[TR] Parinacota.


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VI. El pueblo.

Lasciata Chungarà, riesco nel non facile tentativo di arrivare per sbaglio alla frontiera con la Bolivia, quasi passarla, rendermene conto, fare l'inversione a U più illegale del mondo in faccia a un camion e a un paio di poliziotti della frontaliera cilena e poi tornare a gambe levate verso Parinacota. Il villaggio, non il vulcano.

Questo era uno di quei pueblos che volevo vedere a tutti i costi. Casette di adobe, tetti di paglia e una chiesa abbandonate in mezzo all'altopiano, sotto a un vulcano, con più llama che cristiani. Uno dei motivi principali che mi aveva spinto ad iniziare questo viaggio era un blog che parlava di Sajama, un villaggetto simile in Bolivia. Gli spagnoli costruirono una catena di "caravanserragli" per le carovane che, dalle infernali miniere di Potosì, portavano l'argento ai porti di Arica e Lima. Un passato di sicuro triste ma almeno il risultato è qualcosa di estremamente gradevole agli occhi oggi.

L'umore, va detto, non è dei migliori. Sono ancora colpito da quello che è successo a Chungarà, e mentirei se negassi di sentirmi particolarmente in colpa. Parcheggio davanti al Conaf di Parinacota, alla cui finestra campeggia un foglio, datato marzo 2020, in cui si annuncia che l'ufficio dei ranger è chiuso fino a data da destinarsi.


La popolazione di Parinacota credo arrivi a stento alle venti anime, e oggi sembra che ce ne siano ancora di meno. Un paio di persone stanno risistemando la scuola nella piazzetta, e quando mi fermo a fare due chiacchere mi dicono che sono per metà di Arica, per metà haitiani e al 100% non hanno idea di chi viva dove. Arriva un minibus di turisti e le due guide, ragazzi Aymara di Sipasilvani, un paesello sperso nell'altipiano, provano a cercare la signora che gestisce il negozio, tiene le chiavi della chiesa e in generale sa tutto. Non c'è. I turisti sbuffano, io mi trovo improvvisamente a mio agio.


Gli abitanti sembrano avere solo 4 zampe.










Poco fuori c'è un campo da calcio conciato quasi peggio di quello dell'oratorio di San Biagio a Biella e, giusto a due passi, il camposanto. Qualcosa mi dice che le partite scapoli contro ammogliati, da queste parti, sono funeste.




Avevo pensato di dormire in macchina, ma se devo essere sincero m'è un po' passata la voglia. Parinacota, però, dispone di un hostal dotato, lusso dei lussi, di "acqua calda" fornita da pannelli solari (buona parte di queste comunità hanno generatori solari forniti dal governo, e impianti per il riciclo dell'acqua. Il Cile è avanti).

La porta è chiusa, ma c'è una TV accesa nella sala comune. Busso, aspetto una decina di minuti buona e una signora minuscola di età indefinita, tra i sessanta e i 500, appare sull'uscio. Don Leo, mi dice, non c'è, con fare un po' sospettoso. Le chiedo che non sono in cerca di Don Leo, ma che mi interesserebbe dormire lì. La signora mi soppesa e dice che la caffetteria è chiusa perchè Doña (? potrebbe essere stata Hermosilda, o Henrietta, o H-qualcosa... Era un po' come parlare al telefono con Yoda) è andata a portare i llama da qualche parte e lei sa solo fare il caffè. Non c'è problema, ho il mio cibo, e ci accordiamo per una notte al principesco prezzo di 15mila pesos.

Una volta sgombrato il campo dagli equivoci, e chiarito che non sto cercando Don Leo, la mia nuova amica si fa più ciarliera. Mi consiglia un trail ad anello intorno al villaggio e, poi, mi chiede se ho visto i fenicotteri. Ad Atacama, rispondo. Beh, mi fa lei, se vuoi vederne altri vai alla laguna vicino al posto di controllo dei Carabineros dopo Chucuyo. Armato di tali informazioni, lascio lì il sacco a pelo in una stanza addobbata da un letto e una sedia e me ne vado.

