Fusione Alitalia-Meridiana


Hereticus

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13 Settembre 2012
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Buongiorno sono un nuovo iscritto, porgo un saluto a tutti i forumisti e vi sottopongo questo topic: ho letto recentemente i vari comunicati stampa che parlano del progetto auspicato dal Ministro Passera di arrivare in tempi brevi ad una fusione tra il gruppo Alitalia-CAI e quello Meridianafly-Air Italy.
La cosa ha suscitato allarme e scalpore tra i politici sardi che temono una perdita d'importanza della compagnia dell'Aga Khan storicamente basata ad Olbia.
Mi chiedo: questa ipotesi rappresenta oggi uno scenario verosimile (se ne è parlato tante volte in passato) o è l'ennesima "propaganda" mediatica strumentale ad altri obiettivi?:dubbio:
 
Benvenuto.
Non mi pronuncio sull'argomento visto che e' speculativo al momento. Riguardo al presunto allarme e scalpore tra i politici sardi, beh mi meraviglierei del contrario.
 
Benvenuto.
Non mi pronuncio sull'argomento visto che e' speculativo al momento. Riguardo al presunto allarme e scalpore tra i politici sardi, beh mi meraviglierei del contrario.

beh a parte che quelli parlano a vanvera ogni tre per due e non capiscono una mazza di aviazione, sarebbe comunque preoccupante un'eventuale fusione in tal senso
 
«La Sardegna, soprattutto, non ha alcun interesse a farsi scippare la propria compagnia aerea, una fonte di ricchezza per l’Isola....Ma è chiaro che serve la mobilitazione di tutta la Sardegna - spiega -. Mi aspetto che il governatore Cappellacci e i parlamentari sardi, non solo galluresi, facciano pressioni sul Governo perché non prenda neppure in considerazione la possibilità di salvare Alitalia con i mezzi di Meridiana. Ripeto: è inaccettabile»

ROTFL
 
«La Sardegna, soprattutto, non ha alcun interesse a farsi scippare la propria compagnia aerea, una fonte di ricchezza per l’Isola....Ma è chiaro che serve la mobilitazione di tutta la Sardegna - spiega -. Mi aspetto che il governatore Cappellacci e i parlamentari sardi, non solo galluresi, facciano pressioni sul Governo perché non prenda neppure in considerazione la possibilità di salvare Alitalia con i mezzi di Meridiana. Ripeto: è inaccettabile»

ROTFL
In Sardegna devono sperare che l'Aga Khan non si stufi mai di mettere soldini in Meridiana, e comunque ora che ha diluito la sua quota con la fusione con Air Italy la cosa diventa in ogni caso più complicata. L'operazione poi fa intendere che voglia più o meno disimpegnarsi dalla gestione diretta come socio di maggioranza avendo affidato la gestione a Gentile e questo
fa propendere che potrebbe non dispiacergli conferire Meridiana per andare a far parte con una buona percentuale ma non di maggioranza dell'azionariato AZ con dietro un piano del governo per razionalizzare il settore.
 
«La Sardegna, soprattutto, non ha alcun interesse a farsi scippare la propria compagnia aerea, una fonte di ricchezza per l’Isola....Ma è chiaro che serve la mobilitazione di tutta la Sardegna - spiega -. Mi aspetto che il governatore Cappellacci e i parlamentari sardi, non solo galluresi, facciano pressioni sul Governo perché non prenda neppure in considerazione la possibilità di salvare Alitalia con i mezzi di Meridiana. Ripeto: è inaccettabile»

ROTFL

Salvare AZ con i mezzi di Meridiana...ha ha ha ha ha ha! Muoio!
 
Buongiorno sono un nuovo iscritto, porgo un saluto a tutti i forumisti e vi sottopongo questo topic: ho letto recentemente i vari comunicati stampa che parlano del progetto auspicato dal Ministro Passera di arrivare in tempi brevi ad una fusione tra il gruppo Alitalia-CAI e quello Meridianafly-Air Italy.
La cosa ha suscitato allarme e scalpore tra i politici sardi che temono una perdita d'importanza della compagnia dell'Aga Khan storicamente basata ad Olbia.
Mi chiedo: questa ipotesi rappresenta oggi uno scenario verosimile (se ne è parlato tante volte in passato) o è l'ennesima "propaganda" mediatica strumentale ad altri obiettivi?:dubbio:

Ciao Hereticus, benvenuto.

