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1 Agosto 2010 - 7:56 pm | di: Opinioni e contributiAnalisi
L'MD-11, il '104 degli aerei di linea
di Franco Di Antonio
L’incidente occorso giorni addietro ad un MD-11F di Lufthansa Cargo si presta ad alcune considerazioni generali su come i piloti si comportino nei confronti dei mezzi che sono chiamati a gestire e di come le aziende che quei piloti gestiscono interpretino questo rapporto. Non si tratta di spiegazioni rivolte a questo specifico caso, perché è bene ricordare che ogni incidente è un caso a se stante e che le preziose indicazioni offerte dalle analisi e inchieste sugli incidenti in aviazione nascono da un lungo lavoro di ricerca e studio che, per l’incidente di Riyadh, è appena agli inizi. Anche così, è però possibile tracciare una mappa che spero utile. Ho svolto il mio lavoro di comandante sull’MD-11 per sette anni, sviluppando più di 3.500 ore di volo sul tipo, ed in precedenza avevo volato per circa un anno sul DC-10 per circa 400 ore, un’esperienza che mi autorizza a pensare di poter parlare in modo informato.
Diversi piloti considerano il McDonnell Douglas MD-11 l’equivalente civile del caccia Lockheed F-104. Vediamo perché. L’F-104 ha costituito a metà degli anni ‘50 un’innovazione formidabile nel campo degli aerei da caccia, tanto da restare in servizio per ben cinquanta anni. Ebbene, lo Starfighter era un aereo difficile, nel senso di richiedere ai suoi piloti un approccio integrale e professionale ai massimi livelli.
Le innovazioni dell’MD-11
Anche l’MD-11 ha costituito una innovazione straordinaria per i grandi aerei di linea, ed anche in questo caso i piloti chiamati a gestire questa macchina formidabile devono affrontare i loro bravi problemi. Sebbene la macchina non si possa genericamente definire "pericolosa", essa è molto impegnativa, soprattutto per chi abbia dovuto cambiare radicalmente l’approccio alla gestione del mezzo applicando una filosofia di condotta completamente nuova, ispirata dalle tecnologie applicate sulla navetta spaziale. Purtroppo però la McDonnell Douglas non spinse il proprio coraggio innovativo alle estreme conseguenze, producendo così un ibrido tra un derivato convenzionale dal DC-10 ed un aereo innovativo per ottenere la massima autonomia possibile. I comandi di volo rimasero idraulici, ed i computer avanzatissimi furono destinati a gestire gli attuatori dei comandi stessi tramite una miriade di elaboratori elettronici gestiti da un FMS, ovvero il sistema digitale di gestione del volo. Questo impose di creare dei sistemi di simulazione dello sforzo che dessero ai piloti la sensazione della risposta dei comandi quando l’aereo veniva pilotato manualmente: una complicazione estrema del mezzo a mio parere forse evitabile, tanto che sugli Airbus di ultima generazione i motori gestiti da un computer digitale ad autorità completa non hanno più la possibilità del cosiddetto distacco dell’automanetta per la condotta manuale. L’altra innovazione dell’MD-11 poi seguita da tutti il "Glass Cockpit", la presentazione dei dati di volo su sei schermi posti in linea di fronte ai piloti.
Per l’aerodinamica si decise modificare il disegno del DC-10 per consentire al suo successore di portare più peso possibile su autonomie di circa 14 ore. Questo ha costituito un’altra delle esasperazioni del concetto ed ha inserito nello standard operativo tutta una serie di problemi che i piloti sono chiamati ad affrontare. L’allungamento della cellula porta ovviamente problemi di bilanciamento, anche se questi non è stato il cambiamento più importante. Quello che secondo me ha influenzato di più l’aerodinamica dell’MD-11 è stata la ricerca di un’autonomia esasperata per l’epoca. Due delle misure adottate riguardano i piani di coda, simultaneamente rimpiccoliti per aumentare l’efficienza aerodinamica e "bagnati" per aumentare di quasi 6.000 kg le riserve di carburante. Le due misure messe insieme hanno caricato all’inverosimile la coda, tanto che in corrispondenza di una raffica da 3G sul centro di gravità si possono innescare sui punti di scarico delle forze nelle strutture di coda risposte che superano i 70G. Durante i primi voli di linea si ebbero distacchi delle superfici di rivestimento dei piani di coda a causa di questi fenomeni, per cui vennero modificati i sistemi di incollaggio.
Questo influenza anche tutto l’inviluppo di volo. A pieno carico è per esempio difficile poter volare a livelli superiori a 310 (circa 10.000 metri); in ogni caso i "buffet" di alta e bassa quota sono sempre decisamente vicini, limitando le velocità di salita e discesa. A volte per accettare livelli di volo utili per arrivare a destinazione bisogna limitare l’inclinazione in virata a non più di 5 gradi, altrimenti si può stallare. I problemi di buffet limitano anche la velocità di crociera che oscilla tra Mach 0.82-0.83; solo con aerei mezzi vuoti si può operare vicino a .84.
