[TR] Sulla strada. [FINITO]
Premessa
Prima di iniziare, una dovuta premessa. Questo TR è indubbiamente dedicato a Dreamliner, e non perché lui sia in possesso di qualcosa (portafogli, miglia, autoradio, famigliari) di mia proprietà e io stia cercando di riprendermeli; piuttosto, l'intera idea di questo viaggio è stata sua ed è giusto che glielo si riconosca. Che poi abbia deciso di mollare la preda per andare a farsi i selfie a Varadero, Cap Cana o Acapulco è un dettaglio e, si spera, una parentesi momentanea, ma non gliene vogliamo male per questo, no di certo; Sokol è un po’ come Mick Jagger, cui perdoni tutto, pure quella monnezza degli album solisti.
Dicevo però del viaggio e mi rendo conto di non aver ancora detto di cosa si tratti. In soldoni c'è una strada, ottimisticamente chiamata highway, che collega Osh in Kyrgyzstan a Khorogh in Tajikistan (e, volendo, Dushanbe). Si tratta della seconda strada al mondo per elevazione, con passi sopra i 4.000 metri e un'altitudine media di 3.800 per più di metà del percorso. Una strada di cui, fino all'arrivo di un messaggio di Sokol su Facebook, ero al corrente ma che reputavo impossibile da fare.
1. L'andata.
Sia come sia, Dreamliner pianta il seme e, pur decidendo di preferire l'all inclusive agli homestay e i giorni senza doccia, il suo esempio rimane. Per mesi mi metto di buzzo buono, elaboro un piano, compro i biglietti e convinco un amico ad unirsi alla spedizione. Comunque sia, vado avanti veloce, fino al sabato 27 maggio in cui dovrei andare, da Londra, a Milano per il matrimonio di un amico, per poi partire da lì per Istanbul.
Se non fosse che BA ha idee diverse.
La storia della débâcle IT di BA é già coperta ad nauseam dall'apposito thread, e vi risparmio un copia&incolla. Fattostà che, sabato, torno a casa sporco, sudato e onestamente incazzato con chi sta buttando una compagnia, come dice Londonfog, "to the dogs". Eccovi giusto due fotazze, fatte col pautafonino, mentre - avendo perso tre voli, e oramai sicuro di non farcela per il quarto - decido di andare a casa. Assieme ad altre 20.000 persone che, in barba alle partenze intelligenti, hanno avuto tutte la stessa idea.
Parto il giorno dopo, con Alitalia, riprotezione fatta da me medesimo alla modica cifra di 180 euri che, per un volo preso il giorno prima, non è male. Il matrimonio è perduto, ma almeno il viaggio è salvo.
Il Terminal 4 è stato rinnovato pesantemente e non è più la ciofeca di una volta. Hanno persino incrementato le vetrate, cosa positiva finché non vedo quanti aerei BA sono parcheggiati ovunque. Non si vedevano scene del genere dal vulcano islandese. È mattina presto, ma mi risale il Vallanzasca.
Torno su Alitalia dopo due anni dall'ultimo volo, per Rio, ed è quasi confortante trovare che gli stessi problemi sono ancora lì. Ancora una volta ci sono quattro persone con lo stesso sedile sulla carta d'imbarco, ancora una volta l'handler - Azzurra - non ha la più pallida idea di cosa fare. A bordo, comunque, si risolve tutto e partiamo con una quarantina di minuti di ritardo. L'equipaggio è molto solerte, le uniformi francamente inguardabili, gli interni invece non sono per niente male, in foto sembravano una carnevalata ma in carne ed ossa - vabbé, in pelle e Tedlar - hanno il loro perché.
Del servizio di bordo si sa, o almeno sapevano tutti tranne il sottoscritto: acqua, Coca-cola e biscotti. Chiedo un caffè e l'assistente di volo, con un sorriso amaro, mi dice che non ce l'ha.
Atterro a Linate alle 10 circa e, dopo un importantissimo meeting con una colonna portante del forum e dell'aviazione civile del Nord Italia, corro a Malpensa da cui parte il volo TK per Istanbul.
Di Turkish s’è detto tutto, per cui non mi dilungo molto. Il volo è tranquillo e, in piccionaia, l'A321 ha parecchi posti liberi; in più, ad un non meglio precisato momento durante il volo, appare anche l'IFE. Il menù in economy non cambia da quando Fatih Terim allenava l'Inter, e la qualità dei köfte è declinata col tempo, ma chiedere l'ayran come bevanda mi rende l'idolo dei miei vicini di posto, una nidiata di ottuagenari turchi di ritorno da una crociera MSC.
Arriviamo ad Atatürk in orario, e purtroppo non c'è modo di uscire in città; una birra al baretto è il massimo che ci si può permettere, poi è il momento di volare su Bishkek.