Il primo trail non inizia in maniera molto promettente.


Ma poi migliora. Oh, se migliora.




Pure la vizcacha se ne sta tranquilla a prendere il sole e non si sposta al mio passaggio.


L'altipiano si sparge a perdita d'occhio. È mezzogiorno, ci sono a malapena 15C anche se il sole pesta durissimo. I ragazzi di Sipasilvani mi dicevano che ci sono parecchi venezuelani che varcano il confine dalle loro parti, andando off-road a piedi. Immagino come debba essere una traversata del genere, in questo tipo di terreno dove persino l'erba lascia le spine nei palmi, e dove la notte scende molto sottozero, e rabbrividisco. È un terreno bellissimo, una scenografia che adoro, ma oggi non posso fare a meno di vederla con occhi diversi.

Parinacota è l'unico porto in questo mare di cespugli. Chissà come doveva sembrare alle carovane che portavano l'argento al mare.


In una complice laguna vicino al villaggio, al termine del mio giro, trovo un paio di coppie di polli d'acqua (traduzione letterale del termine vízítyúk insegnatomi da 8200 per definire questi uccelli) intenti a badare al loro nido. All'inizio penso che stiano blaterando a me, e mi allontano a debita distanza per evitare di disturbarli, ma poi mi rendo conto che è un litigio tra di loro. Auguro buona fortuna a tutti e mi allontano a passo svelto, prima di venir chiamato a dirimere la diatriba.

Ci sono dei fenicotteri, a quanto pare, e ho voglia di vederli.
 

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VII. Come Atacama, solo meglio.

Ariprendo la Hyundai e punto verso la valle, anche se solo per poco. Guido piano, fermandomi di tanto in tanto a far passare i camion, sia perchè la strada è corta, sia perchè le indicazioni che mi ha dato la signora sono un po' vaghe. O forse ho capito male io. Passo Chucuyo, non vedo una laguna, e arrivo al punto dove la via per Guallatiri si connette alla statale per la Bolivia. Qui c'è la caserma dei caramba e un paio di casette. C'è anche un bidone per la differenziata e mi metto a svuotare la macchina di tutte quelle bottiglie, contenitori e schifezze varie che si accumulano quando sei in viaggio (non c'è uomo più lurido di quello che guida un'auto a noleggio). Sono in compagnia di a) un carabiniere che fissa l'orizzonte e b) una vecchina che mi regala un sorriso sdentato e poi ondeggia via, tipo uovo che rotola.

Finisco di separare plastico da papel e basura, il tutto chiedendomi se la signora di Parinacota non avesse inteso fregarmi, mi giro e... eccola li.




Chi è stato ad Atacama saprà delle varie lagune Cejar, Chaxa, Miscanti y Miniques... ne parlavo anche nel mio TR del 2019. Bene, questa lagunetta, piazzata a 4000 metri tra una mini-centrale idroelettrica e la capanna dei Caramba tra Chucuyo e Putre, je piscia in testa a tutti. A cominciare dalla vista. So che questo TR avrà più foto di un vulcano di un trattato di vulcanologia, ma se Parinacota non è la più 'montagna' del mondo non so cosa sia.


Sono da solo, completamente solo. Ogni tanto passa un camion per la Bolivia. Non ci sono bus di turisti urlanti, non c'è il recinto col permesso da pagare, non c'è l'ampio parcheggio... solo io, e i pennuti. Mando una foto ad 8200, che per qualche motivo adora i fenicotteri, e l'invidia arriva dall'altro lato del mondo.




