Doveva essere un grande hub, è rimasto una cattedrale nel deserto, abbandonato dalle grandi compagnie. E la terza pista è in forse. Così lo scalo milanese cerca soldi in Piazza Affari
Grazie Domodedovo. Il Comune di Milano è grato all'aeroporto di Mosca: sarebbe dovuto arrivare in Borsa tra qualche mese, ma a fine maggio il progetto è stato accantonato per problemi tra le autorità pubbliche e il proprietario, Dimitri Kamenshik, un oligarca che controlla la più importante aerostazione russa con una fiduciaria basata sull'isola di Man. Così, la Sea, la società che gestisce Milano Linate e Malpensa, sarà l'unica compagnia di un certo peso a quotarsi nel corso del 2011.
A dare un'altra indiretta spintarella alla Sea verso Piazza degli Affari ci ha pensato l'agenzia di rating Moody's, mettendo sotto osservazione i conti di parecchi enti italiani tra cui il Comune meneghino. Il cui bisogno di quattrini alimenta la volontà di portare sul listino la Sea: una scelta già deliberata il 5 aprile dal vecchio consiglio comunale. Sullo sbarco in Borsa, con conseguente stacco di un maxi dividendo straordinario che rimpolperebbe le affamate casse municipali con 147 milioni di euro, l'allora giunta di centrodestra capitanata da Letizia Moratti ottenne il consenso del centrosinistra.
Che riuscì a far approvare un paio di emendamenti, come quello che garantisce la priorità nell'acquisto di azioni a dipendenti e cittadini lombardi. Non tutta l'opposizione votò a favore: Basilio Rizzo della sinistra radicale, per esempio, fece pollice verso. Spiega Rizzo, appena nominato presidente del consiglio comunale: "Non sono contrario in assoluto alla quotazione, il male minore. Però ritenevo fondamentale che la partita tornasse in consiglio dopo la fissazione del prezzo, perché temevo, e temo ancora, che rischiamo di svendere un bel pezzo di Sea".
Accompagnata da un appoggio comunque largamente bipartisan e dal favore dei sindacati di categoria di Cigl, Cisl e Uil, la quotazione degli aeroporti milanesi non suscita, almeno per ora, particolari entusiasmi tra analisti finanziari e gestori. Il clima nelle Borse non è dei migliori, molte offerte di titoli sono state rinviate e i collocatori cercano spesso di tirare sul prezzo. Inoltre, l'aumento di capitale da effettuare con la quotazione arriverà prima dello scioglimento di un nodo essenziale come quello dei balzelli aeroportuali.
La Sea ha presentato all'Enac, l'ente per il controllo dell'aviazione civile, la richiesta di un aumento delle tariffe tra i sei e gli otto euro a passeggero. Idea che non piace affatto alle compagnie, contrarie pure al progetto della terza pista di Malpensa, che assorbirebbe circa 300 milioni del miliardo e 300 milioni del piano decennale di investimenti. L'opera è aspramente contrastata dagli abitanti della zona e osteggiata dal nuovo presidente del consiglio comunale, mentre Assaereo (l'associazione del trasporto aereo aderente a Confindustria) è molto preoccupata per la ricaduta su compagnie e passeggeri di parte dei costi degli investimenti.
Il più importante cliente di Malpensa è Easyjet (oltre il 27 per cento dei passeggeri trasportati nel 2010) e il vettore britannico ha più volte chiesto che il sistema aeroportuale milanese venga gestito con spese contenute e senza eccessivi rialzi tariffari. Non è insomma con la terza pista e con investimenti che superano la reale domanda e la verosimile crescita del mercato - è l'opinione delle compagnie - che si può rilanciare un sistema in cui molti vettori arrancano per colpa degli alti costi dei carburanti e di eventi straordinari come le eruzioni vulcaniche.
Un'impennata dei costi invece di stimolare l'offerta potrebbe ridurla drasticamente. E la Sea, dopo il traumatico addio di Alitalia e quello recentissimo di un pezzo di Lufthansa, non ha certo bisogno di scontri con nessuna delle 110 compagnie che oggi operano a Malpensa. Dove, nonostante il recupero dell'anno passato (più 8 per cento di passeggeri, a quota 19 milioni), si resta ben lontani dai 24 milioni di passeggeri del 2007, ultimo anno pieno di Alitalia. A Malpensa l'ex compagnia di bandiera faceva 1.250 voli all'anno; ora è scesa a 150.