Le particolarità del cargo
I principali limiti sono quelli citati: il centraggio sempre complicato, gli inviluppi di manovra a pieno carico, il comportamento in atterraggio a causa sempre dei pesi in coda (motore, portellone cargo, serbatoi ecc.), le alte velocità di involo ed atterraggio (dell’ordine di 170-180 nodi, una cinquantina in più rispetto agli altri aerei di linea), la sensibilità al vento laterale (bastano poco più di 5 nodi per creare problemi) e poi l’impiego con solo due piloti che può aggravare le situazioni con lo stress degli equipaggi.
Poiché il personale dei centri cargo è sempre in continua evoluzione per le solite considerazioni sui costi, i piloti hanno sempre a che fare con "precari" impossibili da sensibilizzare sulla delicatezza del centraggio dell’MD-11. In ultimo, il miscuglio tra comandi di volo idraulici e attuatori computerizzati ha inserito complicazioni. La condotta manuale del mezzo è piuttosto difficoltosa e richiede abilità di pilotaggio di massimo livello e soltanto disinserendo completamente il sistema elettronico (su questo aereo è possibile) si ha un pilotaggio tradizionale dolce e progressivo. Ma la manovra è semplicemente proibita.
Quando si consideri che sulla versione tutto cargo si trasportano 90 tonnellate di carico pagante, riesce difficile comprendere perché le compagnie vadano a risparmiare su una banalità come un terzo pilota, che tra l’altro conferirebbe maggior flessibilità di impiego (extra scali imprevisti, ripianificazioni in volo, controlli più accurati del carico, spegnimenti di incendi in cabina durante il volo ecc..). A questo riguardo si può segnalare un’altra discussione che anima l’ambiente dei voli cargo: quella sulla capacità dei sistemi di spegnimento degli incendi di dare completa affidabilità. In teoria le procedure da applicare dovrebbero conferire certezze, ma diversi casi hanno mostrato invece carenze da colmare legati alle procedure ed ai sistemi ignifughi di bordo.
Anche senza conoscere i risultati dell’inchiesta tecnica, forse non è fuori luogo sperare che l’incidente Lufthansa cambi diverse cose nel mondo dei voli tutto cargo.
http://www.dedalonews.it/it/index.php/08/2010/lmd-11-il-104-degli-aerei-di-linea/
L'MD-11, il '104 degli aerei di linea
di Franco Di Antonio
L’incidente occorso giorni addietro ad un MD-11F di Lufthansa Cargo si presta ad alcune considerazioni generali su come i piloti si comportino nei confronti dei mezzi che sono chiamati a gestire e di come le aziende che quei piloti gestiscono interpretino questo rapporto. Non si tratta di spiegazioni rivolte a questo specifico caso, perché è bene ricordare che ogni incidente è un caso a se stante e che le preziose indicazioni offerte dalle analisi e inchieste sugli incidenti in aviazione nascono da un lungo lavoro di ricerca e studio che, per l’incidente di Riyadh, è appena agli inizi. Anche così, è però possibile tracciare una mappa che spero utile. Ho svolto il mio lavoro di comandante sull’MD-11 per sette anni, sviluppando più di 3.500 ore di volo sul tipo, ed in precedenza avevo volato per circa un anno sul DC-10 per circa 400 ore, un’esperienza che mi autorizza a pensare di poter parlare in modo informato.
Diversi piloti considerano il McDonnell Douglas MD-11 l’equivalente civile del caccia Lockheed F-104. Vediamo perché. L’F-104 ha costituito a metà degli anni ‘50 un’innovazione formidabile nel campo degli aerei da caccia, tanto da restare in servizio per ben cinquanta anni. Ebbene, lo Starfighter era un aereo difficile, nel senso di richiedere ai suoi piloti un approccio integrale e professionale ai massimi livelli.
Le innovazioni dell’MD-11
Anche l’MD-11 ha costituito una innovazione straordinaria per i grandi aerei di linea, ed anche in questo caso i piloti chiamati a gestire questa macchina formidabile devono affrontare i loro bravi problemi. Sebbene la macchina non si possa genericamente definire "pericolosa", essa è molto impegnativa, soprattutto per chi abbia dovuto cambiare radicalmente l’approccio alla gestione del mezzo applicando una filosofia di condotta completamente nuova, ispirata dalle tecnologie applicate sulla navetta spaziale. Purtroppo però la McDonnell Douglas non spinse il proprio coraggio innovativo alle estreme conseguenze, producendo così un ibrido tra un derivato convenzionale dal DC-10 ed un aereo innovativo per ottenere la massima autonomia possibile. I comandi di volo rimasero idraulici, ed i computer avanzatissimi furono destinati a gestire gli attuatori dei comandi stessi tramite una miriade di elaboratori elettronici gestiti da un FMS, ovvero il sistema digitale di gestione del volo. Questo impose di creare dei sistemi di simulazione dello sforzo che dessero ai piloti la sensazione della risposta dei comandi quando l’aereo veniva pilotato manualmente: una complicazione estrema del mezzo a mio parere forse evitabile, tanto che sugli Airbus di ultima generazione i motori gestiti da un computer digitale ad autorità completa non hanno più la possibilità del cosiddetto distacco dell’automanetta per la condotta manuale. L’altra innovazione dell’MD-11 poi seguita da tutti il "Glass Cockpit", la presentazione dei dati di volo su sei schermi posti in linea di fronte ai piloti.
