrebbe dire loro che, vista la recente crisi tra Erdogan e Putin, non troveranno più le vacanziere russe.

Mentre quello di destra ne porterà altrettanti a ADB, luogo che già documentammo. Notiamo nel frattempo che il nostro 321 ha le sharklets.

Questo volo è abbastanza popolato, ma noi abbiamo la botta di c**o di avere tutta la fila libera. Poltrone dedicate nelle file davanti, ma quelle le avevamo immortalate l’altra volta.

Subito il Pitch Test. Nulla è cambiato dall’altra volta.

Safety First, per i feticisti del genere. Mostro solo la copertina perchè il resto credo di avervelo documentato l’anno scorso, nell’altro TR turco.

La rivista di bordo, per gli altri feticisti. È contenuta in una pratica busta di plastica.

È ora di liberarci del tentacolo. Là in fondo, l’area aliscafi.

Ci dirigiamo verso la pista 28.

La principessa Sissi di cui sopra, ci sfugge.

Allineamento…

E andiamo. Là in fondo, un’anonima è appena atterrata sulla 14.


Uno scorcio delle altre due piste di ZRH.

Com’è verde la campagna zurighese. Fabbriche di orologi a cucù, allevamenti di vacche, frontalieri pluripregiudicati per abigeato, società fiduciarie, naturalizzati pluripregiudicati per aggiotaggio, campi di patata.

Il lago di Zürich, dalla capitale cantonale giù giù fino al ponte diga di Rapperswil.

Filtrato ignobilmente dalle nuvole, il Greifensee. Siamo sulla perpendicolare esatta del bar.

Quella è l’unica cosa che riuscirò a vedere delle Alpi. Questa tratta non sarà fortunata sotto questo aspetto.

Finalmente riusciamo a vedere la luce.

Una sbirciatina dal corridoio. Gli Airbus TK hanno una sobria illuminazione total white, per non farci venire in testa strane idee. L’incombente Ramadan, infatti, prescrive astinenza.

Comincia il servizio. Il lokum o Turkish Delight, che già abbiamo assaggiato in occasione delle precedenti gite in Turchia.

Intanto la chef corre al club level a preparare la pappa.

In questo volo non distribuiranno il fogliettino con il menu – ah, quale mancanza! altro che compagnia a cinque stelle! – comunque i piatti che il convento – ehmmm, la madrassa – passa sono più o meno gli stessi da tempo. Un habitué del luogo, quindi, potrebbe avere qualcosa da ridire sul turnover, ma qualità e quantità, come vedremo tra un attimo, farà passare ciò in secondo piano.
Il servizio si svolge in modo apparentemente fluido, senza intoppi. Nel galley smetteranno di trafficare solamente all’avvertimento Cabin crew prepare for landing. È evidente che il turco è una lingua troppo ostica per Er Pomata.
Pollo o manzo? La seconda che ha detto per favore, signorina. In alto a sinistra, le melanzane mi perseguitano. Mandiamole giù con l’ormai famosa birra locale.

In un raro momento sgombro da nuvole, si scorge un tratto di campagna croata. Un pensiero alla Nina Moric e allo scempio che fece delle sue labbra.

In Turchia è sempre l’ora del çay, più che in Inghilterra.

Intanto, come d’abitudine, ravaniamo nell’IFE – presente su questo mezzo – alla ricerca delle nostre care schifezze da lap-dance. Troveremo solo questa cantilena della Selena Gomez. Quindi ci toccherà fare affidamento solo sul nostro database interno.

L’interfaccia grafica è un po’ cambiata rispetto all’anno scorso. Funzionalità touchscreen. Curioso come Andrea Bocelli stia sotto la cartellina della musica turca. [Effetto perverso della fuga dei cervelli.] Devo purtroppo notare che il sistema ha problemi di stabilità, negli ultimi quattro voli che ho fatto mi è andato in crash due volte. E io non sono uno che maltratta hardware e software, nel mondo reale sono uno del ramo e ho una vaga idea di cosa significhi.
Chiaro segno che dobbiamo metterci a lavorare e mettere insieme testi e immagini di questo TR.

Inizia la discesa. In lontananza, le coste del Mar di Marmara.


Là sotto, Tekirdağ / TEQ.

La nostra destinazione è là in fondo.


Però noi la prenderemo da dietro, dalla 23 anziché la tradizionale 05. Costeggeremo l’antica Bisanzio e risaliremo il Bosforo, per poi fare inversione a U e centrare la pista. Ai fotografi professionisti questo approccio farà di sicuro venire l’acquolina in bocca. Scegliete i posti di destra e per favore fate delle foto migliori delle mie.

Alla buon’ora. Dopo oltre un anno riesco a vedere com’è fatto il centro di Istanbul.

Qualche scorcio del Bosforo.


Il Terzo Ponte.



Torniamo indietro.



Becchiamo di sfroso il Secondo Ponte.

