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VENEZIA. Un grande aeroporto diffuso, un hub del Nordest che spazi da Venezia a Trieste, da Treviso a Verona a Brescia. Il risiko degli aeroporti veneti è ufficialmente partito. Save ha mosso su Catullo, e per quanto la presa di posizione sia ancora preliminare, lo scacchiere è in movimento. Anche se la manifestazione di interesse non è al momento vincolante e non sono ancora state fatte proposte concrete. Non si è ancora, cioè, iniziato a parlare di cifre, almeno sul versante veneziano. La cautela è d’obbligo in questa fase iniziale, per due ordini di ragioni almeno. La prima, nessuna due diligence è stata ovviamente ancora fatta. Cioè Save non ha ancora guardato dentro ai conti della società che gestisce gli aeroporti di Verona Villafranca e Brescia-Montichiari, dunque non si è ancora potuto fare una valutazione. Ed ecco il secondo punto, lo schema di entrata di Save nel capitale degli aeroporti (il caso Aertre-Canova docet) è stata sempre quello dello scambio di azioni. E non del pagamento cash. Uno schema che è molto probabile il concessionario veneziano intenda proporre anche ai futuri possibili partner.
Questo non è un dettaglio da poco. Catullo ha bisogno di un’iniezione di risorse fresche, il piano di rilancio prevede la necessità di investimenti infrastrutturali per 50 milioni di euro, e non è detto che i soci siano disponibili ad accettare questo tipo di offerta. Per quanto Save sia un’azienda quotata, che secondo diversi osservatori vale molto di più di quello che Piazza Affari la sta pagando. Inoltre è al centro di una manovra di riassetto societario, in quanto alcuni soci, Provincia di Venezia e Generali da qui all’autunno venderanno parte o tutte le proprie quote. Ergo è una “carta” molto liquida. Ma tant’è la partita è tutta da giocare.
Che siamo alle battute iniziali lo conferma anche il fatto che la società presieduta da Enrico Marchi non ha ancora fatto alcuna comunicazione alla Borsa. A oggi Save ha rastrellato sul mercato oltre il 5% del proprio capitale. Titoli che ha ritirato per poterli scambiare in vista di operazioni di consolidamento e quindi per l’entrata nel capitale di altri aeroporti. Quel pacchetto ha oggi un valore di mercato di circa 48 milioni di euro. È una provvista che sta lì apposta per poter essere usata come moneta di scambio. Ed anche se Save ha margini per usare la leva finanziaria, cioè indebitarsi per comprare un pezzo di Verona- Montichiari, non è detto che intenda farlo.
Poi ci sono altre questioni, tutte interne al Catullo, che riguardano la modifica del suo statuto. In base al quale c’è una barriera del 51% del capitale che deve restare nelle mani dei soci veronesi. Uno sbarramento che renderebbe l’entrata di Save un percorso a slalom tra i paletti imposti dallo statuto. Alle perplessità ha però già indirettamente risposto Alessandro Bianchi il presidente dell’ente camerale scaligero, che in una recente intervista ha liquidato la questione con la logica: «Se un operatore entra al 35-40% la veronesità al 51% non è più percorribile». E sempre nella stessa intervista Bianchi ha confermato la volontà della Camera di Commercio di vendere delle quote. Dalle indiscrezioni filtrate si è parlato di un primo ingresso di Marchi tramite scambio di azioni con l’acquisizione di un 5% del capitale. Una fiche, per poi salire fino a circa il 35% del capitale, probabilmente, tramite un aumento di capitale dedicato. Il prossimo passaggio previsto è per un cda del Catullo, convocato il 19 agosto, a cui dovrebbe far seguito un’assemblea straordinaria dei soci entro fine mese. In quella sede i soci del concessionario veronese si esprimeranno sulla proposta di Marchi. A quel punto si darà inizio alla trattativa in esclusiva, all’analisi dei conti del Catullo da parte di Save per poi passare alla fase calda del negoziato, cioè quella sulla valutazione e quindi sul prezzo eventualmente da pagare. Il come, se denaro o azioni, sarà il momento clou della trattativa.
Dal fronte veronese, tuttavia, in questi giorni si è tornato a parlare anche di altri pretendenti disposti a unirsi con Catullo. Anche se la manifestazione di interesse arrivata finora porta solo la firma di Marchi. Tra gli altri nomi più volte circolati ci sono stati il fondo di Vito Gamberale F2i, l' aeroporto Orio al Serio, e Amp Capital, azionista di riferimento dell' aeroporto di Melbourne.
Rimane aperto nel risiko degli aeroporti nordestini la questione Ronchi dei Legionari, cioè lo scalo triestino. La Regione Friuli che è l’unico socio, con la precedente giunta Tondo, aveva dato il “la” al percorso di privatizzazioni. Percorso messo in stand by prima delle elezioni. Con l’arrivo del nuovo presidente Debora Serracchiani la ripresa dei colloqui non è ancora iniziata.