Contributi alle compagnie aeree e sviluppo del turismo: costi e benefici


Ho letto con interesse le 20 pagine dello studio redatto da ricercatori e pubblicato da B.I.
Come al solito, solo in Italia, invece di fare studi su base scientifica mediante controllo e monitoraggi in un arco di tempo definito estraendo i risultati omogenei, si è preferito come riportato dai ricercatori di ricorrere al cosiddetto metodo "empirico"! Prendendo a riferimento dati ISTAT di anni passati di tutte le province del Mezzogiorno prive di aeroporto e con una serie di formule,di verifiche e arrivare a queste conclusioni:
Analizzando l’impatto dell’apertura dell’aeroporto di Comiso, nel sud-est della Sicilia, sulle presenze turistiche internazionali nell’area di riferimento (provincia di Ragusa), siamo in grado di quantificare il numero di presenze mensili addizionali (circa 5.100, pari a un incremento del 19,1 per cento) e di stimare la spesa generata (434 mila euro al mese).
La stima è costruita attraverso il metodo del controllo sintetico, che confronta Ragusa con un controfattuale composto a partire dalle province del Mezzogiorno che non sono servite da un aeroporto, che somigliano a Ragusa in molte caratteristiche “predittive” dei flussi turistici e che hanno un andamento delle presenze internazionali molto simile a Ragusa prima dell’apertura di Comiso.

Quindi viene usato un metodo empirico con controllo sintetico e un raffronto di province che somigliano a Ragusa e con caratteristiche predittive!
Ma uno studio serio e scientificamente inoppugnabile (che non sia di supporto a scelte politiche per ottenere finanziamenti per aprire aeroporti) si potrà mai avere?

Ci sarà sempre qualcosa da contestare per chi non è d'accordo a prescindere col risultato.

Qui i dati: http://dati.istat.it/ (clicca sulla voce "Servizi" nella colonna a sinistra).
Qui lo studio della Regione:
http://pti.regione.sicilia.it/porta...esto_Piano sviluppo turistico_Legge10_200.pdf

Ho raccolto un po' di dati.
Ho provato a fare una analisi senza impegno, molto semplice, prendendo come riferimento un fattore più generale, l'apertura ai voli di linea dello scalo.
Non sono entrato nel dettaglio del margine di guadagno del territorio perchè secondo me non ce ne è nemmeno bisogno (cosiderando poi quanta parte del fatturato torna allo stato sotto forma di tasse e imposte, quanto finisce ai redditi da lavoro, quanto finisce ai fornitori locali, quanto finisce al proprietario ecc)...

Ho analizzato i tassi di crescita di arrivi e presenze, sia per Trapani sia per l'intera sicilia, nei 10 anni precedenti all' apertura al traffico di linea dell' aeroporto e nei 10 anni successivi (1992-2002 e 2003-2012).

Il tasso di crescita (cagr) delle presenze nel primo periodo (1992-2002) è
Sicilia: +4,8%
Trapani: +4,6%

Il tasso di crescita (cagr) delle arrivi nel secondo periodo (2003-2012)

Sicilia: +0,75% (zero virgola)
Trapani: +7,1%

Per farla veloce (e se non ho sbagliato coi conti) dal 2003:

se Trapani avesse avuto i tassi di crescita della Sicilia (che nel decennio prima nemmeno riusciva ad avere) nel 2012 (ipotizzando si uniformasse all andamento della regione), avrebbe avuto 960.000 presenze in meno rispetto a quello effettivamente registrati. Per dare un senso economico basta moltiplicare per la spesa media giornaliera. Dovrebbe fare circa 60 milioni di euro annui spesi in più in provincia.

Non ho calcolato i flussi anno per anno per applicare il van (secondo me è superfluo, tra l'indicenza delle tasse e imposte sul fatturato che rientrano allo stato, con i redditi generati dal costo da lavoro, con i redditi da impresa e con i redditi generati dai costi dei fornitori locali)

Siccome è stata citata Ragusa, ho fatto un raffronto negli stessi anni anche con questa provincia. E' un' ottima proxy visto che fino al 2012 non aveva l'aeroporto.

