Sono nato e cresciuto in Italia da una coppia mista - padre italiano e madre americana. Ho avuto molti privilegi sin da piccolo, in primis quello di trascorrere ogni estate negli Stati Uniti. Il mio battesimo dell’aria avvenne su un 747 Pan Am. Capitava anche di volare Alitalia o addirittura Swissair, ma negli anni Ottanta e Novanta quasi tutte le mie estati (e qualche Natale) iniziavano con un volo TWA: da Milano o Roma, prima, da Parigi (volo di avvicinamento operato da Meridiana) poi, dopo che il Jumbolino aveva dato avvio allo sviluppo dell’aeroporto fiorentino di Peretola.
Altro privilegio: New York era la base per ulteriori spostamenti e viaggi negli USA. A diciotto anni avevo già visitato una ventina di stati dell’unione; per i voli nazionali si volava sempre TWA, a costo di far scalo a St. Louis per andare da NY a Seattle. Da qualche parte forse ho ancora la tessera oro del programma Ambassador: per ottenerla furono sufficienti un paio di anda e rianda transatlantici e qualche volo interno agli USA. Mi piacerebbe anche ritrovare il biglietto (ovviamente cartaceo) della mia estate 1996: FLR-CDG-JFK//LGA-STL-SEA-SIT-SEA-STL-LGA//LGA-PBI-LGA//JFK-CDG-FLR. Tutto in un unico libretto: gli agenti del check-in facevano fatica a trovare il coupon giusto per completare l’accettazione. Su quel biglietto era stampato anche il codice di volo TW800 - era il mio canonico volo di ritorno in Europa in quegli anni: il numero del volo fu commutato in TW924 dopo l’incidente del JFK-CDG del 17 luglio, quando ero a metà della mia estate americana.
I bei vecchi tempi dell’aviazione non li ho vissuti perché negli anni Ottanta e Novanta i bei vecchi tempi erano già andati da un pezzo. I coefficienti di riempimento erano forse più bassi di oggi e capitava di avere uno o più posti liberi accanto in economy, ma solitamente non era così - soprattutto non per me che viaggiavo sempre in alta stagione. Le strutture del JFK e di molti altri aeroporti erano del tutto inadeguate - concepite per un’era di aerei narrow body e rese prestissimo obsolete dall’arrivo del jumbo e dal boom del trasporto aereo post-deregulation.
Negli anni Ottanta e Novanta TWA era una linea aerea del menga. Poteva capitare che qualcosa funzionasse, ma in genere c’era sempre un overbooking mal gestito (ma molto apprezzato in famiglia: eravamo spesso prontissimi a offrirci come VDB in cambio di biglietti gratis), e/o una ressa all’accettazione da far paura, e infine un aereo dagli interni… vintage. I 767 e gli MD-80 erano messi meglio - i 747, 727 e L-1011 erano da mani nei capelli.
Nonostante ciò provo una grande nostalgia per quei tempi vissuti da bambino e ragazzino appassionato di aerei negli anni in cui era comune ricevere le wings di plastica della compagnia aerea durante l’imbarco, essere invitati a visitare la cabina di pilotaggio durante la trasvolata atlantica, e non aver altro da fare durante il volo che osservare il panorama, le ali, i motori, i flap, gli spoiler, gli slat e gli alettoni - in una parola: sognare! (In tre parole: farsi due palle…).
Per tutti questi motivi il TWA Flight Center era un luogo familiare: all’epoca non potevo saperlo, ma il succitato volo TW924 del 22 agosto 1996 fu anche il mio ultimo volo TWA, e di conseguenza anche l’ultimo dal terminal progettato da Ero Saarinen. Troppo vecchia TWA rispetto all’arrembante concorrenza. Le successive traversate atlantiche le facemmo con BA (da Pisa via LHR), con Brussels Airlines, Swissair, Air Europe (che per un’estate operò un 767 sulla tratta PSA-VCE-JFK). Nel frattempo raggiunsi la maggiore età, intrapresi gli studi universitari, arrivò l’11 settembre, esplose Ryanair e l’aeroporto di casa (FLR - non JFK) passò saldamente nelle mani di AF e LH. In pochi anni (passati in un baleno) i miei 40 voli e 103.409 miglia volate con TWA erano un lontano ricordo.