Proseguo lungo i margini della laguna, cercando di stare lontano dai fenicotteri in modo da non dargli fastidio. Il fondo è morbidissimo, sale e un po' di fango, e l'aria è un misto di acqua salmastra e salamoia. Più in avanti vedo un gruppo di vicuñas e decido di entrare in modalità Attenborough.




Mi avvicino un po' sottovento, finchè non mi notano. Decido di fermarmi dove sono, e di stare semplicemente lì, a guardarle. Non voglio dare fastidio, siamo a una trenta-quarantina di metri di distanza.


Rimango li per una buona mezz'ora, seduto sul sale, a guardare gli animali. Vi risparmio i filosofeggiamenti. Dopo un po', constatando che il mio deretano sta diventando della consistenza di un pezzo di legno, decido di alzarmi e di provare a vedere cos'altro c'è nei dintorni.




Le ossa di una vicuña emergono all'improvviso dall'acqua. Poco più in là, la carcassa di un fenicottero. Appena più in avanti, quadrupedi e uccelli continuano con le loro attività giornalieri, incuranti (ma magari consapevoli) che, alla fin fine, finiremo tutti così. Il Re Leone c'aveva ragione, mi dico, e mi allontano prima che mi torni in mente Ivana Spagna; li si che sarei fottuto.

Decido di tornare indietro, verso la macchina. Questa laguna è stata una sorpresa incredibile, l'ennesima prova di come, viaggiando, si possono provare alti e bassi fenomenali nello spazio delle stesse 24 ore. Ma questa laguna ha ancora una sorpresa in serbo. Sento qualcosa sguazzare nell'acqua, mi giro e vedo alcuni fenicotteri iniziare la loro buffa corsa di decollo, prima di riacquisire tutta la loro maestosità una volta in aria.




Grazie mille, laguna senza nome.


Continua domani.
 

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VIII. Alba sull'altipiano.

È il mio ultimo giorno sull'altipiano. Avevo promesso alla donnina dell'hostal che sarei uscito molto presto, prima dell'alba, e così faccio. A Parinacota non c'è un lampione che sia uno, e quindi devo praticamente indovinare dove sia la Hyundai. La trovo, entro, e posso solo ripetere il mantra di Alex Drastico in Quattro Giorni a Natale: "Minghia cheffreddo". Vedere per credere.


Poco male. Salgo a bordo, accendo gli abbaglianti, spero che i llama non siano così cretini come i cervi a Richmond (che vedono le luci della bici e si avvicinano per vedere meglio) e parto. Arrivo allo svio per la Bolivia, prendo a sinistra e il cielo inizia a colorarsi, col sole che si intuisce da dietro al Nevado Sajama.




Arrivo alla foresteria Conaf del lago Chungarà, che trovo ovviamente vuota. I rangers se la dormono, e i camion devono ancora passare. Parcheggio, ripeto il mantra, pesco i guanti dallo zaino e attraverso la strada, dove inizia un sentiero intorno alla laguna.








Vorrei poter dire che è tutto silenzio tranne che per il rumore dei miei passi e la chitarra di un pastore che suona De Ushuaia a La Quiaca di Gustavo Santaolalla appollaiato in cima a un cactus, ma la realtà è che... è un pollaio.

Ci sono decine di uccelli di ogni tipo, e sembra che tutti siano del genere che si sveglia alla mattina con un odio medievale addosso. Pigolii, strepiti, starnazzamenti, strombettamenti, ghiaccio che sbatte, ali che si scuotono... Sembra persino che ruttino. Seriamente. 'Sto coso qui sotto, per esempio, al mio passare ha emesso un "Beeeurgh" che nemmeno gli avventori del Crocicchio di Carisio (VC) alle undici di notte di un venerdì sera.


Lui si allontana un po' per darsi un certo contegno, provando al tempo stesso a sembrare il Nazareno che cammina sulle acque.


I suoi colleghi, però, sono già pronti ad attaccar rissa.




