Sea chiede il conto ad Alitalia
Mara MontiCronologia
18 novembre 2010
MILANO
C'è un capitolo aperto in Alitalia che riguarda Air One. Sono i debiti ereditati dalla gestione Toto e dai mancati pagamenti degli ultimi 24 mesi alla Sea, la società di gestione degli aeroporti milanesi, lievitati fino a toccare 17 milioni di euro. Dopo numerosi solleciti finora caduti nel vuoto, ora la Sea, dopo avere informato anche Enac e Ibar, minaccia la sospensione dei servizi a terra a Linate e Malpensa. Oggetto del contendere sono i costi delle infrastrutture centralizzate: si va dall'utilizzo delle piste, ai finger, ai controlli di sicurezza, ai nastri bagaglio, servizi che Air One per anni non ha pagato e anche dopo la fusione continua ad essere inadempiente.
Al quartier generale di Alitalia c'è sorpresa per i toni assunti dal gestore aeroportuale nei confronti del principale cliente in grado di garantire ritorni dell'ordine di 120 milioni l'anno. Si fa notare che c'è un giudizio in corso e spetterà ai giudici stabilire chi ha ragione. L'auspicio è che i provvedimenti paventati rimangano solo un'intenzione.
Come si è arrivati a questa empasse? Bisogna risalire alla crisi del trasporto aereo dopo i fatti dell'11 settembre 2001 quando alcuni vettori, tramite l'Ibar e il Comitato utenti, decisero di decurtare arbitrariamente del 35% i costi per le infrastrutture centralizzate perché ritenute troppo care. Un contenzioso per risolvere il quale è dovuto intervenire il Tribunale di Milano che ha dato ragione alla società lombarda costringendo i vettori a pagare gli arretrati. Alitalia ha saldato il suo debito nel luglio 2007. Gli altri vettori hanno seguito l'esempio della compagnia di bandiera. L'unica rimasta inadempiente è Air One, la quale, a due anni dalla fusione, continua a volare sulle piste degli aeroporti milanesi utilizzando le infrastrutture senza pagarne i corrispettivi.
Per la Sea diventa difficile giustificare agli azionisti, provincia e comune di Milano, questo ammanco dopo un periodo difficile durante il quale la società ha dovuto lavorare alacremente per colmare il vuoto lasciato da Alitalia a Malpensa. Un dato per tutti: dal 2008 i voli della compagnia italiana sono scesi da 1.238 a 139 attuali. I risultati per la Sea sono arrivati e oggi nonostante il de-hubbing, la società ha recuperato circa il 70% del traffico passeggeri e può contare su un assetto industriale più solido e bilanciato: l'offerta di posti all'aeroporto di Malpensa risulta ridotta soltanto del 4,3%, per il ruolo crescente che hanno assunto il vettori esteri (vedi altro articolo in pagina). Alitalia continua ad essere il principale vettore che opera sull'aeroporto di Linate, Lufthansa è la compagnia di riferimento del Terminal 1 di Malpensa, mentre la low cost easyJet ha fatto del Terminal 2 la sua prima base continentale.
Ora le lancette sembrano tornate indietro di due anni benché il tempo non sembra avere sanato le ferite. Di certo non ha aiutato a rasserenare gli animi la cancellazione del volo Alitalia tra Malpensa e New York a partire dalla scorsa primavera. Per colmare questo vuoto si era fatta avanti la Singapore Airlines che al ministero delle Infrastrutture aveva proposto un collegamento non soltanto tra Singapore e Milano, ma anche da Milano verso New York, chiedendo l'applicazione dei diritti di quinta libertà per i voli in prosecuzione. Un caso unico che creerebbe un precedente anche per le altre compagnie. La richiesta del vettore asiatico finora non ha trovato alcuna risposta. Nessun interesse da parte del vertice della Sea ad alzare lo scontro con la nuova gestione di Alitalia, né di riaprire recriminazioni con il vecchio azionista Carlo Toto. Semmai il gestore lancia un messaggio: piuttosto di prorogare uno scontro che rischia di consumarsi sulle "piste di volo" o peggio nelle aule di Tribunale, meglio sedersi attorno a un tavolo e trattare.
