Ryanair, 300 nuovi aerei per diventare numero uno nel business dei cieli
La compagnia aerea a basso costo che ci ha abituati a stampare da soli la carta d’imbarco, viaggiare senza il posto prenotato, pagare extra per drink, snack e questa per ora è solo un’ipotesi perfino per andare alla toilette, ha per caso deciso di risparmiare anche sui finestrini, riparando quelli rotti con lo scotch? La foto di due dipendenti della Ryanair che chiudono con il nastro adesivo il finestrino dei piloti ha fatto il giro dei siti di tutto il mondo. Ma le apparenze possono ingannare, in questo caso doppiamente. Innanzi tutto l’aereo non si apprestava a decollare con un finestrino tappato con lo scotch: era solo una riparazione momentanea, fatta mentre il velivolo rimaneva a terra, in attesa che il finestrino fosse sostituito. E in secondo luogo, se da un lato è vero che la linea aerea lowcost numero uno d’Europa le studia tutte per ridurre i costi, dall’altro l’ultima notizia è che sta preparandosi a investire alcune decine di miliardi di euro in un ambizioso programma di rilancio, che potrebbe portarla ad aggiungere 300 aerei alla sua flotta entro dieci anni e a quasi raddoppiare il numero di passeggeri che fa volare ogni anno.
Beninteso, l’azienda guidata da 17 anni dal vulcanico Michael O’Leary va già bene, se non benissimo: con 71 milioni di passeggeri negli ultimi dodici mesi si consolida non solo come leader dei voli a risparmio ma pure come una delle maggiori compagnie aeree del mondo in assoluto, tallonando sempre più da vicino la numero uno d’Europa Lufthansa (91 milioni di passeggeri). La prima decade del ventunesimo secolo ha visto una crescita prodigiosa per l’azienda irlandese, che ha sofferto meno di altre gli effetti della grande recessione globale: "A noi la crisi fa bene, perché è in questi momenti che la gente cerca ancora di più di viaggiare spendendo meno", si compiace di dire l’amministratore delegato O’Leary. Il problema è cosa fare nel secondo decennio di questo secolo: come difendere la leadership, come incrementare profitti e dividendi per gli azionisti, come tenere a bada la concorrenza. Gli analisti del settore ritengono che ci sono due strade: continuare con la strategia di contenimento dei costi; oppure provare a crescere come volume di passeggeri. Con un’intervista al Financial Times nei giorni scorsi, O’Leary ha segnalato che punta alla seconda via. Ma a condizione che non gli costi troppo.
L’ad della Ryanair ha reso noto che punta a rafforzare la sua flotta con l’acquisto di 300 nuovi aerei tra il 2015 e il 2021, per puntare a far crescere il numero di passeggeri dagli attuali 70 a 130 milioni l’anno, un livello che farebbe della sua azienda di gran lunga la numero uno mondiale. O’Leary ha rivelato di avere intrapreso trattative con tre case costruttrici, l’americana Boeing, la cinese Comac e la russa Irkut, ma secondo le indiscrezioni potrebbe negoziare anche con una quarta, l’europea Airbus. "Però compreremo soltanto a prezzi bassi", ammonisce l’amministratore delegato. Non si sa esattamente quanto pagò nel 2002 alla Boeing per più di 100 aerei: si parla di oltre 9 miliardi di dollari, su cui però sarebbe stato praticato un grosso sconto. O’Leary riuscì nell’impresa mettendo uno contro l’altro la Boeing e l’Airbus: quando quest’ultima pensava di avere raggiunto un accordo, fu lasciata a bocca asciutta e da allora pare che il consorzio aeronautico europeo e l’ad della Ryanair non si siano più rivolti la parola. Ma potrebbero ricominciare a parlare, perché nel difficile clima economico che imperversa nel mondo non ci sono molti clienti pronti a commissionare due o trecento aerei.
Alcuni analisti sostengono che la crescita della Ryanair nell’ultimo decennio sia conseguenza dell’ottimo contratto strappato alla Boeing, per avere aerei più nuovi e a più basso consumo di quelli dei rivali, più che da altri fattori, come la determinazione a fare pagare a parte ogni più piccolo extra o a ridurre i costi. Ripetere l’operazione sarebbe dunque il necessario punto di partenza per una seconda fase di crescita. Ma con chi allearsi? Da un lato la Boeing sembrerebbe favorita, perché cambiare tipo di aerei significa esporsi a più alti costi di manutenzione. Dall’altro molti specialisti ritengono che soltanto i cinesi o i russi, per entrare di prepotenza nel mercato, potrebbero essere disposti a fare prezzi veramente convenienti. Boeing e Airbus, viceversa, hanno già ricevuto un numero sostanzioso di ordinazioni da altre linee aeree e non è detto che farebbero qualunque sacrificio pur di assicurarsi anche la Ryanair come cliente.