Tutto è possibile ma poco è fattibile....Considera anche l'antitrust in queste cose.
Due righe messe lì in un comunicato di Passerà per creare uno spike rialzista sul malandato titolo Mery che ha lasciato sul piatto che piange più dell'80% in solo un anno.

No!!! Credo sia solo l'ennesima operazine mediatica a fini speculativi, e ci sono precedenti, in primavera notizia simile provocò un rialzo farlocco del 60%.

Unica cosa positiva, sembra che sia stato ripristinato il flottante....Ma bisogna vedere chi sono gli esteri che hanno comprato....Groet.
 
In Sardegna devono sperare che l'Aga Khan non si stufi mai di mettere soldini in Meridiana

L'operazione poi fa intendere che voglia più o meno disimpegnarsi dalla gestione diretta come socio di maggioranza avendo affidato la gestione a Gentile e questo
fa propendere che potrebbe non dispiacergli conferire Meridiana per andare a far parte con una buona percentuale ma non di maggioranza dell'azionariato AZ con dietro un piano del governo per razionalizzare il settore.

Invece in CAI devono sperare che qualcuno i soldini ce li metta di nuovo...
 
Bentornato, è anni che ci pre-annunci ciò...
E' anni che la cassa diminuisce,la matematica non è un opinione,se non si inverte la tendenza,crisi o non crisi,prima o poi qualcuno i soldi ce li dovrà mettere
Air France per ora in holding,vediamo se si fa avanti qualcun'altro
 
Io lo sapevo che i 3ad sardi non avrebbero smesso di portarci la gioia e l'allegria. Ne ero sicuro. E ne sono fiero!
 
Etihad ce li mette



ALITALIA

C'è un “cavaliere moro” che può salvare gli aerei d’Italia


Il recente accordo tra Cai-Alitalia ed Etihad, il vettore degli Emirati Arabi Uniti, di cui si è già parlato su queste pagine, apre la porta a una serie di ipotesi che vanno un po’ più in la dei rumors che ormai da molto tempo circolano nel mondo dell’aviazione commerciale. Perchè se è vero che manovre del genere sono all’ordine del giorno tra vettori, c’è da considerare la situazione di estrema gravità nella quale versa da molti anni il trasporto aereo nel nostro Paese, fatto finalmente “scoperto” pure da Enac. Cosa che impone non solo di adottare misure urgentissime a livello generale, ma anche di cercare di assicurare un futuro a una compagnia aerea (Alitalia), che dovrebbe essere il principale vettore italiano.
Molti esperti del settore si associano alle voci che indicano il vettore arabo come prossimo partner di peso in Cai. L’accesso si attuerebbe attraverso Air France, nel cui gruppo Etihad entrerebbe mettendo le mani anche su quel 25% di quote Cai in possesso del vettore transalpino, che appare ormai disinteressato all’acquisto della compagnia italiana. Del resto stiamo assistendo da tempo all’acquisizione di marchi europei da parte di società degli Emirati, che profondono ingenti capitali per avere il controllo di settori dell’economia europea di ampia visione mediatica, come squadre di calcio o griffe della moda. Ora la loro attenzione si rivolge alle aerolinee, veri e propri cavalli di Troia per penetrare il ricco mercato aereo europeo, altrimenti precluso ai loro vettori in base alla legislazione Ue. Del passato, del presente e del futuro di Alitalia abbiamo parlato con il Comandante Carlo Galiotto, responsabile del dipartimento trasporto aereo dell’Italia dei Valori.


Sono passati quattro anni dalla nascita di Cai. L’aver eliminato gran parte del know-how della ex Alitalia attraverso la “fuoriuscita” di 10.000 dipendenti pare non aver risolto i problemi.

E come avrebbe potuto essere altrimenti? I progetti non si improvvisano e non si struttura una compagnia aerea di un network globale se non si ribadiscono determinati presupposti, se si confondono e banalizzano i criteri della gestione affidando la missione magari a un esperto di sex toys e depilatori elettrici. Cos’è cambiato rispetto al “prima”? Gettare migliaia di professionalità nel cestino (in cambio di un bel “regalo” dei contribuenti e di un carrozzone privato ripulito dai debiti) non ha risolto il problema, nonostante ci avessero raccontato che fossero proprio i privilegi dei lavoratori la causa principale del dissesto di Alitalia. Come una mucca davanti al passaggio a livello aperto, Alitalia non sa attraversare la crisi e tanto meno può decollare.