Anche al JFK, aeroporto della mia infanzia americana, le cose cambiarono: nel 1998 venne al mondo il T1, nel 2001 il nuovo T4 sorse sulle ceneri del vecchio International Terminal. Il Sundrome (T6) - sviluppato per National Airlines nel 1970 e poi usato da TWA per i voli nazionali - venne occupato temporaneamente da Jetblue e poi demolito nel 2006 dopo l’avvento del T5. L’ultimo atto del cambiamento generazionale è piuttosto recente: la demolizione nel 2013 del vecchio Pan Am Worldport.
Il TWA Flight Center era troppo bello per essere dato in pasto alle ruspe: designato come monumento da preservare sia dalla città di New York (nel 1994) che dal governo federale (nel 2005), era destinato al restauro. Nel 2011 - a ristrutturazione completata - la Port Authority aprì le porte del terminal al pubblico per quattro weekend. Vivevo a New York e non sarei potuto mancare per nulla al mondo. http://www.aviazionecivile.org/vb/s...light-Center-(JFK)-e-Marine-Air-Terminal-(LGA)
Ci sono voluti otto anni per trovare una destinazione e valorizzare quello splendido spazio. Da circa tre anni - giunta la notizia ufficiale della conversione del terminal in lobby di un nuovo hotel - seguivo religiosamente l’evoluzione della vicenda. Il 14 febbraio scorso, 5 minuti dopo il via alle prenotazioni, avevo una camera riservata a mio nome per la prima notte. Qualche giorno dopo avevo anche un biglietto SFO-JFK-SFO prenotato con AA: partenza la sera del 14 maggio alle 23.09, e ripartenza da JFK alle 7.00 del 16 maggio - poco meno di 24 ore a JFK.
L’apertura dell’albergo era prevista alle 15.00 del 15 maggio, con inizio del check-in alle 16.00. Dopo qualche ora passata a lavorare in una lounge al JFK, attorno alle 14 mi dirigo all’albergo. Dal T5 la vista che si presenta è questa.
Con l’ascensore di scende di un piano e la porta si apre qua:
E’ l’estremità di uno dei due tunnel che un tempo collegavano il Flight Center ai satelliti con le uscite d’imbarco: oggi collegano la hall dell’albergo alle nuove palazzine con le camere e al T5.
Le foto sono tutte un po’ affrettate e senza particolare impegno per combattere i controluce continui: se volete qualcosa di meglio, l’hotel sta là - in fondo al tunnel - a disposizione del pubblico.
La struttura - teoricamente - è ancora chiusa: dall’ingresso principale vengono lasciati entrare solo addetti ai lavori e giornalisti, ma non frega niente a nessuno e in giro ci sono anche molti curiosi come me intrufolatisi dalle entrate secondarie.
I preparativi per aprire le strutture di ristorazione proseguono e c’è molto disordine: il pretesto (intelligente) per giustificare le imperfezioni è quello del soft opening. Il grand opening ufficiale sarà il mese prossimo.
Ci sono un bel po’ di modelli/e in uniformi d’epoca TWA.
Nella folla si intravedono anche uniformi vintage indossate da ex dipendenti: col trascorrere dei minuti e l’apertura ufficiale delle porte mi rendo conto di come la quasi totalità degli ospiti dell’albergo sia composta da ex dipendenti TWA. In molti si vedono per la prima volta dagli anni Novanta, qualcuno piange, tutti chiacchierano. Fra i non ex TWA una coppia di comandanti - United (ex CO) lui, Delta lei - sulla sessantina: presenti per nostalgia.