In sostanza si rincorrono l'uno con l'altro in un bailamme di ali, acqua smossa, starnazzamenti e piume volanti. Una volta giunti in prossimità.. finisce tutto. E rimangono a guardarti così.


Vabbè, io nel frattempo riesco a catturare l'immagine che volevo da tanto tempo.




Parinacota che si specchia nel Chungarà calmo (quasi) come una tavola. Cosa difficile da fare dopo l'alba, quando si alzano i venti. E anche prima non è poi così semplice, viste le scorribande di questi vandali.


Il sole sorge, finalmente, e la batteria della camera segna rosso. Ne ho un paio di riserva in macchina, ma col controluce montante decido di lasciar perdere e di continuare la camminata finchè si può. Dopo qualche ora ritorno al mezzo, giro, saluto l'altipiano e parto, prima che apra la dogana cilena e inizino a scendere i TIR boliviani. Grazie mille Parinacota; hai dato alti e bassi con magnanimità.

La discesa richiede 4 ore e mezza, compresa una sosta a Socoroma. Se l'andata m'è costata mezzo serbatoio, in discesa pigierò l'acceleratore un totale di 7 volte tra il confine e Poconchile. Non è difficile capire perchè.












Arrivo ad Arica dove, a dispetto della nomea di città dal sole eterno, è nuvolo (e cosí rimarrà per le 24 ore che ci starò). Prendo alloggio nello stesso hotel dell'andata, in riva al Pacifico, e festeggio la conclusione del viaggio come si deve.


A tra poco per il ritorno!
 

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Bello, bellissimo!
Pagherei per vedere la foto del carramba che scruta l'orizzonte!
Il carramba che scruta l'orizzonte mi ricorda Il deserto dei tartari. Per il resto, come sempre, ci lasci senza parole...
Grazie ad entrambi! Purtroppo i caramba cileni avranno molte virtù, ma l'umorismo non credo rientri tra quelle. E considerando il colore della divisa da SA, il cappello che mi sembra quello di Rommel, la tendenza a girare con giubbotto antiproiettile e parapalle (visti agghindati così ad Arica) e la nomea di gente che spara... ho deciso di evitare.
 

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IX. Arica, o l'arte di non riuscire a cambiare i voli.

Ci eravamo lasciati ad Arica. Faccio un breve flashback: all'altezza dell'interporto tornano le nuvole, la polvere, i camion ovunque e anche il mio primo avvistamento di una prostituta in tacchi a spillo, gonna corta in velluto, maglioncino fatto a mano e cappello di feltro a tesa larga. Un ensemble di tutto rispetto. Invece di girare in città vado a destra, verso l'aeroporto, perchè è successa una cosaccia e spero di poter rimediare.

Dicevo che il mio itinerario era un LHR-MAD-SCL-ARI e ritorno, comprato su un'OTA, TravelUp. Sapevo di sbagliare, dopo le mie (dis)avventure con Kiwi m'ero ripromesso di non fidarmi più, ma il prezzo era veramente ottimo. Peccato che ci siano state sei cancellazioni e re-timings nel corso della vita di questa prenotazione, nemmeno due mesi, e non ci sia stata una volta che TravelUp m'ha fatto sapere un qualcosa. Siccome silenzio = assenso, Iberia ha deciso che io fossi d'accordo... E quindi, dopo le 11 ore di transito all'andata, mi capita una situazione in cui il volo di LATAM ARI-SCL previsto per il primo pomeriggio sparisce, sostituito da uno alle 8 di mattina... il che mi lascia con una connessione di 12h30 a SCL. Di qui il mio tentativo di andare in aeroporto.

L'idea è semplice: vedere se posso farmi spostare su un ARI-SCL più tardi; nel caso ciò non funzionasse, c'è un A330 Iberia che parte verso l'una. Venti minuti dopo, esco dal parcheggio dell'aeroporto Chacalluta con le pive nel sacco: non ci sono voli pomeridiani per SCL, non c'è modo di spostarsi sul 330. Ma almeno ho fatto check-in per i miei voli.

