27 giugno - 33° anniversario strage di Ustica


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nicolap

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10 Novembre 2005
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Roma
Un pensiero alle vittime.

In un dolore costantemente aggravato dalle esternazioni di quella massa di mentecatti che ci governa.
Ecco il primo oggi a dire la sua.

Ustica, il monito di Napolitano
«Accertare responsabilità anche estere»
Il presidente della Repubblica scrive all'Associazione parenti delle vittime nel giorno del 33esimo anniversario del disastro

Giorgio Napolitano (Imagoeconomica)«La costante dedizione con cui l'Associazione da lei presieduta coltiva la memoria di quella tragica notte e delle innocenti vittime del disastro richiama il dovere di tutte le istituzioni di sostenere le indagini tuttora in corso per accertare responsabilità, nazionali ed internazionali, rimaste coperte da inquietanti opacità e ombre». Lo scrive il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, nel messaggio inviato al presidente dell'Associazione parenti delle vittime della strage di Ustica, Daria Bonfietti nella ricorrenza del trentatreesimo anniversario del disastro di Ustica.
IMPEGNO - «Sono certo - dice ancora il Capo dello Stato - che la celebrazione dell'anniversario attraverso l'installazione artistica collocata nello spazio antistante il "Museo della Memoria" concorrerà anche quest'anno ad accrescere la partecipazione collettiva al ricordo delle vittime e a mantenere vivo, anche sulla base della recente sentenza della Corte di Cassazione, l'impegno delle istituzioni e di tutti i cittadini perchè si onorino i principi di verità e di giustizia. Con questo spirito, esprimo a lei e a tutti i famigliari l'affettuosa vicinanza mia e dell'intero Paese».

Redazione Online
27 giugno 2013 | 9:30
Corriere della Sera
 
Tralasciando tutte le polemiche, un pensiero per tutte quelle vite spezzate in un attimo e soprattuto ai familiari che ancora attendono delle risposte certe, sperando che un giorno possano averle.
 