Ecco i tassi di crescita (cagr) delle presenze 1992-2002 ed i valori assoluti per Ragusa:
Sicilia: +4,8%
Trapani: +4,6%
Ragusa: +5,5% (465.400 presenze nel 1992 - 792.633 nel 2002)

Ecco i tassi di crescita (cagr) delle presenze 1992-2012 ed i valori assoluti per Ragusa:

Sicilia: +0,75% (zero virgola)
Trapani: +7,1%
Ragusa:+0,25% (zero virgola) - ( 792.633 presenze nel 2002 e 812.790 nel 2012)


Ecco i tassi di crescita (cagr) delle presenze 2012-2016 ed i valori assoluti per Ragusa:

Sicilia -1% annuo (meno)
Ragusa: +11,7% (812.790 nel 2012 e 1.263.751 nel 2016) - ovvero 450.000 presenze annue in più al 2016

Se Ragusa avesse seguito il trend Siciliano avrebbe registrato circa 480.000 presenze in meno rispetto a quelli ragistrati nel 2016.
In termini economici sono circa 30 milioni di euro in più all' anno (e parliamo di un aeroporto in attività da poco e con volumi scarsi).


Ecco io ho provato a giocare con i dati, senza impegno e sapendo di non dover fare un trattato scientifico.
Da questa analisi superficiale mi sembra lampante che in questi 2 specifici casi la presenza dell' aeroporto ha fatto la differenza.
 
Ci sarà sempre qualcosa da contestare per chi non è d'accordo a prescindere col risultato.



Ho raccolto un po' di dati.
Ho provato a fare una analisi senza impegno, molto semplice, prendendo come riferimento un fattore più generale, l'apertura ai voli di linea dello scalo.
Non sono entrato nel dettaglio del margine di guadagno del territorio perchè secondo me non ce ne è nemmeno bisogno (cosiderando poi quanta parte del fatturato torna allo stato sotto forma di tasse e imposte, quanto finisce ai redditi da lavoro, quanto finisce ai fornitori locali, quanto finisce al proprietario ecc)...

Ho analizzato i tassi di crescita di arrivi e presenze, sia per Trapani sia per l'intera sicilia, nei 10 anni precedenti all' apertura al traffico di linea dell' aeroporto e nei 10 anni successivi (1992-2002 e 2003-2012).

Il tasso di crescita (cagr) delle presenze nel primo periodo (1992-2002) è
Sicilia: +4,8%
Trapani: +4,6%

Il tasso di crescita (cagr) delle arrivi nel secondo periodo (2003-2012)

Sicilia: +0,75% (zero virgola)
Trapani: +7,1%

Per farla veloce (e se non ho sbagliato coi conti) dal 2003:

se Trapani avesse avuto i tassi di crescita della Sicilia (che nel decennio prima nemmeno riusciva ad avere) nel 2012 (ipotizzando si uniformasse all andamento della regione), avrebbe avuto 960.000 presenze in meno rispetto a quello effettivamente registrati. Per dare un senso economico basta moltiplicare per la spesa media giornaliera. Dovrebbe fare circa 60 milioni di euro annui spesi in più in provincia.

Non ho calcolato i flussi anno per anno per applicare il van (secondo me è superfluo, tra l'indicenza delle tasse e imposte sul fatturato che rientrano allo stato, con i redditi generati dal costo da lavoro, con i redditi da impresa e con i redditi generati dai costi dei fornitori locali)

Siccome è stata citata Ragusa, ho fatto un raffronto negli stessi anni anche con questa provincia. E' un' ottima proxy visto che fino al 2012 non aveva l'aeroporto.

