Thread Alitalia da ottobre 2018


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atlantique

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4 Ottobre 2008
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La tocca piano.....

Nei prossimi quattro anni Lufthansa assumerà oltre 500 persone in Italia, soprattutto giovani, investendo 100 milioni in Air Dolomiti, la controllata fondata 27 anni fa dalla famiglia Leali specializzata nei voli a medio e corto raggio.


Air Dolomiti raddoppierà i dipendenti (da 577 a 1.100) e gli apparecchi (da 12 a 26) e nuovi centri tecnici saranno aperti a Milano, Firenze e Torino oltre al rafforzamento della base operativa di Verona per garantire collegamenti nuovi e con gli hub di Monaco e Francoforte. L'artefice della crescita è il presidente Joerg Eberhart, 47 anni, un manager che conosce molto bene l'Italia. Ex pilota Lufthansa, Eberhart ha guidato a Lipsia un'azienda cargo in partnership tra Dhl e la compagnia tedesca prima di essere nominato, dal 2007 al 2010, numero 2 di Air Dolomiti di cui nel 2014 è diventato presidente.

Perché investire oggi in Italia?

«Lufthansa considera Air Dolomiti il suo fiore all'occhiello per il servizio e la qualità operativa, perché unisce la pianificazione a lungo termine tedesca con la creatività e l'eccellenza del servizio italiano. In Italia c'è spazio per un trasporto aereo di qualità».

Dove cercate i 523 dipendenti?

«Saranno tutti assunti in Italia. Già oggi io sono l'unico tedesco in Air Dolomiti e mi sento mezzo italiano. Vivo con mia moglie e i miei tre figli a Verona. Quando potrò cumulare i 10 anni di residenza chiederò la cittadinanza».

Quali figure cercate?

«Innanzitutto piloti, almeno 168: 12 per ognuno dei nuovi 14 apparecchi. Ma anche assistenti di volo e personale di terra. La qualità della formazione di scuole e università è molto elevata».

Requisiti di età?

«Vogliamo fare qualcosa per i ragazzi italiani che escono da scuola molto ben preparati e talvolta non trovano sbocchi. La maggior parte delle assunzioni sarà di persone tra 19 e 35 anni».

Ci sono in Italia tutti questi piloti?

«Sono figure che formiamo direttamente noi. Chiunque può fare domanda per entrare in Air Dolomiti, anche senza esperienza di volo specifica, anche senza soldi, purché conosca bene l'inglese. L'addestramento per i piloti dura due anni e costa 100mila euro. Per i candidati che si impegnano a restare in Air Dolomiti almeno 5 anni questa spesa resterà a nostro carico».

Formazione gratis?

«Il brevetto sarà regalato a chi deciderà di rimanere con noi. Non ricorreremo a formule come il prestito da restituire una volta assunti».

Come avverrà la selezione?

«Sarà creata una sorta di Accademia del volo. I test saranno in inglese ad Amburgo, con prove di abilità cognitiva e motoria messe a punto per l'Agenzia spaziale tedesca. L'addestramento avverrà in Italia».

È la strategia consueta di Lufthansa nel reclutamento?

«È un modello unico in Europa. L'abbiamo inventato noi di Air Dolomiti per l'Italia. Puntiamo sulla valorizzazione dei singoli. E i giovani italiani sono entusiasti, hanno doti di problem solving che talvolta mancano a noi tedeschi».

Quindi per gli oltre 500 che supereranno la selezione la formazione è gratis e il posto garantito.

«Al primo anno lo stipendio per un pilota con un impegno normale sarà sui 60.000 euro lordi».

Voi nei mesi scorsi avevate valutato anche il dossier Alitalia.

«Sì, il mercato italiano è molto importante e c'interessa molto, ma oggi Alitalia richiede un profondo risanamento. È stato necessario anche quando Lufthansa ha acquisito compagnie come Swissair e Austrian Airlines e oggi vediamo i buoni risultati della ristrutturazione».

Come valuta la rinazionalizzazione di Alitalia?