Il centro storico è dall’altra parte, ma dovevamo pur scendere a qualche compromesso.

Ce n’è di gente, da queste parti.


C’è un ingorgo in tangenziale.

Touchdown.

Pinna rossa la fa da padrone, comme d’habitude.



Un clandestino – ma non abusivo – di -طيران الجزيرة .

E posteggiamo al tentacolo, accanto a questo triplo.

Ci vengono a frugare nella pancia.

E ringraziamo la nostra prima accompagnatrice della giornata coi tre bacini d’ordinanza.

Come abbiamo appreso dai viaggi precedenti, per prendere il volo interno dobbiamo uscire landside, andare al terminal domestico [ops, nazionale / interno / it’s up to you] e farci di nuovo irraggiare. Cominciamo quindi a farci trascinare dal tapis roulant verso il controllo passaporti.

Dove c’è un po’ di coda, ma noi non abbiamo fretta sciur Türkyılmaz [ecco dove sei finito dopo aver appeso le scarpette al chiodo!], la notte scorsa sono stato di un bene che non le dico, etc etc etc.

Benvenuti in Turchia. Là in fondo, il gestore dà un’ultima possibilità a coloro che intendono soddisfare le proprie voglie di Bacco e Tabacco.

Landside, area arrivi.

Il terminal internazionale. Anche qua la tecnica del pointillisme è molto in voga, come vedemmo l’altro mese a GVA.

Ed eccoci finalmente dentro il terminal dei voli nazionali.


Ancora spotting a random alla maniera di Georges Seurat.

Sempre e solo pinne rosse dalla terrasse all’aperto.

No, nell’acquario dei fumatori non ci entro manco morto!

Il consueto sguardo al Tagesplan, con un malcelato senso di nostalgia per ZRH.

Il nostro Trebisonda parte dai gates del seminterrato. Il panorama là fuori è un po’ triste.

Il nostro # [cancelletto]. La coda è quella del gate accanto, che va a Smirne.

Tiriamo fuori la luggage tag per onorare (con piacere, of course) gli impegni verso chi ci ospita.

L’imbarco viene chiamato all’orario previsto. Perderemo però parecchio tempo a trottolare sul Cobus. Per capire dove finiremo vi ho fatto un disegnino, che dimostra quanto sia affollato IST e quanto ciò influisca negativamente sulla puntualità dei voli. Nulla di “particolarmente”, beninteso, ma il più delle volte non bisogna perdere troppo tempo nei transiti anche se sulla carta un’ora e mezza pare tanta. In blu il percorso dell’autobus, in rosso il taxeggio del nostro Airbus. È lunga, anche se non sembra.

Non si capisce perchè è di fronte, ma questo è uno degli aerei di Stato turchi. A fianco c’era un Gulfstream – così mi pareva – anch’esso di Stato, ma la foto mi è venuta con un pilastro che impallava l’aereo.

Questo non l’ho mai visto.

Il giro turistico termina qua, nei pressi di SAW. [Se non ci fosse il Bosforo di mezzo, ci saremmo arrivati per davvero!]

Mentre l’ennesima pinna rossa atterra.

Siamo pronti per il secondo giro di giostra della giornata. La nostra nuova accompagnatrice è pronta per riceverci.
Sun., May 29th, 2016
IST-TZX
Flight: TK2840
Class: Y
Seat: 27D (ns. malgrado)
Eqp: Airbus A320-232
Reg: TC-JPN
Scheduled: 1700-1840
Block to Block: 1730-1920
In Air: 1755-1915

Serve a caricare le sostanze per le scie chimiche, vero?

Il nostro vicino di sinistra è questo 320 KK.

Ecco, veramente il posto che avevo scelto doveva essere il 27F, ma la sciura turca col foulard di Hermès in testa mi ha fregato la seggiola ed io, che con le donne sono sempre paziente e accondiscendente – così mi dicono loro – l’ho gentilmente lasciata al mio posto. Peccato perchè l’avvicinamento diurno a TZX da ovest sarebbe stato molto interessante, si sorvolano il litorale e la città a pochi metri d’altezza e se si arriva lunghi si fa pure backtrack, cosa che non credo avvenga spesso su mezzi più grossi di un regional. Salutiamo comunque la sciura, che vediamo qua godersi il panorama della costa del Mar Nero.

Più in generale, il parterre suggerisce che su questa tratta il traffico è principalmente etnico, nel senso che ci si fa un’idea abbastanza completa della moda Islam-compliant. [Non è polemica o disprezzo, bensì semplice constatazione: qua, loro giocano in casa.] Quando mi feci Smirne, manco pareva d’essere in un Paese musulmano (se non fosse stato per i minareti e le preghiere del muezzin registrato cinque volte al di’). Sono città profondamente diverse. Se non fosse che attendo l’incasso di una fattura e devo pagare un F24 da paura, regalerei volentieri un biglietto per TZX a quella che (cfr. più sopra) faceva confusione tra i pullman e gli aeroplani.
Tornando a noi, per questa seconda tratta avremo ahimè solo la checklist del buon tripreportista di AC. Nel viaggio di ritorno, lo anticipo, saremo un po’ più fortunati.
Pitch Test un po’ così.