Ecco i tassi di crescita (cagr) delle presenze 1992-2002 ed i valori assoluti per Ragusa:
Sicilia: +4,8%
Trapani: +4,6%
Ragusa: +5,5% (465.400 presenze nel 1992 - 792.633 nel 2002)

Ecco i tassi di crescita (cagr) delle presenze 1992-2012 ed i valori assoluti per Ragusa:

Sicilia: +0,75% (zero virgola)
Trapani: +7,1%
Ragusa:+0,25% (zero virgola) - ( 792.633 presenze nel 2002 e 812.790 nel 2012)


Ecco i tassi di crescita (cagr) delle presenze 2012-2016 ed i valori assoluti per Ragusa:

Sicilia -1% annuo (meno)
Ragusa: +11,7% (812.790 nel 2012 e 1.263.751 nel 2016) - ovvero 450.000 presenze annue in più al 2016

Se Ragusa avesse seguito il trend Siciliano avrebbe registrato circa 480.000 presenze in meno rispetto a quelli ragistrati nel 2016.
In termini economici sono circa 30 milioni di euro in più all' anno (e parliamo di un aeroporto in attività da poco e con volumi scarsi).


Ecco io ho provato a giocare con i dati, senza impegno e sapendo di non dover fare un trattato scientifico.
Da questa analisi superficiale mi sembra lampante che in questi 2 specifici casi la presenza dell' aeroporto ha fatto la differenza.
Nulla da obiettare, io volevo evidenziare il fatto che da molti anni si finanziano con soldi pubblici società aeroportuali pubbliche o finte private, aerolinee che senza contributi pubblici non si sognerebbe neanche di pensare a quei collegamenti e a prezzi stracciati e in ultimo amministratori e presidenti lautamente retribuiti e nominati dai politici. Pertanto sono del parere che a scanso di equivoci basterebbe monitorare per un congruo periodo i flussi di viaggiatori e trarre le conclusioni riguardo ai soli transiti, ai turisti dove sono diretti o se rimangono in regione, i giorni di permanenza etc. In modo da avere dati incontrovertibili sulla bontà dei finanziamenti in relazione al reale aumento del gettito in termini di ricaduta sul tessuto imprenditoriale del territorio.Non era la sua o altre analisi che si basano come ha detto lei, sul giocare con i dati senza impegno e sapendo di non dover fare un trattato scientifico e che sono degne di attenzione a farmi avere dei dubbi , ma su quei moltiplicatori empirici ricavati da non si sa dove che ogni amministrazione comunica pro domo sua al solo fine di giustificare le ingenti risorse pubbliche elargite.
Spero di aver chiarito il mio concetto con stima per il suo lavoro.
 
Nulla da obiettare, io volevo evidenziare il fatto che da molti anni si finanziano con soldi pubblici società aeroportuali pubbliche o finte private, aerolinee che senza contributi pubblici non si sognerebbe neanche di pensare a quei collegamenti e a prezzi stracciati e in ultimo amministratori e presidenti lautamente retribuiti e nominati dai politici. Pertanto sono del parere che a scanso di equivoci basterebbe monitorare per un congruo periodo i flussi di viaggiatori e trarre le conclusioni riguardo ai soli transiti, ai turisti dove sono diretti o se rimangono in regione, i giorni di permanenza etc. In modo da avere dati incontrovertibili sulla bontà dei finanziamenti in relazione al reale aumento del gettito in termini di ricaduta sul tessuto imprenditoriale del territorio.Non era la sua o altre analisi che si basano come ha detto lei, sul giocare con i dati senza impegno e sapendo di non dover fare un trattato scientifico e che sono degne di attenzione a farmi avere dei dubbi , ma su quei moltiplicatori empirici ricavati da non si sa dove che ogni amministrazione comunica pro domo sua al solo fine di giustificare le ingenti risorse pubbliche elargite.
Spero di aver chiarito il mio concetto con stima per il suo lavoro.

Il tuo ragionamento di fondo è giusto, ma è applicabile solo in un mondo ideale. Arriveremmo all' assurdo che per l'erogazione di importi tuttosommato modesti (di che cifre parliamo 2-3-5-7-10 milioni annui?) dovremmo spendere qualche altro milione di euro per presidiare le scalette degli aerei a tutte le ore del giorno per avere una risposta che si può con una certa approssimazione ricavare facilmente in altro modo.
Gran parte delle info che vorresti le trovi infatti sul sito dell' istat o su quello della regione (ci sono anche link sopra).