"Una cosa è certa", dice O’Leary al quotidiano della City, "restare come siamo per i prossimi dieci o vent’anni sarebbe per noi l’equivalente del restare in letargo. Perciò non ci fermeremo qui". L’espansione potrebbe però ridurre la profittabilità, in particolare se aprire nuove rotte europee (e transatlantiche: in passato O’Leary aveva parlato di lanciare voli a basso costo tra Londra e New York dopo le Olimpiadi londinesi del 2012) comporterà l’offerta di prezzi scontati, come è stato fatto in passato. C’è inoltre la possibilità di tasse aeroportuali più alte e di una sindacalizzazione dei dipendenti. Per non parlare degli ostacoli burocraticolegali.
Ryanair ha cambiato le regole del mercato aereo dal punto di vista economico e dell’organizzazione del business. Più controversi i risultati che ha ottenuto nei suoi frequenti scontri riguardo l’organizzazione legale del traffico. Come nel caso dei lunghi contenziosi sul dovere e sui modi di indennizzare i passeggeri in caso di ritardi, cancellazioni o variazione di destinazione. Ultimamente ha dovuto incassare un’altra sconfitta. Qualche mese fa, per esempio, un giudice spagnolo ha emesso una sentenza secondo cui la richiesta della Ryanair ai passeggeri di presentarsi all’aeroporto con la carta d’imbarco già stampata, e in caso contrario pagare un’ammenda di 40 euro, è illegale e in contrasto con le norme internazionali. "E’ dovere delle compagnia aeree fornire la carta d’imbarco ai passeggeri", ha deliberato il magistrato spagnolo. Ryanair, in ogni modo, ha presentato ricorso.
La compagnia ha registrato un margine di profitto operativo del 13,5% nel 201011, in confronto al 4,5% della Lufthansa nel 2010 e al 3,9% della British Airways nei primi sei mesi di quest’anno. Riuscirà a mantenere prestazioni così da record? Da queste strategie e queste domande non dipende soltanto il futuro della Ryanair, ma pure quello dei viaggi, dei trasporti, delle comunicazioni, del mondo del lavoro in tutta Europa, che l’azienda irlandese ha rivoluzionato con i suoi voli a basso costo, creando una generazione di "nuovi nomadi".
Fra questi grandi e solenni interrogativi se ne annida poi uno un po’ più piccolo, ma ugualmente importante: per ancora quanto tempo Michael O’Leary resterà a capo dell’azienda irlandese? Il 50enne amministratore delegato della Ryanair non sembra avere perso un grammo di energia, rispetto a 17 anni or sono quando assunse l’incarico. Al Financial Times confida che si ritirerà "fra due o tre anni", ma ammette anche di avere ripetuto la stessa cosa da molto tempo.
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La compagnia aerea a basso costo che ci ha abituati a stampare da soli la carta d’imbarco, viaggiare senza il posto prenotato, pagare extra per drink, snack e questa per ora è solo un’ipotesi perfino per andare alla toilette, ha per caso deciso di risparmiare anche sui finestrini, riparando quelli rotti con lo scotch? La foto di due dipendenti della Ryanair che chiudono con il nastro adesivo il finestrino dei piloti ha fatto il giro dei siti di tutto il mondo. Ma le apparenze possono ingannare, in questo caso doppiamente. Innanzi tutto l’aereo non si apprestava a decollare con un finestrino tappato con lo scotch: era solo una riparazione momentanea, fatta mentre il velivolo rimaneva a terra, in attesa che il finestrino fosse sostituito. E in secondo luogo, se da un lato è vero che la linea aerea lowcost numero uno d’Europa le studia tutte per ridurre i costi, dall’altro l’ultima notizia è che sta preparandosi a investire alcune decine di miliardi di euro in un ambizioso programma di rilancio, che potrebbe portarla ad aggiungere 300 aerei alla sua flotta entro dieci anni e a quasi raddoppiare il numero di passeggeri che fa volare ogni anno.
Beninteso, l’azienda guidata da 17 anni dal vulcanico Michael O’Leary va già bene, se non benissimo: con 71 milioni di passeggeri negli ultimi dodici mesi si consolida non solo come leader dei voli a risparmio ma pure come una delle maggiori compagnie aeree del mondo in assoluto, tallonando sempre più da vicino la numero uno d’Europa Lufthansa (91 milioni di passeggeri). La prima decade del ventunesimo secolo ha visto una crescita prodigiosa per l’azienda irlandese, che ha sofferto meno di altre gli effetti della grande recessione globale: "A noi la crisi fa bene, perché è in questi momenti che la gente cerca ancora di più di viaggiare spendendo meno", si compiace di dire l’amministratore delegato O’Leary. Il problema è cosa fare nel secondo decennio di questo secolo: come difendere la leadership, come incrementare profitti e dividendi per gli azionisti, come tenere a bada la concorrenza. Gli analisti del settore ritengono che ci sono due strade: continuare con la strategia di contenimento dei costi; oppure provare a crescere come volume di passeggeri. Con un’intervista al Financial Times nei giorni scorsi, O’Leary ha segnalato che punta alla seconda via. Ma a condizione che non gli costi troppo.
