anziche commentare di aerei al prato non veritiere. commentiamo cio' che dice affariitaliani.
E se alla fine i capitani coraggiosi si tenessero Alitalia insieme a AirFrance?
Lunedì, 21 gennaio 2013 - 09:31:00
di Sergio Luciano
E se alcuni dei “patrioti” che quattro anni fa rilevarono la parte buona della fallita Alitalia, anziché squagliarsela con la coda tra le gambe rilanciassero, saltando dentro Air France e cogestendo il colosso unificato che deriverebbe da una fusione tra la nostra vecchia compagnia di bandiera e la grandissima concorrente (ed azionista) francese? L'ipotesi è suggestiva e, ad uno sguardo “italianamente scettico”, sembra inverosimile, ma forse lo è meno di quanto sembri. E non perché piacerebbe molto all'attuale ministro dello Sviluppo Economico Corrado Passera, che fra un mese non sarà più in quel ruolo e che ha da sempre creduto nell'Alitalia, tanto da promuoverne appunto il rilancio quattro anni fa, da capo di Banca Intesa Sanpaolo. C'è già qualcosa di più: l'auspicio pronunciato qualche giorno fa da Passera è già oggi oggetto di un incessante scambio di vedute già in corso tra Parigi e Roma, e in particolare tra Jean-Cyril Spinetta – il leader indiscusso della compagnia francese – e il vero “dominus” del fronte italiano, cioè Gaetano Miccichè, capo delle partecipazioni di Intesa Sanpaolo, maggior singolo azionista italiano della cordata. “Incessante scambio di vedute” non vuol dire accordo, neanche (ancora) trattativa: ma approfondimento, analisi, pretattica: quello sì.
L'intesa è fattibile perché se è vero che Alitalia oggi sconta un “badwill” finanziario che le impone di ricapitalizzare al più presto, anche AirFrance non se la passa benissimo, e capitalizza in Borsa circa 2,3 miliardi. Il suo primo azionista – dopo la fusione con Klm – è sempre lo Stato francese, ma col 18%. È evidente che il valore di un'Alitalia che venga appena un po' ricapitalizzata e conferita all'alleanza è tale da porre la compagine italiana al primo posto nell'azionariato francese, o alla peggio in una posizione simmetrica rispetto a quella del governo di Parigi. Al quale l'idea è da sempre piaciuta: basta rileggere una lettera di qualche tempo fa, firmata da Spinetta e indirizzata all'amministratore delegato di Alitalia: “Sono convinto che un'alleanza tra le nostre due compagnie sarà per ciascuna di esse un'importante risorsa per poter battere la feroce e crescente competizione internazionale”, scriveva Spinetta, “ e m'impegno personalmente per la buona riuscita dell'alleanza e a seguire personalmente le varie fase dell'integrazione”. Qualche tempo fa? Parecchio tempo, in effetti: perché quelle frasi risalgono addirittura a sedici anni fa, il 27 novembre del 1997, e il destinatario della missiva di Spinetta non era l'attuale amministratore delegato di Alitalia Andrea Ragnetti, ma il suo predecessore Domenico Cempella, l'ultimo capo della compagnia ad aver messo in fila due bilanci in attivo grazie all'accordo di cogestione firmato a suo tempo con i sindacati, convinto assertore della necessità che Alitalia crescesse, il quale giunse a un passo dall'acquisizione dell'olandese Klm, finita poi proprio ad Air France.
Insomma, sono sedici anni che Spinetta “vede bene” l'alleanza tra Air France e Alitalia. E se è assurdo pensare che il manipolo dei soci italiani possa davvero diventare l'azionista di riferimento di Air France – lo sciovinismo dei francesi non lo tollererebbe mai - è invece ormai possibile che assuma un ruolo di cogestione con i rappresentanti del governo francese, salvando nel frattempo i propri soldi e la stabilità industriale di Alitalia. Che evoluzione avranno le trattative? Le prossime fasi dovrebbero essere queste. Alitalia rivaluterà un suo asset intangibile, di dubbio valore, cioè il proprio pacchetto di “frequent flyer”, come dire i clienti fedeli, che utilizzano le varie tessere Millemiglia, Club Ulisse e Freccia Alata. Un artificio contabile che però è già stato attuato in precedenza da altre compagnie internazionali, con buona pace dei revisori dei conti: significa dare un valore (elevato: si parla di circa 400 milioni di euro!) a una variabile di marketing molto volatile, qual è appunto un gruppo di clienti fedeli, ma tant'è. Con questo espediente, Alitalia comprerà tempo. Il vincolo di “lock-up” (non vendere) per i soci sulle proprie azioni è scaduto il 12 gennaio ma fino al 28 ottobre c'è una clausola di prelazione tra azionisti, per cui chiunque voglia uscire deve offrire il proprio pacchetto agli altri prima che a terzi, il che tranquillizza Air France: se un socio italiano minore vuol “prendere il volo”, può farlo ma deve segnalarsi.
C'è quindi tempo per trattare: sia all'interno della compagine dei soci italiani che tra essi e Air France. Dipenderà molto anche dall'atteggiamento del futuro governo di Roma; e dalle dinamiche del mercato. Intanto, qualche giorno fa, uno dei soci minori di Alitalia, Cosimo Carbonelli D'Angelo, azionista di Cai con il 3,1%, in una dichiarazione al Giornale, ha detto che c'è “una solidarietà tra i soci italiani di Alitalia per il mantenimento della partecipazione, tale che se Air France proponesse un'acquisizione a basso prezzo rimarrebbe delusa”, ed ha aggiunto: “È escluso che Alitalia possa finire nelle mani dei francesi per un pugno di noccioline. La maggioranza dei soci non prenderà in considerazione alcuna ipotesi di vendita a condizione che non siano valorizzati i propri asset e l'italianità”. Una bella grinta per affrontare bene i prossimi convulsi mesi di negoziato.