Questa di seguito non l ho capita.

Non era la sua o altre analisi [..] a farmi avere dei dubbi..ma su quei moltiplicatori empirici ricavati da non si sa dove che ogni amministrazione comunica pro domo sua al solo fine di giustificare le ingenti risorse pubbliche elargite.

Non capisco se il "non si sa dove" è perche hai letto gli studi e hai potuto giudicarli su dati e metodologie applicati o se è perche non li hai letti e quindi non puoi sapere da dove vengono fuori.
Io non li ho letti, però mi piacerebbe. Se hai qualcuno di quegli studi (abruzzo, puglia) faresti una cortesia a tutti postandolo ;)
 
Il tuo ragionamento di fondo è giusto, ma è applicabile solo in un mondo ideale. Arriveremmo all' assurdo che per l'erogazione di importi tuttosommato modesti (di che cifre parliamo 2-3-5-7-10 milioni annui?) dovremmo spendere qualche altro milione di euro per presidiare le scalette degli aerei a tutte le ore del giorno per avere una risposta che si può con una certa approssimazione ricavare facilmente in altro modo.
Gran parte delle info che vorresti le trovi infatti sul sito dell' istat o su quello della regione (ci sono anche link sopra).

Questa di seguito non l ho capita.



Non capisco se il "non si sa dove" è perche hai letto gli studi e hai potuto giudicarli su dati e metodologie applicati o se è perche non li hai letti e quindi non puoi sapere da dove vengono fuori.
Io non li ho letti, però mi piacerebbe. Se hai qualcuno di quegli studi (abruzzo, puglia) faresti una cortesia a tutti postandolo ;)
Più che presidiare, io credo ma posso sbagliare, che basterebbe chiedere ai pax tramite un questionario molto semplice distribuito anche dalle compagnie ( in Abruzzo la Rayanair ha vinto un bando milionario ad hoc per la pubblicità e il marketing con lo scopo di incrementare il turismo) per ottenere dati interessanti sui flussi, luoghi e relative permanenze.
Perché io non riesco a capire come si fa a ritenere flusso turistico una quantità di pax, come quelli che usano le low cost, utilizzando solo per il transito uno specifico aeroporto per una questione di offerta di prezzo irrisorio del biglietto per determinate destinazioni.
Per quanto riguarda i fattori moltiplicatori dei benefici economici ti faccio l'esempio dell'Abruzzo dove risulta (parole dell'ex Presidente della SAGA riportate in un verbale di consiglio comunale ) che la soc. gestrice dell'aeroporto ha ottenuto i dati da un non meglio precisato studio universitario che a quanto mi risulta non è stato mai pubblicato. Forse uno studio del genere sarebbe stato meglio chiederlo da parte di chi investe i soldi ( regione), pubblicarlo e togliere qualsiasi dubbio sulla bontà della spesa sostenuta. Tutto qui!
Spero di aver chiarito ulteriormente.
 