«Lo Stato non è un buon imprenditore, in nessuna parte del mondo».

http://www.ilgiornale.it/news/economia/alitalia-torna-pubblica-pessima-scelta-1589066.html
 

East End Ave

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13 Agosto 2013
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su e giu' sull'atlantico...
È fissato per oggi il primo faccia a faccia tra Alitalia e Ferrovie dello Stato. Dopo la manifestazione di interesse avanzata da Fs è tempo quindi del primo confronto tecnico, che, secondo quanto riporta Il Sole 24 Ore, dovrebbe avvenire entro le prossime ore. Una delegazione del gruppo guidata da Gianfranco Battisti incontrerà i commissari di Az per valutare le prospettive di rilancio del vettore, in vista della scadenza del 31 ottobre.

Le due aziende si confronteranno su come strutturare l’operazione e per questo motivo Fs avrebbe scelto come advisor Mediobanca.

L’obiettivo, riportano le colonne del quotidiano, sarebbe quello di un’integrazione dei servizi offerti dalle due società, con il conferimento di alcuni asset da parte di Fs.

L'intervento
L’intervento dovrebbe avvenire in due fasi. La prima con un aumento di capitale a carico dello Stato (attraverso il Tesoro e Fs) e la valutazione da parte di Cdp del supporto finanziario da destinare al rinnovo della flotta.

La seconda fase prevede invece la ricerca di un partner privato, come China Eastern, easyJet o Delta.

TTG Italia
Ma quale confronto, sono marionette al pari di ministri e premier e i cui fili sono mossi dai gemelli diversi...
 

ripps

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17 Giugno 2017
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“La vicenda Alitalia la chiuderemo entro la fine di ottobre e penso che la chiuderemo bene”. Ad affermarlo Danilo Toninelli, ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, a margine dell’assemblea di Confetra aggiungendo “le migliaia di dipendenti devono stare tranquilli e fiduciosi che sarà un vettore nazionale che rilancerà il turismo”.

Intanto, ieri, un portavoce di Delta, interpellato dall’ANSA in merito ad un possibile interessamento della compagnia americana per il dossier Alitalia, aveva dichiarato: “Alitalia è un partner di lunga data di Delta e fa parte della joint venture transatlantica di Delta
con Air France-Klm”.

http://www.travelnostop.com/news/trasporti/alitalia-toninelli-chiuderemo-entro-fine-ottobre_434551
 

enrico

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30 Gennaio 2008
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Rapallo, Liguria.
e da quando il turismo in Italia deve essere ...."rilanciato" ????????
Semmai dovrebbe essere "accompagnato" con un maggior investimento su arte, cultura, infrastrutture, strutture ricettive, etc. etc.
Ma Toninelli deve trovare una giustificazione per pompare soldi pubblici nel carrozzone, lasciamolo fare porello....
 

Farfallina

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23 Marzo 2009
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È fissato per oggi il primo faccia a faccia tra Alitalia e Ferrovie dello Stato. Dopo la manifestazione di interesse avanzata da Fs è tempo quindi del primo confronto tecnico, che, secondo quanto riporta Il Sole 24 Ore, dovrebbe avvenire entro le prossime ore. Una delegazione del gruppo guidata da Gianfranco Battisti incontrerà i commissari di Az per valutare le prospettive di rilancio del vettore, in vista della scadenza del 31 ottobre.

Le due aziende si confronteranno su come strutturare l’operazione e per questo motivo Fs avrebbe scelto come advisor Mediobanca.

L’obiettivo, riportano le colonne del quotidiano, sarebbe quello di un’integrazione dei servizi offerti dalle due società, con il conferimento di alcuni asset da parte di Fs.

L'intervento
L’intervento dovrebbe avvenire in due fasi. La prima con un aumento di capitale a carico dello Stato (attraverso il Tesoro e Fs) e la valutazione da parte di Cdp del supporto finanziario da destinare al rinnovo della flotta.

La seconda fase prevede invece la ricerca di un partner privato, come China Eastern, easyJet o Delta.

TTG Italia
Preso atto che questo governo non andrà da nessuna parte se non la nazionalizzazione leggo una brutta scaletta e cioè Stato + FS che nazionalizza e CDP che finanzia la flotta. Il fatto che solo successivamente cerchino un partner industriale mi fa una gran paura in quanto trovare un altro con l'anello al naso dopo KL, AF e EY per farsi comandare dalla politica non deve essere facile.
L'unica speranza di limitare i danni sarebbe un'accoppiata di partner industriali con una operazione come in AF-KL con Delta e China Eastern entrati con il 10% ciascuno.
 