Fetish Moment – solo la cover, perchè con i 320 TK abbiamo già dato.

Una sbirciatina al corridoio mentre le signorine ci portano (cit.) il cestino della merenda.

È superfluo dire che su tutti i voli TK, brevi o lunghi fa lo stesso, ci si strafoga anche in barbon. Paninetto con tacchino e formaggio, mousse al cioccolato, se avessero l’arancia rossa sarebbero perfetti, e le immancabili melanzane nonostante ci stiamo allontanando sempre più dall’Italia.

Un’altra sbirciatina al galley di coda, desolatamente vuoto.

Letture edificanti, visto che il finestrino ci è precluso. Poiché sarebbe inopportuno dedicarci alle donne da queste parti, allora ripieghiamo sui motori, il loro principale abbinamento. Il peggior difetto del quattro cilindri di questa tedesca è che suona come una 500 Abarth. Il punto è che non dovrebbe essere una 500 Abarth, non so se mi spiego.

Rivediamo la luce naturale solo dopo essere scesi dall’aviogetto. La pista è in riva al mare e l’aroma di Jet A-1 non riesce a coprire pienamente il sapore di sale. Questo è il panorama che ci si presenta al tramonto.

Un’ignobile foto della nostra ultima accompagnatrice, mentre un orso del Mar Nero, in basso, si sta facendo un selfie. Küsse. [Ovviamente, alla sola accompagnatrice!]

La storia tutta turca dei bagagli l’abbiamo raccontata quando andammo a ADB. In pratica, avendo imbarcato il nostro carrellino a Zürich, anche se siamo arrivati con un volo domestico dovremo recuperarlo al terminal internazionale. I bagagli sono opportunamente etichettati all’origine con un cartellino Transit.
L’edificio non è particolarmente attraente. Dall’aviogetto al terminal si arriva a piedi, senza intermediazioni di sorta. Raccomando comunque di dire alle signorine della rampa che siete passeggeri internazionali, loro controlleranno se siete nella loro lista e vi manderanno nella direzione giusta.

Saletta VIP. Magari lì è messo meglio, ma a noi non è dato entrare.

Benvenuti in Turchia – ma anche no, visto che noi siamo già stati sdoganati.

Nemmeno dentro è particolarmente attraente. Però le lucette blu Oceano mi danno un non so che di familiare.


E come ultimi passi di questo viaggio, scarpiniamo al terminal domestico – in Turchia sono quasi sempre edifici separati – per salire con quest’altra (anglo)tedesca con la quale avevamo fissato rendez-vous. Faremo solo poche decine di chilometri al giorno lungo la superstrada costiera, ma con buona pace del cliente, ci dà decisamente più libertà rispetto a chiamare ogni volta il taxi, pressoché a parità di costi. Notare il tocco di classe del tappo del dizel, neanche la Sciarelli sa dove se lo sono ciucciato.