Non ho alcuna voglia di farmi 12 ore di transito, con obbligo di mascherina, prima di un volo di 13 ore in economy, con a seguire un'altra pausa di 4 ore e poi l'arrivo a LHR alle 22.... ma sembra che non ci siano alternative. Vado in hotel, apro la birra di cui sopra, e mi consolo guardando le quantità di fauna avicola che incrocia le cupe acque del Pacifico; menzione speciale per i pellicani, che non avevo mai visto, e per gli avvoltoi. Sarebbe bello anche vedere un condor, prima o poi.














I pellicani si rivelano essere la sorpresa del viaggio. Non mi stancherei mai di vederli volare a pelo d'acqua come i siluranti a Midway, e mi piacciono troppo le loro ali. Sembrano dei Dreamliner.


Per il resto, Arica si rivela essere una città perfettamente dimenticabile. L'allarme anti-Tsunami suona un paio di volte, con tanto di notifiche su tutti i telefoni (è una prova) e giro un po' in cerca di cibo. Su tutto veglia il Cristo intento a dirci che i pesci che aveva moltiplicato erano, beh, "grossi così".


Il Cile ci ricorda che Arica è, infatti, Cile. Per un po', dopo la fine del colonialismo, questa zona era Bolivia ma poi, dopo una guerra in cui Perù e, appunto, Bolivia, riuscirono a perdere contro i cileni, passò di mano. Nota bene, questa fu non la prima ma la seconda guerra combattuta per il controllo dei fosfati prodotti nella zona, la cui origine era... animale. In altre parole, Bolivia-Perù-Cile si facevano la guerra per della cacca di gabbiano.


E con questa solenne affermazione, proseguiamo col ritorno.
 

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X. Il ritorno.

Siamo finalmente arrivati alla decima puntata di quest'odissea, il ritorno.

Passa il peschereccio, una specie di turacciolo ambulante, e io medito il da farsi.


Provvidenzialmente, arriva l'intervento di 8200. Pur essendo via per lavoro (paradossalmente siamo quasi vicini, lei a SYD e io in Cile), il suo cervello è sempre al lavoro e mi propone di prendere un normale standby sul diretto di BA che parte alle 3 del pomeriggio. I voli da Londra sono pienissimi, ma quelli di ritorno - visto che il contro-esodo, per dirla alla TG1, non è ancora iniziato - no. Controllo velocemente, e il costo è minore di una stanza di albergo. Detto fatto, prenoto lo standby, riconsegno la Hyundai all'Econorent e vado a dormire.

L'alba - ma quale alba, qui è ancora notte fonda - è umida e profuma di salsedine. Un taxi mi riporta all'aeroporto di Arica che, come si vede di sotto, è in costruzione.


Le partenze della giornata. Cesare Caldi sarà felice di sapere che i voli favoriscono un'utenza business e l'a/r in giornata, ma tutti l'artri ce l'hanno un po' in saccoccia.


La parte airside dell'Arica internescional si può definire a metà tra il capannone e la tensostruttura. Pavimento in tavolacce di legno o cemento grezzo, bagno in Portakabin e sedie sparpagliate. Manca solo la fisarmonica e l'uomo che griglia salamelle ed è subito Festa dell'Unità.




Poco male, l'attesa è breve e i due voli - SKY e LATAM - imbarcano in orario. La coda è un po' ruspante, ma tutti - dal cumenda con la cravatta alla Viktor Orbán alla mamacita col cappello a bombetta - rispettano i gruppi e siamo liberi di uscire sull'apron in poco tempo. Ecco a voi SKY col 320neo, più un simpatico cono verde.