Riuscirà mai a farlo?

Ci riuscirà quando saranno state definitivamente abbandonate le pratiche del consociativismo sindacale, quando sarà premiata la vera meritocrazia, quando le regole e i contratti e gli accordi saranno rispettati totalmente e con essi i criteri di anzianità, quando la democrazia interna e il codice etico aziendale saranno oggetto di analisi concrete e non il pretesto per minacciosi proclami. Ovunque, una compagnia di bandiera sostiene il maggior peso nel ruolo del trasporto aereo nazionale: per farlo deve considerare le politiche, il sistema Paese, le strategie e le necessità, evitando di cedere alle tentazioni localiste della politica, alle speculazioni, alle correlazioni demagogiche. Una compagnia aerea non si affida né allo statalismo, né al liberismo, come penso dovrebbe essere per sanità, scuola, giustizia, i cui costi sono necessari, sostenuti dalla comunità perché rispondono all’esigenza fisiologica del vivere, del progresso.

Va detto che per un Paese come il nostro avere una compagnia aerea competitiva potrebbe davvero fare la differenza.

La vocazione turistica, le necessità del made in Italy, dovrebbero ovviamente indicare l’esigenza primaria di portare qui da noi i visitatori internazionali e di esportare ovunque nel mondo le nostre merci. La rete dei collegamenti (e quindi la flotta) dovrebbe dimensionarsi e i costi essere considerati alla stregua di un investimento strategico a sostegno dell’economia nazionale. I paradigmi del successo in questo campo sono la validità del network e delle sue connessioni, la bontà del servizio, le ricadute sull’immagine e sulle attività imprenditoriali. Se una piccola compagnia si avvale del cash-flow e della capacità di far emergere il proprio business nel segmento prescelto, una compagnia di bandiera ha bisogno di un’organizzazione complessa, di investimenti e quindi della fiducia e dell’orgoglio nazionale per poter affrontare la grandezza del suo mercato che è invece necessariamente mondiale.

Alitalia poteva essere il vettore di riferimento del bacino Mediterraneo. Questo ruolo pare che ora sia ambito da altri.

Se la mappa dell’Italia si estendesse dietro ai Balcani o lambisse l’Oceania probabilmente non si parlerebbe di trasporto aereo dentro ai suoi confini. Ma nel cuore dell’Europa e del Mediterraneo, al centro della storia, dell’arte, per non dire della cristianità, ma anche dell’enogastronomia e dell’agro-alimentare d’eccellenza, non si può prescindere dal nostro Paese e dalla sua straordinaria forza di attrazione. L’operazione Cai almeno questo lo annunciava ai quattro venti: preservare questo asset nazionale dall’invasione straniera. La propaganda spesso è pericolosamente impegnativa: basta non crederci! Invece, al termine del lock-up del 12 gennaio 2013, le quote dei “patrioti” Cai finiranno molto probabilmente per collocarsi fuori dall’Italia e forse addirittura fuori dall’Europa.

A questo proposito, come vedrebbe un eventuale ingresso di Etihad in Alitalia?

Guardando ben oltre il patriottismo di facciata e a prescindere da banali operazioni di code-sharing, l’arrivo di un investitore straniero (asiatico, arabo, turco) avrebbe senso e valore solo nella misura in cui le aree geografiche coinvolte coniugassero gli sforzi per ottenere una sorta di fusione geo-politica e non solo e meramente un business. Il potenziale economico straniero, sposato alla gamma di valori offerta dal nostro Paese, monumentale porta meridionale dell’Europa, produrrebbe un progetto operativo in cui un management aeronauticamente competente (dote latitante in Italia da quasi 30 anni) realizzerebbe il sogno di connettere efficacemente via-cielo persone e merci alle nostre principali città e regioni, magari dotandosi di una vera flotta di lungo raggio con 30-40 macchine wide bodies. Il nostro Paese si è invece chiuso in una nicchia provinciale e auto-emarginata. Oggi imprenditori ed enti locali si stanno occupando di trasporto aereo facendo in gran parte edilizia, speculazione del territorio, finanza: tutto, fuorché efficienza e servizi per l’utenza.

Da questo punto di vista cosa dovrebbe fare il Governo?