un po' di benzina sul fuoco va'....
da Huffington Post Italie
Strage di Ustica: Giulio Linguanti: "Il Mig libico cadde sulla Sila molto prima. La stessa sera del DC9, il 27 giugno 1980"
Andrea Purgatori, L'Huffington Post | Pubblicato: 27/06/2013 09:14 CEST | Aggiornato: 27/06/2013 09:28 CEST
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BARI - “Quando sarà, io me ne voglio andare con la coscienza a posto. Perché se lassù incontrerò anche uno solo di quegli ottantuno poveretti che stavano sull’aereo, non voglio che mi sputi in faccia”. Il maresciallo Giulio Linguanti ha 76 anni e una memoria testarda che non perde un colpo. Nel 1980 era in forza al reparto del Sios Aeronautica nell’aeroporto di Bari. E a Bari lo incontro oggi, nella sua casa, davanti a un caffè. Lui con le sue carte piene di appunti, io con un registratore.
È un uomo d’un pezzo, Linguante. Con la vita segnata da un evento che per un mese, in due riprese, l’ha portato sulle montagne della Sila a organizzare il recupero del Mig23 libico che, a giudicare dai vermi lunghi cinque centimetri che avevano fatto il nido nel cadavere già putrefatto del pilota, non precipitò il giorno del suo ritrovamento ufficiale (18 luglio) ma almeno tre settimane prima. Cioè il 27 giugno, la stessa sera dell’abbattimento del DC9 Itavia. “Risolvete il giallo del Mig23 e avrete trovato la chiave per scoprire la verità su Ustica”, disse nel 1982 Giovanni Spadolini. Un giallo nel quale il maresciallo del Sios ha una parte da protagonista.
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Prima di quell’estate, i libici Linguante li aveva già visti volare e pure atterrare in tranquillità sul territorio italiano. “Una volta ci ritrovammo una intera squadriglia di elicotteri di Gheddafi sull’aeroporto di Bari. Mandammo gli equipaggi in mensa e scattammo più foto che potevamo”. Non fu l’unico episodio. Il 22 giugno del 1980, mentre i capi di stato e di governo scendevano dai loro aerei sull’aeroporto di Tessera per raggiungere Venezia e partecipare al summit dell’allora G7 presieduto da Francesco Cossiga, poco distante erano parcheggiati dei C-130 dell’aviazione della Jamahiria araba libica che noi italiani stavamo trasformando in segreto da cargo per uso civile in aerei da supporto militare. Gli stessi C-130 venduti a Tripoli con una mediazione in pieno embargo organizzata da Billy Carter, fratello del presidente americano Jimmy Carter, che grazie anche a quello scandalo passato alla storia come “Billygate” si giocò la rielezione per un secondo mandato alla casa Bianca.
Per non parlare dei piloti che Gheddafi mandava in segreto ad addestrarsi a Galatina, alla scuola di volo dell’Aeronautica. O dei Mig che sempre a Galatina i nostri piloti videro atterrare più di una volta, prima e dopo la strage di Ustica. Ma non si poteva dire. Anzi, bisognava negarlo. Gheddafi a quel tempo era il nemico numero uno dell’Occidente. Di americani e francesi, soprattutto. Mentre noi ci flirtavamo, un po’ per minaccia e molto per interesse. Tanto da salvargli la vita parecchie volte. Forse pure quella notte in cui avrebbe dovuto fare la fine che toccò al DC9 Itavia. La stessa notte e nello stesso cielo in cui volò quel pilota libico poi precipitato sulla Sila, ai comandi di quel Mig23 che rimane un mistero nel mistero di quella strage.
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USTICA 1 / C'era una portaerei. Magistrati sicuri al "mille per cento" - DI ANDREA PURGATORI
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Bari. È caduto un aereo libico e a Roma vogliono sapere, ci dissero. Era tardi, andammo a dormire in una caserma dei carabinieri. La mattina dopo, mentre preparavo la macchina per raggiungere Castelsilano, arrivò un appuntato che aveva appena partecipato alla sepoltura del pilota del Mig23. Era stravolto, ci mancava poco che vomitasse. Puzza che non ci si può stare vicino, diceva. Strano, pensai. Io ne ho visti di morti. E anche se fa caldo, dopo appena un giorno nessun cadavere è ridotto a quel modo”.
Il Mig23 si era schiantato contro un costone di roccia a strapiombo su una pietraia. Per raggiungerlo, il maresciallo camminò per chilometri in mezzo a un bosco. “Da lontano pareva un camion ribaltato, con le ruote in aria. Era grosso e praticamente intatto. Tanto che quando dopo un mese lo portarono via, dovettero spezzare le ali. Altra cosa strana, perché un caccia che va dritto per dritto contro un muro di roccia normalmente finisce in pezzi. Poi vidi dei buchi sulla coda, fori di cannoncino. Tornando in macchina verso il paese, lo dissi al colonnello Somaini. Li ha visti anche lei? Lui girò la testa vago, guardò il cielo e fece: mah, chissà da che parte è arrivato ‘st’aereo… E capii subito che di quella faccenda dei fori era meglio non parlare”.
Non era un’allucinazione. Anni dopo, il giudice istruttore Rosario Priore riuscì a trovare una serie di testimoni che la sera del 27 giugno 1980 si trovavano in punti diversi della Calabria, lungo una rotta ideale che da Ustica andava su Lamezia e fino a Castelsilano. Esattamente sul punto del ritrovamento del Mig23. Più d’uno raccontò di aver visto due caccia che ne inseguivano un terzo sparando con il cannoncino. Sui rottami i fori erano parecchi, una raffica. Gli abbiamo sparato noi nel poligono della Snia a Colleferro per testare la resistenza della lamiera, dichiarò l’Aeronautica. Che per questa giustificazione meriterebbe un posto nella top ten del ridicolo che affiora a tratti in questa strage. Pari a quella con cui il portavoce dell’Arma azzurra, generale Mangani, cercava di sostenere la tesi del cedimento strutturale: prima di entrare nella flotta Itavia, il DC9 trasportava pesce alle Hawaii, e siccome il pesce sta in mare e nel mare c’è il sale e il sale corrode, per la proprietà transitiva l’aereo era marcio.
Intorno alla carcassa del Mig23, Linguante organizzava, accompagnava, trasportava. “C’erano rottami sparsi ovunque. Anche se appena arrivammo la cloche era già sparita, e chissà chi e quando se l’era portata via”. Già, chi e quando? Ma soprattutto come? Dall’alto del costone di roccia era impossibile scendere. Dal basso, si dovette attendere che il Genio aprisse appositamente uno sterrato. Faceva caldo ed era facile perdersi. Solo Linguante e pochi altri sapevano orientarsi nel bosco. Il presidente della commissione d’inchiesta, colonnello Ferracuti, che poi certificò come il pilota del caccia sarebbe arrivato da Bengasi alla Sila per colpa di un infarto dopo aver innestato l’autopilota e anni dopo sarebbe diventato capo di stato maggiore dell’Aeronautica, una mattina pretese di fare tutto da solo e s’incamminò a testa alta. “Sbucò dal bosco dopo tre ore, con la tuta fradicia di sudore, assetato, stremato”.