Nel prossimo post cercheremo di metter su un OT alla bell’e meglio. Purtroppo per voi, Trebisonda non è una meta particolarmente ambita per le vacanze – e poi come al solito, il cliente mi frega pure il poco tempo libero che mi rimane. Proverò solo a darvi un’idea del luogo, sempreché ce la faccia.
***
Ciao amore come estai [sic!]? Quando ci vediamo? [omissis] Be’ amore non avresti potuto trovare momento peggiore per mandarmi i messaggini, giusto mentre sto ravanando sulla Internet alla ricerca dei biglietti per la mia nuova avventura di business… [Ché lo ribadiamo, io viaggio per business… ma mio malgrado in barbon class.] Dopo lo sbracatissimo reportage sulle donnine di Genève dello scorso marzo, infatti, questa volta ci tocca una terra nella quale gli orsi la fanno da padrone, nella miglior tradizione del contrappasso dantesco (cfr. in partic. Inferno, II cerchio). Veramente, in Turchia ci siamo stati a più riprese fino a poco più di un anno fa – come documentai a suo tempo su queste pagine – ma stavolta ci spingiamo un po’ più a oriente. A guardare la mappa, la redazione di Studio Aperto assimila la nostra destinazione ad amene località di villeggiatura tipo Cecenia, Iran, Iraq e Siria, ma va ricordato loro che ci sono meno chilometri tra Siracusa e Tripoli che non tra quaggiù e le suddette amene località. Ma torniamo alla ricerca dei biglietti.
La nostra agendina prevede una serie di aller-retours settimanali fra l’Italia e Trebisonda [Trabzon, in lingua locale – sì, proprio quelli della squadra di calcio]. I fornitori su TZX si contano sulle dita di una mano (ma come scopriremo, saranno più di quanti ci si possa aspettare) e, viste le precedenti esperienze in Asia Minore – nonché l’abbondanza di connessioni internazionali – la scelta cadrà nuovamente su pinna rossa TK. Per la prima settimana riusciamo a trovare un abbastanza da cristiani MXP-SAW-TZX-IST-MXP (in Y, sottolineo) a una cifra equivalente a poco meno di tre bottiglie di Dom Perignon (cfr. listino prezzi del bar, mica quello del Lidl!) – eccheccavolo, se mi confermi la trasferta a tre giorni dalla partenza! – ma non documenteremo questo viaggio se non magari con la tradizionale foto dello shop Victoria’s Secret a MXP (che ora si è messo in posizione strategica subito dopo i radiogeni), poiché la Milano-Istanbul ce la siamo fatta quasi tutti su questo forum. Per la seconda settimana invece, il volo ammonterebbe a oltre quattro bottiglie [maledetta finale di Champions League!] e, se lo prendessi, esaurirei il fido della MasterCard in un clic, verrei bannato dal bar fino al mese prossimo e l’unica possibilità che mi resterebbe per dormire sarebbe il capannone del cliente, allietato da un appetitoso profumo di noccioline (una cit. eccellenza del territorio) o accanto a qualche autogrill (si fa per dire, poiché ormai siamo in periodo di Ramadan e non c’è trippa né per gatti né per umani) della E70, la superstrada costiera che collega Istanbul a Batumi, Grusinia. Ma il tripreportista medio di AC, quando deve volare, può essere capace di mille stranezze.
Non è opportuno spiegare su questo sito le ragioni per cui, anziché il comodissimo City Airport Meneghino o il Grande Hub della Brughiera, mi sono sciroppato quasi seicento chilometri di macchina fra andata e ritorno tra l’Alta Brianza e l’Oberland zurighese per prendere uno stramaledettissimo aviogetto. A voi dovrebbe bastare che questo viaggio mi è costato poco meno di duecentoquaranta franchi svizzeri prenotando con una settimana di anticipo anziché le quattro bottiglie di cui sopra – più una trentina di litri di senza piombo al Piccadilly di Balerna – roba che se per i maghi della spesa al discount corrisponde a un rene, mezzo fegato e un occhio della testa, per me è ai limiti dell’error fare. [E non lo dico per presunto spirito di maranza, bensì perchè in tutta la mia vita non ho mai vinto alla lotteria degli upgrades né avuto il c**o di volare a 9,99 EUR con FR tra Fucking (AT) e Shitterton (UK)].
Rispondiamo quindi al messaggino sgrammaticato di cui all’incipit, carichiamo la tedesca [come la chiama con sufficienza la mia amica supporter di una società del gruppo F*CA, che sebbene sia solo il modello base, chissà perchè piace così tanto ai posteggiatori di Lugano] e partiamo.
[Siete ancora in tempo per fare Back sul vostro browser. Ci sono tanti bei TR sulle altre pagine di questo sito. La mia letteratura, seppure scarna su questi schermi, la conoscete. E non mi venite a dire che non ve l’avevo detto (cit.).]

Poco prima di arrivare a Kloten, il mio avatar proverbialmente affamato di pancakes surgelati mi chiede insistentemente di fare colazione alla sua residenza virtuale. Qua sotto, la stazione ferroviaria di Schwerzenbach con l’annesso bar, importante seggio referendario del Canton Zürich. Non è quindi un espediente narrativo, come Mendrisio.

Ma andiamo a prendere l’aereo, va’, prima che lo jus de chaussettes, il chifer e il rösti di patata swiss-made [ehmmm…] sortiscano i loro micidiali effetti.
Dal bar a Kloten è un vero tiro di schioppo, di prima mattina sono 15 minuti o poco più. Sulla sottodimensionatissima tangenziale c’è da almeno un anno il cantiere – dove a volte il bravo poliziotto Huber tende agguati col radar, ma San Cruise Control ci protegge ovunque. Lasciamo la tedesca nel posteggio attaccato al terminal, che alla settimana costa come una bottiglia di champagne non millesimato ma il danno economico totale sarà sempre un terzo di quanto ci avrei buttato se fossi partito da MIL. Ohne Frühstück natürlich.

Bene, non abbiamo sbagliato aeroporto. La colazione non ha ancora fatto effetto.

La Svizzera è il Paese della democrazia diretta a tutti i costi. Per questo il centro commerciale – in Schwyzerdütsch, Airport Center – è accessibile a tutti [basta che paghino il posteggio o il biglietto dell’S-Bahn] anziché stare airside. Là sotto, i banchetti check-in delle low-cost.

E volevate che non vi dimostrassi che ZRH è uno hub?!?