Invece di continuare a disperdere risorse ed energie in progetti velleitari quanto inutili (Fiumicino-2, nuovi aeroporti immaginati a Viterbo, Frosinone, Siena, Brescia, Agrigento, Gioia del Colle e altrove), specie se incalzato da una partnership straniera, il Governo nazionale si dovrà necessariamente concentrare sulla più parsimoniosa e urgente implementazione delle infrastrutture esistenti a vantaggio del miglioramento tecnologico e strumentale per il controllo del traffico aereo, per l’accessibilità e i collegamenti intermodali, per la gestione dei servizi primari resi a compagnie aeree, passeggeri e merci. Il ruolo dell’Enac in questo senso è ora notevolmente disatteso. Può essere possibile, ad esempio, che Riggio scopra soltanto adesso che WindJet operasse i collegamenti da/per Milano senza disporre delle relative concessioni, i cosiddetti slots? E che non si avveda delle innumerevoli manchevolezze del sistema autorizzando progetti aeroportuali che persino un neo-ministro-banchiere si è affrettato a bocciare?

Il prossimo 13 ottobre, con la fine del commissariamento di Alitalia spa e la sua liquidazione, ben 4.500 ex dipendenti entreranno in mobilità.

Il 14 ottobre assisteremo impotenti alla fine di un’epoca, alla desolante e mortificante dispersione di un’azienda che ha contribuito nel dopoguerra alla ricostruzione italiana. Alitalia-Lai è stata affossata dalla cattiva gestione dei boiardi di Stato che hanno smantellato uno dopo l’altro i suoi punti di forza per compiacere interessi e poteri esterni all’azienda, sindacalisti e politici. Col Paese in ginocchio, oggi, pare non farci più caso nessuno. Le migliaia di donne e uomini cui è stato sottratto il posto di lavoro, siano destinati alla pensione o del tutto privi di una prospettiva di re-impiego o previdenziale, hanno forse, come unica speranza, quella del rilancio della “freccia alata” per mano straniera: una possibilità non più connessa alla logica propagandistica condivisa (solo quattro anni fa!) da Berlusconi e Veltroni, che almeno risponda oggi alla logica del buon senso. Nonostante ciò, e nell’imminenza di una scadenza tanto drammatica, quasi 5.000 famiglie principalmente del Lazio aspettano con ansia, ora dopo ora, che le varie interrogazioni urgenti che da mesi il mio partito ha rivolto in Parlamento al Governo trovino adeguate risposte da parte dei ministri Fornero e Passera in merito al tema degli esodati, della mobilità e del re-impiego.


fonte: IlSussidiario
 
Dopo lo schianto Alitalia-Wind Jet, ecco i piani del governo


La disastrosa operazione è la spia di un settore aereo moribondo. La “road map” di Passera per rianimarlo


Roma. Doveva essere una fusione. E’ stato un bluff. L’acquisizione di Wind Jet da parte di Alitalia doveva essere l’unica, ma importante, operazione di fusione-acquisizione nel settore aereo italiano del 2012. E’ finita invece con un fallimento che evidenzia le difficoltà di un mercato così asfittico da rischiare la paralisi sotto diversi punti di vista. Una storia istruttiva. Nei giorni precedenti al fallimento dell’operazione, all’interno di Alitalia si respirava ottimismo sulla buona riuscita dell’acquisizione. Dovevano però essere ancora definiti degli essenziali “dettagli” tecnici, dopo avere recepito i vincoli dell’Antitrust. Alitalia voleva capire quanto debito avesse deciso di incamerare il 13 aprile scorso, quando si era impegnata ad andare fino in fondo, ricevendo l’avallo dell’azionista di maggioranza Air France. Wind Jet, amministrata da Antonino Pulvirenti, che è anche presidente del Catania calcio, si era comportata da low cost per cercare un’efficace concorrenza su quella che nel 2011 è diventata la prima rotta d’Italia, la Roma-Catania. Aveva così mantenuto i prezzi eccessivamente bassi, e anche per questo sul vettore etneo pesavano almeno 150 milioni di euro di debiti. Sull’altro versante della fusione, il debito di Alitalia cresce con costanza dal 2008 (con l’operazione Cai) e ha toccato gli 862 milioni nel primo semestre di quest’anno.