VEDI TUTTEAltra storia quella dell’Americano spedito di corsa a ispezionare il relitto, che alcuni ritengono fosse il responsabile di una squadriglia di Mig “donati” da Sadat agli Stati Uniti dopo l’abbandono del padrinato sovietico. E altri pensano fosse il capostazione della Cia a Roma: Duane “Dewey” Clarridge, l’uomo che durante lo scandalo Iran-Contras (armi a Teheran in cambio di denaro per i controrivoluzionari in Nicaragua) stava per mandare a casa Reagan con un impeachment e fu graziato da George Bush senior il giorno prima di lasciare la Casa Bianca, l’uomo che secondo il Washington Post non lavorava per gli interessi degli Stati Uniti ma “solo per quelli della Cia”. In una intervista che gli avevo fatto a bruciapelo, Clarridge aveva messo in crisi la versione del governo italiano sulla caduta del Mig23 sostenendo di aver mandato i suoi uomini sulla Sila il 14 luglio, quattro giorni prima del ritrovamento ufficiale. Lo confermò anche a Priore, durante una rogatoria a Washington, ma ritrattò tutto nel processo contro i generali dell’Aeronautica accusati per depistaggio e poi assolti. Mostro a Linguante la foto di Clarridge sull’Iphone. “È lui. L’ho portato io a vedere l’aereo. È rimasto un paio d’ore. Gli avevo organizzato anche un panino e una bottiglia d’acqua. Ha solo bevuto, il panino me lo sono mangiato io alla sua salute”.
Il maresciallo era diventato uno dei perni intorno a cui ruotava l’operazione di recupero del Mig23. Accompagnava generali italiani, ufficiali libici, controllava i soldati piazzati a circondare la zona. Il giorno dell’autopsia, fu scelto come staffetta per consegnare a un colonnello piombato da Roma in elicottero alcuni resti prelevati dal cadavere del pilota. “Mi diedero un barattolo pieno di formalina con dentro un dito e il pene di quel poveretto e un fumogeno per segnalare all’elicottero dove sarebbe dovuto atterrare. Mi dissero che servivano per le impronte digitali e per accertare se fosse circonciso. La cosa mi faceva un po’ schifo, trovai un pezzo di carta geografica e la arrotolai intorno al barattolo, accesi il fumogeno e per poco non prendeva fuoco il campo. L’elicottero arrivò, io consegnai il barattolo e ripartirono subito”. Ed è bene sapere che di quei resti, come di tutti i reperti organici, di tutte le foto scattate, di tutti gli effetti personali del pilota non è mai più stato ritrovato nulla. Svaniti dal giorno dell’autopsia nel cono d’ombra del grande mistero di Ustica.
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Domenico Gatti, il pilota del DC9 parla per l'ultima volta ai passeggeri
“Dopo un mese passato in quel posto, mi fu chiaro che quell’aereo non era caduto il giorno in cui avevano detto di averlo ritrovato. Era caduto molto prima, la stessa sera della strage di Ustica, era stato colpito e tutto quello che vedevo davanti ai miei occhi era solo una messinscena. Io sono fiero di avere servito l’Aeronautica, ma mi vergogno delle bugie che sono state dette da alcuni miei superiori. Ho una coscienza e me la devo tenere pulita fino alla fine. Per me e per i miei figli. Costi quel che costi”, dice Giulio Linguante. Al processo contro i generali, gli avvocati della difesa hanno cercato in tutti i modi di delegittimarlo, metterlo in difficoltà, sgretolare il suo racconto. Ma il maresciallo non ha fatto neanche mezzo passo indietro.
Di lui, il giudice istruttore Priore ha scritto: “Questo teste appare uno dei rarissimi che riferiscono fatti e notizie, mostrando ottima memoria e completo distacco all’Arma di appartenenza. Delle sue dichiarazioni dovrà tenersi conto in più occasioni, dalle considerazioni sullo stato del cadavere a quelle sul relitto”. Peccato che cadavere e relitto siano spariti. Non le bugie. Ma nemmeno l’onestà di qualche militare che ancora crede in una verità possibile sulla strage di Ustica.
 
