Che sia la volta buona per VBS?


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Mi hai battuto sul tempo, stavo per postarlo io.... E' evidente che le prime nebbie autunnali sulla brughiera non consentono di guardare la realtà con la dovuta lucidità.

Dopo un accenno di sorriso al davvero interessante articolo, torno serio e affermo che non sono affatto contrario acché Caprotti o chiunque investa su Montichiari, viste le sue evidenti potenzialità, confermate dal traffico pax generato negli ultimi anni (fuggiti solo per colpa delle api che hanno appestato la zona partenze, impedendo agli MD80 dell'omonima compagnia di decollare). Ma ad una condizione: che Caprotti paghi di tasca sua anche il portacenere utilizzato dai vigili del fuoco.
 
vedendo le ultime dichiarazioni a distanza di poche settimane si capisce come la vecchiaia abbia inesorabilmente colpito anche Caprotti.

Ma come si fa anche solo a pensare di dire a un milanese di andare a Brescia (senza collegamenti), tra l'altro con Linate ancora aperto, quando MXP è molto più vicino (parliamo di 55 vs. 110 km) e meglio collegato di VBS?

Sulle critiche a MXP potrei anche condividere, ma mi sembra che la soluzione proposta sia peggio del problema.
 
vedendo le ultime dichiarazioni a distanza di poche settimane si capisce come la vecchiaia abbia inesorabilmente colpito anche Caprotti.

Ma come si fa anche solo a pensare di dire a un milanese di andare a Brescia (senza collegamenti), tra l'altro con Linate ancora aperto, quando MXP è molto più vicino (parliamo di 55 vs. 110 km) e meglio collegato di VBS?

Sulle critiche a MXP potrei anche condividere, ma mi sembra che la soluzione proposta sia peggio del problema.

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L’aeroporto del signor Esselunga: hub a Montichiari

L'idea di Caprotti: lì sarebbe al centro del Nord che produce


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L'estensione dell'area di Montichiari, compresa l'area militare di Ghedi (in giallo): 44 km
Bernardo Caprotti costruisce il suo «sillogismo» con il piglio pragmatico dell'imprenditore che sa trasformare le idee in azioni: «Il Nord Italia non ha un aeroporto intercontinentale»; «Malpensa non sarà mai l'hub del Nord, Montichiari avrebbe tutte le carte in regola per diventarlo». Conclusione: «Perché non trasformare lo scalo bresciano nell'aeroporto che 28 milioni di abitanti chiedono?».
«Il mio è il ragionamento di un droghiere», premette il patron dell'Esselunga. «Ma questa, dopo Monaco, Ruhr e Île-de-France è la quarta regione più ricca d'Europa: non abbiamo forse diritto a un nostro aeroporto intercontinentale?».
Montichiari oggi è uno scalo fantasma: zero passeggeri, tremila metri di pista su cui rullano solo voli postali e qualche cargo, una gestione che in dieci anni ha perso più di 40 milioni. Eppure l'Ente per l'aviazione civile l'ha appena certificato per operazioni con Boeing 747-8, il gigante dei Jumbo jet. E il nuovo piano nazionale degli aeroporti gli attribuisce un ruolo di «scalo cargo e nel lungo periodo quello di riserva di capacità» per il Nord. Spiega Caprotti: «Montichiari ha tutto: posizione, bacino d'utenza, un'area vincolata di 44 kmq (ci sta dentro un Charles de Gaulle!), futuri collegamenti. Buttiamo tutto per salvare Malpensa?». Nella sua testa il futuro di Montichiari-hub è inserito in un piano che riserva un ruolo a ciascun aeroporto: «Malpensa: traffico cargo e passeggeri low cost per destinazioni lontane; Linate: city-airport con potenziamento dei collegamenti business su città come Nizza, Ginevra, Stoccarda». E i soldi? «Da qui a 15-20 anni ci saranno. Bisogna guardare lontano».
Per il 2030 nel Nord Ovest si prevede una domanda di traffico di oltre 75 milioni di passeggeri. Afferma Giulio De Carli, architetto esperto di pianificazione aeroportuale e coordinatore del piano nazionale degli aeroporti: «Già oggi il bacino è importante, 30 milioni e più. Ma non bisogna cadere nell'illusione che la risposta sia un hub.
Da subito Montichiari è perfetto per il trasporto cargo, pochi investimenti e si recuperano in parte le perdite. Tra vent'anni potrebbe diventare sì un aeroporto intercontinentale. Ma per farne un hub oltre alla struttura ci vorrebbe un grande vettore con base li». Come Londra, Parigi, Francoforte. «E visto che abbiamo perso la possibilità di avere una nostra grande compagnia (in Europa non c'è più spazio, già premono gli asiatici) la soluzione è quella di creare uno scalo aperto ai vettori globali». Come Berlino: «Costruito potenziando accessibilità e infrastrutture. Allo stesso modo serve subito pianificare strade e ferrovie (con la fermata dell'Av il più vicino possibile a Montichiari) e salvaguardare le aree vicine come a Madrid».
Oliviero Baccelli, vicedirettore del Certet Bocconi, ricorda che di un grande Montichiari si parla da anni. Per lui stesse condizioni: «Vincolo delle aree e pianificazione dell'Alta velocità che ad oggi prevede un tracciato lontano dall'aeroporto. Serve però acquisire l'area militare di Ghedi, quindi rivedere potenziamento di Venezia e realizzazione della terza pista a Malpensa». Caprotti però su una cosa ha ragione: «Se si traccia una mappa isocrona per capire quanta gente attrae l'aeroporto quasi sicuramente Montichiari vince su Malpensa».