Francamente, se non fosse stato per il prezzo e gli orari convenienti, non avrei volato con Turkish, malgrado l'IFE e il baretto del gate 208 con la Efes da 0.75 a prezzi politici. Perché? Perché i red-eyes, amici e vicini, non li sanno fare. Ne ho fatti un po' di voli da IST per il Caucaso e l'Asia centrale, e non puoi avere un volo notturno di cinque ore e tenere le luci accese per tre. L'han capito pure su Ukraine International: quando parti dopo le 22 e arrivi alle 5 vuoi dormire o riposare, non vuoi stare sveglio perché mamma TK deve darti il giro di bevande, köfte o pasta dottò, lu café e poi il duty free. Ma almeno è un 737 Sky interiors, anche se la differenza di larghezza tra la fusoliera di un 737 e quella di un 320 si fa sentire.
Sia come sia, dopo un altro pasto infimo (seriamente, che è successo?) il volo procede tranquillo a luci accesissime. All'improvviso, dramma. Perché non sarebbe un volo per l'Asia centrale senza un po' di casino, no?
Insomma, una signora kirghisa ha portato a bordo - di nascosto, mi dice il mio solerte vicino che è li pronto a fare portineria - un cucciolo di cane che, ovviamente, ha pensato bene di far uscire dal suo nascondiglio per fare due passi e, ça va sans dire, i bisogni sulla moquette del corridoio.
Gli AAVV devono vederne di cotte e di crude sui 737 mid-haul, e risolvono la faccenda in men che non si dica. Passata l’emozione ci rendiamo conto che manca davvero poco per l'atterraggio, cui segue un taxiing infinito prima di attraccare all'unico jetbridge del Manas international. Ma siccome non c'è tre senza quattro, abbiamo ancora un volo da fare, per Osh.
L'unico volo acquistabile on-line per Osh è su tale Air Manas, che rintracciamo non senza qualche difficoltà in un angolo del terminal, probabilmente usato in precedenza come ripostiglio per le scope. Abbiamo già carte d'imbarco e posti assegnati, ma veniamo comunque mandati ai banchi per farci ri-stampare e timbrare le carte. Nel frattempo veniamo a conoscenza dell'usanza kirghisa in base alla quale chi ha un bambino piccolo, o un anziano, a seguito può saltare la fila. Siccome a non avere né l'uno né l'altro siamo in tre, siamo tra gli ultimissimi a passare i controlli e ad accedere alla zona sterile per i voli nazionali.
Non ho memorie del volo con Air Manas, se non della delusione di scoprire che l'aereo altro non è se non un 737 Pegasus e di una bellissima assistente di volo – tratti asiatici, occhi verdazzurri – di fronte alla quale do sfoggio dello stile italiano, addormentandomi nella maniera più priva di dignità possibile per un uomo.
Osh si presenta con infrastrutture di un certo livello. Le osserviamo rapiti fino a quando non siamo intercettati da una signora, un tipino minuto con borsa di juta e quel cardigan che la madre superiora delle Rosminiane teneva fino al 20 di giugno, che parla un italiano pressoché perfetto, al punto da sapere la battuta di Totò militare a Cuneo.
Il donnino ci prende per mano e, con urla alla Waffen SS, si apre una strada tra bagarini, tassisti abusivi e perdigiorno fino al suo autobus, che dirotta fino ad un deposito di taxi in cui ci passa in consegna a uno con una faccia da galera che, assicuratosi che non siamo americani, ci porta in un amen all’ostello, ci dice dove trovare la birra Baltika e se ne va in una nuvola di gas di scarico. Il tutto per un dollaro. Questa è l’Asia Centrale che mi piace, completamente a random ma comunque funzionante. Raccogliamo i nostri sacchi ed entriamo in ostello; fuori ci sono 30 gradi e il sole, per citare Giovannino Guareschi, picchia martellate in testa alla gente.
…Continua.
Premessa
Prima di iniziare, una dovuta premessa. Questo TR è indubbiamente dedicato a Dreamliner, e non perché lui sia in possesso di qualcosa (portafogli, miglia, autoradio, famigliari) di mia proprietà e io stia cercando di riprendermeli; piuttosto, l'intera idea di questo viaggio è stata sua ed è giusto che glielo si riconosca. Che poi abbia deciso di mollare la preda per andare a farsi i selfie a Varadero, Cap Cana o Acapulco è un dettaglio e, si spera, una parentesi momentanea, ma non gliene vogliamo male per questo, no di certo; Sokol è un po’ come Mick Jagger, cui perdoni tutto, pure quella monnezza degli album solisti.
Dicevo però del viaggio e mi rendo conto di non aver ancora detto di cosa si tratti. In soldoni c'è una strada, ottimisticamente chiamata highway, che collega Osh in Kyrgyzstan a Khorogh in Tajikistan (e, volendo, Dushanbe). Si tratta della seconda strada al mondo per elevazione, con passi sopra i 4.000 metri e un'altitudine media di 3.800 per più di metà del percorso. Una strada di cui, fino all'arrivo di un messaggio di Sokol su Facebook, ero al corrente ma che reputavo impossibile da fare.

