"Rete compatibile e rischio-penale: ecco perché abbiamo scelto Parigi"
Il retroscena. Ecco la ricetta-Colaninno:
voli ridotti, flotta moderna e utile in 2 anni
di ETTORE LIVINI
MILANO - Una solida base a lungo raggio a Fiumicino. Un cordone ombelicale tra Milano e Parigi per il traffico intercontinentale del nord (in attesa del complesso rilancio di Malpensa). E la difesa con i denti del monopolio dei cieli italiano conquistato - treni ad alta velocità permettendo - grazie alle nozze domestiche con Air One. I dettagli e le rotte del nuovo corso Alitalia verranno definite solo tra qualche mese, ma la nuova Magliana del tandem Cai-Air France nasce con un identikit industriale già abbastanza chiaro: ridimensionata nei voli - oggi sono il 30% in meno rispetto a quelli garantiti un anno e mezzo fa assieme alla compagnia di Carlo Toto - più leggera sul fronte dei costi, con una flotta più razionale e moderna ma, perlomeno così sperano i suoi nuovi padroni, in grado di fare utili entro un paio d'anni. Grazie in particolare a un aumento della redditività sulle tratte nazionali.
L'uscita di scena di Lufthansa ha mandato in soffitta almeno per ora il sogno di continuare a gestire in Italia il sistema a due hub, Milano e Roma. "Perché abbiamo scelto Parigi? Per tre buone ragioni - spiegano fonti vicine ai vertici della cordata italiana - : il loro network è più compatibile con il nostro e ci conosciamo da anni. Ma soprattutto se avessimo lasciato Sky Team avremmo dovuto pagare una penale superiore ai 200 milioni". Il vettore tedesco, che già gestisce macinando profitti ben tre hub, avrebbe offerto più garanzie alla Malpensa da dove ora decolleranno solo tre rotte intercontinentali. Ma l'entourage di Roberto Colaninno getta acqua sul fuoco delle polemiche. "Il nostro obiettivo resta quello di lavorare su due poli, con 14 nuovi voli a lungo raggio da Milano. Ma ovviamente li lanceremo solo quando sarà rivisto il ruolo di Linate", spiegano. In base ai piani di Cai, il Forlanini dovrebbe gestire solo la navetta Milano-Roma, una metamorfosi che - Ue permettendo - potrebbe richiedere almeno un paio d'anni. Fino ad allora, dunque, il traffico d'affari del ricco nord che vola con Alitalia, salvo quello in arrivo o partenza da New York, San Paolo e Tokyo dovrà fare scalo a Roma, Parigi o Amsterdam prima di raggiungere la Lombardia. E non a caso proprio la divisione dei profitti su questa ricchissima nicchia di passeggeri ha reso più complicate sul filo di lana le trattative tra la Magliana ed Air France.
Parigi invece può essere contenta. I due anni di sofferenza prima delle nozze con la Magliana non sono stati spesi invano. La compagnia transalpina diventa primo azionista singolo di quella tricolore a un prezzo molto inferiore a quello che era disposta ad accollarsi la scorsa primavera. Allora era pronta a farsi carico di 1,4 miliardi di debiti (molti di più di quelli presi in carico da Cai) a comprare fino all'85% del capitale agli obbligazionisti (in tutto 600 milioni di euro) rimasti invece per ora a bocca asciutta e a garantire un pagamento, anche se quasi simbolico, pure agli azionisti. Ora con 300 milioni "prenota" una compagnia molto più snella, senza concorrenti sul mercato domestico, con i contratti di lavoro già rinegoziati e uno solo hub. Un identikit che giustifica anche il sovrapprezzo pagato rispetto ai nuovi partner della Cai.
La zavorra resta invece a questo punto sulle spalle di Augusto Fantozzi (e quindi dei contribuenti italiani). Il Commissario straordinario completerà la vendita dei pochi asset della Magliana che hanno ancora qualche valore (aerei, immobili e terreni) e poi con i soldi incassati da Cai e da questi saldi dovrà rimborsare - ovviamente in percentuale di molto ridotta - passività per 3,2 miliardi. Compresi il prestito ponte, destinato con ogni probabilità ad andare in fumo, e quei bond che per circa 400 milioni sono nel portafoglio del Tesoro italiano.
(2 gennaio 2009)
Repubblica