Ma andiamo al piano di sopra, va’, dove ci sono i banchetti delle compagnie legacy.

Noi andiamo a lasciare il carrellino qua. La sciura Chrüterchraft mi fa le faccine, a mio parere perchè non ha mai visto un italiano partire da ZRH per una destinazione extracomunitaria presentando la carta d’identità anziché il passaporto, ma tra non molto scopriremo la vera ragione.

Il Tagesplan per definizione è quello di Zürich. È un po’ lunga da spiegare, ma fidatevi.

A ZRH, come al bar, c’è la terrasse da dove si può osservare il viavai della fauna locale.

L’accesso costa cinque franchi, ma chi ha la boarding pass non paga.

Noi però non entreremo e faremo qualche spottata a random.


Un triplo AA (così pare, dai carrelli) sta toccando terra.

Anche a ZRH, come di recente a MXP, ci sono i tornelli tipo metro’ per andare airside. Ciò dimostra che oggigiorno prendere un Airbus è diventato un po’ come prendere un autobus. [E noi che avevamo massacrato quella che pensavamo avesse fatto casino tra il 69 barrato e il charter bling-bling OLB-MIA…]

Qua ci sono i controlli di sicurezza. La signorina Heidi – la cugggina buona di Huber, omonima di quella che l’altro mese è stata trasferita a Ponte Chiasso a rompere i cabbbasisi a un mio caro amico con (ormai ex) fidansata al seguito – ci manda però al piano di sotto, dove c’è un’altra batteria di metal detector, ma senza coda.

Assumiamo senza fretta la nostra buona dose di radionuclidi e siamo sul serio airside.
Il gestore ci costringe a passare per gli scaffali delle sigarette – quindi non è un gombloddo tutto milanese – tra i quali desideravo immortalare il cammello di plastica colorata (come surrogato della famosissima lampada equina di LHR) ma che disdetta! la signorina Rottenmeier ce lo impedisce adducendo ragioni di copyright. Questo TR, quindi, mancherà di una fondamentale nota di sarcasmo, ma perlomeno rispetterà la normativa comunitaria sulla pubblicità del tabacco.
Qua siamo in area Schengen. [Con buona pace degli austriaci a presidio del Brennero.]

Tentativo di foto artistica.

Ma continuiamo a spottare a random. Il convento non passa granché a quest’ora, a dire il vero. I padroni di casa.

E, tornando agli austriaci, la principessa Sissi.

Noi però siamo diretti in Turchia e l’extra Schengen è concentrato ai gates E, un edificio posto a debita distanza dal terminal principale, a cui si arriva tramite un trenino sotterraneo.
Scendiamo quindi al controllo passaporti.

Lo zio di Huber non è cattivo, ma come la sciura del check-in vuole insistentemente il passaporto anziché la carta d’identità. La ragione che alla fine il nostro ci confessa è che col passaporto gli sarebbe bastato strisciare la prima pagina, mentre con la carta gli è toccata la fatica di digitarne a manina santa il numero, lui con perdipiù gli occhialini da presbite. Guardi che io non ho fretta, la notte scorsa sono stato di un bene che non le dico, e poi mi sono preso un anticipo sufficiente per fare questo TR del quale anche lei sarà protagonista. Lo zio di Huber ha di sicuro degli ascendenti (cit.) un po’ più in giù.
Il trenino per i gates E arriverà al binario 1 esattamente tra un minuto e dieci secondi.

Il convoglio è diviso in due parti. Una metà per i passeggeri in partenza, l’altra per quelli in arrivo. I flussi vengono separati con precisione elvetica. [E ci mancherebbe altro.]

Durante il breve tragitto il gestore ci allieta con i tipici suoni della natura alpina: gli uccellini, i campanacci, le mucchine, gli Alphörner. [Vi risparmio il file audio.]

Risalita la scala mobile, eccoci finalmente in area extra Schengen. Il gruppetto di MiB sulla destra [scusate la facile ironia], se andasse alla mia destinazione finale, getterebbe di sicuro parecchio scompiglio.

Di nuovo spottate a random. Qua il line-up è più vario. Un altro padrone di casa, solo un po’ più grosso.

Un 767 DL, così pare. Là in fondo, il terminal principale. Lontanuccio.

E un paio di suoi concorrenti non sleali.

Mandorlato per BKK.

Là in fondo, impallato da due guardie svizzere, un altro mandorlato, ma per HKG.

Mister 49%-di-AZ da AUH. Sì, ditemi pure che sono indietro di vent’anni, ma è la prima volta che vedo da vicino un 787. Caruccio.

Toh, ce n’è un altro di Dreamliner, quello della foglia di fico.

Accuratamente nascosto dalle veneziane nonché dal finger e dai camioncini della pappa, il cicciobus di SIA [nel senso di SQ, non quella che canta] per SIN.