Mentre, dall'altro lato, il nostro LATAM. Veniamo smistati in due code, quelli per il davanti e quelli per l'imbarco da drio. Ancora una volta tutti organizzati e tutti seguono le indicazioni con buon garbo, dall'intellettuale che legge un articolo in inglese sulle patologie delle aorte allo zarretto col cappellino dei Golden State Warriors e il tatuaggio Madre Perdoname sull'avambraccio.


Parlando del nostro A321, a giudicare dal pannello di colore leggermente diverso e dalle rivettature direi che qualcuno (probabilmente un mezzo di terra) l'ha tamponato. Chissà se hanno Aviapartner anche qui.


Le signorine di Swissport di ieri, mosse a compassione, mi hanno dato un bel 22D che altro non è che il sedile di fianco al jumpseat prospiciente a Door 3. E, meraviglia delle meraviglie, il 22F rimane vuoto.


C'abbiamo pure le porte USB, in funzione dopo il decollo.


Mi domandavo come facessero a girare un 321 in 30 minuti ed ecco il segreto. Le pulizie le facciamo un'altra volta... Ma, sinceramente, chissenefrega. Credo di essere ben più lercio io, dopo una settimana con tre capi di vestiario, di tutto l'aereo.


Decolliamo in orario; inizia il servizio e subito s'interrompe perchè ci sono delle turbolenze mica male. Nessuno dice nulla, cosa che mi fa pensare che sia normale. Dopo un po' tutto torna "normale", o quantomeno decente. Fuori siamo a quota di crociera ma le nuvole ci coprono lo stesso; opto per una bevanda fredda e una barretta, così che - al massimo - mi bagno e non mi ustiono.


Sbadabim e sbadabam continuano fino a Santiago, dove tutto si calma e atterriamo in tutto comfort. Arrivati al T1, però, di nuovo disastro. S'è rotta di nuovo la jetty e aspettiamo un'altra mezzora per l'arrivo di una scala che, onestamente, deve esser stata usata nell'assedio di Vienna del 1683. Mai visto un mezzo aeroportuale con così tanti buchi.

Sia come sia, scendo, vado al T2, provo ancora una volta a farmi spostare su IB, fallisco e vado da BA. Senza nemmeno farmi pregare mi viene dato un 32C; faccio due calcoli e mi dico che arriverò a Londra un otto/nove ore prima di quanto non dovrei fare col vecchio itinerario, che potrò comunque farmi (parzialmente) rimborsare.

Passo tutti i controlli vari ed eventuali e sono airside. Tempo di magnare e bere, che non ho ancora toccato cibo da ieri sera. La situazione, però, è grama.






Ci sono due ristoranti aperti, ma uno offre solo carnazza e l'altro hamburger. In più nessuno dei due ha alcol, dato che non gli è ancora arrivato il permesso. Terremoto e traggedddddia, diceva Abatantuono.

Mi trascino disperato ai gates C, dove vedo il 787-9 di BA.


Raccatto un panino in un baretto e, alla bottega dei vini, trovo due birre in vendita. Mentre mangio il pasto del barbone 8200 mi dice di imbarcare per ultimo, che a bordo c'è una sua conoscenza. "Non fare il biellese e porta dei cioccolatini all'equipaggio", mi fa. Obbedisco.

Alla fine arriva l'imbarco; aspetto, come da comando, che salgano tutti e poi arriva il mio turno. E, per grazia ricevuta, vengo messo qui. E' una gentilezza fatta dall'equipaggio, non qualcosa che mi aspettavo o che ho richiesto, e niente di cui vantarsi o fare gli smargiassi se non nei confronti del nostro moderatore Edoardo, che saluto con tanto affetto.


Questo il menu.





I sedili di fianco a me rimangono liberi, e alla fine il LF sarà sui 3/4. Vicino a noi, un 319 LATAM e io mi godo quest'ala splendida e questo Trent cui, malgrado tutto, voglio bene.




Pushback e, ultimo regalo, c'è ancora un 787 con livrea LAN. Ma com'era bella, com'era bella!!!!