Per l’aerodinamica si decise modificare il disegno del DC-10 per consentire al suo successore di portare più peso possibile su autonomie di circa 14 ore. Questo ha costituito un’altra delle esasperazioni del concetto ed ha inserito nello standard operativo tutta una serie di problemi che i piloti sono chiamati ad affrontare. L’allungamento della cellula porta ovviamente problemi di bilanciamento, anche se questi non è stato il cambiamento più importante. Quello che secondo me ha influenzato di più l’aerodinamica dell’MD-11 è stata la ricerca di un’autonomia esasperata per l’epoca. Due delle misure adottate riguardano i piani di coda, simultaneamente rimpiccoliti per aumentare l’efficienza aerodinamica e "bagnati" per aumentare di quasi 6.000 kg le riserve di carburante. Le due misure messe insieme hanno caricato all’inverosimile la coda, tanto che in corrispondenza di una raffica da 3G sul centro di gravità si possono innescare sui punti di scarico delle forze nelle strutture di coda risposte che superano i 70G. Durante i primi voli di linea si ebbero distacchi delle superfici di rivestimento dei piani di coda a causa di questi fenomeni, per cui vennero modificati i sistemi di incollaggio.
Questo influenza anche tutto l’inviluppo di volo. A pieno carico è per esempio difficile poter volare a livelli superiori a 310 (circa 10.000 metri); in ogni caso i "buffet" di alta e bassa quota sono sempre decisamente vicini, limitando le velocità di salita e discesa. A volte per accettare livelli di volo utili per arrivare a destinazione bisogna limitare l’inclinazione in virata a non più di 5 gradi, altrimenti si può stallare. I problemi di buffet limitano anche la velocità di crociera che oscilla tra Mach 0.82-0.83; solo con aerei mezzi vuoti si può operare vicino a .84.
Le particolarità del cargo
I principali limiti sono quelli citati: il centraggio sempre complicato, gli inviluppi di manovra a pieno carico, il comportamento in atterraggio a causa sempre dei pesi in coda (motore, portellone cargo, serbatoi ecc.), le alte velocità di involo ed atterraggio (dell’ordine di 170-180 nodi, una cinquantina in più rispetto agli altri aerei di linea), la sensibilità al vento laterale (bastano poco più di 5 nodi per creare problemi) e poi l’impiego con solo due piloti che può aggravare le situazioni con lo stress degli equipaggi.
Poiché il personale dei centri cargo è sempre in continua evoluzione per le solite considerazioni sui costi, i piloti hanno sempre a che fare con "precari" impossibili da sensibilizzare sulla delicatezza del centraggio dell’MD-11. In ultimo, il miscuglio tra comandi di volo idraulici e attuatori computerizzati ha inserito complicazioni. La condotta manuale del mezzo è piuttosto difficoltosa e richiede abilità di pilotaggio di massimo livello e soltanto disinserendo completamente il sistema elettronico (su questo aereo è possibile) si ha un pilotaggio tradizionale dolce e progressivo. Ma la manovra è semplicemente proibita.
Quando si consideri che sulla versione tutto cargo si trasportano 90 tonnellate di carico pagante, riesce difficile comprendere perché le compagnie vadano a risparmiare su una banalità come un terzo pilota, che tra l’altro conferirebbe maggior flessibilità di impiego (extra scali imprevisti, ripianificazioni in volo, controlli più accurati del carico, spegnimenti di incendi in cabina durante il volo ecc..). A questo riguardo si può segnalare un’altra discussione che anima l’ambiente dei voli cargo: quella sulla capacità dei sistemi di spegnimento degli incendi di dare completa affidabilità. In teoria le procedure da applicare dovrebbero conferire certezze, ma diversi casi hanno mostrato invece carenze da colmare legati alle procedure ed ai sistemi ignifughi di bordo.
Anche senza conoscere i risultati dell’inchiesta tecnica, forse non è fuori luogo sperare che l’incidente Lufthansa cambi diverse cose nel mondo dei voli tutto cargo.
http://www.dedalonews.it/it/index.php/08/2010/lmd-11-il-104-degli-aerei-di-linea/