(fonte: corriere.it)
 
Re: L’aeroporto del signor Esselunga: hub a Montichiari

«Il mio è il ragionamento di un droghiere», premette il patron dell'Esselunga.

Se l'Italia continua ad essere guidata dai droghieri non si andrà mai molto lontano. Però vorrei chiedergli: quanti soldi ci metterebbe, lui?

Ciao,
GB
 
"Il confronto tra l'hub a Montechiari e l'aeroporto Charles de Gaulle di Parigi"

Preferisco leggere articoli di "Panico a Bordo", almeno, rispetto a questa roba, fanno ridere.

Devi anche considerare che siamo nel weekend, magari un bicchierino di troppo, la stanchezza di tutta la settimana, poi un giornalista che deve riempire uno spazio.... ed il gioco è fatto. E' sicuramente più competente nel campo alimentare!:D
 
In Italia gli imprenditori grandi hanno sempre aspettato investimenti di altri, dello stato in primis, privatizzando tutti gli utili e comunizzando le perdite.
E' la norma e sempre sarà così, seppure in scala diversa, dopo il fallimento del paese.
 
In Italia gli imprenditori grandi hanno sempre aspettato investimenti di altri, dello stato in primis, privatizzando tutti gli utili e comunizzando le perdite.
E' la norma e sempre sarà così, seppure in scala diversa, dopo il fallimento del paese.

quoto !
 
In Italia gli imprenditori grandi hanno sempre aspettato investimenti di altri, dello stato in primis, privatizzando tutti gli utili e comunizzando le perdite.
E' la norma e sempre sarà così, seppure in scala diversa, dopo il fallimento del paese.

Parli grazie alla tua grande esperienza di vita imprenditoriale o così perché lo hai letto su internet?
 
In Italia gli imprenditori grandi hanno sempre aspettato investimenti di altri, dello stato in primis, privatizzando tutti gli utili e comunizzando le perdite.
E' la norma e sempre sarà così, seppure in scala diversa, dopo il fallimento del paese.

Concordo. Quando mai un imprenditore rischia di suo...Ci sono le banche e i contribuenti,dopo,per appianare!!
 
sarebbe interessante sapere quanto ci mette del suo...

anche perché altrimenti....son tutti imprenditori coi soldi degli altri!
 
Stato
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