Nel frattempo la nostra accompagnatrice si è materializzata.
Sun., May 29th, 2016
ZRH-IST
Flight: TK1908
Class: Y
Seat: 29F
Eqp: Airbus A321-231
Reg: TC-JSI
Scheduled: 1035-1430
Block to Block: 1030-1415
In Air: 1045-1405 (Dur: 2hrs 20min)

Però dobbiamo scendere di sotto. Le due signorine turche in basso occuperanno i posti 07D e 07E mentre io finirò in coda, ma almeno le mie amiche non mi faranno le scenate di gelosia al mio ritorno.

Quest’area è un po’ piccola e opprimente, ma tanto non manca molto all’imbarco.

Ma… sta bene, il nostro Padre?!?

Ecco, visto che l’avevamo ordinata l’altro mese e non ci era arrivata in tempo, facciamo finalmente buon uso della luggage tag di AC.

Buongiorno amo sono io, ti auguro buon vuolo [sic!] e fai il bravo. [omissis] Non ti preoccupare kochania, a TZX non è mica come dalle tue parti, c’è poco da trasgredire, a guardare negli occhi una donna senza esserne il guardiano si rischia la lapidazione… [O almeno facciamole credere così…] Rispondiamo rapidamente al messaggino sgrammaticato e avviciniamoci al gate.

Il nostro vicino di sinistra porterà un nutrito branco di orsi zurighesi al mare di AYT. Qualcuno dovrebbe dire loro che, vista la recente crisi tra Erdogan e Putin, non troveranno più le vacanziere russe.

Mentre quello di destra ne porterà altrettanti a ADB, luogo che già documentammo. Notiamo nel frattempo che il nostro 321 ha le sharklets.

Questo volo è abbastanza popolato, ma noi abbiamo la botta di c**o di avere tutta la fila libera. Poltrone dedicate nelle file davanti, ma quelle le avevamo immortalate l’altra volta.

Subito il Pitch Test. Nulla è cambiato dall’altra volta.

Safety First, per i feticisti del genere. Mostro solo la copertina perchè il resto credo di avervelo documentato l’anno scorso, nell’altro TR turco.

La rivista di bordo, per gli altri feticisti. È contenuta in una pratica busta di plastica.

È ora di liberarci del tentacolo. Là in fondo, l’area aliscafi.

Ci dirigiamo verso la pista 28.

La principessa Sissi di cui sopra, ci sfugge.

Allineamento…

E andiamo. Là in fondo, un’anonima è appena atterrata sulla 14.


Uno scorcio delle altre due piste di ZRH.

Com’è verde la campagna zurighese. Fabbriche di orologi a cucù, allevamenti di vacche, frontalieri pluripregiudicati per abigeato, società fiduciarie, naturalizzati pluripregiudicati per aggiotaggio, campi di patata.

Il lago di Zürich, dalla capitale cantonale giù giù fino al ponte diga di Rapperswil.

Filtrato ignobilmente dalle nuvole, il Greifensee. Siamo sulla perpendicolare esatta del bar.

Quella è l’unica cosa che riuscirò a vedere delle Alpi. Questa tratta non sarà fortunata sotto questo aspetto.

Finalmente riusciamo a vedere la luce.

Una sbirciatina dal corridoio. Gli Airbus TK hanno una sobria illuminazione total white, per non farci venire in testa strane idee. L’incombente Ramadan, infatti, prescrive astinenza.

Comincia il servizio. Il lokum o Turkish Delight, che già abbiamo assaggiato in occasione delle precedenti gite in Turchia.

Intanto la chef corre al club level a preparare la pappa.

In questo volo non distribuiranno il fogliettino con il menu – ah, quale mancanza! altro che compagnia a cinque stelle! – comunque i piatti che il convento – ehmmm, la madrassa – passa sono più o meno gli stessi da tempo. Un habitué del luogo, quindi, potrebbe avere qualcosa da ridire sul turnover, ma qualità e quantità, come vedremo tra un attimo, farà passare ciò in secondo piano.
Il servizio si svolge in modo apparentemente fluido, senza intoppi. Nel galley smetteranno di trafficare solamente all’avvertimento Cabin crew prepare for landing. È evidente che il turco è una lingua troppo ostica per Er Pomata.
Pollo o manzo? La seconda che ha detto per favore, signorina. In alto a sinistra, le melanzane mi perseguitano. Mandiamole giù con l’ormai famosa birra locale.

In un raro momento sgombro da nuvole, si scorge un tratto di campagna croata. Un pensiero alla Nina Moric e allo scempio che fece delle sue labbra.

In Turchia è sempre l’ora del çay, più che in Inghilterra.

Intanto, come d’abitudine, ravaniamo nell’IFE – presente su questo mezzo – alla ricerca delle nostre care schifezze da lap-dance. Troveremo solo questa cantilena della Selena Gomez. Quindi ci toccherà fare affidamento solo sul nostro database interno.