Concentrare un’analisi sui flussi turistici o sulla maggior spesa generata è fortemente limitativo. La domanda da porre non è, infatti, se l’apertura di nuove rotte o di un intero aeroporto sia in grado di “fare la differenza”: lo è quasi sempre, in misura minore o maggiore. Anzi, vorrei anche vedere se nuovi voli non portassero nemmeno un turista.
Anche lo studio precedentemente citato della Banca d’Italia si limitava a stimare l’incremento della spesa dei turisti. Il punto, però, è che né i flussi, né la spesa sono misure di impatto; al massimo sono effetti.
Io capisco poco cosa siano quelli che liopic chiama “moltiplicatori empirici”, ma temo che il calcolo di indicatori che vadano oltre la dimensione lorda degli effetti (in termini di meri flussi e spesa) sia un passaggio necessario. Cioè, senza un raffronto analitico fra effetti e costi si va poco lontano: dire che, in seguito all’apertura dell’aeroporto, si è avuto un incremento dell’X% delle presenze è solo un punto intermedio di un percorso che, per forza di cose, deve essere più approfondito.
Le vere domande da porsi in casi del genere sono:
1) quanto è costato avere questo X% in più di presenze?
2) Ne è valsa la pena?
3) C’erano modi più efficaci/più efficienti per avere lo stesso incremento?
Anzi, meglio se i verbi non siano coniugati al passato: quanto costa...; ne vale la pena...; ci sono altri modi...
Poi, si può parlare a lungo sul fatto che la definizione dei parametri (come l’EBITDA) sia corretta o meno, ma questo fa parte dell’assestamento di una metodologia; il che, però, non cambia le domande a cui rispondere, cioè i reali obiettivi dell’analisi.
Che poi le decisioni politiche – soprattutto su scala locale – vengano prese con ben altri scopi e sulla base di ben altre considerazioni, è un altro discorso.


P.S. Grazie a India per gli apprezzamenti.
 
Concentrare un’analisi sui flussi turistici o sulla maggior spesa generata è fortemente limitativo. La domanda da porre non è, infatti, se l’apertura di nuove rotte o di un intero aeroporto sia in grado di “fare la differenza”: lo è quasi sempre, in misura minore o maggiore. Anzi, vorrei anche vedere se nuovi voli non portassero nemmeno un turista.
Anche lo studio precedentemente citato della Banca d’Italia si limitava a stimare l’incremento della spesa dei turisti. Il punto, però, è che né i flussi, né la spesa sono misure di impatto; al massimo sono effetti.
Io capisco poco cosa siano quelli che liopic chiama “moltiplicatori empirici”, ma temo che il calcolo di indicatori che vadano oltre la dimensione lorda degli effetti (in termini di meri flussi e spesa) sia un passaggio necessario. Cioè, senza un raffronto analitico fra effetti e costi si va poco lontano: dire che, in seguito all’apertura dell’aeroporto, si è avuto un incremento dell’X% delle presenze è solo un punto intermedio di un percorso che, per forza di cose, deve essere più approfondito.
Le vere domande da porsi in casi del genere sono:
1) quanto è costato avere questo X% in più di presenze?
2) Ne è valsa la pena?
3) C’erano modi più efficaci/più efficienti per avere lo stesso incremento?
Anzi, meglio se i verbi non siano coniugati al passato: quanto costa...; ne vale la pena...; ci sono altri modi...
Poi, si può parlare a lungo sul fatto che la definizione dei parametri (come l’EBITDA) sia corretta o meno, ma questo fa parte dell’assestamento di una metodologia; il che, però, non cambia le domande a cui rispondere, cioè i reali obiettivi dell’analisi.
Che poi le decisioni politiche – soprattutto su scala locale – vengano prese con ben altri scopi e sulla base di ben altre considerazioni, è un altro discorso.


P.S. Grazie a India per gli apprezzamenti.

Non posso che riconoscerle una profonda e didattica conoscenza della materia, concordo con questa sintesi perfetta di quello che volevo esprimere nei miei precedenti interventi!
La ringrazio.
 
La statistica è approssimazione e modellizzazione per definizione.

"Maggiori presenze" X "spesa media giornaliera" è, come giustamente dici, solo il primo pilastro ma è necessario.
Ma se non arrivi a determinare quanto "fatturi" non puoi determinare quanto utile fai. Dopo di che rispondere alle tue domande diventa molto più agevole.

Ad ogni modo, riguardo la tua analisi e alla determinazione del valore che ritorna alla collettività da utilizzare poi per il calcolo costo/beneficio, vorrei fornirti uno spunto che magari ti viene utile.

Ivece di partire da Ricavi - Costi (che ti fa perdere un infinità di valore) parti dalla bottom line del "bilancio"(ipotetico) e procedi a ritroso.
Senza dimenticare che tutte le tasse pagate sulla spesa aggiuntiva (iva+irpef-irap-ecc) sono soldi che rientrano nelle tasche pubbliche.

