- 7 Ottobre 2011
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Nel freddo gergo burocratico è il comma 1 dell’articolo 38 del decreto sviluppo. In realtà potrebbe tranquillamente essere definita “norma anti Ryanair”. La compagnia low cost irlandese, in testa ormai a tutti i dati del traffico aereo è infatti il bersaglio non dichiarato di un provvedimento inserito nel decreto sviluppo che vuole imporre alla società di Michael O'Leary di pagare allo Stato italiano le tasse e i contributi previdenziali per il personale basato negli aeroporti italiani.
LA NORMA - La norma, già pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale e presto all’esame del Senato, tocca un nervo già ampiamente scoperto: Ryanair infatti regola i suoi conti esclusivamente con il Fisco irlandese, dove il prelievo è ampiamente sotto il 20% degli utili; idem dicasi per la assicurazioni sanitarie e previdenziali dei suoi dipendenti. Questi ultimi in realtà vivono, lavorano, invecchiano (e talvolta si ammalano) anche in Italia dove la low cost possiede una decina di basi (Bergamo, Ciampino, Pisa, Alghero, Bari, Brindisi, Trapani e Bologna).
IL DECRETO - Il decreto fissa con precisione cosa debba intendersi per “base aerea” specificando che essa si ha in presenza di «locali e infrastrutture dove si esercita in modo stabile e continuativo l’attività di trasporto aereo avvalendosi di lavoratori dipendenti». Sembra un’ovvietà ma Ryanair ha sempre sostenuto di non avere un solo dipendente basato in Italia, che il suo personale sarebbe qui solo “di passaggio” anche quando ha la residenza nel nostro paese. Interpretazione evidentemente controversa e che ha già portato le autorità italiane a muoversi: la procura di Bergamo, dove la società irlandese ha una base con 10 aerei, mobilita circa 600 persone e copre oltre il 75% del traffico dello scalo, contesta a Ryanair un’evasione di circa 13 milioni di euro.
L'EVASIONE - Una presunta evasione che comporterebbe una doppia beffa: da un lato lo stato italiano non incassa un euro, dall’altro i dipendenti della compagnia si ritroveranno senza la pensione. Ogni vertenza in tal proposito è sempre andata a vuoto anche perché nessun pilota o hostess che indossa la divisa di Ryanair ha in tasca la tessera del sindacato. La relazione tecnica che accompagna il decreto sviluppo ipotizza un gettito fiscale per l’Italia di 89 milioni nel 2013 e 50,4 nell’anno successivo.
LA CONCORRENZA SLEALE - Se la norma entrasse in vigore cesserebbe dunque quella sorta di «concorrenza sleale» più volte denunciata dalle altre compagnie aeree. Preoccupate invece sono le società aeroportuali dove Ryanair recita la parte del leone e che temono un divorzio con la compagnia. Quest’ultima in circostanze anche meno drammatiche si è comportata come chi sa di tenere il coltello saldamente dalla parte del manico: all’aeroporto di Verona, dove la società aveva chiesto di rivedere al ribasso una serie di incentivi economici concessi a O’ Leary, Ryanair ha reagito smobilitando la sua base in quattro e quattr’otto. Per ora invece nessuna reazione è arrivata da Dublino, quanto agli aeroporti, la prossima settimana è in programma una riunione di chiarimento con esponenti del governo.
Fonte: Corriere della sera - http://www.corriere.it/economia/12_...to_18b7c88c-33d7-11e2-a480-b74fe153b15c.shtml
LA NORMA - La norma, già pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale e presto all’esame del Senato, tocca un nervo già ampiamente scoperto: Ryanair infatti regola i suoi conti esclusivamente con il Fisco irlandese, dove il prelievo è ampiamente sotto il 20% degli utili; idem dicasi per la assicurazioni sanitarie e previdenziali dei suoi dipendenti. Questi ultimi in realtà vivono, lavorano, invecchiano (e talvolta si ammalano) anche in Italia dove la low cost possiede una decina di basi (Bergamo, Ciampino, Pisa, Alghero, Bari, Brindisi, Trapani e Bologna).
IL DECRETO - Il decreto fissa con precisione cosa debba intendersi per “base aerea” specificando che essa si ha in presenza di «locali e infrastrutture dove si esercita in modo stabile e continuativo l’attività di trasporto aereo avvalendosi di lavoratori dipendenti». Sembra un’ovvietà ma Ryanair ha sempre sostenuto di non avere un solo dipendente basato in Italia, che il suo personale sarebbe qui solo “di passaggio” anche quando ha la residenza nel nostro paese. Interpretazione evidentemente controversa e che ha già portato le autorità italiane a muoversi: la procura di Bergamo, dove la società irlandese ha una base con 10 aerei, mobilita circa 600 persone e copre oltre il 75% del traffico dello scalo, contesta a Ryanair un’evasione di circa 13 milioni di euro.
L'EVASIONE - Una presunta evasione che comporterebbe una doppia beffa: da un lato lo stato italiano non incassa un euro, dall’altro i dipendenti della compagnia si ritroveranno senza la pensione. Ogni vertenza in tal proposito è sempre andata a vuoto anche perché nessun pilota o hostess che indossa la divisa di Ryanair ha in tasca la tessera del sindacato. La relazione tecnica che accompagna il decreto sviluppo ipotizza un gettito fiscale per l’Italia di 89 milioni nel 2013 e 50,4 nell’anno successivo.
LA CONCORRENZA SLEALE - Se la norma entrasse in vigore cesserebbe dunque quella sorta di «concorrenza sleale» più volte denunciata dalle altre compagnie aeree. Preoccupate invece sono le società aeroportuali dove Ryanair recita la parte del leone e che temono un divorzio con la compagnia. Quest’ultima in circostanze anche meno drammatiche si è comportata come chi sa di tenere il coltello saldamente dalla parte del manico: all’aeroporto di Verona, dove la società aveva chiesto di rivedere al ribasso una serie di incentivi economici concessi a O’ Leary, Ryanair ha reagito smobilitando la sua base in quattro e quattr’otto. Per ora invece nessuna reazione è arrivata da Dublino, quanto agli aeroporti, la prossima settimana è in programma una riunione di chiarimento con esponenti del governo.
Fonte: Corriere della sera - http://www.corriere.it/economia/12_...to_18b7c88c-33d7-11e2-a480-b74fe153b15c.shtml