L’interfaccia grafica è un po’ cambiata rispetto all’anno scorso. Funzionalità touchscreen. Curioso come Andrea Bocelli stia sotto la cartellina della musica turca. [Effetto perverso della fuga dei cervelli.] Devo purtroppo notare che il sistema ha problemi di stabilità, negli ultimi quattro voli che ho fatto mi è andato in crash due volte. E io non sono uno che maltratta hardware e software, nel mondo reale sono uno del ramo e ho una vaga idea di cosa significhi.
Chiaro segno che dobbiamo metterci a lavorare e mettere insieme testi e immagini di questo TR.

Inizia la discesa. In lontananza, le coste del Mar di Marmara.


Là sotto, Tekirdağ / TEQ.

La nostra destinazione è là in fondo.


Però noi la prenderemo da dietro, dalla 23 anziché la tradizionale 05. Costeggeremo l’antica Bisanzio e risaliremo il Bosforo, per poi fare inversione a U e centrare la pista. Ai fotografi professionisti questo approccio farà di sicuro venire l’acquolina in bocca. Scegliete i posti di destra e per favore fate delle foto migliori delle mie.

Alla buon’ora. Dopo oltre un anno riesco a vedere com’è fatto il centro di Istanbul.

Qualche scorcio del Bosforo.


Il Terzo Ponte.



Torniamo indietro.



Becchiamo di sfroso il Secondo Ponte.

Il centro storico è dall’altra parte, ma dovevamo pur scendere a qualche compromesso.

Ce n’è di gente, da queste parti.


C’è un ingorgo in tangenziale.

Touchdown.

Pinna rossa la fa da padrone, comme d’habitude.



Un clandestino – ma non abusivo – di -طيران الجزيرة .

E posteggiamo al tentacolo, accanto a questo triplo.

Ci vengono a frugare nella pancia.

E ringraziamo la nostra prima accompagnatrice della giornata coi tre bacini d’ordinanza.

Come abbiamo appreso dai viaggi precedenti, per prendere il volo interno dobbiamo uscire landside, andare al terminal domestico [ops, nazionale / interno / it’s up to you] e farci di nuovo irraggiare. Cominciamo quindi a farci trascinare dal tapis roulant verso il controllo passaporti.

Dove c’è un po’ di coda, ma noi non abbiamo fretta sciur Türkyılmaz [ecco dove sei finito dopo aver appeso le scarpette al chiodo!], la notte scorsa sono stato di un bene che non le dico, etc etc etc.

Benvenuti in Turchia. Là in fondo, il gestore dà un’ultima possibilità a coloro che intendono soddisfare le proprie voglie di Bacco e Tabacco.

Landside, area arrivi.

Il terminal internazionale. Anche qua la tecnica del pointillisme è molto in voga, come vedemmo l’altro mese a GVA.

Ed eccoci finalmente dentro il terminal dei voli nazionali.


Ancora spotting a random alla maniera di Georges Seurat.

Sempre e solo pinne rosse dalla terrasse all’aperto.

No, nell’acquario dei fumatori non ci entro manco morto!

Il consueto sguardo al Tagesplan, con un malcelato senso di nostalgia per ZRH.

Il nostro Trebisonda parte dai gates del seminterrato. Il panorama là fuori è un po’ triste.

Il nostro # [cancelletto]. La coda è quella del gate accanto, che va a Smirne.

Tiriamo fuori la luggage tag per onorare (con piacere, of course) gli impegni verso chi ci ospita.

L’imbarco viene chiamato all’orario previsto. Perderemo però parecchio tempo a trottolare sul Cobus. Per capire dove finiremo vi ho fatto un disegnino, che dimostra quanto sia affollato IST e quanto ciò influisca negativamente sulla puntualità dei voli. Nulla di “particolarmente”, beninteso, ma il più delle volte non bisogna perdere troppo tempo nei transiti anche se sulla carta un’ora e mezza pare tanta. In blu il percorso dell’autobus, in rosso il taxeggio del nostro Airbus. È lunga, anche se non sembra.

Non si capisce perchè è di fronte, ma questo è uno degli aerei di Stato turchi. A fianco c’era un Gulfstream – così mi pareva – anch’esso di Stato, ma la foto mi è venuta con un pilastro che impallava l’aereo.

Questo non l’ho mai visto.

Il giro turistico termina qua, nei pressi di SAW. [Se non ci fosse il Bosforo di mezzo, ci saremmo arrivati per davvero!]

Mentre l’ennesima pinna rossa atterra.

Siamo pronti per il secondo giro di giostra della giornata. La nostra nuova accompagnatrice è pronta per riceverci.
Sun., May 29th, 2016
IST-TZX
Flight: TK2840
Class: Y
Seat: 27D (ns. malgrado)
Eqp: Airbus A320-232
Reg: TC-JPN
Scheduled: 1700-1840
Block to Block: 1730-1920
In Air: 1755-1915

Serve a caricare le sostanze per le scie chimiche, vero?