Non per nostalgia ma probabilmente per stanchezza - pochi minuti dopo l’apertura delle porte - cade la prima vittima. Niente di grave, solo un malore transitorio per questo addetto soccorso dalla polizia.
Metto un po’ di foto in ordine sparso:
L’area del check-in (sia passato che presente):
All’apertura dell’accettazione inizia anche la distribuzione di champagne per tutti; e poi inizia il chaos.
Il check-in è self-service con macchine non proprio intuitive - almeno non per gli anzianotti ex dipendenti di TWA.
Quando arriva il mio turno scopro che la mia camera non è pronta… nel vero senso della parola: non sono stati consegnati in tempo i mobili per il tipo di camera che avevo prenotato. Mi viene offerto uno sconto del 50% in cambio del downgrade. Siamo sportivi e va benissimo così.
Sarò il primo occupante di questa camera.
Un po’ di foto della stanza:
L’albergo è così organizzato:
Il vecchio terminal fa da lobby dell’albergo, sul mezzanino ci sono un ristorante aperto da Jean George, il vecchio Ambassador’s Club e la stanza dove il Papa riposava quando volava TWA. Le dimensioni, rapportate agli aeroporti di oggi, sono irrisorie: un terminal di queste dimensioni - ai tempi d’oggi - reggerebbe sì e no il traffico di Comiso.
Sul lato posteriore del terminal si trovano due palazzine di nuova costruzione con le camere (Ala Saarinen e Ala Hughes) e un Lockheed Constellation. Il tutto a sua volta avvolto dal T5 di Jetblue.
Parliamo di questo Constellation. La storia più o meno in dettaglio si trova qua. La versione sintetica: l’aereo ha volato per TWA, poi è finito in Alaska come cargo, poi in centro America, abbandonato a San Pedro Sula, in Maine come parte del progetto di restauro di un Constellation da parte di Lufthansa, e infine nelle mani del TWA hotel che lo sta trasformando in bar. Foto:
Ho trascorso la serata in compagnia di un nutrito gruppo di ex dipendenti: assistenti di volo e meccanici tutti sessanta-settantenni vispi come bambini in quell’ambiente. Dopo la mezzanotte il terminal si presentava così:
Sono andato a dormire con questa immagine nel cuore, pronto a svegliarmi dopo poche ore per tornare sulla costa occidentale.
Altro privilegio: New York era la base per ulteriori spostamenti e viaggi negli USA. A diciotto anni avevo già visitato una ventina di stati dell’unione; per i voli nazionali si volava sempre TWA, a costo di far scalo a St. Louis per andare da NY a Seattle. Da qualche parte forse ho ancora la tessera oro del programma Ambassador: per ottenerla furono sufficienti un paio di anda e rianda transatlantici e qualche volo interno agli USA. Mi piacerebbe anche ritrovare il biglietto (ovviamente cartaceo) della mia estate 1996: FLR-CDG-JFK//LGA-STL-SEA-SIT-SEA-STL-LGA//LGA-PBI-LGA//JFK-CDG-FLR. Tutto in un unico libretto: gli agenti del check-in facevano fatica a trovare il coupon giusto per completare l’accettazione. Su quel biglietto era stampato anche il codice di volo TW800 - era il mio canonico volo di ritorno in Europa in quegli anni: il numero del volo fu commutato in TW924 dopo l’incidente del JFK-CDG del 17 luglio, quando ero a metà della mia estate americana.
I bei vecchi tempi dell’aviazione non li ho vissuti perché negli anni Ottanta e Novanta i bei vecchi tempi erano già andati da un pezzo. I coefficienti di riempimento erano forse più bassi di oggi e capitava di avere uno o più posti liberi accanto in economy, ma solitamente non era così - soprattutto non per me che viaggiavo sempre in alta stagione. Le strutture del JFK e di molti altri aeroporti erano del tutto inadeguate - concepite per un’era di aerei narrow body e rese prestissimo obsolete dall’arrivo del jumbo e dal boom del trasporto aereo post-deregulation.