East End Ave

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su e giu' sull'atlantico...
Preso atto che questo governo non andrà da nessuna parte se non la nazionalizzazione leggo una brutta scaletta e cioè Stato + FS che nazionalizza e CDP che finanzia la flotta. Il fatto che solo successivamente cerchino un partner industriale mi fa una gran paura in quanto trovare un altro con l'anello al naso dopo KL, AF e EY per farsi comandare dalla politica non deve essere facile.
L'unica speranza di limitare i danni sarebbe un'accoppiata di partner industriali con una operazione come in AF-KL con Delta e China Eastern entrati con il 10% ciascuno.
straquoto, soprattutto la parte in grassetto, arrivando a dire "impossibile". Detto cio', i cinesi pure pure...non sanno dove buttare/investire soldi; su DL ho i miei ampi dubbi invece, dal momento che se AZ non se la compra nessuno e' come una candela quando sta al moccolo; finira' con lo spegnersi da sola a vantaggio di tutti. Che questo Governo non lo comprenda e' inverosimile.
Mi aspetto un "tutti alla finestra", fermo restando che capitale umano, traffico e potenziale restano importanti, nessuno lo nega. Tutt'e' a capire se si resta in attesa del trapasso per spartirsene i resti o se davvero qualcuno avra' il coraggio di avere a che fare con i vari giggino, danilo, matteo...
 

I-DAVE

Moderatore
6 Novembre 2005
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a Taiwan, nel cuore e nella mente
L'unica speranza di limitare i danni sarebbe un'accoppiata di partner industriali con una operazione come in AF-KL con Delta e China Eastern entrati con il 10% ciascuno.
Con l'ingresso di una compagnia cinese non limiti i danni di Alitalia, ma aumenti i danni per l'Italia. Gli investimenti cinesi non sono mai puramente industriali, sono sempre politici.

Ricordiamo anche che Alitalia, pur avendo entusiasticamente aderito alla ridicola campagna cinese per modificare la denominazione dei voli su Taipei da "Taipei, Taiwan" in "Taipei, Taiwan, Cina", sui siti web delle compagnie di mezzo mondo, non ha ottenuto alcune vantaggio commerciale come gli auspicati migliori slot a Pechino. Risultato: volo cancellato e un po' di soldi bruciati.

Questo governo ha paura di quattro migranti, ma non ha paura di svendere assett a Pechino (che, ricordiamo, è una dittatura) o peggio ancora di andare ad infilarsi in quella trappola che è la Belt & Road Initiative. Chiedere a Malesia e Sri Lanka...

DaV
 

Farfallina

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23 Marzo 2009
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Con l'ingresso di una compagnia cinese non limiti i danni di Alitalia, ma aumenti i danni per l'Italia. Gli investimenti cinesi non sono mai puramente industriali, sono sempre politici.

Ricordiamo anche che Alitalia, pur avendo entusiasticamente aderito alla ridicola campagna cinese per modificare la denominazione dei voli su Taipei da "Taipei, Taiwan" in "Taipei, Taiwan, Cina", sui siti web delle compagnie di mezzo mondo, non ha ottenuto alcune vantaggio commerciale come gli auspicati migliori slot a Pechino. Risultato: volo cancellato e un po' di soldi bruciati.

Questo governo ha paura di quattro migranti, ma non ha paura di svendere assett a Pechino (che, ricordiamo, è una dittatura) o peggio ancora di andare ad infilarsi in quella trappola che è la Belt & Road Initiative. Chiedere a Malesia e Sri Lanka...

DaV
Va detto che americani e cinesi sono tranquillamente azionisti di AF-KL. Più che altro potrebbero limitare la visione illuminata del bibbitaro e dell'assicuratore e garantirebbero una migliore collocazione nella JV atlantica.
 

Dancrane

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10 Febbraio 2008
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Nel momento in cui mi chiedi di mettere soldi (e nemmeno pochi) in un’azienda che fa il mio stesso mestiere, lasciando che siano altri a decidere cosa deve fare l’azienda, o mi offri una contropartita che vada a giustificare i quattrini che mi chiedi, oppure semplicemente ti mando a stendere.
 