Il nostro vicino di sinistra è questo 320 KK.

Ecco, veramente il posto che avevo scelto doveva essere il 27F, ma la sciura turca col foulard di Hermès in testa mi ha fregato la seggiola ed io, che con le donne sono sempre paziente e accondiscendente – così mi dicono loro – l’ho gentilmente lasciata al mio posto. Peccato perchè l’avvicinamento diurno a TZX da ovest sarebbe stato molto interessante, si sorvolano il litorale e la città a pochi metri d’altezza e se si arriva lunghi si fa pure backtrack, cosa che non credo avvenga spesso su mezzi più grossi di un regional. Salutiamo comunque la sciura, che vediamo qua godersi il panorama della costa del Mar Nero.

Più in generale, il parterre suggerisce che su questa tratta il traffico è principalmente etnico, nel senso che ci si fa un’idea abbastanza completa della moda Islam-compliant. [Non è polemica o disprezzo, bensì semplice constatazione: qua, loro giocano in casa.] Quando mi feci Smirne, manco pareva d’essere in un Paese musulmano (se non fosse stato per i minareti e le preghiere del muezzin registrato cinque volte al di’). Sono città profondamente diverse. Se non fosse che attendo l’incasso di una fattura e devo pagare un F24 da paura, regalerei volentieri un biglietto per TZX a quella che (cfr. più sopra) faceva confusione tra i pullman e gli aeroplani.
Tornando a noi, per questa seconda tratta avremo ahimè solo la checklist del buon tripreportista di AC. Nel viaggio di ritorno, lo anticipo, saremo un po’ più fortunati.
Pitch Test un po’ così.

Fetish Moment – solo la cover, perchè con i 320 TK abbiamo già dato.

Una sbirciatina al corridoio mentre le signorine ci portano (cit.) il cestino della merenda.

È superfluo dire che su tutti i voli TK, brevi o lunghi fa lo stesso, ci si strafoga anche in barbon. Paninetto con tacchino e formaggio, mousse al cioccolato, se avessero l’arancia rossa sarebbero perfetti, e le immancabili melanzane nonostante ci stiamo allontanando sempre più dall’Italia.

Un’altra sbirciatina al galley di coda, desolatamente vuoto.

Letture edificanti, visto che il finestrino ci è precluso. Poiché sarebbe inopportuno dedicarci alle donne da queste parti, allora ripieghiamo sui motori, il loro principale abbinamento. Il peggior difetto del quattro cilindri di questa tedesca è che suona come una 500 Abarth. Il punto è che non dovrebbe essere una 500 Abarth, non so se mi spiego.

Rivediamo la luce naturale solo dopo essere scesi dall’aviogetto. La pista è in riva al mare e l’aroma di Jet A-1 non riesce a coprire pienamente il sapore di sale. Questo è il panorama che ci si presenta al tramonto.

Un’ignobile foto della nostra ultima accompagnatrice, mentre un orso del Mar Nero, in basso, si sta facendo un selfie. Küsse. [Ovviamente, alla sola accompagnatrice!]

La storia tutta turca dei bagagli l’abbiamo raccontata quando andammo a ADB. In pratica, avendo imbarcato il nostro carrellino a Zürich, anche se siamo arrivati con un volo domestico dovremo recuperarlo al terminal internazionale. I bagagli sono opportunamente etichettati all’origine con un cartellino Transit.
L’edificio non è particolarmente attraente. Dall’aviogetto al terminal si arriva a piedi, senza intermediazioni di sorta. Raccomando comunque di dire alle signorine della rampa che siete passeggeri internazionali, loro controlleranno se siete nella loro lista e vi manderanno nella direzione giusta.

Saletta VIP. Magari lì è messo meglio, ma a noi non è dato entrare.

Benvenuti in Turchia – ma anche no, visto che noi siamo già stati sdoganati.

Nemmeno dentro è particolarmente attraente. Però le lucette blu Oceano mi danno un non so che di familiare.


E come ultimi passi di questo viaggio, scarpiniamo al terminal domestico – in Turchia sono quasi sempre edifici separati – per salire con quest’altra (anglo)tedesca con la quale avevamo fissato rendez-vous. Faremo solo poche decine di chilometri al giorno lungo la superstrada costiera, ma con buona pace del cliente, ci dà decisamente più libertà rispetto a chiamare ogni volta il taxi, pressoché a parità di costi. Notare il tocco di classe del tappo del dizel, neanche la Sciarelli sa dove se lo sono ciucciato.

Nel prossimo post cercheremo di metter su un OT alla bell’e meglio. Purtroppo per voi, Trebisonda non è una meta particolarmente ambita per le vacanze – e poi come al solito, il cliente mi frega pure il poco tempo libero che mi rimane. Proverò solo a darvi un’idea del luogo, sempreché ce la faccia.
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