[Storica] L’incredibile storia di Vesna Vulović
Il 26 gennaio del 1972, in una fredda e nuvolosa giornata invernale, il DC-92/32 YU-AHT della compagnia jugoslava Jat, si apprestava a decollare da Copenhagen alla volta di Belgrado.
Il volo 367, partito poco più di un’ora prima da Stoccolma, faceva regolare scalo nella capitale danese, dalla quale partì nuovamente intorno alle 14:50, con 23 passeggeri e 5 membri dell’equipaggio.
Tra i cinque componenti dell’equipaggio c’era anche Vesna Vulović, giovane assistente di volo ventiduenne, a cui è assegnata per competenza la parte posteriore della cabina. Non dovrebbe essere a bordo quel giorno, ma l’ufficio tunri della compagnia ha commesso un errore, confondendola con un’altra Vesna. Poco male.
Raggiunta la quota di crociera, stante l’assenza di turbolenza, il comandante autorizzò l’avvio del servizio a bordo, e Vesna e le sue due colleghe iniziarono quindi a servire i pasti caldi e le bevande.
Alle 15:59 il pilota Ludvig Razdrih ricevette un comunicato meteo che lo avvertiva dell’assenza di qualsiasi complicazione lungo la rotta. Erano in qul momento ad una quota di 33.000 piedi circa, e stavano sorvolando la Repubblica Democratica Tedesca, poco dopo la città di Hermsdorf, in prossimità del confine con la Cecoslovacchia.
Due minuti dopo, alle 16:01, l’aereo sparì dai radar del controllo tedesco, che chiese conferma a quello cecoslovacco, diramando l’allarme.
Una violenta esplosione aveva squarciato la fusoliera all’altezza del comparto cargo anteriore, provocando la perdita di controllo dell’aeroplano, ed il successivo distacco della parte posteriore.
I resti dell’aereo precipitarono lungo il costone di una montagna, in territorio cecoslovacco, a poca distanza dal villaggio di Srbska Kamenice, distribuendosi in un ampio raggio, tra boschi e pendii innevati.
Lo spettacolo che si presentò ai soccorritori, arrivati poco dopo, fu agghiacciante. Corpi straziati, detriti, e resti metallici erano sparsi ovunque.
Quando le squadre di soccorso si avvicinarono ai resti del troncone di coda, tuttavia, le urla di una donna attirarono immediatamente la loro attenzione, distogliendoli da ogni altra attività.
C’era una superstite! L’assistente di volo Vesna Vulović.
Vesna Vulović, all’epoca dell’incidente
Vesna Vulović, ricoverata in ospedale dopo il trasferimento a Belgrado
Cosa è accaduto?
La vicenda del DC-9 della Jat precipitato il 26 gennaio del 1972 è stata avvolta dal mistero sin dall’inizio, e non sono mai state chiare nemmeno le dinamiche del ritrovamento di Vesna.
Secondo la versione ufficiale dei fatti, diramata dalle autorità cecoslovacche, e poi confermata da quelle jugoslave, Vesna sarebbe stata trovata nel galley posteriore, dove, protetta fortuitamente da un carrello portavivande poco dopo l’esplosione, sarebbe rimasta incastrata nell’angusto spazio ed in tal modo sopravvissuta.
Secondo i tecnici che curarono le indagini, il cono di coda del DC-9 non si staccò con l’esplosione, restando attaccato anche nelle successive fasi, quando il troncone di coda si separò dal resto della fusoliera e iniziò a precipitare.
Questa circostanza avrebbe permesso una minore velocità di caduta e, al momento dell’impatto con il terreno, una più soffice “scivolata” sul fogliame degli alberi e poi sulla neve fresca.
Vesna venne trovata in stato di shock, con ampie e profonde ferite in tutto il corpo, e con fratture multiple alle gambe, al cranio e alle vertebre. Trasportata immediatamente in ospedale, trascorse 27 giorni alternando veglia e coma, lucidità e shock.