Citando la sig.ra Davì (vedova di una delle vittime): "Un grande paese non può essere un grande paese se non dà degna sepoltura ai suoi morti".
Se a distanza di 33 anni si brancola ancora nel buio, allora significa che non lo siamo affatto...
 
Citando la sig.ra Davì (vedova di una delle vittime): "Un grande paese non può essere un grande paese se non dà degna sepoltura ai suoi morti".
Se a distanza di 33 anni si brancola ancora nel buio, allora significa che non lo siamo affatto...

Pensiero tristemente vero.
Spero che la signora Davì fosse abbastanza vicina da riuscire a sputare nell'occhio languido di chi le aveva appena detto che è necessario fare chiarezza.
 
A quale segreto di Stato ti riferisci nello specifico?

Ad ogni modo, dal sito www.sicurezzanazionale.gov.it:


La legge 124/2007 in breve

Segreto di Stato
Il segreto di Stato copre gli atti, i documenti, le notizie, le attività e ogni altra cosa la cui diffusione possa arrecare danno all’integrità della Repubblica, anche in relazione ad accordi internazionali, alla difesa delle istituzioni, all’indipendenza dello Stato rispetto ad altri Stati e alle relazioni con essi, alla preparazione e alla difesa militare dello Stato.

Non possono essere coperti dal segreto di Stato fatti eversivi dell’ordine costituzionale, fatti di terrorismo, fatti costituenti i delitti di strage comune e con finalità di attentare alla sicurezza dello Stato, associazione di tipo mafioso, scambio elettorale di tipo politico-mafioso.

Controlli sul Segreto di Stato

controllo di legittimità: Corte costituzionale
controllo di merito: COPASIR
Nel controllo di merito, il Presidente del Consiglio dei Ministri, su richiesta del Presidente del Comitato parlamentare, espone, in una seduta segreta appositamente convocata, il quadro informativo idoneo a consentire l’esame nel merito della conferma dell’opposizione del segreto di Stato.

Limite temporale del Segreto di Stato

Il limite temporale di 15 anni, prorogabile di altri 15. Dopo 15 anni dall’apposizione o dalla conferma dell’opposizione del segreto di Stato, chiunque abbia un interesse può richiedere al Presidente del consiglio di avere accesso alle informazioni, ai documenti, agli atti, alle attività, alle cose e ai luoghi coperti dal segreto di Stato.

Entro 30 giorni dalla richiesta, il Presidente del Consiglio consente l’accesso oppure dispone una o più proroghe con un provvedimento motivato (durata complessiva massima di 30 anni).

Quando, in base ad accordi internazionali, la sussistenza del segreto incide anche su interessi di Stati esteri o di organizzazioni internazionali, il provvedimento con cui è disposta la cessazione del vincolo, salvo che ricorrano gravi ragioni di eccezionale gravità e a condizione di reciprocità, è adottato previa intesa con le autorità estere o internazionali competenti.
 
Ecco la prova della mia ignoranza. Ma quindi c'è o non c'è un segreto di Stato? tra tutti gli articoli che ho letto, ho dovuto fare attenzione a non cadere nella trappola del complottismo.
 
Ecco la prova della mia ignoranza. Ma quindi c'è o non c'è un segreto di Stato? tra tutti gli articoli che ho letto, ho dovuto fare attenzione a non cadere nella trappola del complottismo.

Il segreto, quando c'è, deve necessariamente essere apposto dal Presidente del Consiglio. Può opporsi al segreto la magistratura, alla quale deve dare una risposta colui che lo appone (ovvero quelli che da trent'anni ci dicono, a noi cittadini, che dobbiamo fare chiarezza), confermandolo o revocandolo.
Non sono a conoscenza di apposizione del segreto sui fatti di Ustica.
 
Il segreto, quando c'è, deve necessariamente apposto dal Presidente del Consiglio. Può opporsi al segreto la magistratura, alla quale deve dare una risposta colui che lo appone (ovvero quelli che da trent'anni ci dicono, a noi cittadini, che dobbiamo fare chiarezza), confermandolo o revocandolo.
Non sono a conoscenza di apposizione del segreto sui fatti di Ustica.
Grazie. Ma su internet ci sono dei resoconti seri sui fatti di Ustica?
 
Grazie. Ma su internet ci sono dei resoconti seri sui fatti di Ustica?

Ognuno porta acqua al suo mulino.
Meglio farsi un'idea da soli, attraverso la lettura degli atti dell'istruttoria e con le perizie.
Trovi quasi tutto online.