Nessuno lo ammette tra chi è stato vicino al dossier. Lo dicono gli analisti, come Andrea Giuricin, dell’Istituto Bruno Leoni: “Alitalia stava comprando un ‘buco’, e non le conveniva”. Fatto sta che in pochi si aspettavano, in quei giorni di agosto – perché è a fine mese che Alitalia aveva posticipato la chiusura dell’accordo –, che tutto sarebbe crollato: alle 19,13 di venerdì 10 Alitalia comunica il “fallimento della trattativa”, 540 dipendenti di colpo rischiano il posto, migliaia di passeggeri non hanno più un volo. Wind Jet non aveva esposto alla controparte bilanci e dati societari sufficienti per capire quanto valesse l’operazione e quanti debiti pendenti (compresa la manutenzione degli aerei in flotta) avrebbe incamerato l’acquirente. Solo in quei giorni che Alitalia sostiene di avere scoperto che il vettore siciliano non aveva la licenza (da anni) per operare su Linate, anche se, dice al Foglio una persona che ha seguito la trattativa, “è difficile credere che non fossero informati”. Lo sapeva anche l’ente per il controllo dell’aviazione civile, Enac: il suo presidente, Vito Riggio, ne aveva parlato nel 2005 (“Wind Jet vola in maniera non legittima”). Su questo si era aperto un contenzioso tra Wind Jet e Assoclearance, la società che assegna e gestisce gli slot, fasce orarie di decollo e atterraggio.
Pochi giorni più tardi, prima di confrontarsi col governo, l’amministratore delegato di Alitalia, Andrea Ragnetti – che l’operazione se l’è ritrovata tra le mani in quanto decisa dal suo predecessore Rocco Sabelli – dichiara che le trattative non possono proseguire. Tant’è che il tavolo imbastito al ministero dei Trasporti il giorno di Ferragosto ha un esito disastroso: in quelle condizioni Pulvirenti non vuole ricucire lo strappo, il ministro Corrado Passera non trova margine di mediazione e la situazione risulta irrecuperabile. Lo stato dell’arte è che Wind Jet rischia il commissariamento, i vacanzieri hanno trovato posto – pagando – su altre compagnie come Blue Panorama, Livingston, Easy Jet e la stessa Alitalia, e una cordata di imprenditori siciliani inizialmente intenzionata a rilevarla (Pulvirenti non stava comunque trattando con loro) si è ritirata.

La fine della storia racconta di un mercato italiano in grave stato di crisi. Per più motivi. I margini sono bassi a livello globale, le compagnie aeree guadagnano al massimo il 3 per cento dalle operazioni di volo. Il profitto è soprattutto per l’indotto (servizi, agenzie on line, biglietti). Basta uno sciopero, un evento climatico o il caro carburante per accumulare perdite. Ciò non toglie che, per usare le parole dell’amministratore unico di Livingston, Riccardo Toto, “il trasporto aereo in Italia è vecchio e antiquato”. “Credo – dice Toto al Foglio – che una riorganizzazione del settore sia necessaria. Ad oggi manca un leader di mercato e questo vuoto pesa molto: nessuno difende il settore nel suo insieme, mentre come singoli è difficile cambiare le regole”. Il problema è che forse si è aspettato troppo: tanto che, secondo Riggio dell’Enac, l’intero settore è “a rischio scomparsa”. Un fattore preoccupante, segnalato proprio dall’Enac, deriva dalla carenza degli ispettori di volo, dice al Foglio Alessio Quaranta, direttore generale dell’ente. “Questo comporta il ridimensionamento dei controlli sulle strutture tecniche, infrastrutturali e industriali. L’anno prossimo rimarremo con quattro persone”. Troppo poche, ad esempio, anche solo per approvare i nuovi modelli di elicotteri Agusta Westland, il secondo produttore mondiale. In una lettera privata spedita il 5 settembre dai sindacati al ministro Passera si disegna un quadro preciso: “Lo stato di crisi dell’intera industria del trasporto aereo italiano peggiora quotidianamente, dando luogo a un reiterarsi di crisi aziendali irreversibili, che non solo genera disservizi ma produce anche emergenze occupazionali e disagio sociale. […] In mancanza di rapidi interventi correttivi raggiungerà a breve un punto di non ritorno”.