1. L'andata.
Sia come sia, Dreamliner pianta il seme e, pur decidendo di preferire l'all inclusive agli homestay e i giorni senza doccia, il suo esempio rimane. Per mesi mi metto di buzzo buono, elaboro un piano, compro i biglietti e convinco un amico ad unirsi alla spedizione. Comunque sia, vado avanti veloce, fino al sabato 27 maggio in cui dovrei andare, da Londra, a Milano per il matrimonio di un amico, per poi partire da lì per Istanbul.
Se non fosse che BA ha idee diverse.
La storia della débâcle IT di BA é già coperta ad nauseam dall'apposito thread, e vi risparmio un copia&incolla. Fattostà che, sabato, torno a casa sporco, sudato e onestamente incazzato con chi sta buttando una compagnia, come dice Londonfog, "to the dogs". Eccovi giusto due fotazze, fatte col pautafonino, mentre - avendo perso tre voli, e oramai sicuro di non farcela per il quarto - decido di andare a casa. Assieme ad altre 20.000 persone che, in barba alle partenze intelligenti, hanno avuto tutte la stessa idea.



Parto il giorno dopo, con Alitalia, riprotezione fatta da me medesimo alla modica cifra di 180 euri che, per un volo preso il giorno prima, non è male. Il matrimonio è perduto, ma almeno il viaggio è salvo.
Il Terminal 4 è stato rinnovato pesantemente e non è più la ciofeca di una volta. Hanno persino incrementato le vetrate, cosa positiva finché non vedo quanti aerei BA sono parcheggiati ovunque. Non si vedevano scene del genere dal vulcano islandese. È mattina presto, ma mi risale il Vallanzasca.


Torno su Alitalia dopo due anni dall'ultimo volo, per Rio, ed è quasi confortante trovare che gli stessi problemi sono ancora lì. Ancora una volta ci sono quattro persone con lo stesso sedile sulla carta d'imbarco, ancora una volta l'handler - Azzurra - non ha la più pallida idea di cosa fare. A bordo, comunque, si risolve tutto e partiamo con una quarantina di minuti di ritardo. L'equipaggio è molto solerte, le uniformi francamente inguardabili, gli interni invece non sono per niente male, in foto sembravano una carnevalata ma in carne ed ossa - vabbé, in pelle e Tedlar - hanno il loro perché.

Del servizio di bordo si sa, o almeno sapevano tutti tranne il sottoscritto: acqua, Coca-cola e biscotti. Chiedo un caffè e l'assistente di volo, con un sorriso amaro, mi dice che non ce l'ha.
Atterro a Linate alle 10 circa e, dopo un importantissimo meeting con una colonna portante del forum e dell'aviazione civile del Nord Italia, corro a Malpensa da cui parte il volo TK per Istanbul.
Di Turkish s’è detto tutto, per cui non mi dilungo molto. Il volo è tranquillo e, in piccionaia, l'A321 ha parecchi posti liberi; in più, ad un non meglio precisato momento durante il volo, appare anche l'IFE. Il menù in economy non cambia da quando Fatih Terim allenava l'Inter, e la qualità dei köfte è declinata col tempo, ma chiedere l'ayran come bevanda mi rende l'idolo dei miei vicini di posto, una nidiata di ottuagenari turchi di ritorno da una crociera MSC.