Tra i primi ad arrivare sul luogo del disastro, tuttavia, c’era anche un medico di origne tedesca che dette una versione differente del ritrovamento.
Bruno Henke, ex ufficiale medico della Wermacht nella seconda guerra mondiale, sostiene di aver personalmente individuato il corpo di Vesna, ma non nel tronco posteriore dell’aereo come sostenuto nei documenti dell’inchiesta.
Secondo Henke, al contrario, Vesna era intrappolata nella sezione centrale della fusoliera, all’altezza dell’ala, e il suo corpo sporgeva per la metà anteriore fuori dal relitto, sovrastato dal corpo di una sua collega.
Miracolosamente, Vesna sopravvisse e si riprese. Le ferite e i traumi riportati non avevano provocato danni permanenti, e la giovane assistente di volo potè riprendere una vita quasi regolare.
Venne reintegrata al suo posto di lavoro, sebbene non più servendo a bordo, nonostante le ripetute richieste formulate da Vesna.
Dell’incidente non ricordò mai nulla. Lo shock subito aveva provocato una totale amnesia sui fatti di quel pomeriggio, e la giovane hostess sostenne sempre di avere come ultimo ricordo il momento dell’imbarco dei passeggeri a Copenhagen.
Divenne celebre in tutto il mondo, e in Jugoslavia venne acclamata come un vero e proprio eroe.
È ancor oggi particolarmente attiva. Nel 1990 venne licenziata dalla Jat per aver espresso pubblicamente delle critiche al presidente serbo Slobodan Milosevic, e successivamente è entrata ufficialmente in politica venendo eletta in seno alle forze democratiche.
Così si presentavano i restu della parte posteriore del DC-9
E così quelli della parte centrale
Cosa accadde realmente al volo Jat 367?
Ufficialmente, la causa dell’esplosione del DC-9 YU-AHT venne attribuita dall’inchiesta condotta dalle autorità jugoslave e cecoslovacche ad una bomba, che sarebbe stata fatta esplodere da un ustascia – nazionalista croato – presente a bordo.
Le conclusioni dell’inchiesta, tuttavia, non hanno mai convinto a fondo. In primo luogo non venne mai ritrovata la scatola nera dell’aereo, fatto già di per sé particolarmente strano. E l’ipotesi di un ordigno a bordo venne avvalorato al contrario da un sospetto timer che gli investigatori cecoslovacchi avrebbero rinvenuto tra i rottami del velivolo, e consegnato a quelli jugoslavi.
Nel 2009, un gruppo di giornalisti tedeschi e cechi condusse un’indagine, dalla quale non emersero nuovi particolari sul caso, ma che sollevò una diversa ipotesi per spiegare i fatti del 26 gennaio 1972. Secondo i giornalisti, infatti, l’aereo venne abbattuto per errore da un caccia delle forze aeree cecoslovacche, e la questione sarebbe stata tenuta segreta per la “ragion si Stato” che imponeva di alimentare polemiche e scandali tra due paesi alleati.
I giornalisti hanno tuttavia manifestato perplessità circa la dinamica dell’incidente, e quindi ipotizzato che possa essere stata una combinazione di eventi ad aver determinato la sciagura. In modo particolare, l’ipotesi formulata sarebbe quella dell’esplosione in volo di una bomba, che avrebbe danneggiato l’aereo senza farlo precipitare. Il pilota, nell’impossibilità di comunicare via radio l’accaduto, avrebbe tentato un atterraggio di emergenza, ma a quel punto sarebbe stato confuso dalla difesa area cecoslovacca come un aereo ostile, e quindi erroneamente abbattuto.
Le conclusioni dei giornlalisti non hanno convinto tuttavia gli esperti, che continuano a ritenere come più verosimile l’ipotesi della bomba a bordo.
Uno dei portelli di emergenza del DC-9 YU-AHT è ancor oggi conservato presso l’aeroporti di Ceska Lipa, nella Repubblica Ceca, in prossimità del luogo del ritrovamento.