Con l'uscita di scena di Lufthansa Italia il sogno di una Malpensa trasformata in hub s'è dissolto. "Si può essere efficienti e fare quattrini anche senza essere un hub: negli Usa, dove ce ne sono due o tre, molti altri aeroporti vivono benissimo con i voli point-to-point a corto e medio raggio", dice Andrea Boitani, professore di Economia politica alla Cattolica, che sulla quotazione la pensa così: "Di per sé è neutra. Ma se la si fa per fare cassa, o raccogliere denaro per acquisire altri aeroporti, non c'è nessun vantaggio per i passeggeri-consumatori, che con una diminuzione della concorrenza avranno meno opportunità per ottenere condizioni migliori".
Ancora più critico sulla quotazione è Marco Ponti, docente di Economia del trasporti al Politecnico di Milano: "Un aeroporto è un monopolio naturale. Se realizza extra-profitti, lo fa a danno delle tasche dei passeggeri. Dovrebbe reinvestire i soldi che guadagna sul sociale, costruendo magari degli asili. Ovviamente ciò non accade. In Italia, e in buona parte dell'Europa, manca un'autorità indipendente che possa dire a un concessionario aeroportuale: per praticare certe tariffe bisogna offrire in cambio determinati standard".
Aggiunge rassegnato Ponti: "Ammesso che prima o poi un organismo efficace di controllo e verifica arrivi davvero, sarà difficile vederlo intervenire sulle società quotate a difesa degli interessi dei passeggeri, perché qualcuno direbbe che si sacrificano gli interessi degli azionisti". Punti di vista che non fanno breccia nel consiglio comunale milanese, dove la nuova maggioranza sta lavorando spalla a spalla con l'amministratore delegato di Sea, il manager d'area leghista Giuseppe Bonomi (saldamente in sella; il suo mandato scade tra due anni), per portare la Sea sul listino e poi al centro di una fitta rete di alleanze sempre più strette con altri aeroporti del Nord.
I gestori di patrimoni sono perplessi sul prezzo: "Sarà un aspetto assolutamente decisivo: Sea è un bel nome ma il settore vive una fase d'incertezza. E visto che il collocamento sarà fatto prima delle decisioni sulle tariffe, il mercato si aspetta un forte sconto", dice Patrizio Pazzaglia di Bank Insinger. Silenzio assoluto sulle ipotesi. Non parlano le banche incaricate dell'operazione (Morgan Stanley, Mediobanca, Banca Imi, Unicredit). Bocche cucite anche alla Sea e tra gli esperti di finanza della nuova giunta di Giuliano Pisapia. Le ipotesi che circolano a ruota libera vanno da un miliardo a un miliardo e mezzo.
Di certo, né il Comune, che ha l'84,6 per cento di Sea, né la Provincia (che ha la parte restante) parteciperanno all'aumento di capitale: Palazzo Marino potrà scendere fino al 51 per cento. L'obiettivo, per Sea, è di incassare tra i 300 e i 400 milioni di euro. Versato il dividendo agli attuali azionisti, il resto servirà a finanziare il piano di crescita.
I due big europei quotati - Aéroports de Paris (che controlla i due aeroporti di Parigi) e Fraport (che gestisce Francoforte e possiede partecipazioni in altri quattro scali) - valgono in Borsa rispettivamente 6,3 e 5 miliardi di euro. Vale a dire 6,8 e 7 volte il margine operativo lordo (mol). Applicando gli stessi multipli a Sea, la capitalizzazione della società milanese, che nel 2010 ha ottenuto un mol di 151 milioni, sarebbe tra i 1.027 e i 1.057 milioni di euro.