Max737

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7 Febbraio 2017
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Articolo di Gianfilippo Cuneo sul sole 24 ore di oggi dove si analizzano i problemi di Alitalia: sono in gran parte d'accordo, tuttavia non condivido la parte in cui definisce l'hub di Roma "disfunzionale" per servire le rotte del Nord Atlantico a causa della "posizione periferica" e immagina la futura Alitalia "focalizzata su poche rotte con un hub a Milano"

PERCHÉ LA NAZIONALIZZAZIONE DI ALITALIA È ILLEGALE E SBAGLIATA
DAL PUNTO DI VISTA ECONOMICO LA COMPAGNIA NON È RISANABILE E CONTINUERÀ A PERDERE

di Gianfilippo Cuneo
La decisione del governo di nazionalizzare l’Alitalia è illegale, sbagliata da una punto di vista industriale e finanziario, e non serve nemmeno a creare occupazione; come ho scritto su questo giornale il 4 maggio 2017, e come hanno scritto sempre economisti, esperti del trasporto aereo e investitori professionali, è una decisione anche antistorica perché va contro le logiche di business del settore. Non c’è dubbio che la decisione implica un aiuto di Stato, che però non è preceduto, come impone la legge, dalla preventiva approvazione della Commissione europea. In passato, le violazioni (cioè i due interventi finanziari delle Poste e il commissariamento con “prestito” statale) sono state ignorate dalla Commissione per ragioni politiche; il prestito ponte di 900 milioni di euro, che il Governo constata non esser rimborsabile, è ancora sotto lento esame da parte della Ue. Oggi, con la dimostrazione inequivocabile che lo Stato ha buttato via i soldi e che non c’è una logica di mercato dato che non c’è nessun privato vero che voglia mettere soldi nella “fornace” Alitalia, una procedura di infrazione è inevitabile. Ovviamente il governo cercherà di far passare come “privati” le Ferrovie e la Cassa depositi e prestiti ed estorcerà ai loro manager dichiarazioni di grandi sinergie potenziali e interesse economico all’investimento; in Italia quando si vogliono violare le regole per gli investimenti o per gli appalti si dice sempre che una azienda statale o municipale è privata perché si pretende di guardare alla forma giuridica e non alla sostanza di chi comanda. Il trasporto aereo da almeno vent’anni è in crescita ed è evoluto aumentando notevolmente i collegamenti punto-a-punto. In precedenza il modello normale era hub-and spoke (mozzo e raggio); si portano i passeggeri da aeroporti minori (feederaggio) verso un centro di smistamento che ha i volumi di traffico sufficienti per riempire con aerei più grandi le tratte finali. Oggi tale modello è ancora valido per le destinazioni intercontinentali, mentre per le altre vincono a mani basse gli operatori low cost (Ryanair, easyJet etc) e l’alta velocità ferroviaria. Le grandi compagnie come Lufthansa e British hanno stabilito apposite divisioni per provare a competere anche nel settore low cost, con scarso successo; nel frattempo sono fallite molte compagnie di bandiera non più al passo con i tempi (per esempio Swissair), ci sono state aggregazioni (Klm, Iberia) e fallimenti anche di low cost (Air Berlin). I governi precedenti non hanno voluto far partecipare Alitalia all’aggregazione con Air France e hanno preteso di far funzionare il vecchio modello di business perdipiù da una posizione periferica (hub basato a Roma) che è disfunzionale per servire le rotte principali del Nord Atlantico; è ovvio che da Bologna, Milano o Torino sia meglio andare a Francoforte o Londra in direzione di New York che andare prima a Sud a Roma e poi metterci due ore di più. Ma quello che rende la situazione Alitalia ulteriormente precaria è la scarsa percentuale (rispetto ai concorrenti) di passeggeri business nei voli a lunga distanza dovuta a ragioni strutturali del mercato italiano; a parità di percorso, quindi, Alitalia ha ricavi inferiori e la differenza ha un impatto negativo ulteriore sulla capacità di competere. Dal punto di vista economico l’Alitalia nella configurazione attuale non è risanabile e continuerà a perdere; si potrebbe immaginare una configurazione ridotta, focalizzata solo su poche rotte e un hub a Milano (dove c’è la maggior parte della clientela business), stringendo anche accordi di feederaggio sia con un low cost (ovviamente sincronizzando orari e terminali) sia con un operatore transatlantico e/o asiatico per catturare meglio il traffico in provenienza dall’estero. Però anche con configurazione ridotta non è facile trovare un privato razionale che abbia i capitali necessari per crescere davvero nel lungo raggio, settore che richiede ingenti investimenti in flotta; perdipiù la sindacalizzazione del personale implica che qualora un piano di rilancio avesse successo le rivendicazioni salariali annullerebbero i profitti (Air France docet). In sintesi, un qualunque piano per un ipotetico rilancio di Alitalia come società indipendente ha un profilo rischio/rendimento inaccettabile. Comunque un privato non accetterebbe mai di partire con la zavorra di migliaia di dipendenti in eccesso; chi come me è stato attore di ristrutturazioni e rilanci sa bene che per risanare le aziende bisogna avere mani libere e soprattutto bisogna partire tagliando tutti i rami secchi nei primi sei mesi dal cambiamento di proprietà (meglio ancora se lo si fa prima). Però i dipendenti dell’Alitalia non hanno mai smesso di pensare di essere dipendenti pubblici e i fatti hanno dato loro ragione perché i partiti politici sono sempre intervenuti per garantir loro posti di lavoro e privilegi. Non sarà quindi possibile per un privato ristrutturare; non a caso Lufthansa si è detta disponibile a comprare l’Alitalia ma solo dopo che qualche migliaio di dipendenti avesse lasciato l’azienda. Non serve per l’occupazione. A differenza di altri settori come l’elettrodomestico, dove la chiusura di uno stabilimento rappresenta un calo netto dell’occupazione perché le produzioni sono trasferite all’estero, il trasporto aereo è in crescita, dappertutto mancano i piloti e quindi il personale viaggiantetrova facilmente ricollocamento in altre compagnie, ovviamente alle condizioni di mercato. Perdipiù, mentre nei settori industriali il valore aggiunto della produzione di un’azienda ha ricadute positive in Italia (stipendi dei dipendenti, fornitori italiani), nel trasporto aereo buona parte del valore aggiunto va all’estero (acquisto di aerei, carburante, spese per sostenere la rete all’estero). Da un punto di vista razionale lo Stato potrebbe spendere in assistenza alle imprese o ai cittadini italiani gli stessi soldi che brucerà direttamente o indirettamente in Alitalia ottenendo un effetto moltiplicatore del Pil molto maggiore. E non si dica che una compagnia di bandiera serve per portare i turisti in Italia; già oggi a Roma ne porta più Ryanair. Sembra quindi che dichiarazioni come «manteniamo Alitalia italiana» e «nazionalizziamo» siano collegate solo alla ricaduta elettorale positiva di ogni “salvataggio”, anche se in questo caso di tratta si accanimento terapeutico con i soldi degli italiani che, come ha illustrato lo studio di Mediobanca citato su questo giornale il 13 ottobre, hanno già messo circa 8mila miliardi nella fornace Alitalia. Se questa volta la Commissione non interverrà per far rispettare la legge e garantire la libera concorrenza, il Governo imporrà un accrocchio con l’intervento, a fianco delle Ferrovie e della Cdp in maggioranza, di un qualche operatore internazionale (Delta? Un cinese? Un altro mediorientale?) desideroso di aumentare la propria quota di mercato prendendo limitati rischi. Poi, dopo altre centinaia di milioni buttati via, si avrà un’ulteriore prova che tenere in vita un morto non è possibile; come se l’esperienza di questi 20 anni non fosse stata sufficiente a dimostrarlo.
 

Paolo_61

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Articolo di Gianfilippo Cuneo sul sole 24 ore di oggi dove si analizzano i problemi di Alitalia: sono in gran parte d'accordo, tuttavia non condivido la parte in cui definisce l'hub di Roma "disfunzionale" per servire le rotte del Nord Atlantico a causa della "posizione periferica" e immagina la futura Alitalia "focalizzata su poche rotte con un hub a Milano"

PERCHÉ LA NAZIONALIZZAZIONE DI ALITALIA È ILLEGALE E SBAGLIATA
DAL PUNTO DI VISTA ECONOMICO LA COMPAGNIA NON È RISANABILE E CONTINUERÀ A PERDERE

di Gianfilippo Cuneo....
A parte il refuso sugli 8mila miliardi, il ragionamento di Cuneo non fa una piega.
 