Negli anni Ottanta e Novanta TWA era una linea aerea del menga. Poteva capitare che qualcosa funzionasse, ma in genere c’era sempre un overbooking mal gestito (ma molto apprezzato in famiglia: eravamo spesso prontissimi a offrirci come VDB in cambio di biglietti gratis), e/o una ressa all’accettazione da far paura, e infine un aereo dagli interni… vintage. I 767 e gli MD-80 erano messi meglio - i 747, 727 e L-1011 erano da mani nei capelli.
Nonostante ciò provo una grande nostalgia per quei tempi vissuti da bambino e ragazzino appassionato di aerei negli anni in cui era comune ricevere le wings di plastica della compagnia aerea durante l’imbarco, essere invitati a visitare la cabina di pilotaggio durante la trasvolata atlantica, e non aver altro da fare durante il volo che osservare il panorama, le ali, i motori, i flap, gli spoiler, gli slat e gli alettoni - in una parola: sognare! (In tre parole: farsi due palle…).
Per tutti questi motivi il TWA Flight Center era un luogo familiare: all’epoca non potevo saperlo, ma il succitato volo TW924 del 22 agosto 1996 fu anche il mio ultimo volo TWA, e di conseguenza anche l’ultimo dal terminal progettato da Ero Saarinen. Troppo vecchia TWA rispetto all’arrembante concorrenza. Le successive traversate atlantiche le facemmo con BA (da Pisa via LHR), con Brussels Airlines, Swissair, Air Europe (che per un’estate operò un 767 sulla tratta PSA-VCE-JFK). Nel frattempo raggiunsi la maggiore età, intrapresi gli studi universitari, arrivò l’11 settembre, esplose Ryanair e l’aeroporto di casa (FLR - non JFK) passò saldamente nelle mani di AF e LH. In pochi anni (passati in un baleno) i miei 40 voli e 103.409 miglia volate con TWA erano un lontano ricordo.
Anche al JFK, aeroporto della mia infanzia americana, le cose cambiarono: nel 1998 venne al mondo il T1, nel 2001 il nuovo T4 sorse sulle ceneri del vecchio International Terminal. Il Sundrome (T6) - sviluppato per National Airlines nel 1970 e poi usato da TWA per i voli nazionali - venne occupato temporaneamente da Jetblue e poi demolito nel 2006 dopo l’avvento del T5. L’ultimo atto del cambiamento generazionale è piuttosto recente: la demolizione nel 2013 del vecchio Pan Am Worldport.
Il TWA Flight Center era troppo bello per essere dato in pasto alle ruspe: designato come monumento da preservare sia dalla città di New York (nel 1994) che dal governo federale (nel 2005), era destinato al restauro. Nel 2011 - a ristrutturazione completata - la Port Authority aprì le porte del terminal al pubblico per quattro weekend. Vivevo a New York e non sarei potuto mancare per nulla al mondo. http://www.aviazionecivile.org/vb/s...light-Center-(JFK)-e-Marine-Air-Terminal-(LGA)
Ci sono voluti otto anni per trovare una destinazione e valorizzare quello splendido spazio. Da circa tre anni - giunta la notizia ufficiale della conversione del terminal in lobby di un nuovo hotel - seguivo religiosamente l’evoluzione della vicenda. Il 14 febbraio scorso, 5 minuti dopo il via alle prenotazioni, avevo una camera riservata a mio nome per la prima notte. Qualche giorno dopo avevo anche un biglietto SFO-JFK-SFO prenotato con AA: partenza la sera del 14 maggio alle 23.09, e ripartenza da JFK alle 7.00 del 16 maggio - poco meno di 24 ore a JFK.
L’apertura dell’albergo era prevista alle 15.00 del 15 maggio, con inizio del check-in alle 16.00. Dopo qualche ora passata a lavorare in una lounge al JFK, attorno alle 14 mi dirigo all’albergo. Dal T5 la vista che si presenta è questa.