L’ad della Ryanair ha reso noto che punta a rafforzare la sua flotta con l’acquisto di 300 nuovi aerei tra il 2015 e il 2021, per puntare a far crescere il numero di passeggeri dagli attuali 70 a 130 milioni l’anno, un livello che farebbe della sua azienda di gran lunga la numero uno mondiale. O’Leary ha rivelato di avere intrapreso trattative con tre case costruttrici, l’americana Boeing, la cinese Comac e la russa Irkut, ma secondo le indiscrezioni potrebbe negoziare anche con una quarta, l’europea Airbus. "Però compreremo soltanto a prezzi bassi", ammonisce l’amministratore delegato. Non si sa esattamente quanto pagò nel 2002 alla Boeing per più di 100 aerei: si parla di oltre 9 miliardi di dollari, su cui però sarebbe stato praticato un grosso sconto. O’Leary riuscì nell’impresa mettendo uno contro l’altro la Boeing e l’Airbus: quando quest’ultima pensava di avere raggiunto un accordo, fu lasciata a bocca asciutta e da allora pare che il consorzio aeronautico europeo e l’ad della Ryanair non si siano più rivolti la parola. Ma potrebbero ricominciare a parlare, perché nel difficile clima economico che imperversa nel mondo non ci sono molti clienti pronti a commissionare due o trecento aerei.
Alcuni analisti sostengono che la crescita della Ryanair nell’ultimo decennio sia conseguenza dell’ottimo contratto strappato alla Boeing, per avere aerei più nuovi e a più basso consumo di quelli dei rivali, più che da altri fattori, come la determinazione a fare pagare a parte ogni più piccolo extra o a ridurre i costi. Ripetere l’operazione sarebbe dunque il necessario punto di partenza per una seconda fase di crescita. Ma con chi allearsi? Da un lato la Boeing sembrerebbe favorita, perché cambiare tipo di aerei significa esporsi a più alti costi di manutenzione. Dall’altro molti specialisti ritengono che soltanto i cinesi o i russi, per entrare di prepotenza nel mercato, potrebbero essere disposti a fare prezzi veramente convenienti. Boeing e Airbus, viceversa, hanno già ricevuto un numero sostanzioso di ordinazioni da altre linee aeree e non è detto che farebbero qualunque sacrificio pur di assicurarsi anche la Ryanair come cliente.
"Una cosa è certa", dice O’Leary al quotidiano della City, "restare come siamo per i prossimi dieci o vent’anni sarebbe per noi l’equivalente del restare in letargo. Perciò non ci fermeremo qui". L’espansione potrebbe però ridurre la profittabilità, in particolare se aprire nuove rotte europee (e transatlantiche: in passato O’Leary aveva parlato di lanciare voli a basso costo tra Londra e New York dopo le Olimpiadi londinesi del 2012) comporterà l’offerta di prezzi scontati, come è stato fatto in passato. C’è inoltre la possibilità di tasse aeroportuali più alte e di una sindacalizzazione dei dipendenti. Per non parlare degli ostacoli burocraticolegali.
Ryanair ha cambiato le regole del mercato aereo dal punto di vista economico e dell’organizzazione del business. Più controversi i risultati che ha ottenuto nei suoi frequenti scontri riguardo l’organizzazione legale del traffico. Come nel caso dei lunghi contenziosi sul dovere e sui modi di indennizzare i passeggeri in caso di ritardi, cancellazioni o variazione di destinazione. Ultimamente ha dovuto incassare un’altra sconfitta. Qualche mese fa, per esempio, un giudice spagnolo ha emesso una sentenza secondo cui la richiesta della Ryanair ai passeggeri di presentarsi all’aeroporto con la carta d’imbarco già stampata, e in caso contrario pagare un’ammenda di 40 euro, è illegale e in contrasto con le norme internazionali. "E’ dovere delle compagnia aeree fornire la carta d’imbarco ai passeggeri", ha deliberato il magistrato spagnolo. Ryanair, in ogni modo, ha presentato ricorso.
La compagnia ha registrato un margine di profitto operativo del 13,5% nel 201011, in confronto al 4,5% della Lufthansa nel 2010 e al 3,9% della British Airways nei primi sei mesi di quest’anno. Riuscirà a mantenere prestazioni così da record? Da queste strategie e queste domande non dipende soltanto il futuro della Ryanair, ma pure quello dei viaggi, dei trasporti, delle comunicazioni, del mondo del lavoro in tutta Europa, che l’azienda irlandese ha rivoluzionato con i suoi voli a basso costo, creando una generazione di "nuovi nomadi".
Fra questi grandi e solenni interrogativi se ne annida poi uno un po’ più piccolo, ma ugualmente importante: per ancora quanto tempo Michael O’Leary resterà a capo dell’azienda irlandese? Il 50enne amministratore delegato della Ryanair non sembra avere perso un grammo di energia, rispetto a 17 anni or sono quando assunse l’incarico. Al Financial Times confida che si ritirerà "fra due o tre anni", ma ammette anche di avere ripetuto la stessa cosa da molto tempo.
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