Ma chissà che aria tirerà, in autunno, sul mercato finanziario. Nel 2009 i titoli degli aeroporti internazionali erano precipitati, a causa della crisi economica globale, per poi risalire. Se per quotare la Sea ci vorrà il maxisconto, il Comune potrebbe ripensarci. Rinunciando al superdividendo, che la Sea mollerà solo a quotazione avvenuta.
http://espresso.repubblica.it/dettaglio/la-malpensa-batte-cassa/2154668/10
Grazie Domodedovo. Il Comune di Milano è grato all'aeroporto di Mosca: sarebbe dovuto arrivare in Borsa tra qualche mese, ma a fine maggio il progetto è stato accantonato per problemi tra le autorità pubbliche e il proprietario, Dimitri Kamenshik, un oligarca che controlla la più importante aerostazione russa con una fiduciaria basata sull'isola di Man. Così, la Sea, la società che gestisce Milano Linate e Malpensa, sarà l'unica compagnia di un certo peso a quotarsi nel corso del 2011.
A dare un'altra indiretta spintarella alla Sea verso Piazza degli Affari ci ha pensato l'agenzia di rating Moody's, mettendo sotto osservazione i conti di parecchi enti italiani tra cui il Comune meneghino. Il cui bisogno di quattrini alimenta la volontà di portare sul listino la Sea: una scelta già deliberata il 5 aprile dal vecchio consiglio comunale. Sullo sbarco in Borsa, con conseguente stacco di un maxi dividendo straordinario che rimpolperebbe le affamate casse municipali con 147 milioni di euro, l'allora giunta di centrodestra capitanata da Letizia Moratti ottenne il consenso del centrosinistra.
Che riuscì a far approvare un paio di emendamenti, come quello che garantisce la priorità nell'acquisto di azioni a dipendenti e cittadini lombardi. Non tutta l'opposizione votò a favore: Basilio Rizzo della sinistra radicale, per esempio, fece pollice verso. Spiega Rizzo, appena nominato presidente del consiglio comunale: "Non sono contrario in assoluto alla quotazione, il male minore. Però ritenevo fondamentale che la partita tornasse in consiglio dopo la fissazione del prezzo, perché temevo, e temo ancora, che rischiamo di svendere un bel pezzo di Sea".
Accompagnata da un appoggio comunque largamente bipartisan e dal favore dei sindacati di categoria di Cigl, Cisl e Uil, la quotazione degli aeroporti milanesi non suscita, almeno per ora, particolari entusiasmi tra analisti finanziari e gestori. Il clima nelle Borse non è dei migliori, molte offerte di titoli sono state rinviate e i collocatori cercano spesso di tirare sul prezzo. Inoltre, l'aumento di capitale da effettuare con la quotazione arriverà prima dello scioglimento di un nodo essenziale come quello dei balzelli aeroportuali.
La Sea ha presentato all'Enac, l'ente per il controllo dell'aviazione civile, la richiesta di un aumento delle tariffe tra i sei e gli otto euro a passeggero. Idea che non piace affatto alle compagnie, contrarie pure al progetto della terza pista di Malpensa, che assorbirebbe circa 300 milioni del miliardo e 300 milioni del piano decennale di investimenti. L'opera è aspramente contrastata dagli abitanti della zona e osteggiata dal nuovo presidente del consiglio comunale, mentre Assaereo (l'associazione del trasporto aereo aderente a Confindustria) è molto preoccupata per la ricaduta su compagnie e passeggeri di parte dei costi degli investimenti.
Il più importante cliente di Malpensa è Easyjet (oltre il 27 per cento dei passeggeri trasportati nel 2010) e il vettore britannico ha più volte chiesto che il sistema aeroportuale milanese venga gestito con spese contenute e senza eccessivi rialzi tariffari. Non è insomma con la terza pista e con investimenti che superano la reale domanda e la verosimile crescita del mercato - è l'opinione delle compagnie - che si può rilanciare un sistema in cui molti vettori arrancano per colpa degli alti costi dei carburanti e di eventi straordinari come le eruzioni vulcaniche.
Un'impennata dei costi invece di stimolare l'offerta potrebbe ridurla drasticamente. E la Sea, dopo il traumatico addio di Alitalia e quello recentissimo di un pezzo di Lufthansa, non ha certo bisogno di scontri con nessuna delle 110 compagnie che oggi operano a Malpensa. Dove, nonostante il recupero dell'anno passato (più 8 per cento di passeggeri, a quota 19 milioni), si resta ben lontani dai 24 milioni di passeggeri del 2007, ultimo anno pieno di Alitalia. A Malpensa l'ex compagnia di bandiera faceva 1.250 voli all'anno; ora è scesa a 150.