Ultimerrimo regalo, un 747F Kalitta. Con United che fa capolino.


Il glifo sul bulkhead è sempre belloccio.


Viste dalla taxiway: 787 AA in manutenzione...


Un altro 767 di LAN! E ben due 787 di Norwegian, credo per la loro filiale argentina, in attesa di sicuro di finire nelle mani di Aeroitalia per fare voli a 5 stelle per la compagnia amica dei quattrozampe e quant'altro.




Decolliamo, col Trent che si magna er Kalitta.


E guarda che bell'arietta che tira su Santiago. Il pensiero va alla Padania, che ogni inverno si tira in queste condizioni grazie a riscaldamenti a gasolio, scarichi di auto e quant'altro. Ma il problema, stando a Giuseppi, sono i termovalorizzatori. Bah.






Per fortuna, prima che possa pensare per troppo tempo all'avvogado del bobolo, arrivano le Ande ad addolcire il mio umore. Perdonate il controsole, ma se ti danno il 10A tu accetti senza chiedere se puoi spostarti dal lato K così vedi l'Aconcagua.




Arriva il momento del beveraggio, champagne rosé giusto per provare (non male) e le noccioline. Questa è la vita dei moderatori che fanno working from home a Portofino tutti i venerdì!


Capitolo cibo: non ho fame, e cerco di non mangiare troppo a bordo. Per cui, avendo visto che il cheese platter include lo Zola (e quando te lo danno, lo Zola, su una compagnia inglese?) chiedo solo quello. L'assistente di volo è perplesso; arriva anche il capocabina a dire "guarda che abbiamo cibo, non ti preoccupare" ma no, vorrei solo quello. Mi dice che almeno porterà anche l'antipasto e il dessert dolce. Entrambi buoni e non cioccolatosi/diabetici. BA, che sta succedendo?!


Fuori l'Argentina si rannuvola.


E poi il sole dice ciao.




Il kit per dormire in Club include il materassino, cuscino, duvet ma non più la copertina, e il duvet è veramente troppo caldo. Per cui, tornando dalla toilette, chiedo a uno degli AAVV se posso avere una coperta di straforo da Traveller Plus. Ancora una volta mi dicono di non preoccuparmi, che posso aprire il kit, ma una volta svelato l'arcano ottengo l'agognata coperta. Veramente ottima secondo me.


Mi metto in orizzontale e, poco prima di addormentarmi, rifletto su dove sono. La mente corre, inevitabilmente, a Chungarà e ai due ragazzi venezuelani. È innegabile: ho avuto un gran culo nella vita. Vedi questo esatto istante. Enorme, incredibile, culo. Appurato ciò, mi addormento.

È incredibile la differenza che fa un lie-flat. All'andata non finiva più. Al ritorno, chiudo gli occhi e quando li riapro mancano due ore all'arrivo e siamo qua.


La cabina si sveglia pian piano.


Arriva l'ora della colazione e, stavolta, decido di prendere il piatto principale. Chiedo ciò che avanza, e il convento passa l'omelette - che, incidentalmente, era ciò che volevo. Bella li.


Fuori scorre la riarsa campagna del Sud-Est e il terminal petrolifero di Southampton. L'anno scorso abbiamo avuto un'estate piovosissima, quest'anno 2mm a luglio, zero a giugno, e ora pare che agosto sia lo stesso. Never a dull moment.




Appare anche Farnborough, da dove ho iniziato questo reportage. A mai più rivederci, F'boro!


Heathrow, Feltham e la deliziosa Kingston-upon-Thames.


Il parco di Hampton e più in su quello di Richmond. L'anno scorso erano tutti verdi.


Canary Wharf e Londra Sudde.


La City e Nine Elms, in pratica tutto il centro.