Il 26 gennaio del 1972, in una fredda e nuvolosa giornata invernale, il DC-92/32 YU-AHT della compagnia jugoslava Jat, si apprestava a decollare da Copenhagen alla volta di Belgrado.
Il volo 367, partito poco più di un’ora prima da Stoccolma, faceva regolare scalo nella capitale danese, dalla quale partì nuovamente intorno alle 14:50, con 23 passeggeri e 5 membri dell’equipaggio.
Tra i cinque componenti dell’equipaggio c’era anche Vesna Vulović, giovane assistente di volo ventiduenne, a cui è assegnata per competenza la parte posteriore della cabina. Non dovrebbe essere a bordo quel giorno, ma l’ufficio tunri della compagnia ha commesso un errore, confondendola con un’altra Vesna. Poco male.
Raggiunta la quota di crociera, stante l’assenza di turbolenza, il comandante autorizzò l’avvio del servizio a bordo, e Vesna e le sue due colleghe iniziarono quindi a servire i pasti caldi e le bevande.
Alle 15:59 il pilota Ludvig Razdrih ricevette un comunicato meteo che lo avvertiva dell’assenza di qualsiasi complicazione lungo la rotta. Erano in qul momento ad una quota di 33.000 piedi circa, e stavano sorvolando la Repubblica Democratica Tedesca, poco dopo la città di Hermsdorf, in prossimità del confine con la Cecoslovacchia.
Due minuti dopo, alle 16:01, l’aereo sparì dai radar del controllo tedesco, che chiese conferma a quello cecoslovacco, diramando l’allarme.
Una violenta esplosione aveva squarciato la fusoliera all’altezza del comparto cargo anteriore, provocando la perdita di controllo dell’aeroplano, ed il successivo distacco della parte posteriore.
I resti dell’aereo precipitarono lungo il costone di una montagna, in territorio cecoslovacco, a poca distanza dal villaggio di Srbska Kamenice, distribuendosi in un ampio raggio, tra boschi e pendii innevati.
Lo spettacolo che si presentò ai soccorritori, arrivati poco dopo, fu agghiacciante. Corpi straziati, detriti, e resti metallici erano sparsi ovunque.
Quando le squadre di soccorso si avvicinarono ai resti del troncone di coda, tuttavia, le urla di una donna attirarono immediatamente la loro attenzione, distogliendoli da ogni altra attività.
C’era una superstite! L’assistente di volo Vesna Vulović.


Vesna Vulović, all’epoca dell’incidente

Vesna Vulović, ricoverata in ospedale dopo il trasferimento a Belgrado
Cosa è accaduto?
La vicenda del DC-9 della Jat precipitato il 26 gennaio del 1972 è stata avvolta dal mistero sin dall’inizio, e non sono mai state chiare nemmeno le dinamiche del ritrovamento di Vesna.
Secondo la versione ufficiale dei fatti, diramata dalle autorità cecoslovacche, e poi confermata da quelle jugoslave, Vesna sarebbe stata trovata nel galley posteriore, dove, protetta fortuitamente da un carrello portavivande poco dopo l’esplosione, sarebbe rimasta incastrata nell’angusto spazio ed in tal modo sopravvissuta.
Secondo i tecnici che curarono le indagini, il cono di coda del DC-9 non si staccò con l’esplosione, restando attaccato anche nelle successive fasi, quando il troncone di coda si separò dal resto della fusoliera e iniziò a precipitare.
Questa circostanza avrebbe permesso una minore velocità di caduta e, al momento dell’impatto con il terreno, una più soffice “scivolata” sul fogliame degli alberi e poi sulla neve fresca.
Vesna venne trovata in stato di shock, con ampie e profonde ferite in tutto il corpo, e con fratture multiple alle gambe, al cranio e alle vertebre. Trasportata immediatamente in ospedale, trascorse 27 giorni alternando veglia e coma, lucidità e shock.