Con l'uscita di scena di Lufthansa Italia il sogno di una Malpensa trasformata in hub s'è dissolto. "Si può essere efficienti e fare quattrini anche senza essere un hub: negli Usa, dove ce ne sono due o tre, molti altri aeroporti vivono benissimo con i voli point-to-point a corto e medio raggio", dice Andrea Boitani, professore di Economia politica alla Cattolica, che sulla quotazione la pensa così: "Di per sé è neutra. Ma se la si fa per fare cassa, o raccogliere denaro per acquisire altri aeroporti, non c'è nessun vantaggio per i passeggeri-consumatori, che con una diminuzione della concorrenza avranno meno opportunità per ottenere condizioni migliori".
Ancora più critico sulla quotazione è Marco Ponti, docente di Economia del trasporti al Politecnico di Milano: "Un aeroporto è un monopolio naturale. Se realizza extra-profitti, lo fa a danno delle tasche dei passeggeri. Dovrebbe reinvestire i soldi che guadagna sul sociale, costruendo magari degli asili. Ovviamente ciò non accade. In Italia, e in buona parte dell'Europa, manca un'autorità indipendente che possa dire a un concessionario aeroportuale: per praticare certe tariffe bisogna offrire in cambio determinati standard".
Aggiunge rassegnato Ponti: "Ammesso che prima o poi un organismo efficace di controllo e verifica arrivi davvero, sarà difficile vederlo intervenire sulle società quotate a difesa degli interessi dei passeggeri, perché qualcuno direbbe che si sacrificano gli interessi degli azionisti". Punti di vista che non fanno breccia nel consiglio comunale milanese, dove la nuova maggioranza sta lavorando spalla a spalla con l'amministratore delegato di Sea, il manager d'area leghista Giuseppe Bonomi (saldamente in sella; il suo mandato scade tra due anni), per portare la Sea sul listino e poi al centro di una fitta rete di alleanze sempre più strette con altri aeroporti del Nord.
I gestori di patrimoni sono perplessi sul prezzo: "Sarà un aspetto assolutamente decisivo: Sea è un bel nome ma il settore vive una fase d'incertezza. E visto che il collocamento sarà fatto prima delle decisioni sulle tariffe, il mercato si aspetta un forte sconto", dice Patrizio Pazzaglia di Bank Insinger. Silenzio assoluto sulle ipotesi. Non parlano le banche incaricate dell'operazione (Morgan Stanley, Mediobanca, Banca Imi, Unicredit). Bocche cucite anche alla Sea e tra gli esperti di finanza della nuova giunta di Giuliano Pisapia. Le ipotesi che circolano a ruota libera vanno da un miliardo a un miliardo e mezzo.
Di certo, né il Comune, che ha l'84,6 per cento di Sea, né la Provincia (che ha la parte restante) parteciperanno all'aumento di capitale: Palazzo Marino potrà scendere fino al 51 per cento. L'obiettivo, per Sea, è di incassare tra i 300 e i 400 milioni di euro. Versato il dividendo agli attuali azionisti, il resto servirà a finanziare il piano di crescita.
I due big europei quotati - Aéroports de Paris (che controlla i due aeroporti di Parigi) e Fraport (che gestisce Francoforte e possiede partecipazioni in altri quattro scali) - valgono in Borsa rispettivamente 6,3 e 5 miliardi di euro. Vale a dire 6,8 e 7 volte il margine operativo lordo (mol). Applicando gli stessi multipli a Sea, la capitalizzazione della società milanese, che nel 2010 ha ottenuto un mol di 151 milioni, sarebbe tra i 1.027 e i 1.057 milioni di euro.
Ma chissà che aria tirerà, in autunno, sul mercato finanziario. Nel 2009 i titoli degli aeroporti internazionali erano precipitati, a causa della crisi economica globale, per poi risalire. Se per quotare la Sea ci vorrà il maxisconto, il Comune potrebbe ripensarci. Rinunciando al superdividendo, che la Sea mollerà solo a quotazione avvenuta.
http://espresso.repubblica.it/dettaglio/la-malpensa-batte-cassa/2154668/10