TapiroVolante

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Posso inventare uno scenario da fantascienza?
E se tutta questa ferrea volontà del governo gialloverde di nazionalizzare Alitalia non fosse altro che un tentativo di generare una specie di "merce di scambio" da barattare con la Commissione Europea - e quindi con Frau Merkel - in cambio del DEF (tradotto: noi rinunciamo ad AZ nazionalizzata - e magari la diamo a Spohr - e voi ci fate passare reddito di cittadinanza e Quota 100)?
 

Dancrane

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10 Febbraio 2008
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Milano
Posso inventare uno scenario da fantascienza?
E se tutta questa ferrea volontà del governo gialloverde di nazionalizzare Alitalia non fosse altro che un tentativo di generare una specie di "merce di scambio" da barattare con la Commissione Europea - e quindi con Frau Merkel - in cambio del DEF (tradotto: noi rinunciamo ad AZ nazionalizzata - e magari la diamo a Spohr - e voi ci fate passare reddito di cittadinanza e Quota 100)?
Sarebbe ars politica, che almeno ad uno dei due partiti di governo è un concetto del tutto estraneo e sconosciuto.
 

Farfallina

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Articolo di Gianfilippo Cuneo sul sole 24 ore di oggi dove si analizzano i problemi di Alitalia: sono in gran parte d'accordo, tuttavia non condivido la parte in cui definisce l'hub di Roma "disfunzionale" per servire le rotte del Nord Atlantico a causa della "posizione periferica" e immagina la futura Alitalia "focalizzata su poche rotte con un hub a Milano"

PERCHÉ LA NAZIONALIZZAZIONE DI ALITALIA È ILLEGALE E SBAGLIATA
DAL PUNTO DI VISTA ECONOMICO LA COMPAGNIA NON È RISANABILE E CONTINUERÀ A PERDERE

di Gianfilippo Cuneo
La decisione del governo di nazionalizzare l’Alitalia è illegale, sbagliata da una punto di vista industriale e finanziario, e non serve nemmeno a creare occupazione; come ho scritto su questo giornale il 4 maggio 2017, e come hanno scritto sempre economisti, esperti del trasporto aereo e investitori professionali, è una decisione anche antistorica perché va contro le logiche di business del settore. Non c’è dubbio che la decisione implica un aiuto di Stato, che però non è preceduto, come impone la legge, dalla preventiva approvazione della Commissione europea. In passato, le violazioni (cioè i due interventi finanziari delle Poste e il commissariamento con “prestito” statale) sono state ignorate dalla Commissione per ragioni politiche; il prestito ponte di 900 milioni di euro, che il Governo constata non esser rimborsabile, è ancora sotto lento esame da parte della Ue. Oggi, con la dimostrazione inequivocabile che lo Stato ha buttato via i soldi e che non c’è una logica di mercato dato che non c’è nessun privato vero che voglia mettere soldi nella “fornace” Alitalia, una procedura di infrazione è inevitabile. Ovviamente il governo cercherà di far passare come “privati” le Ferrovie e la Cassa depositi e prestiti ed estorcerà ai loro manager dichiarazioni di grandi sinergie potenziali e interesse economico all’investimento; in Italia quando si vogliono violare le regole per gli investimenti o per gli appalti si dice sempre che una azienda statale o municipale è privata perché si pretende di guardare alla forma giuridica e non alla sostanza di chi comanda. Il trasporto aereo da almeno vent’anni è in crescita ed è evoluto aumentando notevolmente i collegamenti punto-a-punto. In precedenza il modello normale era hub-and spoke (mozzo e raggio); si portano i passeggeri da aeroporti minori (feederaggio) verso un centro di smistamento che ha i volumi di traffico sufficienti per riempire con aerei più grandi le tratte finali. Oggi tale modello è ancora valido per le destinazioni intercontinentali, mentre per le altre vincono a mani basse gli operatori low cost (Ryanair, easyJet etc) e l’alta velocità ferroviaria. Le grandi compagnie come Lufthansa e British hanno stabilito apposite divisioni per provare a competere anche nel settore low cost, con scarso successo; nel frattempo sono fallite molte compagnie di bandiera non più al passo con i tempi (per esempio Swissair), ci sono state aggregazioni (Klm, Iberia) e fallimenti anche di low cost (Air Berlin). I governi precedenti non hanno voluto far partecipare Alitalia all’aggregazione con Air France e hanno preteso di far funzionare il vecchio modello di business perdipiù da una posizione periferica (hub basato a Roma) che è disfunzionale per servire le rotte principali del Nord Atlantico; è ovvio che da Bologna, Milano o Torino sia meglio andare a Francoforte o Londra in direzione di New York che andare prima a Sud a Roma e poi metterci due ore di più. Ma quello che rende la situazione Alitalia ulteriormente precaria è la scarsa percentuale (rispetto ai concorrenti) di passeggeri business nei voli a lunga distanza dovuta a ragioni strutturali del mercato italiano; a parità di percorso, quindi, Alitalia ha ricavi inferiori e la differenza ha un impatto negativo ulteriore sulla capacità di competere. Dal punto di vista economico l’Alitalia nella configurazione attuale non è risanabile e continuerà a perdere; si potrebbe immaginare una configurazione ridotta, focalizzata solo su poche rotte e un hub a Milano (dove c’è la maggior parte della clientela business), stringendo anche accordi di feederaggio sia con un low cost (ovviamente sincronizzando orari e terminali) sia con un operatore transatlantico e/o asiatico per catturare meglio il traffico in provenienza dall’estero. Però anche con configurazione ridotta non è facile trovare un privato razionale che abbia i capitali necessari per crescere davvero nel lungo raggio, settore che richiede ingenti investimenti in flotta; perdipiù la sindacalizzazione del personale implica che qualora un piano di rilancio avesse successo le rivendicazioni salariali annullerebbero i profitti (Air France docet). In sintesi, un qualunque piano per un ipotetico rilancio di Alitalia come società indipendente ha un profilo rischio/rendimento inaccettabile. Comunque un privato non accetterebbe mai di partire con la zavorra di migliaia di dipendenti in eccesso; chi come me è stato attore di ristrutturazioni e rilanci sa bene che per risanare le aziende bisogna avere mani libere e soprattutto bisogna partire tagliando tutti i rami secchi nei primi sei mesi dal cambiamento di proprietà (meglio ancora se lo si fa prima). Però i dipendenti dell’Alitalia non hanno mai smesso di pensare di essere dipendenti pubblici e i fatti hanno dato loro ragione perché i partiti politici sono sempre intervenuti per garantir loro posti di lavoro e privilegi. Non sarà quindi possibile per un privato ristrutturare; non a caso Lufthansa si è detta disponibile a comprare l’Alitalia ma solo dopo che qualche migliaio di dipendenti avesse lasciato l’azienda. Non serve per l’occupazione. A differenza di altri settori come l’elettrodomestico, dove la chiusura di uno stabilimento rappresenta un calo netto dell’occupazione perché le produzioni sono trasferite all’estero, il trasporto aereo è in crescita, dappertutto mancano i piloti e quindi il personale viaggiantetrova facilmente ricollocamento in altre compagnie, ovviamente alle condizioni di mercato. Perdipiù, mentre nei settori industriali il valore aggiunto della produzione di un’azienda ha ricadute positive in Italia (stipendi dei dipendenti, fornitori italiani), nel trasporto aereo buona parte del valore aggiunto va all’estero (acquisto di aerei, carburante, spese per sostenere la rete all’estero). Da un punto di vista razionale lo Stato potrebbe spendere in assistenza alle imprese o ai cittadini italiani gli stessi soldi che brucerà direttamente o indirettamente in Alitalia ottenendo un effetto moltiplicatore del Pil molto maggiore. E non si dica che una compagnia di bandiera serve per portare i turisti in Italia; già oggi a Roma ne porta più Ryanair. Sembra quindi che dichiarazioni come «manteniamo Alitalia italiana» e «nazionalizziamo» siano collegate solo alla ricaduta elettorale positiva di ogni “salvataggio”, anche se in questo caso di tratta si accanimento terapeutico con i soldi degli italiani che, come ha illustrato lo studio di Mediobanca citato su questo giornale il 13 ottobre, hanno già messo circa 8mila miliardi nella fornace Alitalia. Se questa volta la Commissione non interverrà per far rispettare la legge e garantire la libera concorrenza, il Governo imporrà un accrocchio con l’intervento, a fianco delle Ferrovie e della Cdp in maggioranza, di un qualche operatore internazionale (Delta? Un cinese? Un altro mediorientale?) desideroso di aumentare la propria quota di mercato prendendo limitati rischi. Poi, dopo altre centinaia di milioni buttati via, si avrà un’ulteriore prova che tenere in vita un morto non è possibile; come se l’esperienza di questi 20 anni non fosse stata sufficiente a dimostrarlo.
L'articolo sostanzialmente delinea AZ come è IG nelle menti di QR.
Lasciando perdere la questione nazionalizzazione che sono valutazioni già fatte mille volte qua, ritengo interessante che venga tirata fuori per l'ennesima volta la questione regionalistica lombarda che alla luce dei fatti e della situazione attuale non ha per niente senso e il problema di MXP è stato limitato grazie al fatto che sia stato aperto al low cost.
La questione MXP per come è posta nell'articolo non ha molto senso per diversi motivi:
- i pax premium non hanno nessun problema, anzi, a volare da LIN via altro hub. E la collocazione geografica dell'hub conta poco ormai nell'era globalizzata con connessione sia a terra che in volo. Fra l'altro parliamo di massimo un paio di ore di differenza fra i più favorevoli e i meno favorevoli (e non parliamo di scalo a IST per andare negli Usa) prendendo connessioni ottimizzate al massimo per tutti. Il vantaggio ci sarebbe con il volo diretto ma la comodità di LIN e l'incapacità di trovare una quadra sul collegamento ferroviario di MXP da un'unica stazione già limita il discorso e la carenza di collegamenti diretti per gli Usa da MXP fa ben capire la problematica.
- feroce concorrenza low cost a MXP e yields uccisi perfino su NYC dalla furbata di farci operare EK.
- Nord Atlantico che comunque opera in JV quindi il problema hub comodo per le connessioni nord atlantiche non ha più senso, da BLQ, VRN, VCE ecc è comunque più comodo volare via CDG o AMS che andare via terra a MXP.