Tra i primi ad arrivare sul luogo del disastro, tuttavia, c’era anche un medico di origne tedesca che dette una versione differente del ritrovamento.
Bruno Henke, ex ufficiale medico della Wermacht nella seconda guerra mondiale, sostiene di aver personalmente individuato il corpo di Vesna, ma non nel tronco posteriore dell’aereo come sostenuto nei documenti dell’inchiesta.
Secondo Henke, al contrario, Vesna era intrappolata nella sezione centrale della fusoliera, all’altezza dell’ala, e il suo corpo sporgeva per la metà anteriore fuori dal relitto, sovrastato dal corpo di una sua collega.
Miracolosamente, Vesna sopravvisse e si riprese. Le ferite e i traumi riportati non avevano provocato danni permanenti, e la giovane assistente di volo potè riprendere una vita quasi regolare.
Venne reintegrata al suo posto di lavoro, sebbene non più servendo a bordo, nonostante le ripetute richieste formulate da Vesna.
Dell’incidente non ricordò mai nulla. Lo shock subito aveva provocato una totale amnesia sui fatti di quel pomeriggio, e la giovane hostess sostenne sempre di avere come ultimo ricordo il momento dell’imbarco dei passeggeri a Copenhagen.
Divenne celebre in tutto il mondo, e in Jugoslavia venne acclamata come un vero e proprio eroe.
È ancor oggi particolarmente attiva. Nel 1990 venne licenziata dalla Jat per aver espresso pubblicamente delle critiche al presidente serbo Slobodan Milosevic, e successivamente è entrata ufficialmente in politica venendo eletta in seno alle forze democratiche.

Così si presentavano i restu della parte posteriore del DC-9

E così quelli della parte centrale
Cosa accadde realmente al volo Jat 367?
Ufficialmente, la causa dell’esplosione del DC-9 YU-AHT venne attribuita dall’inchiesta condotta dalle autorità jugoslave e cecoslovacche ad una bomba, che sarebbe stata fatta esplodere da un ustascia – nazionalista croato – presente a bordo.
Le conclusioni dell’inchiesta, tuttavia, non hanno mai convinto a fondo. In primo luogo non venne mai ritrovata la scatola nera dell’aereo, fatto già di per sé particolarmente strano. E l’ipotesi di un ordigno a bordo venne avvalorato al contrario da un sospetto timer che gli investigatori cecoslovacchi avrebbero rinvenuto tra i rottami del velivolo, e consegnato a quelli jugoslavi.
Nel 2009, un gruppo di giornalisti tedeschi e cechi condusse un’indagine, dalla quale non emersero nuovi particolari sul caso, ma che sollevò una diversa ipotesi per spiegare i fatti del 26 gennaio 1972. Secondo i giornalisti, infatti, l’aereo venne abbattuto per errore da un caccia delle forze aeree cecoslovacche, e la questione sarebbe stata tenuta segreta per la “ragion si Stato” che imponeva di alimentare polemiche e scandali tra due paesi alleati.
I giornalisti hanno tuttavia manifestato perplessità circa la dinamica dell’incidente, e quindi ipotizzato che possa essere stata una combinazione di eventi ad aver determinato la sciagura. In modo particolare, l’ipotesi formulata sarebbe quella dell’esplosione in volo di una bomba, che avrebbe danneggiato l’aereo senza farlo precipitare. Il pilota, nell’impossibilità di comunicare via radio l’accaduto, avrebbe tentato un atterraggio di emergenza, ma a quel punto sarebbe stato confuso dalla difesa area cecoslovacca come un aereo ostile, e quindi erroneamente abbattuto.
Le conclusioni dei giornlalisti non hanno convinto tuttavia gli esperti, che continuano a ritenere come più verosimile l’ipotesi della bomba a bordo.

Uno dei portelli di emergenza del DC-9 YU-AHT è ancor oggi conservato presso l’aeroporti di Ceska Lipa, nella Repubblica Ceca, in prossimità del luogo del ritrovamento.