Eviterei i commenti della stampa, praticamente un ciclostile l'uno ell'altro da molti anni. Sia da un lato, che dall'altro.
 
È incredibile che ogni anno esponenti dello Stato abbiano ancora la faccia di parlare di questa strage.
Dovrebbero almeno avere la dignità di tacere, o di parlare solo e quando ci vorranno raccontare cosa successe quella sera di 33 anni fa.
81 innocenti sacrificati in un deliberato atto di guerra in tempo di pace.
Non è importante che siano stati gli americani, i francesi, i libici o gli italiani.
Bisognerebbe, per rispetto della memoria di 81 innocenti, e per rispetto del dolore di quelle famiglie, semplicemente ammettere di aver depistato e nascosto il grave avvenimento di quella sera. Magari per evitare di scatenare imbarazzi con i nostri alleati, oppure peggio ancora, di scatenare una guerra.
Ormai dopo 33 anni probabilmente non c'è più nessuno in vita da condannare, nè nessuna possibile conseguenza con gli alleati.
È semplicemente una farsa continuare a far finta di niente...

Un pensiero a tutti voi che quella sera avete preso il volo per il paradiso :flower1:
 
Ustica è stato uno dei primi thread che commentai dopo l'iscrizione ad AC e a due anni di distanza il mio pensiero non cambia. Stato e istituzioni dovrebbero evitare queste bieche frasi di circostanza: o si cerca di fare chiarezza o oppure onore al silenzio.
Un pensiero ai cari delle vittime che ogni anno, da trentatre anni a questa parte, in questa data devono dover leggere di uno stato che promette chiarezza e che puntualmente se ne lava le mani strappato il foglio dal calendario.
 
Stamattina quando ho letto il post di nicolap sono stato sinceramente colpito e felice che qualcuno si fosse ricordato della ricorrenza.

Non ho voluto quotare perché non me la son sentita, pur condividendo ogni parola che ha scritto.

Leggendo anche gli altri post però la mia coscienza civile mi impone di fermarmi un solo secondo.

Requiescant in pace.
Nella gioia di quel che avranno trovato nel Nuovo Mondo (e lo scrivo con rispetto, solo per chi ci crede veramente; nessuno si senta coinvolto o obbligato solo per buttar lì parole di circostanza).
 
Il capo dello stato chiede impegno delle istituzioni.
Ora, fermi un secondo, chi è che sta a capo delle istituzioni?
Lui o io? Lui o noi? Lui o la massaia di voghera?
No, ce lo spieghi.
Scandaloso.
 
Bisognerebbe, per rispetto della memoria di 81 innocenti, e per rispetto del dolore di quelle famiglie, semplicemente ammettere di aver depistato e nascosto il grave avvenimento di quella sera. Magari per evitare di scatenare imbarazzi con i nostri alleati, oppure peggio ancora, di scatenare una guerra.

chi esattamente dovrebbe ammettere? non cariche generiche, essendo un'accusa grave, servirebbero i nomi precisi.

e che cosa di preciso? nei fatti intendo.

e soprattutto in base a quale evidenza scaturita dall'indagine e dal processo?
 
Da "Il muro di gomma"

"Ci sono voluti dieci anni, dieci anni di bugie, dieci anni di perché senza risposta. Perché chi sapeva è stato zitto? Perché chi poteva scoprire non si è mosso? Perché questa verità era così inconfessabile da richiedere il silenzio, l’omertà, l’occultamento delle prove? C’era la guerra quella notte del 27 giugno 1980: c’erano 69 adulti e 12 bambini che tornavano a casa, che andavano in vacanza, che leggevano il giornale, o giocavano con una bambola. Quelli che sapevano hanno deciso che i cittadini, la gente, noi non dovevamo sapere: hanno manomesso le registrazioni, cancellato i tracciati radar, bruciato i registri, hanno inventato esercitazioni che non sono mai avvenute, intimidito i giudici, colpevolizzato i periti. E poi, hanno fatto la cosa più grave di tutte: hanno costretto i deboli a partecipare alla menzogna, trasformando l’onestà in viltà, la difesa disperata del piccolo privilegio del posto di lavoro in mediocrità, in bassezza. Ora, finalmente, mentre fuori da questo palazzo, dove lo Stato interroga lo Stato, piove, a molti sembra di vedere un po’ di sole. Aspetta. Queste ultime tre righe non mi piacciono. Aggiungi soltanto… Perché? "

Un pensiero per chi non c'è più.
 
Stato
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