Atterriamo in dolcezza e passiamo lentamente davanti alla fuel farm, dove è tornato il QF1 coll'A380. In ritardo costituzionale di almeno 2 ore, ma sempre bello da vedersi. Pare che gli interni siano stati rifatti, e tutti ci auguriamo che BGW torni a volarci presto e farci un TR. Ti prego Console, deus lo vult!


Ed eccoci ormeggiati a T5B, curiosamente allo stesso gate dell'andata.


E così si conclude uno dei viaggi che più mi ha 'dato', sotto il punto di vista delle emozioni, dei paesaggi, degli incontri e, si, degli insegnamenti. Non so quando ce ne sarà un altro, al momento il diario è vuoto, ma nel frattempo... grazie mille per aver letto!
 
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londonfog

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E così si conclude uno dei viaggi che più mi ha 'dato', sotto il punto di vista delle emozioni, dei paesaggi, degli incontri e, si, degli insegnamenti. Non so quando ce ne sarà un altro, al momento il diario è vuoto, ma nel frattempo... grazie mille per ver letto!
Grazie a te per avercelo raccontato.
 
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Vorrei poter dire che è tutto silenzio tranne che per il rumore dei miei passi e la chitarra di un pastore che suona​
De Ushuaia a La Quiaca​
di Gustavo Santaolalla appollaiato in cima a un cactus, ma la realtà è che... è un pollaio.​

Ho quella canzone (e quel film) in mente dall’inizio del tuo TR!

Ennesimo capolavoro, con foto splendide e racconti coinvolgenti e divertenti. Ad un tratto ci hai tirato un pugno nello stomaco, ma hai fatto bene (la realtà quella è) e lo hai fatto nel modo giusto, senza fronzoli.

Complimenti!
 
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nicolap

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10 Novembre 2005
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Un capolavoro, davvero. Un TR bellissimo e iper-avvincente. Come sempre scritto magistralmente. Grazie!
 

m.ridoni

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Meraviglioso, complimenti: per il viaggio, per le foto, per il report e per le considerazioni di (varia e vera) umanità.
 

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Grazie a te per avercelo raccontato.
Grazie a te per aver letto pezzo per pezzo.


Ho quella canzone (e quel film) in mente dall’inizio del tuo TR!

Ennesimo capolavoro, con foto splendide e racconti coinvolgenti e divertenti. Ad un tratto ci hai tirato un pugno nello stomaco, ma hai fatto bene (la realtà quella è) e lo hai fatto nel modo giusto, senza fronzoli.

Complimenti!
Grazie mille, lo apprezzo molto. So che non è stato il solito TR felice e gioioso ma mi sembrava giusto raccontarlo.

Un capolavoro, davvero. Un TR bellissimo e iper-avvincente. Come sempre scritto magistralmente. Grazie!
Grazie ancora Nicola!

Meraviglioso, complimenti: per il viaggio, per le foto, per il report e per le considerazioni di (varia e vera) umanità.
Grazie a te per leggere.
 

FLR86

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Posti magici nei quali tornei domani e come, per mio gusto, ce ne sono pochi al mondo.
Se non ricordo male a Putre c'è una base militare, vista anche la posizione strategica al confine con Perù e Bolivia.
Al contrario tuo ricordo una strada molto trafficata e, complici anche dei lavori stradali, una fila di TIR verso la Bolivia. Mentre di turisti neanche l'ombra.
Concordo sul fatto che montagne come il Parinacota, per forma ed impatto visivo, è difficile trovarne!
Un appunto te lo devo fare però...sei arrivato fin lì ed hai saltato Suriplaza!? Da te non me lo aspettavo 😁
 
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pello

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BGY
Parlando del nostro A321, a giudicare dal pannello di colore leggermente diverso e dalle rivettature direi che qualcuno (probabilmente un mezzo di terra) l'ha tamponato. Chissà se hanno Aviapartner anche qui.
suvvia è da un pò che facciamo i bravi :rolleyes::rolleyes::rolleyes: