Tentazione British per Colaninno & C
le scelte di cai
E in Italia la politica si spacca fra sostenitori di Roma e Milano
Roma. Fino a mercoledì 12 novembre le bocce resteranno ferme. Prima del verdetto di Bruxelles sul prestito ponte da 300 milioni concesso ad Alitalia in aprile per evitare il collasso, Roberto Colaninno farà molta attenzione a non scoprire le carte sulla scelta del partner estero da parte di Cai. E questo per evitare agguati e sgambetti quando la Commissione dovrà pronunciarsi non tanto sulla natura del prestito (considerato un aiuto di Stato) ma su chi dovrà rimborsarlo. Il commissario Ue ai Trasporti, Antonio Tajani, ha una strategia che è quella di non opporre resistenza sulla bocciatura del prestito a condizione che il rimborso venga accollato alla bad company, affidata al commissario straordinario Augusto Fantozzi. Anche se l'esito viene dato per scontato da molti, il passaggio è delicato: se qualcosa andasse storto, se il 12 l'Ue non riconoscesse la discontinuità dell'operazione Fenice rispetto alla vecchia Alitalia, allora Colaninno e soci sarebbero costretti alla ritirata dovendo farsi carico anche dei 300 milioni finiti nella compagnia ormai in liquidazione. Ecco spiegata la diplomazia del patron di Cai, che non vuole farsi nemici in Europa: se facesse salire a bordo qualche socio estero prima del tempo significherebbe scontentare qualche altro. Sia che si tratti di Air France o di Lufthansa o di British Airways (che proprio ieri ha proposto un'alleanza commerciale a Cai). Ma, dopo il 12 novembre, un verdetto positivo dell'Ue darà il via al grande risiko del partner internazionale, che Colaninno si prepara a giocare sapendo bene qual è il rischio che incombe su di lui: la politica, che finora gli ha spianato la strada, si metterà a tirarlo per la giacchetta. I segnali ci sono già tutti. Il più irrequieto è il leader della Lega, Umberto Bossi, che ha chiesto a Silvio Berlusconi di fare da sponsor a Lufthansa quando incontrerà il patron di Cai la prossima settimana, dopo la riunione della Commissione Ue. «Bisogna fare un tavolo con i tedeschi di Lufthansa, Sea e Cai per essere certi che Cai non punti sulla Francia», è la tesi del Senatur. Insomma: «Dobbiamo fare il filo ai tedeschi», ha detto Bossi al Cavaliere. Più chiaro di così. Si riparte alla grande con il vecchio schema delle due squadre in campo: quella pro Malpensa che punta su un accordo con Lufthansa e quello pro Fiumicino che vorrebbe recuperare un rapporto con Air France. Solo su una cosa Colaninno si è sbilanciato: chi entra, avrà una quota del 20 per cento. Saranno soldi freschi in più perché sarà una partecipazione aggiuntiva rispetto all'assetto attuale e al miliardo messo nel piatto dagli imprenditori italiani.
Bossi, che è anche ministro, si sta già muovendo senza andare troppo per il sottile con tutta la squadra del Carroccio, dentro e fuori il governo. Ma non c'è solo la Lega. In campo è sceso anche il governatore lombardo Roberto Formigoni, che ha pranzato con il premier pochi giorni fa a Milano e gli ha chiesto più o meno le stesse cose del Senatur: un asse tra Cai e Lufthansa per ridare smalto allo scalo di Malpensa, abbandonato al suo destino dalla vecchia Alitalia. «Sono fiducioso. La domanda di voli è qui al Nord. Una compagnia privata non può che guardare alle regole di mercato», ha detto Formigoni. Un messaggio (non cifrato) per Colaninno, che sa bene cosa lo attende: dovrà impegnarsi in un altro slalom ad alto rischio fra pressioni e richieste politiche. E' un lavoro che richiederà più impegno del braccio di ferro con piloti e assistenti di volo. Il partito pro Malpensa è all'opera con il contributo del patron di Sea, Giuseppe Bonomi, che ha già dentro casa i tedeschi e sostiene: «Malpensa diventerà uno dei punti chiave del sistema multihub di Lufthansa». Di fronte a questa offensiva del Nord, si mosso il partito pro Fiumicino, sia pure con meno clamore. Dentro An, si sa, non è gradito l'attivismo della Lega. Il ministro Matteoli è prudente. Non vuole aprire con contenzioso con la Lega sulle scelte di Cai in questa fase ma ai suoi più stretti collaboratori fa dire: «Il governo deve essere equidistante». Ed è già una risposta a Bossi, che addirittura mobilita Berlusconi. A palazzo Chigi però c'è stato anche il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, che rischia di trovarsi migliaia di lavoratori di Fiumicino sotto il Campidoglio. Alemanno si è messo nelle mani esperte del sottosegretario, Gianni Letta, che ha seguito passo passo l'intera vertenza . Letta lo ha rassicurato: il dossier del partner Cai deve passare sulla sua scrivania. Già. Ma il premier, poco tempo fa, non ha nascosto la sua simpatia per i tedeschi. Chi vincerà il singolare "duello" di palazzo Chigi? Il romano Letta o il nordista Berlusconi? A meno che, come sussurra qualcuno, Colaninno non spiazzi tutti e chiuda la partita con British.
Michele Lombardi
Il Secolo XIX
CIAO
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