Al ministero dei Trasporti la riorganizzazione conta sull’esperienza maturata in Alitalia dal sottosegretario Guido Improta che, al Foglio, spiega le quattro mosse congiunte per riorganizzare il settore in sei mesi, e cita Keynes: “Questo è un settore fragile per sua natura, che deve rivedere la distribuzione del valore nella filiera e per questo non può essere lasciato agli spiriti animali del libero mercato ma deve essere guidato da una visione politica attraverso un ruolo attivo e strategico del governo”. La prima mossa è accomodare una fusione tra Alitalia e Meridiana fly, che nel 2011 ha integrato la Air Italy, amministrata da Giuseppe Gentile, un ex comandate, ed è di proprietà del principe Aga Khan. Le altre riguardano le compagnie low cost, il sistema aeroportuale e l’Antitrust.

Fusioni e regolamentazioni low cost
Improta considera una “premessa per l’aumento dei voli di medio e lungo raggio” una “concentrazione” del settore aereo come accaduto in passato in Francia, con Air France, e in Germania, con Lufthansa. Questi vettori hanno una quota nel mercato domestico nettamente maggioritaria, contro Alitalia che ha il 48 per cento. “Abbiamo bisogno – spiega Improta – di adottare una politica industriale rafforzativa. Penso che Alitalia e Meridiana, insieme a Intesa Sanpaolo, che è stato il regista dell’operazione Cai, debbano sedersi a un tavolo mettendo le proprie forze a ‘fattor comune’ cercando di condividere una prospettiva in cui l’Italia sia dotata di un vettore unico di riferimento senza correre il rischio, alla luce dell’evoluzione che in questi anni ha interessato il business del trasporto aereo, di replicare vecchie situazioni di monopolio a danno dei consumatori”.
Si tratta poi di regolare i contributi alle compagnie low cost. “Bisogna gestire la presenza delle low cost, che in Italia hanno un tasso di penetrazione molto alto rispetto alla media europea, facendo in modo che non ci siano vantaggi competitivi illegittimi, risolvendo innanzitutto il problema del finanziamento pubblico a compagnie come Ryanair, che dalla regione Puglia prende oltre 12 milioni di euro. C’è bisogno di regolare il tutto con gare a evidenza pubblica che creino una reale concorrenza ma che culminino nella migliore scelta per il territorio e per i cittadini”.

Piano aeroporti e relazione con l’Antitrust
Le intenzioni del governo su questo punto sono già state tratteggiate in passato e entro fine anno il ministro Passera presenterà la sua proposta. “Un’idea che tiene anche conto di un precedente documento dell’Enac e intende coinvolgere anche le comunità territoriali e i loro progetti di sviluppo” in quanto, ad esempio, nel caso dell’aeroporto di Cuneo, viene chiesto al governo di poter gestire in proprio lo scalo ma ciò potrà avvenire con una chiara assunzione di responsabilità “senza tenere in piedi cattedrali nel deserto e strutture economicamente non sostenibili”. Poi bisogna dare “certezza e garanzia che le regole del gioco non cambino”, come nel caso dell’aeroporto di Fiumicino, dove non sono avvenuti gli adeguamenti tariffari previsti in sede di privatizzazione e 2 miliardi di investimenti sono tuttora bloccati. Nelle intenzioni di Improta “i grandi miglioramenti arriveranno soprattutto dalle connessioni infrastrutturali per collegare meglio gli scali anziché crearne di nuovi”. Su Malpensa l’obiettivo è quello di ridurre il traffico su Linate a favore dello scalo varesino, una transizione che sarebbe meno traumatica con una fusione Alitalia-Meridiana.
Bisogna poi “fare in modo che l’Antitrust sposi un disegno di politica industriale. Nel senso che quando il garante dice che Alitalia deve ridurre gli slot tra Roma e Milano, innanzitutto valuti bene la concorrenza del traffico intermodale (il treno, ndr). Si stimava infatti che potesse arrivare al 20 per cento, siamo arrivati al 50. E soprattutto occorre rendersi conto che la cessione degli slot deve essere fatta in maniera ragionata e cioè non frammentandoli tra diverse compagnie ma dandoli in larga parte a un unico soggetto che realmente sia in grado di fare massa critica”. Le misure della “road map”, secondo Improta, devono “entrare in azione contemporaneamente o in uno stretto lasso di tempo ” e potranno essere verificate prima della conclusione dell’esecutivo tecnico. Il piano degli aeroporti è già stato indicato come una priorità dal Consiglio dei ministri del 24 agosto scorso e Improta auspica “un dibattito pubblico e una discussione trasparente”.


fonte: IlFoglio.