La questione di cosa serve ad AZ per avere una speranza è semplice da dire (non ci vuole una sfera di cristallo) quanto difficile da realizzare (tantopiù con certi politici a volerci mettere becco).
Ad AZ serve una drastica ottimizzazione (compresi tagli dolorosi sul costo del lavoro che ora paiono inevitabili dopo che per mesi mi avete detto che andava bene così), servono pesanti investimenti per impostare una dimensione di lungo raggio (e relativi bilaterali) equilibrata (si può prendere ad esempio IB) e serve sviluppare una robusta rete feed (a MXP con LIN aperto e low cost non è fattibile come testimonia anche QR per IG) e serve spostare tutto quanto è sensato in una vera branca low cost (anche quanto fatto in IB insegna), con costi che puntino sempre più alle migliori low cost perché le chiacchiere sulla cattivona FR o sui contratti da fame di Volotea sono interessanti ma alla fine la concorrenza è quella e li prima o poi si sbatte.
Formule magiche non ce ne sono, il concorrente privato non ci pensa nemmeno a provarci perché per una LH non ha senso investire miliardi quando per portare i pax italiani nei propri hub di lingua tedesca basta molto meno, il pubblico potrebbe avere quella "pazzia" di battere la via più difficile e costosa ma ha il grosso limite di fondarsi sul consenso elettorale e quindi non ha spesso la forza e sicuramente la voglia di fare quello che serve senza guardare in faccia a nessuno. La nazionalizzazione è sbagliata per questo, perché lo Stato è quasi sempre pessimo imprenditore (anche altrove, figuriamoci in Italia dove abbiamo Giggino o bibbitaro che si fa buggerare sulla copiatura dei testi facendo immense continue pagliacciate).
 
Stato
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