Questi sono i fatti. A questo punto c'è solo da augurarsi che le parti trovino un accordo per evitare che le inadempienze di Alitalia ricadano sui passeggeri che potrebbero vedersi costretti a portare le proprie valige a mano.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Mara MontiCronologia
18 novembre 2010
MILANO
C'è un capitolo aperto in Alitalia che riguarda Air One. Sono i debiti ereditati dalla gestione Toto e dai mancati pagamenti degli ultimi 24 mesi alla Sea, la società di gestione degli aeroporti milanesi, lievitati fino a toccare 17 milioni di euro. Dopo numerosi solleciti finora caduti nel vuoto, ora la Sea, dopo avere informato anche Enac e Ibar, minaccia la sospensione dei servizi a terra a Linate e Malpensa. Oggetto del contendere sono i costi delle infrastrutture centralizzate: si va dall'utilizzo delle piste, ai finger, ai controlli di sicurezza, ai nastri bagaglio, servizi che Air One per anni non ha pagato e anche dopo la fusione continua ad essere inadempiente.
Al quartier generale di Alitalia c'è sorpresa per i toni assunti dal gestore aeroportuale nei confronti del principale cliente in grado di garantire ritorni dell'ordine di 120 milioni l'anno. Si fa notare che c'è un giudizio in corso e spetterà ai giudici stabilire chi ha ragione. L'auspicio è che i provvedimenti paventati rimangano solo un'intenzione.
Come si è arrivati a questa empasse? Bisogna risalire alla crisi del trasporto aereo dopo i fatti dell'11 settembre 2001 quando alcuni vettori, tramite l'Ibar e il Comitato utenti, decisero di decurtare arbitrariamente del 35% i costi per le infrastrutture centralizzate perché ritenute troppo care. Un contenzioso per risolvere il quale è dovuto intervenire il Tribunale di Milano che ha dato ragione alla società lombarda costringendo i vettori a pagare gli arretrati. Alitalia ha saldato il suo debito nel luglio 2007. Gli altri vettori hanno seguito l'esempio della compagnia di bandiera. L'unica rimasta inadempiente è Air One, la quale, a due anni dalla fusione, continua a volare sulle piste degli aeroporti milanesi utilizzando le infrastrutture senza pagarne i corrispettivi.
Per la Sea diventa difficile giustificare agli azionisti, provincia e comune di Milano, questo ammanco dopo un periodo difficile durante il quale la società ha dovuto lavorare alacremente per colmare il vuoto lasciato da Alitalia a Malpensa. Un dato per tutti: dal 2008 i voli della compagnia italiana sono scesi da 1.238 a 139 attuali. I risultati per la Sea sono arrivati e oggi nonostante il de-hubbing, la società ha recuperato circa il 70% del traffico passeggeri e può contare su un assetto industriale più solido e bilanciato: l'offerta di posti all'aeroporto di Malpensa risulta ridotta soltanto del 4,3%, per il ruolo crescente che hanno assunto il vettori esteri (vedi altro articolo in pagina). Alitalia continua ad essere il principale vettore che opera sull'aeroporto di Linate, Lufthansa è la compagnia di riferimento del Terminal 1 di Malpensa, mentre la low cost easyJet ha fatto del Terminal 2 la sua prima base continentale.
Ora le lancette sembrano tornate indietro di due anni benché il tempo non sembra avere sanato le ferite. Di certo non ha aiutato a rasserenare gli animi la cancellazione del volo Alitalia tra Malpensa e New York a partire dalla scorsa primavera. Per colmare questo vuoto si era fatta avanti la Singapore Airlines che al ministero delle Infrastrutture aveva proposto un collegamento non soltanto tra Singapore e Milano, ma anche da Milano verso New York, chiedendo l'applicazione dei diritti di quinta libertà per i voli in prosecuzione. Un caso unico che creerebbe un precedente anche per le altre compagnie. La richiesta del vettore asiatico finora non ha trovato alcuna risposta. Nessun interesse da parte del vertice della Sea ad alzare lo scontro con la nuova gestione di Alitalia, né di riaprire recriminazioni con il vecchio azionista Carlo Toto. Semmai il gestore lancia un messaggio: piuttosto di prorogare uno scontro che rischia di consumarsi sulle "piste di volo" o peggio nelle aule di Tribunale, meglio sedersi attorno a un tavolo e trattare.
Questi sono i fatti. A questo punto c'è solo da augurarsi che le parti trovino un accordo per evitare che le inadempienze di Alitalia ricadano sui passeggeri che potrebbero vedersi costretti a portare le proprie valige a mano.
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