Con l’ascensore di scende di un piano e la porta si apre qua:

E’ l’estremità di uno dei due tunnel che un tempo collegavano il Flight Center ai satelliti con le uscite d’imbarco: oggi collegano la hall dell’albergo alle nuove palazzine con le camere e al T5.
Le foto sono tutte un po’ affrettate e senza particolare impegno per combattere i controluce continui: se volete qualcosa di meglio, l’hotel sta là - in fondo al tunnel - a disposizione del pubblico.

La struttura - teoricamente - è ancora chiusa: dall’ingresso principale vengono lasciati entrare solo addetti ai lavori e giornalisti, ma non frega niente a nessuno e in giro ci sono anche molti curiosi come me intrufolatisi dalle entrate secondarie.
I preparativi per aprire le strutture di ristorazione proseguono e c’è molto disordine: il pretesto (intelligente) per giustificare le imperfezioni è quello del soft opening. Il grand opening ufficiale sarà il mese prossimo.


Ci sono un bel po’ di modelli/e in uniformi d’epoca TWA.




Nella folla si intravedono anche uniformi vintage indossate da ex dipendenti: col trascorrere dei minuti e l’apertura ufficiale delle porte mi rendo conto di come la quasi totalità degli ospiti dell’albergo sia composta da ex dipendenti TWA. In molti si vedono per la prima volta dagli anni Novanta, qualcuno piange, tutti chiacchierano. Fra i non ex TWA una coppia di comandanti - United (ex CO) lui, Delta lei - sulla sessantina: presenti per nostalgia.
Non per nostalgia ma probabilmente per stanchezza - pochi minuti dopo l’apertura delle porte - cade la prima vittima. Niente di grave, solo un malore transitorio per questo addetto soccorso dalla polizia.



Metto un po’ di foto in ordine sparso:







L’area del check-in (sia passato che presente):

All’apertura dell’accettazione inizia anche la distribuzione di champagne per tutti; e poi inizia il chaos.
Il check-in è self-service con macchine non proprio intuitive - almeno non per gli anzianotti ex dipendenti di TWA.

Quando arriva il mio turno scopro che la mia camera non è pronta… nel vero senso della parola: non sono stati consegnati in tempo i mobili per il tipo di camera che avevo prenotato. Mi viene offerto uno sconto del 50% in cambio del downgrade. Siamo sportivi e va benissimo così.
Sarò il primo occupante di questa camera.

Un po’ di foto della stanza:





L’albergo è così organizzato:

Il vecchio terminal fa da lobby dell’albergo, sul mezzanino ci sono un ristorante aperto da Jean George, il vecchio Ambassador’s Club e la stanza dove il Papa riposava quando volava TWA. Le dimensioni, rapportate agli aeroporti di oggi, sono irrisorie: un terminal di queste dimensioni - ai tempi d’oggi - reggerebbe sì e no il traffico di Comiso.
Sul lato posteriore del terminal si trovano due palazzine di nuova costruzione con le camere (Ala Saarinen e Ala Hughes) e un Lockheed Constellation. Il tutto a sua volta avvolto dal T5 di Jetblue.
Parliamo di questo Constellation. La storia più o meno in dettaglio si trova qua. La versione sintetica: l’aereo ha volato per TWA, poi è finito in Alaska come cargo, poi in centro America, abbandonato a San Pedro Sula, in Maine come parte del progetto di restauro di un Constellation da parte di Lufthansa, e infine nelle mani del TWA hotel che lo sta trasformando in bar. Foto:




Ho trascorso la serata in compagnia di un nutrito gruppo di ex dipendenti: assistenti di volo e meccanici tutti sessanta-settantenni vispi come bambini in quell’ambiente. Dopo la mezzanotte il terminal si presentava così:

Sono andato a dormire con questa immagine nel cuore, pronto a svegliarmi dopo poche ore per tornare sulla costa occidentale.