Facci sapere poi che risultati ottieni. Io ho fatto conti spannometrici e dovrebbe essere ampiamente positivo il risultato, ma, appunto, sono spannometrici e applicati ad un periodo diverso.
Anzi, a proposito, con il 30% che dicevamo qualche post dietro (che mi sembra tuttosommato abbastanza conservativo) che valore di Van ti risulta con le tue ipotesi?
 
Mi accodo agli apprezzamenti e li estendo a tutti. Non soltanto per i contenuti, ma anche per la forma e il metodo nel portare avanti una discussione tecnica.

Anzi, meglio se i verbi non siano coniugati al passato: quanto costa...; ne vale la pena...; ci sono altri modi...

Sul concetto di valerne la pena, traducibile anche come opportunità, risponde in maniera abbastanza chiara la normativa nazionale* ed europea. Nel caso degli scali strumentali allo sviluppo territoriale, la soglia dell'opportunità è data indirettamente dalla sostenibilità economica dell'operazione. In altri termini, se un operatore aeroportuale (lui, che tra l'altro è un operatore economico tout-court, non il territorio di riferimento nella sua interezza) riesce a raggiungere l'equilibrio economico, allora ne può valere la pena e rimane una mera scelta politica. In caso contrario, allora non ne vale la pena ed è meglio investire su altro.


*anche se la normativa nazionale formalmente non esiste ancora, diciamo che la ratio del Piano nazionale aeroporti si muove in questa direzione.
 
Però mi sembra possa essere distorsivo o quantomeno limitativo legare la finanziabilità di un progetto del genere a solol risultato del gestore dello scalo.

Per assurdo:
1) potrei avere che l'aeroporto locale è prioritariamente orientato a flussi in uscita dei residenti riuscendo però a mantenere l'equilibrio finanziario. Certo anche questo è in qualche modo un "valore aggiunto" ma con effetti pubblici ben diversi.

2)Potrei avere che l'aeroporto è primariamente orientato a flussi in entrata, fa girare tanto l'economia del turismo, ma non riesce a stare a galla per errori di gestione e/o inefficienze.

Parliamo di ipotesi come dire...stressate...

Preferirei a questo punto considerare i risultati del gestore aeroportuale come flussi da inserire in un calderone più ampio di costi e ricavi.

Però non conosco la normativa di riferimento, qundi magari mi sfugge la ratio.
 
La Commissione Europea dà un’interpretazione del concetto di sostenibilità finanziaria che è diversa da una lettura puramente aziendalistica. Io ho conoscenza diretta delle analisi di fattibilità dei cosiddetti “Grandi progetti” sostenuti dal FESR, ma riterrei probabile che tutto il corpus giuridico sulla materia vada nella stessa direzione.
Ciò che è considerato rilevante non sono solo i flussi di cassa che rientrano nel bilancio dell’ente gestore, ma tutti i flussi effettivi generati dal progetto (entrate e uscite monetarie), indipendentemente dal fatto che siano, nel caso, entrate e uscite dell’aeroporto.
Successivamente si realizza l’analisi costi benefici propriamente detta, che si amplia rispetto all’analisi finanziaria comprendendo anche flussi non monetari, cioè valori che non comportano movimenti finanziari reali ma che contribuiscono a definire comunque il valore sociale del progetto (ad esempio, gli effetti ambientali).
La ragione è valida: si vuole, cioè, che il progetto sia in grado di preservare costantemente l’equilibrio fra incassi e pagamenti, ma non è detto che gli incassi siano dati solo dai ricavi o da altre forme di autofinanziamento: l’importante è identificare in modo preciso le fonti e che queste rispondano ai criteri di legittimità normativa.
In questo senso, non c’è distorsione o limite nella definizione dei criteri di fattibilità, ma una corretta applicazione del principio di sostenibilità: vuoi un contributo? Va bene, ma prima dimostrami se e come il progetto può stare in piedi. Poi, ma solo dopo, parliamo di sviluppo del territorio in senso generale.
Schematicamente:
1) Determinazione di entrate e uscite
2) Misurazione del fabbisogno finanziario
3) Definizione delle modalità di copertura del fabbisogno
4) Stima del valore sociale del progetto
 
Nel caso dei FESR è corretto quanto dici.