Arriviamo ad Atatürk in orario, e purtroppo non c'è modo di uscire in città; una birra al baretto è il massimo che ci si può permettere, poi è il momento di volare su Bishkek.

Francamente, se non fosse stato per il prezzo e gli orari convenienti, non avrei volato con Turkish, malgrado l'IFE e il baretto del gate 208 con la Efes da 0.75 a prezzi politici. Perché? Perché i red-eyes, amici e vicini, non li sanno fare. Ne ho fatti un po' di voli da IST per il Caucaso e l'Asia centrale, e non puoi avere un volo notturno di cinque ore e tenere le luci accese per tre. L'han capito pure su Ukraine International: quando parti dopo le 22 e arrivi alle 5 vuoi dormire o riposare, non vuoi stare sveglio perché mamma TK deve darti il giro di bevande, köfte o pasta dottò, lu café e poi il duty free. Ma almeno è un 737 Sky interiors, anche se la differenza di larghezza tra la fusoliera di un 737 e quella di un 320 si fa sentire.



Sia come sia, dopo un altro pasto infimo (seriamente, che è successo?) il volo procede tranquillo a luci accesissime. All'improvviso, dramma. Perché non sarebbe un volo per l'Asia centrale senza un po' di casino, no?
Insomma, una signora kirghisa ha portato a bordo - di nascosto, mi dice il mio solerte vicino che è li pronto a fare portineria - un cucciolo di cane che, ovviamente, ha pensato bene di far uscire dal suo nascondiglio per fare due passi e, ça va sans dire, i bisogni sulla moquette del corridoio.
Gli AAVV devono vederne di cotte e di crude sui 737 mid-haul, e risolvono la faccenda in men che non si dica. Passata l’emozione ci rendiamo conto che manca davvero poco per l'atterraggio, cui segue un taxiing infinito prima di attraccare all'unico jetbridge del Manas international. Ma siccome non c'è tre senza quattro, abbiamo ancora un volo da fare, per Osh.
L'unico volo acquistabile on-line per Osh è su tale Air Manas, che rintracciamo non senza qualche difficoltà in un angolo del terminal, probabilmente usato in precedenza come ripostiglio per le scope. Abbiamo già carte d'imbarco e posti assegnati, ma veniamo comunque mandati ai banchi per farci ri-stampare e timbrare le carte. Nel frattempo veniamo a conoscenza dell'usanza kirghisa in base alla quale chi ha un bambino piccolo, o un anziano, a seguito può saltare la fila. Siccome a non avere né l'uno né l'altro siamo in tre, siamo tra gli ultimissimi a passare i controlli e ad accedere alla zona sterile per i voli nazionali.
Non ho memorie del volo con Air Manas, se non della delusione di scoprire che l'aereo altro non è se non un 737 Pegasus e di una bellissima assistente di volo – tratti asiatici, occhi verdazzurri – di fronte alla quale do sfoggio dello stile italiano, addormentandomi nella maniera più priva di dignità possibile per un uomo.
Osh si presenta con infrastrutture di un certo livello. Le osserviamo rapiti fino a quando non siamo intercettati da una signora, un tipino minuto con borsa di juta e quel cardigan che la madre superiora delle Rosminiane teneva fino al 20 di giugno, che parla un italiano pressoché perfetto, al punto da sapere la battuta di Totò militare a Cuneo.

Il donnino ci prende per mano e, con urla alla Waffen SS, si apre una strada tra bagarini, tassisti abusivi e perdigiorno fino al suo autobus, che dirotta fino ad un deposito di taxi in cui ci passa in consegna a uno con una faccia da galera che, assicuratosi che non siamo americani, ci porta in un amen all’ostello, ci dice dove trovare la birra Baltika e se ne va in una nuvola di gas di scarico. Il tutto per un dollaro. Questa è l’Asia Centrale che mi piace, completamente a random ma comunque funzionante. Raccogliamo i nostri sacchi ed entriamo in ostello; fuori ci sono 30 gradi e il sole, per citare Giovannino Guareschi, picchia martellate in testa alla gente.
…Continua.
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