Nel caso degli aeroporti, invece, si pone il problema della sentenza Aéroports de Paris v Commission: in estrema sintesi, ai sensi del diritto europeo un gestore aeroportuale è un operatore economico puro che deve quindi sottostare alle regole UE sulla concorrenza. Da ciò ne consegue che se per il finanziamento pubblico di, chessò, una nuova autostrada si devono calcolare costi e benefici, quando le risorse pubbliche finiscono in un aeroporto occorre valutare anche i possibili effetti distorsivi del mercato. Nel caso degli aeroporti commerciali, infatti, l'infrastruttura e il suo gestore non possono essere scissi perché creano una simbiosi profonda.

In altri termini, oltre a tutte le analisi che tu e altri avete correttamente svolto finora occorre aggiungere anche un'ennesima variabile che è quella delle regole del mercato, e che solo marginalmente deve essere presa in considerazione in altri grandi progetti infrastrutturali.

Questo giusto perché le cose non erano già abbastanza complicate per conto loro.
 
... con il 30% che dicevamo qualche post dietro (che mi sembra tuttosommato abbastanza conservativo) che valore di Van ti risulta con le tue ipotesi?

Sono ancora in debito di una risposta. Con una percentuale del 30% di EBITDA, il VAN risulterebbe certamente positivo a fronte di pressoché qualsiasi tasso di attualizzazione e si avrebbe un saggio di rendimento interno del 32%.
Il problema è che, secondo me, una misura dell’EBITDA del 30% è del tutto fuori scala.
Il dato di partenza che conosciamo (da uno studio di Unioncamere Sicilia) è che l’EBIT medio delle imprese siciliane si attestava (lo studio di riferisce al 2013) al 3%. Questo numero non è riferito al settore turistico in sé, ma può funzionare come valido riferimento se è vero che quella che vogliamo definire è una misura di attivazione sull’economia nel suo complesso. Inoltre, i bassi tassi di crescita della nostra economia negli ultimi anni fanno pensare che la redditività media delle imprese non possa essere cambiata granché dal 2013 ad oggi.
Da qui, in mancanza di dati specifici, dobbiamo procedere a spanne, ma senza perdere di vista i criteri essenziali di un’analisi (ragionevolezza, coerenza, prudenza, verosimiglianza).
Innanzitutto, abbiamo l’EBIT ma ci manca l’EBITDA. La differenza fra i due margini – lo sappiamo – è data dal valore degli ammortamenti. Se ci riferiamo agli effetti diretti, i valori di spesa e, quindi, di attivazione sono riferiti principalmente a imprese di servizi, con, verosimilmente, bassi valori di impieghi fissi, e quindi di ammortamenti. Ne consegue che dall’iniziale 3% (EBIT medio) non siamo autorizzati a passare a valori di EBITDA troppo più alti di questo. Ma esageriamo pure: diciamo che l’EBITDA è il doppio dell’EBIT e ipotizziamolo al 6%.
Ora viene la parte più controversa, vale a dire identificare una misura maggiorata dell’EBITDA che simuli non solo la redditività diretta dovuta alla spesa, ma anche quella che deriva dalle attivazioni indirette e indotte.
Possiamo ragionevolmente affermare che la maggiorazione dell’EBITDA sia proporzionale alla misura degli impatti misurabili attraverso giusti moltiplicatori, segnatamente i moltiplicatori delle vendite. Quindi, se un moltiplicatore del turismo è stimato pari a 2, l’EBITDA maggiorato sarebbe 6% x 2 = 12%. La letteratura riporta una miriade di ricerche che hanno stimato i moltiplicatori delle attività turistiche. Una pur sommaria ricerca in rete mi ha portato a verificare che i valori calcolati dei moltiplicatori dai diversi studi che ho esaminato sono abbastanza convergenti, e tendono ad essere compresi orientativamente fra 1,9 e 2,7.
Questo vuol dire che da un EBITDA iniziale del 6% (già ottimistico), è difficile immaginare di andare oltre un EBITDA maggiorato, nella migliore delle ipotesi, di 6% x 2,7 = 16,2%, cioè una misura molto simile a quella da me ipotizzata attorno al 15%.
La tua ipotesi di EBITDA maggiorato al 30% implica un moltiplicatore degli effetti indiretti e indotti pari, complessivamente, a 5, e questo non mi sembra francamente molto ragionevole.
 
Ciao Plannere,
innanzitutto grazie per la risposta e per la disponibilità che hai.
Il risultato che hai ottenuto ipotizzando il 30% non mi sorprende ed anzi, aggiungo, è pure sottostimato a mio parere perche stiamo utilizzando un indicatore di valore "ritenuto" dall' economia (che erroneamente chiamiamo ebitda), che è sottostimato.

Suggerisco di partire dalle dalle definizioni.
EBITDA NO. Aboliamolo e usiamolo solo come mezzo e non come indicatore altrimenti ci condondiamo.

**Se il tuo biettivo è capire su 100 euro di scontrino fatto al cinese/milanese/americano quanto resta veramente alla collettività (stato+privati) devi fare un ragionamento diverso.
Usare la definzione Costi-Ricavi non ti aiuta perche quello NON è il vero valore rilasciato. Perche come ti dicevo post dietro su 100 euro di scontrino del ristorante:

Cose definibili/conoscibili:
**10% è iva che va allo stato (cosa che dimentichiamo, i soldi quindi passano dalla tasca destra a quella sinistra dei pantaloni)
**20-30% è la remunerazione del lavoratore ( se nel breve si tramuta in aumento dell' efficienza quindi il tuo margine comunque schizza, quindi non ti cambia).
**5-10% margine di guadagno pre tasse dell' attività di impresa

Cose difficilmente definibili
**25% materie prime (food cost 25% del fatturato) ma di cui effettivamente Siculo Italiano boh.
**x% (?) sono ammortamenti (pavimenti rotti sistemati dal piastrellista egiziano che vive a trapani)
**x% (?) sono affitti passivi incassati dalla vecchietta
**x%

Su 100 euro di scontrino fatto al turista, secondo la tua stima, in sicilia/italia resterebbero solo 6 euro il resto sarebbero tutti volatilizzati.
Come ti dicevo post dietro se usi l'EBITDA perdi per strada cose troppo fondamentali in relazione al fatturato:

Quindi, se mi posso permettere, rivedi la tua stima di valore che rientra. Ma anche il dato di partenza. Il tuo Ebit.

Non voglio scendere nel tecnicismo e nella precisione, ma quel 3% generico di EBIT margin (margine di utile prima delle tasse) è un valore che preso cosi non ha senso.

3% di Ebit Margin vuol dire che l'impresa(di persone o di capitali) che fattura 500.000 euro guadagna prima delle tasse (e senza pagare i contributi previdenziali)solo 15.000 euro in un anno!
Sull Ebit poi devi calcolare concettualmente ( ma non materialmente) le imposte dovute (IRES/IRPEF +IRAP ecc) ovvero devi togliere 1/3.
Siamo a 10.000 euro annui senza contributi previdenziali dell' imprenditore.
Alla fine della fiera secondo il tuo 3% di Ebit margin chi fa impresa e fattura 500.000 eur porta ogni mese a casa 800 euro netti senza pagarsi nemmeno la pensione.
Ovvio che non è cosi ed il travaso di valore è fatto in altri modi (remunerazione sotto forma di amministratore, quindi costo del personale, ecc ecc ecc).

Se ci rifletti bene 30% è un valore molto conservativo.

------

Ah...Il moltiplicatore non l'ho messo in mezzo per non fare altra confusione